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ILVA TARANTO: Per non dimenticare Paolo e Pasquale.......




Tutti colpevoli e tutti assolti, quindi, e forse addirittura tutto finirà 
bene, come nelle migliori tradizioni del “tutto s’aggiusta” sui cui si 
fonda l’Italia.

E allora, alla fin fine, di che mi lamento?

C’è che questa vicenda ha rotto un giocattolo, una mia sicurezza 
psicologica. Una sicurezza che mi faceva sempre sentire orgoglioso 
dell’azienda per la quale lavoravo (fosse ILVA o altre), difendendola alla 
giapponese, ed appoggiandone qualsiasi scelta strategica.Perchè ho sempre 
creduto in un azienda efficente e nella riforma di un sindacato inesistente.

Io, che con feroce antipatia per tutto ciò che contenga la parola 
“sindacale”, mi ritrovo oggi  a discutere di diritti (io che ero felice di 
aver dei doveri verso il mio datore di lavoro) di cause di lavoro, di 
striscioni scritti in terribile gergo sessantottino.( tipo...Via i 
sindacalisti buoni a nulla.....+ sicurezza....- scioperi.......- comunicati 
di agitazione.....)

Oggi, grazie (si fa x dire!!!) a questa vicenda, crolla la mia fiducia 
nell’Azienda,  come istituzione sociale, come surrogato di mamma che si 
prende cura di me perché ha scelto di puntare sui miei talenti, e per la 
quale sento dei doveri di gratitudine morale.

Crolla il rapporto biunivoco tra me e l’Azienda (intesa come ente 
fondamentale di una società basata sul lavoro) alla quale da oggi non sento 
più di dovere alcun obbligo ma sento di pretendere solo diritti.

Crolla il presupposto che mi ha impedito fino ad oggi usare il telefono 
aziendale senza alcuna remora. Non sono un santo: i piccoli trucchi 
per  sfruttare qualche risorsa aziendale a fini personali li conosco anche io.

Io lo sapevo, l’azienda-mamma lo sapeva, è un vecchio gioco delle parti. 
Però fino ad oggi ero convinto che ci rispettassimo a vicenda. La mamma sa 
quando il figlio ruba le caramelle, ma finché sono piccole marachelle non 
lo sgrida.

Da oggi no, non c’è più la fiducia in alcuna azienda futura che mi 
assumerà, riterrò nullo il tacito patto di rispetto tra me e mondo del 
lavoro: riterrò logico entrare negli uffici e fregarmi un posacenere, far 
finta di lavorare lamentandomi di inesistenti oneri, far causa all’azienda 
per un bidet malfunzionante,  allearmi con i sindacati mirando alla rovina 
del mio Capo Reparto.......
Io sono presuntuoso e bravo, credo che se anche finissi  licenziato me la 
saprò cavare, non sto a lamentarmi perché “tengo famigghia”, non è questo 
il punto.

Io e la società del lavoro, da oggi, da vecchi amici siamo diventati due 
cani che si guardano con grande sospetto, ringhiando.

Come dite? Funzionano così, da sempre, i rapporti in Italia nel mondo del 
lavoro?

Ho scoperto l’acqua calda?

E va bene, siamo il paese della pasta: ed allora buttiamoci due spaghetti 
dentro a quest’acqua calda, che tanto abbiamo il sole ed il mandolino.

E chissene frega di tutto.
Fabio Pr.