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Congo: la resistenza della gente comune
Fonte: Missione Oggi - Giugno/Luglio 2003
EDITORIALE
Congo: la resistenza della
gente comune
Richiamiamo in questo numero l'attenzione sull'area orientale della RdC,
dove i padroni di turno, per accaparrarsi le ricchezze del paese, continuano
i massacri della gente. Nell'indifferenza generale.
Siamo tornati da poco da Goma. È sempre un'esperienza forte l'incontro con
questo popolo, che dà prova di una tenacia non comune nel resistere alle
avversità che si abbattono sulla loro regione martoriata. Un popolo fiero
nella sua dignitosa miseria; in piedi, pur nella sofferenza per le continue
angherie dei padroni di turno e nell'incertezza del domani, perché è sempre
incombente il pericolo del vulcano. La sofferenza la si legge sui volti
scavati, ma determinati a non lasciarsi abbattere. Non ci siamo sentiti di
dire "coraggio": perché, ancora una volta, ci insegnano come afferrare il
dono della vita e custodirlo.
Percorriamo le strade della città, sulle onde della lava, tra le nuove
casupole e le baracche con le pareti di plastica colorata, dove vivono
ancora molte famiglie. Vediamo la bandierina segnaletica del vulcano. Il
colore è giallo: il vulcano è attivo, ma non c'è pericolo imminente.
Incontriamo alcune donne con un carico pesante sulle spalle, trasportano
sacchi di carbone. Sono esse il segno più evidente della resistenza nel
quotidiano della vita: figli da crescere, procurare cibo, medicine. Come
cercare acqua nel deserto.
Un osservatore ha detto: "In Congo si firma la pace e si fa la guerra". Una
cosa è certa, la situazione è critica. Il sangue non ha smesso di scorrere,
gli sfollati sono tanti. Il Consiglio di sicurezza della Nazioni Unite ha
denunciato, ancora una volta, militari e politici legati a gruppi finanziari
e minerari: tutti hanno interesse che la guerra continui, così possono
prolungare il furto delle ricchezze del paese: oro, legname, coltan e
diamanti.
Una cosa ci è apparsa chiara: occorre tanta solidarietà, fraternità, da
popolo a popolo. Siamo chiamati a una solidarietà spicciola, da persona a
persona, da famiglia a famiglia, da gruppi a gruppi, da movimenti a
movimenti; la parola chiave dev'essere "condividere". Si capisce come gli
accordi politici siano lunghi, difficili. Non sappiamo quanto la gente creda
ormai a queste firme di pace. sa che sono cose dei grandi: alla gente del
popolo restano misere briciole. Sanno che la salvezza devono crearsela loro
stessi: al di sopra degli interessi, poco chiari, di spartizioni dei poteri
e delle ricchezze del paese.
Per questo occorre tessere e creare una rete di scambi, che a loro dia la
certezza di non essere abbandonati e a noi la forza che ci viene dal
sentirci fratelli, nel comune destino di lottare per la vita.
SILVIO TURAZZI