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Newsletter N. 27 del 07 luglio 2003



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*** Associazione Culturale Telematica ***
  ********** "Metro Olografix" **********
    Newsletter n. 27 del 7 luglio 2003
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IN PRIMO PIANO
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Cento pagine di buone idee
Pubblicato su Internet il rapporto della commissione parlamentare sull'uso
di programmi per computer non sottoposti alle leggi sul diritto d'autore.
Le conclusioni sono incoraggianti: la pubblica amministrazione deve
favorire un «pluralismo informatico» con lo scopo di favorire lo sviluppo
di un'industria del software libero. La parola ora passa al ministro
dell'innovazione e delle tecnologie
ARTURO DI CORINTO

Dopo cinque mesi di lavori, che hanno visto anche il coinvolgimenti di
molti esperti, sono stati resi noti, ovviamente su Internet, le conclusioni
della Commissione per l'open source nella Pubblica amministrazione
(www.innovazione.gov.it). La commissione, voluta dal Ministro
dell'innovazione Luigi Stanca, è stata corrodinata da Angelo Raffaele Meo,
docente presso il Politecnico di Torino, e si è avvalsa dell'apporto di una
nutrita squadra di esperti che ha ascoltato operatori e specialisti delle
cosiddette tecnologie dell'informazione e della comunicazione in risposta
alle molte sollecitazioni provenienti dal mondo accademico,
imprenditoriale, dell'associazionismo e degli enti locali che da tempo
chiedevano di avviare una seria valutazione sull'utilizzo del «software
libero» nella pubblica amministrazione. La proposta di istituire una
commissione su questo tema nasce anche sulla scorta di analoghe iniziative
europee (Francia, Germania, Svezia, Regno Unito), che da tempo impegnano i
governi a valutare e favorire l'adozione del software open source e dal
riconoscimento che il suo è ormai un mercato maturo e competitivo, come
dimostra l'interesse di aziende come Sun, Ibm e Oracle nello sviluppare
prodotti open source e renderli compatibili con le proprie piattaforme
tecnologiche. Per evitare fraintendimenti circa l'oggetto dello studio è
bene chiarire da subito che nel rapporto «con il termine open source si
intende un processo di produzione, distribuzione ed evoluzione del software
che si basa sulla apertura del codice sorgente e sulla sua libera
circolazione». Una affermazione importante in quanto comprende sia l'open
source software propriamente detto, che il free software, cioè le due
articolazioni in cui si declina il cosiddetto software libero. Quest'ultima
è, come si legge sempre nel rapporto, «una terminologia volutamente
ambigua» che tiene insieme due differenti concezioni dei programmi per
computer non sottoposti alle leggi sul diritto d'autore: la prima, quella
dell'open source, che sottolienea la qualità e l'economicità del software
libero e quella del «Free software» che ne sottolinea invece il carattere
etico e solidaristico.

La discussione sulla possibilità o meno dell'uso di software non
proprietario nello stato ha orgine in un documento dell'Unione europea, che
sosteneva l'economicità dei programmi per computer opene source rispetto a
quelli sottoposti alle licenze d'uso proposte dalle industrie
informatiche.Ad esempio, la spesa corrente italiana per il pagamento delle
licenze d'uso ammonta a 274 milioni di euro l'anno, che potrebbe essere
ridotta proprio dall'adozione di software libero che ha costi di licenza
irrisori e una volta acquistato può essere copiato sull'intero parco
macchine della pubblica amministrazione che l'adotta. Ovviamente quella
delle licenze d'uso non è la sola voce di spesa per la pubblica
amministrazione. Analizzando i dati dell'Aipa (l'«Autorità per
l'informatizzazione nella pubblica amministrazione») e dell'Assinform (che
raggruppa produttori di tecnologie e servizi per le tecnologie della
comunicazione), la commissione ministeriale ha calcolato che nel 2001 la
pubblica amministrazione ha speso per l'
acquisto di software 675 milioni di euro; di questi, il 61% si è
concentrato sullo sviluppo, manutenzione e gestione dei programmi custom,
realizzati cioè su commessa per una specifica amministrazione, mentre il
restante 39% è stato impiegato per acquistare licenze di pacchetti
software. A proposito di quest'ultimo titolo di spesa, 63 milioni di euro
sono stati utilizzati per i sistemi operativi (software per Pc, mini e
mainframe); 30 milioni per la gestione di basi di dati (Dbms); 17 milioni
di euro per i prodotti di office automation. In sostanza, quindi, il
maggior costo degli investimenti informatici della pubblica amministrazione
viene assorbito per l'acquisto di prodotti custom da grandi aziende (e non
solo dalla Microsoft), per cui l'adozione di software libero, pur in
assenza di forti risparmi, sarebbe la leva per reindirizzare parte di
questa spesa verso società nazionali. Lo studio inoltre fornisce pure una
utile ricognizione del mercato informatico e una sorta di guida all'uso
circa i prodotti e i
 servizi offerti dai fornitori di software libero che smentiscono
l'opinione diffusa di un'offerta limitata e caratterizzata da scarso
supporto tecnico e costi elevati di manutenzione.

Il posistivo giudizio della commissione sull'open source non scoraggia però
l'uso di software proprietario: piuttosto invita la pubblica
amministrazione a praticare un «pluralismo informatico», teso a favorire
una reale competizione fra le aziende produttrici di programmi per
computer. Il rapporto sostiene infatti che la pubblica amministrazione non
deve assolutamente discriminare il software libero e che la sua eventuale
scelta deve dipendere da un criterio costi/benefici; che i software custom
(quelli fatti ad hoc) devono essere di piena proprietà delle
amministrazioni, anche senza esclusiva - una tesi già sostenuta
dall'«Associazione Software libero» - , e che i contratti di «outosurcing»
non devono penalizzare la committenza (come da sempre sostiene Stefano
Rodotà). Inoltre il rapporto invita a favorire il riuso e la diffusione del
software realizzato ad hoc pagato dalla Pubblica amministrazione e a
diffondere le best practices legate al suo utilizzo (una vecchia richiesta
avanzata dai webmaster e dai re
sponsabili dei centri di elaborazione dei dati della Pubblica
amministrazione), mentre i pacchetti software (diversi programmi messi
insieme) anche adattati, devono essere disponibili per ispezioni e
«tracciabilità» (tema avanzato dagli attivisti della privacy); i sistemi
informativi devono interagire con interfacce standard (quelle che si sono
imposte per ampiezza della distribuzione) e i documenti essere disponibili
in più formati (differenti tipi di rappresentazione elettronica dei dati)
di cui uno obbligatoriamente aperto, cioè «pubblico e documentato
esaustivamente» (come chiedono le associazioni degli utenti, specie di
quelli disabili).

Quest'ultimo è un aspetto particolarmente importante ribadito anche dal
ministro Stanca perchè un formato aperto e, ancora di più, uno standard
aperto, cioè di pubblico dominio, largamente diffuso tra gli utenti e
definito nelle sue caratteristiche da un ente di normazione indipendente,
non richiede uno specifico prodotto per «essere letto» (è neutrale) in modo
tale che formati eterogenei possano condividere gli stessi dati
(interoperabile), e garantisce l'indipendenza da un singolo prodotto o da
un singolo fornitore. Soprattutto gli standard aperti hanno la
caratteristica della persistenza, fondamentale per la tutela del patrimonio
informativo nel tempo rispetto ai mutamenti tecnologici.

Rispetto alle indicazioni della Commissione Europea (An Information Society
for All del 2000) e alle esperienze di paesi come Francia, Germania e Regno
Unito, si potrebbe dire che il rapporto non contenga grosse novità, dato
che in linea generale si limita a ribadire un senso comune e regole già
previste dalla legge (come la questione della proprietà del software) e
registra iniziative già avviate da Comuni e Regioni, nonché valutazioni
espresse altrove dall'Aipa.

Perciò il punto nevralgico delle raccomandazioni della commissione riguarda
piuttosto la necessità di far funzionare regole già esistenti e precisare
linee guida, fornire strumenti di pianificazione e servizi di supporto ai
processi di software procurement nella pubblica amministrazione e politiche
di disseminazione dei progetti di ricerca e innovazione tecnologica
finanziati pubblicamente.

Un modo questo teso alla valorizzazione delle competenze interne alla
Pubblica amministrazione, allo sviluppo di «economie di scala» per gli
investimenti sul software.

I commenti positivi sono molti, a partire da quello del senatore verde
Fiorello Cortiana, primo firmatario di un disegno di legge per
l'introduzione di software open source nella pubblica amministrazione, che
in una nota ha ribadito la convinzione che «l'open source garantisce il
pluralismo informatico» e che «è giunto il momento di definire una legge
che garantisca pienamente tale approccio coerentemente con le indicazione
della Commissione».

In attesa delle decisioni del ministro Stanca e del governo, il presidente
della Commissione consiliare bilancio della regione Emilia Romagna Antonio
Nervegna, ha ribadito in un recente seminario la «necessità di una legge
quadro per lo sviluppo delle infrastrutture, dei servizi e dei sistemi
informativi regionali nella società dell'informazione, che deve tenere
conto del dibattito sul software libero e scegliere apertamente il
principio del pluralismo informatico, per sottrarsi al monopolio dei
software proprietario».

http://www.ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/05-Luglio-2003/art83.html


TECNOLOGIA&INTERNET
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Campagna contro la RIAA e per il P2P
La sta lanciando in questi giorni la Electronic Frontier Foundation, la più
importante delle associazioni che si battono per le libertà digitali. Per
sensibilizzare l'opinione pubblica, difendere il peer-to-peer e spingere
sul Congresso
http://punto-informatico.it/p.asp?i=44685

Torvalds: Linux 2.6 è vicino
Il nuovo kernel di Linux è in ritardo rispetto alle stime iniziali,
tuttavia il suo celebre papà ha fatto sapere che è ormai questione di pochi
mesi. Già dalla prossima settimana si potrà avere un assaggio della release
2.6
http://punto-informatico.it/p.asp?i=44677

APPLE - UNA MELA SUPERVELOCE
Con i PowerMac G5 inizia l'era dei 64 bit sulle macchine desktop.
Riusciranno le prestazioni e le nuove strategie sui prezzi volute da
Steve Jobs a rilanciare Apple nel confronto con il binomio
Windows/Intel? A fine anno, intanto, arriverà Os X Phanter.
di Nicola D'Agostino
http://www.mytech.it/mytech/computer/art006010048062.jsp

FACCIAMO LA FESTA ALLO SPAM
Un anniversario infausto per le caselle di posta elettronica ormai
traboccanti: la spazzatura sta mettendo a rischio il futuro della
comunicazione via e-mail, eppur qualcosa si muove. Un viaggio tra
vichinghi, omicidi e denunce, con qualche consiglio per non soccombere
di Nicola D'Agostino
http://www.mytech.it/mytech/speciali/d006010024520.jsp

__Chioccioline__
Finalmente le grandi marche cominciano a offrire PC senza Windows
preinstallato. Cosa ancora più importante, al posto di Windows
preinstallano Linux, e non per farne dei server, ma dei PC per uso da parte
dell'utenza comune. HP ha annunciato
(http://www.hp.com/hpinfo/newsroom/press/2003/030702a.html) che tra qualche
giorno metterà in vendita negli USA una gamma di PC con Linux Mandrake 9.1
preinstallato. A quanto pare
(http://www.theregister.co.uk/content/51/31547.html), la stessa macchina
con Windows preinstallato costerà circa 90 dollari in più (che su un prezzo
di partenza di 349 dollari per il PC, è una bella fetta). Giusto per
confermare che il Windows che trovate preinstallato quando comperate un
computer non è affatto "in omaggio".
(newletter Paolo Attivissimo, 03/7/03)
 --
StarOffice gratis per tutti gli studenti e insegnati delle scuole italiane
di Davide Pellegrino

La scorsa settimana, nel corso dell'incontro tra il ministro
dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, Letizia Moratti, e Scott
McNealy, CEO di Sun Microsystems, è stato siglato il protocollo d'intesa
per la distribuzione e la duplicazione gratuita della suite di produttività
individuale StarOffice 6.0 per il mondo della scuola.

In particolare, la convenzione prevede la distribuzione di licenze
StarOffice, per finalità didattiche, di ricerca e di gestione, a tutte le
scuole italiane pubbliche e private parificate di ogni ordine e grado -
oltre 10.700 istituti - affinché questa venga resa disponibile agli
studenti, al corpo docente e al personale impiegato.

La suite di StarOffice 6.0, nata seguendo la filosofia "open source", e
compatibile con Microsoft Office, comprende strumenti per l'elaborazione di
testi, la creazione di fogli elettronici e grafici, la realizzazione di
presentazioni, il fotoritocco, la pubblicazione sul Web e l'utilizzo dei
database relazionali ed è compatibile con Microsoft Office.

Grazie a questa iniziativa, 8 milioni di studenti italiani avranno la
possibilità di utilizzare nelle prossime settimane il package completo di
StarOffice 6.0.

Sun Microsystems nasce proprio dal mondo universitario. SUN (il cui
acronimo sta per "Stanford University Network"), per questo motivo continua
a dedicare una grande attenzione agli Enti di Formazione e Ricerca,
mettendo a disposizione il proprio know how e le proprie tecnologie.

Iniziative simili a quella formalizzata con il MIUR sono già state
intraprese con successo in Nord e Sud America, in Asia e in altri Paesi
europei, dove sono stati siglati accordi analoghi con i ministeri preposti
di Danimarca, Finlandia, Spagna e Svizzera.

Complessivamente, a livello mondiale, per questa iniziativa Sun
Microsystems ha investito oltre 6 miliardi di dollari, coinvolgendo circa
100 tra ministeri dell'educazione, scuole e istituti, e più di 250 milioni
di studenti in oltre 14 nazioni.

"Offrendo gratuitamente StarOffice 6.0 a tutti gli Istituti scolastici - ha
dichiarato Mauro Banchero, Amministratore Delegato e Direttore Generale di
Sun Microsystems Italia - gli studenti italiani e i docenti avranno a
disposizione, a costo zero, un vero strumento professionale che, oltre a
essere compatibile con Microsoft Office, è intuitivo e permette la
condivisione e lo scambio di qualsiasi tipo di documento".

L'accordo siglato è in linea con le conclusioni e le raccomandazioni
recentemente pubblicate dalla Commissione Open Source, istituita dal
Ministro Stanca. StarOffice, infatti, in quanto basato su standard open,
potrà costituire un valido strumento per favorire e sostenere lo sviluppo
di questa filosofia all'interno dell'ambiente scolastico.

StarOffice 6.0, la suite di produttività per ufficio di Sun Microsystems, è
disponibile per ambienti operativi Linux, Microsoft Windows e Solaris e
garantisce per questo un'ampia libertà di scelta; inoltre, grazie al
formato standard XML, StarOffice permette di scambiare documenti con
qualsiasi tipo di ambiente.

Per quanto riguarda più in generale la collaborazione tra Sun Microsystems
Italia e il Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, va
ricordato l'accordo dello scorso gennaio per la formazione gratuita sulla
tecnologia Java, iniziativa che ha trovato il consenso di oltre 2000 tra
insegnanti e studenti delle scuole medie superiori italiane pubbliche e
parificate.

http://www.apogeonline.com/webzine/2003/06/24/02/200306240201


TEMI&APPROFONDIMENTI
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Il filo dei beni comuni unisce i contadini medievali di ieri e gli
hacker solidali di oggi. Internet e reti Wi-Fi ultima frontiera del
territorio aperto e condiviso.
[di Franco Carlini - il manifesto - domenica 6 luglio 2003]

Dalle vecchie usanze rurali all'alta tecnologia, dalle «proprietà
terriere a carattere collettivo» alle nuove reti aperte e senza fili,
dai contadini medievali agli hacker solidali della California. C'è un
filo concettuale tra la legge sulle terre demaniali che era in
commissione al senato la settimana scorsa e le discussioni che si sono
svolte, sempre nei giorni scorsi a Ginevra, all'Unione Internazionale
delle Telecomunicazioni, a proposito dell'etere da liberare per l'uso
diffuso delle connessioni Wi-Fi. Il provvedimento italiano in questione
è la «Legge quadro in materia di usi civici e proprietà collettive» e
almeno due quotidiani, il manifesto e la Repubblica hanno messo in
evidenza i rischi che contiene: cinque milioni di ettari di boschi e
pascoli che da secoli sono di tutti (e di nessuno) e che ora dovrebbero
passare in proprietà dei comuni, ma con possibilità di venderli. Questi
terreni collettivi prendono nomi diversi nelle diverse regioni:
venivano chiamate «laudi» e «regole» in Trentino, «comunità di
villaggio» in Veneto, «comunaglie» in Liguria, «partecipanze» in
Emilia. E non è un fenomeno solo italiano perché fin dalle origini
delle società agricole e tuttora in molti paesi, la comunità locale
dispone di beni comuni («Commons») la cui proprietà è collettiva e il
cui uso è libero per tutti i membri della comunità: l'acqua del fiume o
delle sorgenti, la legna dei boschi, l'erba dei pascoli. La
trasformazione in proprietà privata di tali risorse, con recinti e
guardiani, ha segnato per esempio la storia degli Stati Uniti, con i
conflitti tra coltivatori proprietari e allevatori.

Nel 1625 il filosofo olandese Hugo Grotius scriveva: «l'estensione
dell'oceano è talmente grande che esso soddisfa ogni possibile uso da
parte delle genti per trarne acqua, per pescare, per navigare». Allora
sembrava sensato, ma le generazioni successive si sarebbero incaricate
di smentirlo concretamente. Oggi la pratica scomparsa dei grandi banchi
di pesci che popolavano l'oceano Atlantico è forse l'esempio più noto
di «tragedia dei beni comuni»: quando un bene è di tutti e di nessuno
ogni individuo cerca di massimizzare il proprio interesse personale e
quello che era un bene di tutti viene eroso.

E in effetti «The Tragedy of Commons» è il titolo di un famoso saggio,
pubblicato dallo studioso Garret Hardin nel 1968 sulla rivista Science.
Stimolò allora molte ricerche e vastissimo interesse perché apparve,
per così dire, geniale nel suo pessimismo: il comportamento «razionale»
dei singoli (cerco di avere il massimo di benefici per me stesso) porta
a un risultato complessivamente disastroso, una tragedia appunto.

Apparentemente, spiegava Hardin, il vantaggio individuale
nell'aggiungere un'altra pecora al proprio gregge che pascola su
terreni comuni è alto, perché il danno eventuale, legato a un
deterioramento del terreno per eccesso di pascolo, viene ripartito tra
tutti gli allevatori, mentre della singola pecora in più beneficia solo
il singolo. E' lo stesso meccanismo della cena tra amici dove il conto
viene suddiviso in parti uguali: ognuno è tentato di ordinare aragosta,
anche se molto costosa, perché il prezzo elevato verrà distribuito tra
molte teste. Ma se tutti aggiungono pecore, o se tutti ordinano
aragosta, il sistema salta: non c'è più erba per nessuno (ovvero il
conto del ristorante diventa stratosferico, al di là dei portafogli dei
singoli). Da sinistra questo ragionamento è stato utilizzato come un
supporto teorico per politiche di tipo interventista perché la
spontaneità da sola non è in grado di garantire una gestione
sostenibile.

Ma la «tragedia» può essere rivoltata in virtù e senza bisogno di
trasformarsi in nostalgici comunitaristi o in statalisti. La rete
Internet, basata su standard aperti e liberamente accessibili è
l'esempio più chiaro di un bene comune che non avrebbe potuto
realizzarsi se hardware e software fossero stati proprietà di Ibm o di
Microsoft o di chiunque altro. E lo stesso sta succedendo per le reti
Wi-Fi che ovunque nel mondo vanno punteggiando le città di punti di
accesso (hot spot) creati dal basso. Il recente decreto del ministro
Gasparri tutto prevede per l'uso commerciale di tali sistemi, ma nulla
per l'uso gratuito e partecipativo, di condominio, di quartiere, di
paese.


DALLA RETE A(LLA) CARTA E RITORNO
di Marco Trotta matro@bbs.olografix.org
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Carta (http://www.carta.org) - 21/2003
Gli scoop "pirati" di Repubblica
Il 30 Maggio Repubblica pubblica un articolo a firma Fazzo e Mensurati
dal titolo: "Copyright, arriva la prima retata online". Nel testo di
parla di una inchiesta della guardia di finanza di Milano "di cui
Repubblica è venuta a conoscenza" che avrebbe messo sotto inchiesta
3000 utenti italiani e denunciato altri 75. L'accusa? Distribuire
materiale coperto da copyright attraverso i sistemi "peer-to-peer" (i
cloni di napster che permettono di condividere filmati, musica e
programmi presenti sul proprio computer con altri utenti). Avevamo
accennato a questa possibilità proprio sull'ultimo numero di Carta
19/03 dopo laa sciagurata ratifica della EUCD in Italia. Il punto è
che tra notevoli imprecisioni tecniche e un bel po' di retorica
militare, i pochi dettagli degli articoli, ripresi dal resto della
stampa, hanno gettato nel panico milioni di utenti nell'ipotesi di
essere accusati perfino di "ricettazione". Il sen. Cortiana si è ha
chiesto al garante della privacy se l'operato della GdF nelle
intercettazioni delle comunicazioni elettroniche, avesse rispettato le
norme sulla privacy. Ma alla fine la verità è venuta fuori
(www.attivissimo.net): l'azione della GdF ha riguardato una rete di
vendita di prodotti pirata che utilizzava anche internet per
contattare e smerciare cd e dvd duplicati, smart card clonate, ecc. Ma
i tentativi di criminalizzazione del "peer-to-peer", nonostante
riguardi milioni di persone in tutto il mondo, sono evidenti. Chi
dobbiamo ringraziare questa volta: il solito giornalismo
approssimativo o qualche finanziere in cerca di gloria?

Links:
- Copyright, arriva la prima retata online
http://www.repubblica.it/online/scienza_e_tecnologia/napster/retata/re
tata.html - P2P, partita retata di utenti italiani
http://punto-informatico.it/p.asp?i=44293 P2P, "retata" dei miei
stivali http://www.apogeonline.com/webzine/2003/06/04/01/200306040101

Carta (http://www.carta.org) - 22/2003
Microsoft e AOL: accordi "business as usual"
L'annuncio è arrivato il 29 Maggio destando scalpore: la Microsoft
pagherà 750 Milioni di dollari ad AOL Times Warner per chiudere la
causa giudiziaria che vedeva protagoniste le due multinazionali da
almeno un anno. Infatti nel '99 AOL ha rilevato Netscape Comunication
produttrice del programma omonimo concorrente di Internet Explorer di
Microsoft. L'accusa, non nuova per Bill Gates e soci, era di abusare
della propria posizione dominante sul mercato dei sistemi operativi
(oltre il 90% di quelli installati è Windows) per imporre il suo
programma di navigazione integrato nel sistema a tal punto da rendere
quasi impossibile (o comunque poco conveniente) utilizzarne altri
concorrenti. Fu la cosiddetta "guerra dei browser" condotta rendendo
incompatibili tra loro gli standard di funzionamento a scapito del
principio di accessibilità universale alle informazioni (alcuni siti
possono essere visti correttamente solo con Internet Explorer) per
contendersi i milioni di utenti del web. Con questo accordo si chiude
la contesa permettendo a AOL, il più grosso fornitore di servizi
internet al mondo ultimamente in deficit economico, di far utilizzare
ai propri abbonati programmi Microsoft gratuitamente per sette anni.
Microsoft, d'altra parte, potrà imporre a 26 milioni di utenti i suoi
standard proprietari sbaragliando la concorrenza. L'obiettivo comune,
già dichiarato, sarà la lotta alla pirateria informatica con la messa
a punto di sistemi sicuri per accedere a films, musica, ecc "on line"
e accertare il pagamento dei relativi diritti. Non male per due "ex"
nemici.

LINKS:
- Free market, monopoli e futuro di Mozilla
http://www.apogeonline.com/webzine/2003/06/05/13/200306051301
- AOL Subscriber Defections Continue, Top 1 Million
http://www.washingtonpost.com/wp-dyn/articles/A10134-2003Jun3.html?ref
errer=email


IN EDICOLA
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Tim Berners-Lee
L'architettura del nuovo web
Feltrinelli, 2001


NEWS DALL'ASSOCIAZIONE
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Associazione Culturale Telematica
Metro Olografix
http://www.olografix.org
info@olografix.org


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a cura di Loris "snail" D'Emilio
http://www.olografix.org/loris/

Hanno collaborato a questo numero:
Nicola "nezmar" D'Agostino
http://www.olografix.org/nezmar/
Marco Trotta
matro@bbs.olografix.org



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