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Report da Amman #43




REPORT 43

LE VOCI DELL’IRAQ

14 maggio 2003

Nel disperato e povero distretto d’Al Tawra, tre generazioni di una sola 
famiglia parlano con Caiohme Butterly, una delegata di un’organizzazione 
umanitaria in Iraq, circa le incertezze e le apprensioni che essi hanno in 
questa nuova fase.

"E’ come stare sotto operazione, dichiara il DR. Karim: “ L’anestesia non 
ha fatto ancora il suo effetto, la persona lentamente cerca di distinguere 
le cose intorno a se, cerca di distinguere le sagome gli oggetti. C’è 
sofferenza, paura ed apprensione dell’intorpidimento procurato 
dall’anestetico. E’ sofferenza e completa confusione, noi riteniamo che 
stiamo sognando, risvegliandoci dall’incubo del precedente regime, 
probabilmente passiamo ad un altro”.

Un vicino, un giovane studente d’ingegneria dichiara: “Probabilmente noi 
abbiamo meno paura di altri. Non abbiamo niente da perdere. I servizi delle 
autorità municipali le hanno date ad altri, noi non li abbiamo mai 
ricevuti, per questo che non ci mancano. Siamo sopravvissuti con poche 
risorse. La solo cosa che il governo ci ha procurato è la sofferenza. Il 
nostro popolo è la nostra sola risorsa. Noi siamo uno Stato petrolifero, ma 
guarda la povertà in cui viviamo”.

Sua madre è irritata: “Il petrolio è la nostra maledizione. Non ci ha 
portato niente, ma solo tragedia sotto Saddam. Non ci porta niente sotto 
gli americani. Loro ci faranno soggetti di un’altra guerra”.

"Ma scolta il mio sogno, dice il padre di Karim: può essere che sono cambiati”.

Oggi gli Stati Uniti presenteranno alle Nazioni Unite una risoluzione nella 
quale chiederanno di togliere le sanzioni ed un’autorità appropriata per la 
vendita del petrolio, controllata solo dagli Stati Uniti e dalla Gran 
Bretagna. Al nostro sbigottimento ed alle devastazioni del popolo iracheno, 
loro si sforzano di recuperare il controllo delle loro risorse ed il 
diritto a vivere in pace, è ancora dettato da una potenza che non li 
rappresenta. Gli Stati Uniti hanno insistito sull’imposizione delle 
sanzioni per 13 anni, sanzioni che hanno ucciso innocenti, di cui molti 
bambini, ed ora si sono innervositi per le critiche a loro avanzate in 
merito a questa questione.

Non vi è una singola, giustificabile ragione del perché il popolo iracheno 
abbia sofferto per oltre 13 anni. Le sanzioni economiche sono un atto 
criminale che punisce delle persone innocenti. Vi è urgente bisogno della 
ricostruzione d’infrastrutture civili e di trasporti, medicinali ed aiuti 
umanitari. Noi continuiamo ad opporci a stare sotto l’ombrello della 
violenza militare, l’occupazione, il controllo corporativo, cui l’Iraq è 
sottoposto dal momento della sua “liberazione”.

Karim dice: “Il nostro sogno è che l’Iraq possa vive senza la paura di una 
brutale dittatura o di un regime corrotto instaurato dagli Stati Uniti, 
senza invasioni straniere e violenza perpetua, senza sanzioni che possa 
mantenere alta la nostra società e la nostra economia. Sogniamo anche che 
gli Stati Uniti restituiscano la nostra moneta e che non ci sia una società 
militarizzata, dove sia rappresentata da un nostro governo e dalle nostre 
comunità, e dove a tutto il popolo sia garantita l’educazione e 
l’assistenza medica”.

C’è molto da fare. Per piacere continuate a stare con noi. Abbiamo bisogno, 
che voi continuiate il vostro lavoro. Ora più che mai.





[Nota: Rosarita Catani e' una reporter indipendente che invia i suoi 
resoconti da Amman, Giordania, raccontando da un punto di osservazione 
privilegiato cosa accade in Iraq e in medio oriente. I suoi report - 
pubblicati regolarmente sul sito www.peacelink.it -  sono utilizzabili 
liberamente previa citazione della fonte e dell'autrice].