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"Libere e liberi di essere". La Sezione Italiana di AmnestyInternational aderisce al Baripride 2003



Gent.mi tutti,

vi trasmettiamo il comunicato stampa della Sezione Italiana di
Amnesty International:


"Libere e liberi di essere". La Sezione Italiana di Amnesty International
aderisce al
Baripride 2003



Grazie per la cortese attenzione

Per ulteriori informazioni, approfondimenti ed interviste:

Ufficio Stampa
Amnesty International
Tel. 06 44.90.224
cell. 348-6974361
e-mail: press@amnesty.it


ALLA CORTESE ATTENZIONE DEL CAPO REDATTORE INTERNI


COMUNICATO STAMPA
CS83-2003

"LIBERE E LIBERI DI ESSERE". LA SEZIONE ITALIANA DI AMNESTY INTERNATIONAL
ADERISCE AL BARIPRIDE 2003


La Sezione Italiana di Amnesty International aderisce al Baripride 2003, in
programma domani a Bari. I soci dell'organizzazione per i diritti umani
sfileranno con uno striscione che recita "Libere e liberi di essere".

"In circa 70 paesi del mondo lesbiche, gay, bisessuali e transessuali non
possono vivere libere e liberi di essere ciò che sono, non possono essere
se stessi" - ha dichiarato Gianfranco Dognini, vicepresidente della Sezione
Italiana di Amnesty International, che guiderà a Bari la rappresentanza
dell'organizzazione per i diritti umani. "L'identità sessuale è parte
integrante della personalità di ciascun individuo, le leggi o le pratiche
discriminatorie che la perseguitano o la reprimono violano i diritti
fondamentali della persona. Amnesty International si batte perché i diritti
di lesbiche, gay, bisessuali e transessuali siano considerati a pieno
titolo diritti umani".

La partecipazione di Amnesty International al Baripride si inserisce nel
quadro della campagna IO NON DISCRIMINO, lanciata dall'organizzazione nel
mese di marzo. Tra i casi di vittime di discriminazione sessuale che
Amnesty presenterà a Bari vi è quello di Wyssam Tawfiq Abyad, un gay
egiziano condannato nel febbraio di quest'anno a 15 anni di carcere per
"depravazione abituale": il 16 gennaio si era presentato a un appuntamento
al Cairo con un ragazzo con cui era entrato in contatto attraverso un sito
internet. La persona in questione si era rivelata essere un agente delle
forze di sicurezza.

In circa 70 paesi vi sono leggi che puniscono gli atti sessuali con persone
del proprio sesso. Secondo le informazioni di Amnesty International, la
pena di morte per omosessualità è prevista in quattro paesi: Arabia
Saudita, Sudan, Mauritania e Iran.

In Malaysia, nell'aprile 2003 l'ex vice primo ministro Anwar Ibrahim si è
visto respinto l'appello contro una condanna a nove anni per sodomia. Nel
luglio 2002 gli era stato già respinto l'appello contro la condanna a sei
anni di carcere per accuse di corruzione, comminata nel 2000 dopo un
processo iniquo. Si tratta di un prigioniero di coscienza, la cui presunta
omosessualità è stata utilizzata per estrometterlo dalla vita politica del
paese.

In Uganda rimangono in vigore leggi discriminatorie contro gay e lesbiche.
Nel marzo 2002 il presidente Museveni, in un discorso durante un convegno
dei capi di governo del Commonwealth in Australia, ha dichiarato che i
buoni risultati nella lotta contro l'Aids in Uganda sono stati ottenuti
perché nel paese non vi sono omosessuali. Il 30 agosto dello stesso anno,
il ministro dell'Etica e dell'Integrità ha ordinato alla polizia di
arrestare e condannare gli omosessuali. Per tutto l'anno, agenti delle
forze di sicurezza hanno continuato a sottoporre a vessazioni membri della
comunità gay, e diverse persone sono state arrestate per motivi legati al
loro orientamento sessuale.

L'Ecuador è tra i pochissimi paesi al mondo ad includere nella propria
Costituzione un articolo contro la discriminazione basata sull'orientamento
sessuale (gli altri paesi sono Canada, Irlanda, Nuova Zelanda, Sudafrica e
Svizzera). Ciononostante, nel paese latinoamericano la discriminazione e
gli abusi per motivi legati all'orientamento sessuale sono molto frequenti.
La tortura continua a essere usata per umiliare e punire detenuti Lgbt. Nel
mese di aprile, due adolescenti transessuali sono stati "venduti per sesso"
dalle guardie ad altri prigionieri del centro di detenzione provvisoria di
Guayaquil.

La situazione è grave anche in Egitto, dove nel maggio 2002 il presidente
Mubarak ha ordinato un nuovo processo per 50 dei 52 uomini processati nel
2001 a causa della loro presunta omosessualità. Nel marzo 2003 il tribunale
ha condannato a tre anni di carcere 21 degli imputati e ne ha rilasciati
altri 29. Le condanne inflitte agli altri due imputati del processo
originario sono state confermate: Sherif Farahat è stato condannato a
cinque anni di carcere e Mahmud Ahmed Allam a tre anni di carcere. Nel
corso del 2002 sono stati assolti in appello nove uomini condannati in
primo grado a tre anni di carcere per "depravazione abituale". Gli uomini
hanno dichiarato di essere stati torturati e maltrattati durante la
detenzione.

Dalla Giamaica pervengono ripetute segnalazioni di violenze nei confronti
di omosessuali commesse sia dalla polizia sia da semplici cittadini. Nel
gennaio 2002 il governo ha rifiutato di abrogare la legislazione che
considera illegali i rapporti sessuali in privato tra uomini adulti
consenzienti. A ottobre il Regno Unito ha concesso lo status di rifugiato a
un omosessuale con la motivazione secondo cui l'omofobia è così grave in
Giamaica da costituire una seria minaccia per la sicurezza personale.

Il 24 giugno la Corte costituzionale dell'Austria ha dichiarato
incostituzionale la norma che prevedeva una diversa età minima per rapporti
sessuali consenzienti tra omosessuali maschi rispetto a quella prevista per
gli eterosessuali e per le lesbiche. Poco meno di un mese dopo, il
parlamento ha approvato l'eliminazione dell'articolo discriminatorio dal
codice penale. Pur accogliendo con favore la decisione, Amnesty
International ha espresso preoccupazione perché gli emendamenti legislativi
non si applicavano ai casi in corso e perché i gay già condannati secondo
la precedente normativa non potevano essere riabilitati con la
cancellazione del reato dal certificato penale.

Nella sua azione per la protezione e la promozione dei diritti umani di
lesbiche, gay, bisessuali e transessuali, Amnesty International chiede ai
governi: il rilascio di tutti i prigionieri di coscienza, imprigionati
unicamente a causa del loro reale o presunto orientamento sessuale o
dell'identità di genere, per aver difeso i diritti di persone LGBT o per
aver promosso l'educazione su Hiv/Aids; la revisione delle leggi che
permettono la detenzione di persone unicamente a causa del reale o presunto
orientamento sessuale, che criminalizzano i rapporti omosessuali
consenzienti in privato, comprese le leggi sulla "sodomia" e sulla
disparità relativa all'età minima nei rapporti sessuali consenzienti; la
fine di violenze, abusi sessuali, torture e maltrattamenti; la massima
protezione per i difensori dei diritti di lesbiche, gay, bisessuali e
transessuali, e a coloro che lavorano nel contesto dell'educazione su
Hiv/Aids e che potrebbero essere posti a rischio di attacchi a causa del
loro reale o presunto orientamento sessuale; l'avvio di programmi di
educazione ai diritti umani di tutte le persone senza distinzioni di
genere, orientamento sessuale, razza, origine etnica, religione o altro
credo.

FINE DEL COMUNICATO
Roma, 6 giugno 2003


Per ulteriori informazioni, approfondimenti ed interviste:
Amnesty International - Ufficio stampa
Tel. 06 44.90.224, cell. 348-6974361, e-mail: press@amnesty.it