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La nonviolenza e' in cammino. 579



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it

Numero 579 del 12 giugno 2003

Sommario di questo numero:
1. Convenzione permanente di donne contro le guerre: un incontro a Roma il
21 giugno
2. Jean Zaru: cos'e' la pace
3. Maria G. Di Rienzo: Jean Zaru, costruttrice di pace
4. Hannah Arendt: dove comincia la violenza
5. Mao Valpiana: un invito a Gubbio in cammino per la nonviolenza
6. Un appello a sostegno di "Qualevita"
7. "Un ponte per": una lettera al movimento contro la guerra
8. Luisa Morgantini: l'obiezione necessaria
9. Alessandro Zanotelli: le mani macchiate di sangue
10. Campagna contro i mercanti di armi: l'impegno continua
11. Peppe Sini: a cosa servono le armi
12. Ida Dominijanni: se il corpo diventa una password
13. Nadia Cervoni: Leyla Zana ancora detenuta
14. Giuseppe Di Lello: quale giustizia dopo Falcone
15. Giobbe Santabarbara: come la morte
16. La "Carta" del Movimento Nonviolento
17. Per saperne di piu'

1. INCONTRI. CONVENZIONE PERMANENTE DI DONNE CONTRO LE GUERRE: UN INCONTRO A
ROMA IL 21 GIUGNO
[Dal sempre ottimo sito de "Il paese delle donne" (www.womenews.net)
riprendiamo questo documento di convocazione di un importante incontro della
Convenzione permanente di donne contro le guerre (per informazioni e
contatti: mochena@village.it)]
La Convenzione permanente di donne contro le guerre da' appuntamento a Roma,
presso la Casa Internazionale delle donne, via della Lungara 19, il 21
giugno.
Un tempo politicamente lungo e complesso e' trascorso dalla nostra ultima
assemblea, tenutasi alla fine del 2002 a Roma presso l'ex hotel Bologna.
Sentivamo l'imminenza della guerra di aggressione all'Iraq, e tuttavia
venivamo dal Social forum europeo di Firenze, dove tenemmo un seminario su
"Fuori la guerra dalla storia, fuori l'Europa dalla guerra".
Discutemmo di "Europa neutrale" e di cittadinanza sociale, e consolidammo il
lancio di una raccolta di firme per un art. 1 della Costituzione europea,
che inserisse nella "magna charta" d"Europa il ripudio della guerra, la
valorizzazione delle differenze, a partire da quella di genere, la libera
circolazione di uomini e donne per il territorio europeo, il rispetto delle
risorse naturali e una idea di sicurezza lontana da barriere e coniugata
alla pratica dell'accoglienza.
Abbiamo raccolto migliaia di firme per il nostro articolo 1, e abbiamo
partecipato all'assemblea del Social forum italiano a Livorno, entrando a
far parte del gruppo di coordinamento del Forum per la democrazia del Social
forum europeo. Abbiamo partecipato anche all'assemblea di Donne insieme per
Parigi nello scorso 17/18 maggio a Firenze, nel gruppo Pace e guerra, dove
abbiamo portato le nostre riflessioni sulla guerra permanente, sul nesso
guerra/moderno patriarcato e sulla pratica della nonviolenza attiva. In
molte lavoriamo nelle varie e diverse reti di donne e miste dei movimenti
per la costruzione di un diverso mondo.
Oggi, dopo una guerra feroce, preparata preventivamente e che si annuncia
infinita, occorre che le donne riprendano con forza parole di analisi,
critica, proposta per decostruire il simulacro della "naturalizzazione"
della guerra, per provare ad espellere dalla politica la ferocia della
guerra.
Ci rivediamo il 21 giugno dalle ore 10.00 alle 17.00 presso la Casa
internazionale della donna, a Roma, in via S. Francesco di Sales 1, per la
nostra sesta assemblea, dal titolo "In Europa senza armi per pace e
giustizia". Vogliamo essere tante.
Le portavoce della Convenzione permanente di donne contro le guerre: Imma
Barbarossa, Elena Beltrame, Nella Ginatempo, Monica Lanfranco, Lidia
Menapace
*
"La democrazia e' la piu' bella e la piu' difficile delle forme di
convivenza civile, proprio perche' mira e deve mirare per essere, a
raggiungere ogni singolo cittadino, ogni singola coscienza" (Renate
Siebert).
Per informazioni: mochena@village.it; sul sito di "Marea" trovate i
materiali prodotti e la lista delle firme sulla proposta di articolo 1 della
Costituzione europea.

2. EDITORIALE. JEAN ZARU: COS'E' LA PACE
[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59@libero.it) per aver
tradotto ed averci messo a disposizione questo intervento dell'attivista
nonviolenta palestinese Jean Zaru su cui si veda il breve profilo biografico
che pubblichiamo di seguito]
La pace e' una condizione di rispetto, cooperazione e benessere.
La pace e' la presenza di giustizia sociale.
La pace e' assenza di guerra, poverta', fame ed oppressione.
La pace e' lavoro e salute.
La pace e' speranza per il nostro futuro e per il futuro di tutti i viventi
sulla Terra e della Terra stessa.
La pace e' quando non si ha paura di costruire, di adorare, di lavorare, di
pubblicare e di dire la verita' anche ai potenti.
La pace e' Salaam, benessere per tutti, equita', rispetto per i diritti
umani.
La pace e' quando ciascuno/a si sente a casa ed accettato/a, senza barriere
di eta', classe, sesso, razza, religione o nazionalita'.
La pace e' azione dinamica e positiva.
La pace e' quell'armonia che porta con se' l'esperienza della lotta, la
sopportazione della sofferenza e la forza dell'amore.

3. MAESTRE. MARIA G. DI RIENZO: JEAN ZARU, COSTRUTTRICE DI PACE
[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo anche per questo testo. Maria G. Di Rienzo
e' una delle principali collaboratrici di questo foglio; prestigiosa
intellettuale femminista, saggista, giornalista, regista teatrale e
commediografa, formatrice, ha svolto rilevanti ricerche storiche sulle donne
italiane per conto del Dipartimento di Storia Economica dell'Universita' di
Sidney (Australia); e' impegnata nel movimento delle donne, nella Rete di
Lilliput, in esperienze di solidarieta' e in difesa dei diritti umani, per
la pace e la nonviolenza]
Jean Zaru, attivista nonviolenta palestinese, e' nata a Ramallah, da una
famiglia quacchera. Durante la guerra del 1948, Jean aveva 8 anni; durante
la guerra del 1967, quando il suo primogenito aveva la stessa eta', suo
marito fu quasi ucciso dai bombardamenti su Ramallah. Jean ha allevato tre
figli e sette nipoti sotto l'occupazione militare.
E' una delle fondatrici di Sabeel, il Centro palestinese per la teologia
della liberazione.
Jean ha parlato dell'attivismo nonviolento in relazione alla Palestina in
tutto il mondo: ha tenuto incontri per ong e chiese in Olanda, Danimarca,
Gran Bretagna, Svezia, Norvegia, Svizzera, Nigeria, Australia, Usa e Canada.
Dal 1983 al 1991 e' stata membro del Consiglio Mondiale delle Religioni, con
particolare impegno nel campo del dialogo tra le fedi. E' stata presidente
dell'Iwca (associazione di giovani donne cristiane) di Gerusalemme ed e'
impegnata sulle istanze di giustizia per le donne.
Parlando del conflitto tra palestinesi ed israeliani, Jean ha detto: "Il
nostro dolore oggi e' terribilmente profondo: ma continuera' a ripetersi e a
ripetersi se non rispondiamo ad esso creando un mondo migliore. Il modo per
onorare la memoria delle vittime della guerra e della violenza e' lavorare
per la giustizia, e creare la pace".

4. MAESTRE. HANNAH ARENDT: DOVE COMINCIA LA VIOLENZA
[Da Archivio Arendt 2. 1950-1954, Feltrinelli, Milano 2003, p. 80. E' una
frase del saggio Comprensione e politica, del 1954. Hannah Arendt e' nata ad
Hannover da famiglia ebraica nel 1906, fu allieva di Husserl, Heidegger e
Jaspers; l'ascesa del nazismo la costringe all'esilio, dapprima e' profuga
in Francia, poi esule in America; e' tra le massime pensatrici politiche del
Novecento; docente, scrittrice, intervenne ripetutamente sulle questioni di
attualita' da un punto di vista rigorosamente libertario e in difesa dei
diritti umani; mori' a New York nel 1975. Opere di Hannah Arendt: tra i suoi
lavori fondamentali (quasi tutti tradotti in italiano e spesso ristampati,
per cui qui di seguito non diamo l'anno di pubblicazione dell'edizione
italiana, ma solo l'anno dell'edizione originale) ci sono Le origini del
totalitarismo (prima edizione 1951), Comunita', Milano; Vita Activa (1958),
Bompiani, Milano; Tra passato e futuro (1961), Garzanti, Milano; La
banalita' del male. Eichmann a Gerusalemme (1963), Feltrinelli, Milano;
Sulla rivoluzione (1963), Comunita', Milano; postumo e incompiuto e' apparso
La vita della mente (1978), Il Mulino, Bologna. Una raccolta di brevi saggi
di intervento politico e' Politica e menzogna, Sugarco, Milano, 1985. Molto
interessanti i carteggi con Karl Jaspers (Carteggio 1926-1969. Filosofia e
politica, Feltrinelli, Milano 1989) e con Mary McCarthy (Tra amiche. La
corrispondenza di Hannah Arendt e Mary McCarthy 1949-1975, Sellerio, Palermo
1999). Una recente raccolta di scritti vari e' Archivio Arendt. 1.
1930-1948, Feltrinelli, Milano 2001; Archivio Arendt 2. 1950-1954,
Feltrinelli, Milano 2003. Opere su Hannah Arendt: fondamentale e' la
biografia di Elisabeth Young-Bruehl, Hannah Arendt, Bollati Boringhieri,
Torino 1994; tra gli studi critici: Laura Boella, Hannah Arendt,
Feltrinelli, Milano 1995; Roberto Esposito, L'origine della politica: Hannah
Arendt o Simone Weil?, Donzelli, Roma 1996; Paolo Flores d'Arcais, Hannah
Arendt, Donzelli, Roma 1995; Simona Forti, Vita della mente e tempo della
polis, Franco Angeli, Milano 1996; Simona Forti (a cura di), Hannah Arendt,
Milano 1999; Augusto Illuminati, Esercizi politici: quattro sguardi su
Hannah Arendt, Manifestolibri, Roma 1994; Friedrich G. Friedmann, Hannah
Arendt, Giuntina, Firenze 2001. Per chi legge il tedesco due piacevoli
monografie divulgative-introduttive (con ricco apparato iconografico) sono:
Wolfgang Heuer, Hannah Arendt, Rowohlt, Reinbek bei Hamburg 1987, 1999;
Ingeborg Gleichauf, Hannah Arendt, Dtv, Muenchen 2000]
La violenza comincia laddove il discorso finisce.

5. INIZIATIVE. MAO VALPIANA: UN INVITO A GUBBIO IN CAMMINO PER LA
NONVIOLENZA
[Ringraziamo Mao Valpiana per averci messo a disposizione questo intervento.
Mao Valpiana e' il direttore del mensile del Movimento Nonviolento "Azione
Nonviolenta"  (per contatti: e-mail: azionenonviolenta@sis.it; sito:
www.nonviolenti.org) e una delle figure piu' prestigiose della nonviolenza
in Italia]
Si conclude a Gubbio, il 6 e 7 settembre prossimi, con un convegno  ed un
momento di festa, il percorso proposto dal Movimento Nonviolento fin dallo
scorso anno. Un prologo di grande interesse e' costituito dalla camminata in
due giorni, 4 e 5 settembre, lungo il sentiero francescano della pace
Assisi-Gubbio.
E' un percorso che ha avuto un appuntamento ogni mese, con la riflessione su
dieci parole ispirate al pensiero della nonviolenza. Ci hanno aiutato
scritti di amiche ed amici, che hanno collaborato a questo progetto, e frasi
di Francesco, Gandhi, Capitini, Luther King.
*
4 e 5 settembre: sentiero francescano della pace Assisi-Gubbio
Il sentiero, molto bello e ben tenuto, di grande interesse naturalistico e
storico, ripropone l'antico tracciato piu' volte percorso da Francesco. In
particolare ricorda quando si reco' a Gubbio, nell'inverno 1206-1207, dopo
aver riconsegnato al padre tutti i propri beni, vestiti compresi. La
camminata, nella nostra proposta, impegna due giorni.
Il  tratto Assisi-Valfabbrica si percorre comodamente in cinque ore. Prevede
percio' una partenza in tarda mattinata da Assisi, con arrivo a Valfabbrica
nel pomeriggio. Un incontro sul significato dell'iniziativa, aperto alla
popolazione, e' previsto nella serata. Si pernotta a Valfabbrica e si
riparte il mattino successivo per Gubbio.
La seconda giornata, pur non presentando l'escursione alcuna difficolta', e'
decisamente piu' impegnativa. Si tratta di circa dieci ore di cammino. Si
riparte percio' di buon mattino per giungere prima di cena alla chiesa della
Vittorina, primo luogo di insediamento dei francescani a Gubbio. Qui ha
termine il sentiero.
Sia a Valfabbrica che a Gubbio sara' possibile pernottare, con sacco a pelo,
in strutture messe a disposizione dalle Amministrazioni locali. Chi
abbisognasse di una sistemazione meno "francescana" puo' prenotare presso
differenti ed accoglienti strutture presenti nei due comuni. Un'indicazione
delle possibilita' alternative sara' disponibile sul sito di "Azione
nonviolenta" (www.nonviolenti.org).
I partecipanti alla camminata  avranno a disposizione un furgone di appoggio
per il trasporto di zaini e sacchi a pelo. Sara' loro assicurato, lungo il
percorso, il rifornimento di acqua e gli spuntini di mezzogiorno del 4 e 5
settembre, nonche' la colazione del 5 settembre. E' richiesto percio' di
contribuire alle spese organizzative e soprattutto di far presente
sollecitamente la volonta' di partecipare.
Gli interessati dovranno preventivamente iscriversi compilando il modulo
pubblicato sul numero di giugno di "Azione nonviolenta" e versando una cifra
di acconto (per informazioni: sede nazionale del Movimento nonviolento, via
Spagna 8, Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail:
azionenonviolenta@sis.it). Saranno dettagliatamente informati su ogni
aspetto della camminata, dei suoi contenuti e momenti di incontro. Affinche'
l'iniziativa sia per i partecipanti la piu' significativa possibile e'
infatti indispensabile conoscerne preventivamente il numero, che non potra'
comunque essere illimitato.
*
6 e 7 settembre, un convegno a Gubbio: "Al posto della guerra. Un'Europa
disarmata".
Ci sembra particolarmente importante proporre un appuntamento, di
riflessione e discussione, a tutti gli amici della nonviolenza
sull'alternativa alla guerra, al terrorismo, al dominio, per affrontare i
conflitti che quotidianamente ci coinvolgono.  Lo facciamo a Gubbio, luogo
della straordinaria leggenda francescana dell'incontro con il lupo e della
nonviolenta trasformazione del conflitto tra la citta' e la belva che la
terrorizza. Lo facciamo a Gubbio tanto piu' volentieri, per l'accoglienza
che l'Amministrazione comunale ha mostrato verso la nostra proposta. Ne
agevola l'effettuazione con la messa a disposizione delle migliori
strutture.
Il convegno, dopo il benvenuto degli sbandieratori ai convenuti a
mezzogiorno in piazzza grande, si apre nel pomeriggio di sabato 6 e si
conclude nella mattinata di domenica 7. Ci e' parso utile, particolarmente
in questo momento, portare l'attenzione sul ruolo che, come europei,
possiamo avere nel costruire una credibile alternativa alla guerra. Ci
interessa un confronto con le realta' piu' impegnate a far si' che il motto
"Mai piu' eserciti e guerre", al quale restiamo affezionati, non resti una
pura aspirazione, ma si traduca in concrete iniziative. Per questo abbiamo
richiesto il contributo di donne e uomini che sappiamo impegnati, nel
pensiero e nell'azione, sul nostro stesso cammino. Il Centro servizi,
ottimamente ristrutturato in un'antica sede, bene si presta non solo allo
svolgimento del convegno ma anche ad ospitare mostre ed attivita' che lo
accompagneranno. In particolare sara' allestita una mostra che ricorda i
quaranta anni di "Azione nonviolenta", ma spazi espositivi sono a
disposizione anche di altre riviste e gruppi impegnati per la nonviolenza.
*
6 settembre, teatro romano di Gubbio, momento corale: "Dieci parole della
nonviolenza"
La serata del 6 settembre costituisce il momento piu' largo e pubblico di
incontro tra quanti hanno partecipato all'iniziativa fin dalla camminata,
quanti sono giunti a Gubbio per il convegno e le iniziative che lo
accompagnano, quanti vogliono, con noi, festeggiare i 40 anni di "Azione
noviolenta". L'incontro si svolge al teatro romano, sempre messo a
disposizione dal Comune.
La struttura stessa del teatro, attorniato da un vasto parco, la sua
collocazione con splendida vista sulla citta', costituiscono gia' un momento
spettacolare. Tale aspetto non sara' assente anche nella riproposizione
delle dieci parole della nonviolenza. Sara' questo il filo conduttore della
serata.  Cio' avverra' con lettura di testi, testimonianze, brevi commenti,
canzoni, cori.
La serata si concludera' con musica e canzoni.
E' questa la proposta che, con familiarita' e tensione (direbbe Capitini),
rivolgiamo a tutti gli amici interessati alla nonviolenza: camminare
insieme, in un rapporto piu' vicino con noi stessi e tra noi, e con la
natura; migliorare le nostre convinzioni nel confronto piu' aperto delle
idee; ritrovarsi accanto in un momento di festa, che richiama la
possibilita' e l'impegno di andare oltre le difficolta' e gli ostacoli
all'esistenza, alla liberta', allo sviluppo di tutti gli esseri.

6. INFORMAZIONE. UN APPELLO A SOSTEGNO DI "QUALEVITA"
"Qualevita" e' un utilissimo bimestrale di riflessione e informazione
nonviolenta, giunto al n. 103 col fascicolo di questo mese. La redazione e'
in via Buonconsiglio 2, 67030 Torre dei Nolfi (Aq), tel. 086446448, e-mail:
sudest@iol.it
Lo scorso anno una inondazione del laboratorio tipografico provoco' gravi
danni all'attivita' dei promotori della rivista e della casa editrice ad
essa collegata (ed anch'essa benemerita, specializzata sui temi della
nonviolenza, della pace, della solidarieta' e dei diritti umani). A questa
situazione di difficolta' si aggiunge adesso la minaccia costituita
dall'intendimento governativo di aumentare nuovamente e consistentemente le
tariffe postali di cui usufruiscono riviste povere ed impegnate come appunto
"Qualevita". Cosicche' si pone l'urgenza di una azione di sostegno a questa
che e' una delle migliori testate che diffondono la riflessione e
l'informazione nonviolenta.
La redazione di "Qualevita" propone ai lettori gia' abbonati di
sottoscrivere due abbonamenti. Noi aggiungiamo anche la proposta ai nostri
interlocutori che a "Qualevita" non fossero abbonati di sottoscrivere almeno
uno e possibilmente piu' abbonamenti per se' e per associazioni,
biblioteche, luoghi di incontro: il bimestrale curato dagli amici della
nonviolenza di Torre dei Nolfi e' una lettura benefica e appassionante, che
vivamente raccomandiamo. L'abbonamento annuo e' di 12,91 euro, da versare
sul ccp 10750677, intestato a "Qualevita", via Buonconsiglio 2, 67030 Torre
dei Nolfi (Aq).

7. APPELLI. "UN PONTE PER": UNA LETTERA AL MOVIMENTO CONTRO LA GUERRA
[Dalla ong "Un ponte per" (per contatti: posta@unponteper.it) impegnata in
importanti iniziative umanitarie in Iraq ed in altre zone del mondo,
riceviamo e diffondiamo questo documento promosso il 3 giugno dall'assemblea
nazionale dell'associazione]
A due mesi dalla fine dei bombardamenti la situazione in Iraq e' ancora
estremamente precaria.
Il mancato rispetto, da parte delle potenze occupanti, dell'obbligo sancito
dalla Convenzione di Ginevra, di garantire sicurezza e bisogni essenziali
sta facendo precipitare la situazione umanitaria. Milioni di persone sono
senza stipendio da mesi e comincia a mancare il cibo. Il coprifuoco si
protrae, la citta' e' di notte in mano alle bande, nessun settore della vita
civile accenna a tornare alla normalita'.
Nello stesso tempo il forte indebitamento estero del paese, la probabile
imposizione di ricette iperliberiste, l'appalto della ricostruzione a
compagnie estere e la probabile uscita dall'Opec lascia temere uno sviluppo
che cancellera' garanzie sociali tradizionali in Iraq - dalla sanita' e
dall'istruzione gratuita per tutti - e comportera' la creazione di ampie
fasce sociali escluse dallo sviluppo.
Il "Governo di transizione", cui l'Italia partecipa, e il "Fondo per la
ricostruzione", non vede la partecipazione degli iracheni; non si prevedono
elezioni politiche (se mai ci saranno) prima di due anni, mentre importanti
forze politiche irachene non sono nemmeno consultate. Siamo di fronte, a
settant'anni dalla partenza degli inglesi, ad una nuova colonizzazione.
In questa situazione la caduta della dittatura invece che costituire una
occasione di rinascita per il paese rischia di far cadere l'Iraq nel caos e
di mantenervelo per molti anni.
Intanto si sono spenti i riflettori, la stampa ha rapidamente girato pagina
e l'opinione pubblica tende rapidamente a rimuovere.
Il movimento per la pace e' comprensibilmente in una fase di riflessione e
di valutazione della nuova situazione dopo lo sforzo gigantesco fatto per
mesi in tutta Italia e nel mondo.
Occorre pero' che non si giri pagina:
- la guerra non e' finita, occorre riprendere la mobilitazione perche'
l'Iraq sia restituito agli iracheni anche costruendo in Iraq nei prossimi
mesi e anni una rete di rapporti solidali con la societa' civile;
- l'Italia, tornata potenza coloniale, sta per inviare soldati per
garantirsi l'accesso alla torta della ricostruzione, occorre riprendere la
pressione perche' questo non avvenga;
- la storia non deve essere riscritta. La nozione che la crisi umanitaria e'
dovuta all'embargo e' gia' stata cancellata. Abbiamo una responsabilita'
perche' cio' non venga dimenticato e non possa accadere ad un altro popolo
quello che e' successo negli ultimi 13 anni in Mesopotamia.

8. ARMI. LUISA MORGANTINI: L'OBIEZIONE NECESSARIA
[Da Luisa Morgantini (per contatti: tel. 3483921465, 0669950217, 0669200965,
e-mail: lmorgantini@europarl.eu.int) riceviamo e diffondiamo. Luisa
Morgantini, europarlamentare, e' da sempre una delle figure piu' vive
dell'impegno per la pace, i diritti umani, la nonviolenza]
Se si producono e vendono armi si faranno sempre guerre.
Il voto del parlamento sulla 185/90 si ascrive alla  scelta della
militarizzazione dei paesi e delle menti.
Come fermare questa marea che sommerge ogni valore etico e morale, che ci
costringe a vivere nella paura, nell'incertezza, che ci fa guardare
l'altra/o con sospetto, come fermare questa marea che riporta quasi ogni
governo del mondo, e con loro la parte della popolazione che li ha eletti, a
pensare che per vivere nella sicurezza bisogna armarsi sempre di piu'. Che
per contare di piu' bisogna avere ogni arma possibile. La trasformazione
della 185/90 che controllava le esportazioni delle armi e' parte della
marea.
Ricordo quando facevamo pressioni perche' la legge passasse, si ponesse un
freno alle esportazioni delle armi, perlomeno nei paesi in cui si violano i
diritti umani, vi fosse trasparenza verso il parlamento e il paese con una
relazione annuale sulle esportazioni autorizzate e si conoscesse l'uso
finale delle armi vendute.
Ricordo le battaglie condotte anche all'interno dei sindacati, con l'aiuto
dell'Archivio disarmo ( a quel tempo ero dirigente sindacale nei
metalmeccanici, la gloriosa Flm di Milano), per convincere sindacalisti e
operai, preoccupati dalla possibilita' di perdere posti di lavoro, della
necessita' di riconvertire la produzione  militare in civile. Si discuteva
allora, ed erano gli anni fra '70 e '80, di  cosa produrre, come produrre,
per chi produrre. Davanti all'Augusta, anche se in pochi (soprattutto
delegati della Fim-Cisl), facevamo lo sciopero della fame per non far
vendere al Sud Africa o al Brasile gli elicotteri; alla Oerlikon per la
riconversione facevamo incontri con le scuole del quartiere; all'Ansaldo si
bloccavano le merci in partenza per l'Iraq, e cosi' via.
Poi poco a poco anche la nostra pressione si allento'. Il settore
metalmeccanico andava verso il declino, ristrutturazioni, licenziamenti. Ci
occupammo d'altro, per qualche anno insieme ad alcuni "resistenti" abbiamo
cercato di fare muro all'ondata almeno per respingere gli attacchi continui
alla 185/90.
Nei movimenti nonviolenti, pacifisti, nei movimenti cattolici impegnati,
ogni anno si e' continuato a chiedere riduzione delle spese militari, e a
portare avanti la campagna dell'obiezione di coscienza. Per qualche tempo a
cavallo della prima guerra del Golfo nel '91, la campagna per l'obiezione
alla spese militari ebbe qualche impatto, poi e' passata in gran parte
nell'indifferenza dei movimenti, compreso quello delle Donne in nero e
dell'Associazione per la pace di cui faccio parte.
La trasformazione della 185/90 e' una perdita di cui portiamo tutte/i una
responsabilita'. Ma non siamo tutti uguali, la maggiore responsabilita' e'
di chi preposto al voto del parlamento e ha permesso che dalla legge fossero
cancellati i vincoli all'esportazione delle armi. Di chi tra le forze
democratiche e progressiste (di sinistra?) mantiene una cultura ammantata di
pace ma in fondo ancora militarista. Anche l' Europa si vuole armare, per
contrapporsi, si dice, alla grande potenza. La potenza dell'Europa deve e
puo' essere la volonta' di non fare guerre, concorrere al proprio benessere
e a quello dei paesi poveri.
Noi che ci battiamo contri i mercanti della morte dobbiamo riprendere e fare
diventare centrale in ogni movimento che parli di pace e di nonviolenza la
campagna contro la militarizzazione degli stati e delle menti, contro il
traffico delle armi, per la riconversione del settore militare al settore
civile, per la distruzione della armi di distruzione di massa, chimiche,
batteriologiche, nucleari.
Per questo possiamo agire concretamente sostenendo la campagna di obiezione
di coscienza alle spese militari. Non e' molto ma e' un gesto concreto; e
poi cercare, cercare insieme le strade per disarmare, disarmare.
Sembra inutile, banale e troppo semplice (ma e' la semplicita' che e'
difficile a farsi) riprendere le cifre del costo di una singola sofisticata
arma che basterebbe per sfamare e curare bambini e adulti, o come
l'intelligenza umana usata per costruire armi per la distruzione potrebbe
essere usata per portare sviluppo, acqua, luce, cibo, lavoro.
Mettere fuori dalla storia e dal mondo, la mancanza di liberta', la
poverta', l'ingiustizia sociale, la violenza, le guerre.
A questo noi, donne e uomini, popoli delle nazioni del mondo, noi che
desideriamo e pensiamo un altro mondo necessario e possibile, dobbiamo
dedicarci. Ne vale la pena.

9. ARMI. ALESSANDRO ZANOTELLI: LE MANI MACCHIATE DI SANGUE
[Dalla segreteria della Rete di Lilliput (per contatti:
segreteria@retelilliput.org) riceviamo e diffondiamo questa dichiarazione di
padre Alex Zanotelli. Alessandro Zanotelli, missionario comboniano, ha
diretto per anni la rivista "Nigrizia" conducendo inchieste sugli aiuti e
sulla vendita delle armi del governo italiano ai paesi del Sud del mondo,
scontrandosi con il potere politico, economico e militare italiano: rimosso
dall'incarico e' tornato in Africa a condividere per molti anni vita e
speranze dei poveri, solo recentemente e' tornato in Italia; e' direttore
responsabile della rivista "Mosaico di pace" promossa da Pax Christi; e' tra
i promotori della "rete di Lilliput" ed e' una delle voci piu' prestigiose
della nonviolenza nel nostro paese. Tra le opere di Alessandro Zanotelli: La
morte promessa. Armi, droga e fame nel terzo mondo, Publiprint, Trento 1987;
Il coraggio dell'utopia, Publiprint, Trento 1988; I poveri non ci lasceranno
dormire, Monti, Saronno 1996; Leggere l'impero. Il potere tra l'Apocalisse e
l'Esodo, La meridiana, Molfetta 1996; Sulle strade di Pasqua, Emi, Bologna
1998; Inno alla vita, Emi, Bologna 1998; Ti no ses mia nat par noi, Cum,
Verona 1998; La solidarieta' di Dio, Emi, Bologna 2000; R...esistenza e
dialogo, Emi, Bologna 2001; (con Pietro Ingrao), Non ci sto!, Piero Manni,
Lecce 2003]
L'approvazione della riforma della legge 185 sull'esportazione di armamenti
italiani all'estero e' una vera e propria vergogna nazionale. Dopo avere
tanto lottato negli anni '80, quand'ero direttore a "Nigrizia", su questo
problema, e dopo aver dato vita - insieme a tanti altri - alla campagna che
portera' alla legge 185 del 1990, oggi mi sento tradito.
Mi sono sentito tradito prima di tutto quando, la scorsa settimana, in
Commissione Esteri-Difesa questa riforma della legge e' passata per 16 voti
contro 15: abbiamo perso per un solo voto. Mi sento tradito perche' solo uno
della Margherita (uno su dieci) si e' presentato in Commissione. Gli altri
erano assenti perche' la Margherita era spaccata sulla 185. Questo e' di una
gravita' estrema, perche' la Margherita durante la guerra all'Iraq aveva
promesso, specialmente attraverso il suo segretario Castagnetti, che avrebbe
tenuto duro nella sua opposizione alla guerra. Non puo' ora venire a
tradirci in questa maniera proprio sul commercio delle armi. Lo ritengo un
tradimento, da parte sia del segretario sia della Margherita.
Secondo, mi addolora profondamente il voto di ieri alla Camera, di 222 per
il si' e di 115 no, con 209 tra astenuti e non votanti. Di nuovo sento come
tradimento il fatto che la Margherita si sia astenuta in massa e che lo Sdi
e l'ex ministro della difesa Mattarella abbiano votato si'. Sarebbe
importante sapere al piu' presto come ognuno abbia votato, e chiedo che
questa lista venga diffusa in internet.
Trovo gravissime due cose in questa riforma:
1) il fatto che la modifica alla legge 185 toglie l'end use, cioe' sapere
dove le armi vadano davvero a finire, permettendo le cosiddette
triangolazioni, che ho personalmente testimoniato quando ero direttore a
"Nigrizia", e che tante morti hanno causato;
2) trovo altrettanto grave che non ci sia piu' l'obbligo per il governo di
presentare la relazione annuale sulle esportazioni autorizzate. Questa e'
un'altra botta al movimento pacifista ed e' soprattutto un'altra maniera per
nascondere i loschi traffici di armi.
E' altrettanto grave il fatto che le armi potranno essere esportate in paesi
dove ci sono violazioni dei diritti umani, purche' non "gravi". Tutto questo
ci fa apparire ancora piu' chiaro come alla Camera non ci sia alcuna idea di
etica in questo campo; penso che il Senato si sia comportato con molta piu'
dignita' e con molto piu' senso etico. Rimango esterrefatto da questo
comportamento dei deputati. Rimango addolorato al vedere come anche i
partiti di opposizione hanno votato. I Comunisti italiani: su 10, 8 si sono
astenuti; dei 136 Ds, 36 astenuti; di Rifondazione, su 11, 5 astenuti, tra i
quali Bertinotti; dei Verdi, 2 astenuti su 6. E' incredibile che 189
deputati non fossero presenti. E' una vergogna.
Ora dobbiamo ammettere, da parte di questo movimento che c'e' alla base, che
abbiamo fatto ultimamente troppa poca pressione a questo livello. Tutto il
movimento che si e' mosso contro la guerra in Iraq doveva con altrettanta
forza muoversi contro le modifiche alla 185: questo non e' avvenuto. Un
grazie va ai sindacati, in particolare alla Cgil, perche' sono rimasti fermi
nella loro opposizione alle modifiche. Ecco perche' ritengo importante, a
questo punto, ripartire dalla societa' civile organizzata: davanti al
tradimento da parte dei partiti italiani la societa' civile organizzata
dovra' diventare sempre piu soggetto politico e fare politica con la p
maiuscola. Dobbiamo rilanciare una campagna per ritornare alla 185 e
dobbiamo rilanciarla soprattutto in campo europeo, perche' con le joint
ventures molte armi verranno prodotte con capitali e industrie europee, e
sfuggiranno a qualsiasi controllo.
Non basta piu' l'indignazione, dobbiamo impegnarci. E chiedo a tutti di
scrivere ai propri deputati che hanno votato per il si' o che si sono
astenuti, dicendo la propria rabbia per questo voto, che significhera' piu'
esportazioni di armi italiane, piu' triangolazioni, piu' segretume, e sempre
piu' morti fra i poveracci del mondo. Abbiamo le mani macchiate di sangue.
Dobbiamo reagire come cittadini in tutte le maniere che possiamo. E chiedo
che anche ufficialmente la Conferenza episcopale italiana dica il suo
disappunto per quanto e' avvenuto, perche' la Cei si era data da fare
perche' queste modifiche non avvenissero; penso sia importante che ora
esprima pubblicamente il suo sconcerto.

10. ARMI. CAMPAGNA CONTRO I MERCANTI DI ARMI: L'IMPEGNO CONTINUA
[Dalla "Campagna contro i mercanti di armi - In difesa della legge 185"
riceviamo e diffondiamo]
La campagna "Contro i mercanti di armi: difendiamo la 185" esprime rammarico
e delusione per la definitiva approvazione alla Camera delle sostanziali
modifiche alla legge 185/90 relative alla ratifica dell'accordo di
Farnborough sulle misure per facilitare la ristrutturazione e le attivita'
dell'industria europea per la difesa, sulla produzione ed il commercio delle
armi.
In questi ultimi 16 mesi la "Campagna contro i mercanti di armi - In difesa
della legge 185" ha denunciato con forza i rischi connessi alle modifiche
della normativa italiana che regolamenta i trasferimenti di armi dal nostro
Paese, in particolare la diminuzione dei sistemi di controllo democratico e
delle garanzie di trasparenza.
La Campagna ha inviato al Parlamento italiano quasi 150.000 firme,
organizzato numerose conferenze e azioni di mobilitazione su tutto il
territorio, oltre un'ampia campagna informativa.
Tali iniziative hanno ottenuto importanti successi. In particolare, alcune
delle richieste avanzate dalla "Campagna contro i mercanti di armi - In
difesa della legge 185", dopo mesi di discussioni, sono state accolte dal
Parlamento che ha approvato sei importanti emendamenti al disegno di legge
proposto dal governo, per ridurre l'impatto della modifica, in particolare
per quanto riguarda la garanzia di trasparenza e di migliori standard di
controllo. Non tutte le proposte della Campagna sono state accolte dal
Parlamento ma, grazie anche alla mobilitazione, c'e' stato un forte
dibattito pubblico che ha coinvolto sia esponenti politici, sia il governo
italiano.
Chiaramente la campagna non si conclude con questa votazione, l'obiettivo
futuro e' la costituzione in Italia di un network stabile sul controllo
delle armi capace di operare un'azione di monitoraggio nazionale ed
internazionale in materia di commercio e produzione di armi.
Per un mondo piu' sicuro e' urgente e fondamentale che si promuova
l'adozione di uno strumento giuridico internazionale - il "Trattato sul
commercio di armi" promosso dai Premi Nobel per la pace - che regoli le
esportazioni secondo le norme fissate dal diritto internazionale e ispirate
dal diritto umanitario e dalle convenzioni in tema di diritti dell'uomo. Uno
strumento indispensabile per impedire i trasferimenti di armi verso i paesi
in stato di conflitto e in cui vi e' il rischio che siano utilizzate per
commettere crimini ed atrocita'.
Occorre inoltre colmare le lacune dell'attuale legislazione sulle
esportazioni delle armi:
- includendo anche le armi "leggere", le "armi civili", nel regime di
controllo, bloccando quindi le esportazioni di tali armi verso nazioni che
violano i diritti dell'uomo;
- introducendo una legislazione per regolare le attivita' degli
intermediatori di armi leggere e impedire il traffico illegale delle armi da
parte di cittadini, residenti e aziende nel caso in cui le armi siano
prodotte e trasferite al di fuori del territorio italiano;
- traducendo in legge il divieto di esportare armi in violazione di un
embargo stabilito dalle Nazioni Unite per chiunque, sia per i residenti sia
per chi effettua il commercio delle armi dall'Italia.

11. ARMI. PEPPE SINI: A COSA SERVONO LE ARMI
Un Parlamento trasformato in un bivacco di manipoli ha votato una legge che
rende piu' facile mettere armi a disposizione degli assassini.
Poiche' a questo e solo a questo servono le armi: a uccidere.
L'unica legge utile in questo ambito e' quella che ne proibisca in modo
assoluto l'uso, il commercio, la produzione.
Lo diciamo ancora una volta: l'impegno per la pace richiede l'opposizione a
tutte le armi e a tutti gli eserciti. Una politica per la pace deve essere
rigorosamente disarmista e antimilitarista. Una legislazione intesa a
promuovere la pace e il diritto alla vita dei popoli e delle persone deve
abolire armi ed eserciti.
I ciarlatani che pensano di poter essere per la pace ed insieme per le armi
sono complici degli assassini.

12. RIFLESSIONE. IDA DOMINIJANNI: SE IL CORPO DIVENTA UNA PASSWORD
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 21 maggio 2003. Ida Dominijanni (per
contatti: idomini@ilmanifesto.it), giornalista e saggista, e' una
prestigiosa intellettuale femminista]
In principio c'e' sempre la democrazia, e il problema di che cosa si intende
per democrazia. Ed e' un problema sempre piu' controverso, se puo' accadere
che il progetto "Tia" del Pentagono per la raccolta di informazioni e dati
personali di tutti i cittadini del pianeta (americani esclusi) vada in
discussione al Congresso Usa mentre il Garante italiano della privacy,
nonche' presidente dei Garanti europei, lancia l'allarme contro queste
tentazioni del controllo e della sorveglianza totale che vengono dall'altra
sponda dell'Atlantico. Non che le due sponde si possano dividere con un
taglio netto, come lo stesso Rodota' sottolinea nella sua relazione: accade
in Italia che la Provincia di Bolzano istituisca una indebita banca dati in
materia sanitaria, e di converso accade negli Stati Uniti che istituzioni e
singoli esperti tentino di correggere le tentazioni panottiche
dell'amministrazione Bush guardando alle garanzie europee in materia di
tutela della privacy. Il conflitto dunque, come si dice, e' trasversale. Ma
e' un conflitto duro e dagli esiti tutt'altro che scontati, anche perche' a
giocarlo sono in tre, scienza, tecnologia e volonta' di potenza dei governi,
contro uno, la cultura giuridica che milita per i diritti fondamentali e per
una cittadinanza universale all'altezza di un'era in cui il corpo diventa
corpo elettronico, la trasparenza si rovescia in esposizione pubblica e
perfino la comunicazione viene colonizzata dal mercato lungo le autostarde
di Internet. Ma prim'ancora, attorno a tutto questo, c'e' una cornice
squisitamente politica, che attiene alla costituzione intima delle
democrazie contemporanee. Nelle quali si verifica, fra gli altri, il
seguente paradosso: mentre gli spazi pubblici si allargano, le vite si
privatizzano. Perche' gli spazi pubblici, che siano tradizionali - strade,
piazze, stazioni, aeroporti - o tecnologici - telefoni, e-mail, Internet -
sono sempre piu' sottoposti all'occhio di una sorveglianza politica -
telecamere, tecniche di riconoscimento, data mining - che non riguarda solo
il corpo selvaggio dei devianti, ma la cittadinanza tutt'intera; la quale
percio' finisce col rifuggire da quegli spazi per rintanarsi in casa.
Dunque, o la privacy la si sa difendere come un'idea di liberta' nei luoghi
della vita associata, o la si confinera' sempre piu' fra le mura domestiche
come un'idea di autodifesa. E dove comincia se non qui la fine della
democrazia?
Dentro questa allarmante cornice, il quadro non meno allarmante e' quello di
societa' ormai interamente dominate dalla biopolitica, piu' che dalla
politica classicamente intesa. Il Garante italiano ha ben presente il punto,
ed e' questo che rende le sue annuali relazioni al parlamento uno dei rari
momenti avanzati di analisi del teatro politico nostrano: perche' la tutela
della privacy non e' piu' solo tutela della riservatezza, e' tutela da un
potere tecnopolitico che aggredisce e si annette la vita in tutti i suoi
aspetti, senza che nessuno ne resti "naturalmente" esente. Viviamo, dice
Rodota', in un mondo in cui "la vita e' diventata uno scambio continuo di
informazioni, una rappresentazione sociale che da' pubblica e continua
evidenza al corpo e alle sue immagini, alle opinioni e alle preferenze, ai
narcisismi e al pudore". E in cui la stessa realta' del corpo e' cambiata,
perche' corpo biologico e corpo tecnologico si intrecciano in ciascuno di
noi ogni volta che c'e' di mezzo una terapia medica, una pratica di ricerca
genetica, un dispositivo di classificazione e controllo delle nostre
caratteristiche individuali. "Il corpo sta diventando una password",
impronte digitali, iride, Dna e consimili "dati biometrici" riempiono banche
di dati consultabili per classificare, sorvegliare, punire, disciplinare.
Basta un chip sottopelle e il controllo sui movimenti di ciascuno e'
assicurato: "La sorveglianza sociale si affida a una sorta di guinzaglio
elettronico, il corpo umano viene assimilato a un qualsiasi oggetto in
movimento, controllabile a distanza con una tecnologia satellitare". E che
fine fa la democrazia, se e' fatta di cittadini al guinzaglio?
Il fatto e' che da queste tendenze del biopotere e della tecnopolitica
indietro non si torna. Ma a queste tendenze non si possono sacrificare
democrazia, liberta', uguaglianza. Non si puo' sacrificare la riservatezza
dei dati personali sull'altare della sicurezza, neanche sotto l'incubo del
terrorismo. Non si puo' consentire che un accertamento di paternita' passi
per il furto di dati genetici. Non si puo' consentire che lo screening di
dati genetici serva per discriminare le persone nell'accesso al lavoro. Non
si puo' consentire che i nostri indirizzi di posta elettronica siano
continuamente violentati dalle imprese che ci bombardano di messaggi
pubblicitari non richiesti. E via dicendo. Viceversa, le tendenze della bio-
e della tecnopolitica vanno piegate al mantenimento e all'estensione dei
diritti fondamentali. La prospettiva e' quella di una cittadinanza
sovrastatuale che contempli il pieno controllo di ciascuno sul proprio
"corpo elettronico", ovvero sui dati che riducono l'identita' individuale a
un fascio di informazioni disponibili per il potere. Senza, a decidere di
questi dati, cioe' di noi stessi, saranno solo i governi e il mercato.

13. DIRITTI. NADIA CERVONI: LEYLA ZANA ANCORA DETENUTA
[Dal sito de "Il paese delle donne" (www.womenews.net) riprendiamo questo
intervento di Nadia Cervoni (per contatti: giraffan@tiscalinet.it). Nadia
Cervoni e' impegnata nelle Donne in nero ed in numerose iniziative di pace,
solidarieta', nonviolenza. Leyla Zana,  intellettuale kurda, tra le figure
piu' significative dell'impegno per i diritti umani, eletta al Parlamento
della Turchia, ha subito durissime persecuzioni e la privazione della
liberta' per il suo impegno per i diritti del suo popolo, la democrazia e la
dignita' umana; e' in corso una campagna internazionale per la sua
liberazione]
Leyla Zana e' ancora in carcere e con lei gli altri tre ex deputati curdi.
Il 23 maggio si e' svolta ad Ankara la terza udienza del processo che si sta
ripetendo a carico di Leyla Zana e di altri tre coimputati, gia' condannati
nel 1994 alla pena di 15 anni.
Appena finita l'udienza, Silvana Barbieri di "Punto Rosso", presente con la
delegazione europea, mi ha chiamata e con toni molto tristi mi ha informata
che l'udienza e' andata molto male.
Negata ancora una volta a Leyla e agli altri tre coimputati la liberta'
provvisoria, cosi' come previsto dalla Corte suprema europea per i diritti
umani. La pubblica accusa e il presidente tendono a confermare i capi
d'accusa che vorrebbero Leyla condannata per terrorismo. Minacciate prove
mai esibite, grande difficolta' per la difesa di procedere con gli
interrogatori. Anche questo nuovo processo, nonostante l'intervento fermo
della Corte suprema europea non si sta svolgendo secondo criteri trasparenti
ed equi. Sentito testimone d'accusa capo di 700 guardiani di villaggio che
si e' scagliato violentemente contro Leyla Zana e gli altri tre coimputati.
La prossima udienza e' stata fissata per il 20 giugno 2003. E' importante
mantenere e far crescere l'attenzione sul caso di Leyla Zana, significativo
della totale violazione dei diritti umani in Turchia e della inadeguatezza
della richiesta della Turchia di entrare in Europa. In attesa di relazioni
piu' dettagliate informiamo che le adesioni giunte alla campagna "Mille
firme per Leyla Zana" (e-mail: libertaperleylazana@donneinnero.org) sono
state inviate all'ambasciata turca in Italia e in Turchia ai rappresentanti
di governo.
Altre iniziative saranno messe in campo a partire dalla ricerca di maggior
coinvolgimento di rappresentanti delle istituzioni nazionali e locali. In
molti comuni Leyla e' cittadina onoraria, tra questi anche il comune di
Roma.
Il giorno 22 maggio a Roma si e' svolto un sit-in di protesta davanti
all'ambasciata turca organizzato dalle Donne in nero, Wilpf, "Un ponte per":
presenti anche le onorevoli Elettra Deiana (parlamentare) e Luisa Morgantini
(europarlamentare) alle quali e' stato rifiutato l'incontro richiesto con
l'ambasciatore. Sempre il 22 maggio a Bologna si e' tenuta una conferenza
stampa sul caso Leyla Zana e i diritti negati in Turchia indetta dal locale
gruppo delle Donne in nero e dai giuristi democratici, presenti nelle
udienze precedenti ad Ankara.
Per informazioni e contatti: Donne in Nero, gruppo Kurdistan/Turchia:
e-mail: jin-kadin@donneinnero.org, sito: www.donneinnero.org

14. MEMORIA. GIUSEPPE DI LELLO: QUALE GIUSTIZIA DOPO FALCONE
[Questo articolo e' apparso sul quotidiano "Il manifesto" il 23 maggio 2003,
anniversario della strage di Capaci. Giuseppe Di Lello, nato nel 1940,
magistrato, membro del pool antimafia di Palermo che istrui' il maxiprocesso
alla mafia che costitui' un punto di svolta nella lotta contro i poteri
criminali in Italia; attualmente e' parlamentare europeo. Tra le opere di
Giuseppe Di Lello: Giudici, Sellerio, Palermo 1994. Giovanni Falcone, nato a
Palermo nel 1939, magistrato, tra i massimi protagonisti della lotta contro
la mafia; muore assassinato dalla mafia nel 1992. Opere di Giovanni Falcone:
Interventi e proposte (1982-1992), Sansoni, Firenze 1994; Cose di Cosa
Nostra, Rizzoli, Milano 1991. Falcone e' stato (come anche Di Lello) tra gli
autori dell'atto d'accusa alla base del grande processo noto come
"maxiprocesso" alla mafia, una sintesi di quella decisiva sentenza-ordinanza
del pool antimafia di Palermo e' stata pubblicata a cura di Corrado Stajano
con il titolo Mafia: l'atto d'accusa dei giudici di Palermo, Editori
Riuniti, Roma 1986; cfr. anche la raccolta di interventi pubblici di Falcone
e Borsellino, Magistrati in Sicilia, Ila Palma, Palermo. Opere su Giovanni
Falcone: tra le opere principali si veda il volume di Lucio Galluzzo, Franco
Nicastro, Vincenzo Vasile, Obiettivo Falcone, Pironti, Napoli; a cura di AA.
VV., Falcone vive, Flaccovio, Palermo; Francesco La Licata, Storia di
Giovanni Falcone, Rizzoli, Milano 1993; Giommaria Monti, Falcone e
Borsellino, Editori Riuniti, Roma 1996. Ovviamente utili anche i libri di
Pino Arlacchi, Giuseppe Ayala, Antonino Caponnetto, Giuseppe Di Lello,
Alfredo Galasso, Luca Rossi, e quello di Umberto Lucentini su Paolo
Borsellino. E naturalmente anche i lavori - fondamentali - di Umberto
Santino, il noto volume di Saverio Lodato, e numerosi altri testi]
Undicesimo anniversario della strage di Capaci. Quel poco che rimane della
Palermo antimafia si ferma un giorno per ricordare il sacrificio di Giovanni
Falcone, Francesca Morvillo, Antonio Montinaro, Rocco Dicillo e Vito
Schifani e attende di sapere, con sgomento, se nella commemorazione debba
subire anche la presenza del cavaliere di Arcore in veste di celebrante.
Giusto e sacrosanto il rigetto emotivo di una simile presenza, ma l'evento
in se' va ridimensionato come naturale epilogo di una tragedia gia'
consumatasi tutta intera nello spazio di questi undici anni con la
ricomposizione di un blocco di potere che quella stagione giudiziaria -
fermata con le bombe - intendeva sgretolare.
E' ormai evidente, e lo dicono tutti, che in Sicilia, anche a seguito del
fatidico 61 a 0, la mafia dell'era berlusconiana, nonostante gli ergastoli e
la continua cattura di latitanti, e' piu' forte e piu' ricca di prima e si
e' ricollocata comodamente all'interno di un classico blocco di potere verso
il quale, e lo dicono in pochi, iniziano ad esserci i sintomi di una fatale
attrazione di qualche spezzone di potere giudiziario: un "blocco di potere"
non e' tale, infatti, se non ricomprende anche quest'ultimo.
Non bisogna farsi ingannare dalla virulenza dello scontro tra maggioranza
parlamentare e magistratura e dalla strenua resistenza opposta da una parte
di quest'ultima, la cui capitolazione, se tutto procede come programmato, e'
gia' scritta.
Con i suoi continui attacchi all'indipendenza e all'autonomia del potere
giudiziario, Berlusconi ha spinto la sinistra alla difesa incondizionata di
tutta la magistratura, facendo perdere di vista i "particolari" di cui essa
si compone e che non convergono tutti verso la mitica difesa dello stato di
diritto ma, anzi, cooperano, a volte inconsciamente e a volte scientemente,
nel tentativo berlusconiano di demolizione dello stesso.
La strategia di riconquista del potere giudiziario, per tornare a forme di
convivenza stile anni '60, si articola in mosse chiare e palesi, e si basa
inevitabilmente sul consenso popolare di massa, la vecchia e cara egemonia.
Il centrodestra, compatto e con il formidabile supporto dell'informazione
radiotelevisiva, predica da tempo la persecuzione "politica" di Berlusconi
da parte di magistrati comunisti, sebbene sia di tutta evidenza la natura
non ideologica dei crimini, concreti e infamanti, di cui il capo del governo
e' accusato e sulla sostanza dei quali si sorvola sempre ogni volta che se
ne parla alla radio, in televisione e sui molti giornali posseduti o
cooptati.
Battendo sul tasto della persecuzione, il Cavaliere e soci, lungi
dall'essere smentiti o avversati, incontrano grande comprensione e
solidarieta' popolare perche' la macchina giudiziaria, per i disservizi (i
tempi biblici delle sentenze), per il massacro che "oggettivamente" compie
tra gli strati sociali piu' deboli (poveri, immigrati, tossicodipendenti),
per le tante e inspiegabili ingiustizie (Adriano Sofri, gli operai morti per
l'amianto, Carlo Giuliani), viene percepita appunto come una istituzione
prevalentemente persecutrice.
A cio' si sovrappongono - e nessuno a sinistra ne parla - le tante
connivenze tra potere politico e potere giudiziario intrecciate alla luce
del sole in tante realta' locali, piccole e grandi, e non per corruzione
(sporadica, anche se eclatante) ma, peggio ancora, per condivisione dei
"valori" comuni, siano essi il rispetto incondizionato del potere,
dell'ordine costituito, delle "libere" dinamiche del mercato e simili.
Anche in questi casi, la "saggezza" popolare, tende a scaricare sulla sola
magistratura la distorsione del ruolo di terzieta' e ad assolvere il potere
politico, senza rendersi conto, perche' nessuno la denuncia, della
"politicizzazione" di quei giudici conniventi e funzionali al potere e ai
quali non allude certamente il Cavaliere quando discetta sulla estirpazione
del cancro.
La somma di questi fattori ha portato alla delegittimazione popolare della
magistratura e cosi' il piano berlusconiano di ri-cooptazione del potere
giudiziario sara' di facile attuazione grazie alle annunciate leggi di
riforma, una delle quali, la piu' formidabile per il ritorno ad una
selezione di classe dei magistrati, si basera' proprio sulla verifica della
condivisione dei valori della destra: prima dell'assunzione con la "scuola"
per i magistrati e dopo l'assunzione con la "selezione per meriti" e cioe'
con l'esame delle sentenze per verificare se a quei valori si e' data
attuazione giurisdizionale.
Per contrastare questo piano scellerato non basta l'indignazione di pochi.
Bisogna riconquistare la fiducia del popolo sovrano nella magistratura e per
far cio' la sinistra deve far propria la battaglia per una giustizia giusta,
esaltando i giudici che applicano la legge nello spirito garantista e
progressista della Costituzione, ma avendo anche il coraggio di denunciare
le connivenze con il potere, le ingiustizie, gli errori, la caduta delle
garanzie anche a danno dei peggiori criminali, e quant'altro mina la
credibilita' dei magistrati.
Eravamo partiti dalla Palermo che commemora Falcone e non ce ne siamo
allontanati perche' e' proprio qui, in Sicilia, che lo "sfondamento"
berlusconiano sta aprendo le prime brecce, ma e' proprio qui che la
sinistra, per le condizioni politiche, sociali e criminali, potrebbe tentare
quella operazione di sostegno e denuncia di cui si parlava.
Altrimenti, se continuiamo a starcene con le mani in mano, nella
commemorazione del dodicesimo anniversario potremmo al massimo trepidare per
l'eventuale discesa di Cesare Previti delegato da un troppo occupato
Berlusconi a rappresentarlo oggi a Palermo.

15. EDITORIALE. GIOBBE SANTABARBARA: COME LA MORTE
Puntuale come la morte, la morte arriva. In una catena di lutti che non
trova fine.
Penso ai miei amici palestinesi e ai miei amici israeliani, e penso anche ai
miei amici italiani e di altri paesi ancora che stanno li' anch'essi, in
Palestina ed in Israele, a condividere la sofferenza e la speranza, le
ragioni della pace, della giustizia, della liberazione, della solidarieta',
della dignita' umana, le ragioni del diritto di tutti gli esseri umani a
vivere e convivere.
E non trovo parole per dire il dolore, l'umiliazione, l'annichilimento che
provo, e questo sentimento di impotenza e di vergogna che mi toglie il
respiro e la voce.
E a costo di parer ridicolo e stonato, e scipito e fin grottesco dinanzi a
tanta tragedia, nulla di meglio riuscendo a fare almeno questo, almeno una
volta, vorrei dire: la mia, la nostra vicinanza a tutti coloro che la', come
ovunque, si  battono contro la morte, contro le uccisioni, per la dignita'
umana di tutti.
E dando una mano a fare questo foglio che vorrebbe promuovere e documentare
la nonviolenza in cammino, vorrei potermi illudere di contribuire cosi' un
po' anch'io a contrastare la violenza, l'ingiustizia, l'orrore del mondo.

16. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

17. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti, la e-mail e': azionenonviolenta@sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben@libero.it;
angelaebeppe@libero.it; mir@peacelink.it, sudest@iol.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it. Per
contatti: info@peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it

Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio
con richiesta di rimozione a: nbawac@tin.it

Numero 579 del 12 giugno 2003