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Recensione Libro: Il lamento della Pace (E. da Rotterdam)
- Subject: Recensione Libro: Il lamento della Pace (E. da Rotterdam)
- From: Carlo Gubitosa <c.gubitosa@peacelink.it>
- Date: Wed, 07 May 2003 18:51:22 +0200
ERASMO DA ROTTERDAM
IL LAMENTO DELLA PACE
Traduzione di Patrizia Moradei
Prefazione di Peppe Sini
Multimage 2002
Euro 10
Ordinazioni su: http://www.umanisti.it/multimage/prenota.htm
Sconto del 50% per ordinazioni superiori a 10 copie
Il "Manifesto" del pacifismo rinascimentale in una nuova traduzione e con
il commento di Peppe Sini del Centro di Ricerca per la Pace di Viterbo che
spiega il significato di questo testo per i pacifisti di oggi.
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Prefazione di peppe Sini
Alcune parole
intorno alla Querela Pacis e al suo autore
Questo sapeva Erasmo: che la guerra e' sempre un male e il piu' grande dei
mali: uccisione di esseri umani, che l'attivita' dei soldati e'
l'assassinio, che chi giustifica la guerra e' complice degli assassini, e
chi la organizza e promuove e' il primo e il principe degli assassini. E
che bisogna scegliere tra omicidio e civilta', tra la morte e la vita degli
esseri umani.
Cosi' leggere Erasmo e' gettarsi nella lotta, nella lotta contro la
violenza e per l'umanita'. Non si puo' leggere questo sorridente umanista
senza sentirsi toccati nel profondo: poiche' in tutta l'opera sua
incessante ti rivolge un appello a un'impresa comune: l'affermazione della
dignita' umana e dell'umana solidarieta', l'opposizione alla violenza e
alla menzogna.
Dopo Auschwitz
Diciamolo subito: c'e' un passo nella Querela Pacis che e' di un razzismo
ripugnante: e' un passo minuscolo, ma una caduta rovinosa; che deturpa
questo per il resto splendido testo, e ci addolora e ferisce vieppiu'
proprio per l'ammirazione che per Erasmo abbiamo e proprio perche' lo
troviamo in flagrante contraddizione con quanto di buono e di vero Erasmo
ci ha insegnato. Ma c'e', e ci rende avvertiti di quanto questa
indimenticabile esortazione alla pace e alla solidarieta' tra gli esseri
umani sia tuttavia un testo lontano da noi non solo nel tempo; ci rende
avvertiti di come l'orizzonte culturale dell'autore del Lamento della pace
e dell'Elogio della follia non sia il nostro, gli interlocutori cui esso
direttamente si rivolgeva non siamo noi, e solo andando oltre i limiti
storici e culturali di Erasmo si puo' ereditare e inverare il messaggio di
Erasmo piu' autentico e fecondo.
Del buon uso della Querela Pacis
La Querela Pacis puo' essere letta in molti modi diversi.
Si puo' leggere come un repertorio di argomenti contro la guerra (ma non e'
mai una buona lettura quella che sbrana l'altrui discorso per rivenderne le
spoglie); come un classico (col rischio inerente ad ogni lettura di
classici fatta per dovere di studio o di informazione: il rischio della
mummificazione che ne annienta il valore dialogico); e si puo' leggere come
un appello, che ci riguarda e ci convoca a una discussione franca, ed ai
compiti nostri: ed e' questa la nostra lettura.
Ma proprio per questo occorre che leggiamo questo testo con coscienza
storica, collocandolo nel suo preciso contesto, l'Europa del primo Cinquecento.
Apparso nel 1517, testo d'occasione, come pressoche' tutta l'opera in
proprio di Erasmo, scritto su sollecitazione della cancelleria di quel
Carlo che diverra' l'imperatore Carlo V (e per il quale Erasmo aveva gia'
scritto l'Institutio principis christiani), la Querela Pacis ha un preciso
destinatario immediato: si parla per essere ascoltati dai principi, dai
principi cristiani, e dalla loro azione, dal loro potere ci si attende la
pace, loro si cerca di convincere. Sappiamo come andra' a finire.
Ma la Querela Pacis e' anche il compendio di una costante riflessione ed
azione di Erasmo: il suo irenismo e' premessa ed esito del suo progetto
culturale, esistenziale, politico: promuovere l'umana dignita' e
fratellanza in un orizzonte di cristianesimo e cristianita' rinnovati dal
ritorno all'autentico messaggio di Cristo, quello dei Vangeli; rinnovamento
cristiano (rigenerazione, riforma; movimento di rivolgimento al passato in
funzione di apertura al futuro) reso possibile dall'uso critico della
strumentazione tecnica e morale messa a disposizione dalle "bonae
litterae", il recupero filologicamente adeguato della cultura classica e
delle fonti evangeliche e patristiche del cristianesimo, ed avvalendosi
della stampa, la grande rivoluzione tecnologica che rende possibile una
diffusione della cultura senza precedenti per estensione e profondita', che
permette di costruire una sempre piu' vasta comunita' di intellettuali, e
che consente un condiviso agire ermeneutico che prosegue ed invera il
modello di Girolamo e adotta il metodo di Valla.
Sappiamo che nell'impegno per la pace, e non solo, Erasmo fu sconfitto. Ma
e' dalla storia dei vinti che traiamo le nostre ragioni, non da quella dei
vincitori.
Dall'irenismo alla nonviolenza
E' facile individuare i limiti del pacifismo erasmiano e piu' in generale
del pacifismo umanistico e cristiano del XVI secolo: ed e' facile dire
della sua insufficienza per l'oggi, che occorre passare dal pacifismo alla
nonviolenza. E' facile dirlo, eppur va detto.
Ma attenzione a non semplificare e banalizzare oltre il lecito.
La sua azione pacifista non e' circoscritta ad alcuni testi ma anima e si
invera nella sua stupefacente attivita' filologica ed editoriale, nel suo
epistolario che costruisce una comunita' di studiosi che attraverso le
bonae litterae combattono il fanatismo ed affratellano i popoli.
Che la pace sia stata una delle preoccupazioni centrali del pensare ed
agire di Erasmo e' notissimo, e quasi non c'e' pagina di Erasmo che non sia
invocazione alla pace; ha scritto giustamente Eugenio Garin che "per Erasmo
la pace, l'ideale della pace come concordia umana, era lo stesso ritorno al
Vangelo".
Di cosa stiamo parlando quando parliamo dell'azione e dell'opera di Erasmo?
Cosa ci dice l'attivita' editoriale di Erasmo? Quel restituire la parola ai
defunti ed aprire con loro un dialogo nuovo; quel ritorno al semplice e
all'autentico; quella lezione di metodo fondata sul non fraintendere, non
deformare, non mentire: non e' una prassi di pace e di nonviolenza?
Cosa ci dice l'epistolario di Erasmo? Non e' costruzione di umanita',
sostituzione della comprensione e del rispetto reciproco alla sopraffazione
e all'inganno? Non e' lotta incessante contro la chiusura e contro
l'esclusione, contro l'ignoranza e contro l'avvilimento? Questa lotta
contro il fanatismo e la repressione non e' anch'essa ipso facto prassi di
pace e di nonviolenza?
E il suo costante tornare al cristianesimo di Cristo, al cristianesimo il
cui monumento teorico e' il discorso della montagna? Non e' forse un invito
incessante a passare dall'irenismo predicato alla nonviolenza praticata?
Non vi e' gia' qui, in questa persona cosi' sensibile alla vita concreta,
alla felicita' terrestre e condivisa, propugnatore di un retto e nobile
epicureismo che si connette e non si oppone alla lezione del cristianesimo
come umanesimo, non vi e' qui il presagire e il suggerire che occorre un
salto, dall'irenismo alla nonviolenza?
Dire di no
Quest'uomo che fu il principe della cultura europea nei primi decenni del
XVI secolo, che fu ascoltato e ammirato da re e papi e imperatori, che le
parti in conflitto cercavano di accaparrare alla propria causa, fu e sara'
sempre un tipo sospetto per gli autoritari di ogni schieramento.
Un tipo sospetto perche' non si prestava alla propaganda, cui e'
consustanziale l'uso del travisamento delle opinioni altrui e della
menzogna come primo strumento d'offesa (e quando si comincia con
l'accoppare la verita' poi si accoppano le persone); un tipo sospetto
perche' detestava i fanatismi e le irragionevolezze e la mancanza di
misericordia; un tipo sospetto perche' sapeva dire di no.
Vi e' un luogo comune, alimentato da una propaganda accanita: che Erasmo
fosse un tiepido, un pusillanime, che non sapesse prendere posizione, che
si ritraesse dinanzi agli sviluppi di quanto aveva pur seminato, e cosi' via.
E si dimentica che invece Erasmo non volle mai essere il servo della
violenza (quali che fossero le ragioni di cui essa si ammantava: e nella
sartoria presso cui la violenza si abbiglia si trovano sempre abiti di gran
classe): e questo e' il nostro Erasmo: che la storia lo abbia sconfitto,
ahime', che disastro per la storia, e quante sofferenze per l'umanita'.
L'opera dimenticata
Fatta eccezione per una ristretta cerchia di studiosi, Erasmo e' oggi uno
sconosciuto: della sua opera e della sua figura ci si sbarazza in fretta
attraverso la ripetizione di pochi luoghi comuni.
Eppure la sua opera e' immensa. Ma in cosa consiste?
In primo luogo: l'opera di Erasmo e' innanzitutto quella di un grande
editore e commentatore di opere fondamentali della cultura cristiana e
classica. Erasmo fu il principe degli umanisti innanzitutto con la sua
infaticabile attivita' di editore. Dalle sue cure usci' la prima edizione
critica del Nuovo Testamento.
In secondo luogo: fu un epistolografo infaticabile: e' attraverso le
lettere (e la pubblicazione di raccolte di esse, con cui si allargava
straordinariamente l'area degli interlocutori) che Erasmo guida e quasi
crea quella vera e propria aggregazione delle persone colte che diviene la
base relativamente di massa del movimento per la renovatio cristiana
fondata sulla ripresa delle bonae litterae.
In terzo luogo: fu autore di opere in proprio, naturalmente, ma sebbene
esse nascano da istanze sovente occasionali (divulgazione, polemiche) tutte
si rivelano solidamente collegate a un progetto di intervento culturale che
prolunga e precisa l'attivita' editoriale: il progetto erasmiano della
promozione della cultura come lotta contro il fanatismo e la violenza, di
promovimento dell'umanesimo cristiano come rigorizzazione morale e
benevolenza ad un tempo.
Cosi' lontano, cosi' vicino
Erasmo e' lontano da noi.
Non ingannino alcune analogie tra l'epoca che fu sua e quella che in sorte
ci e' toccata. E' lontano da noi.
Ed insieme e' cosi' vicino: nel suo scacco, nella sua illusione. Ma quella
illusione, di istituire una societa' civile che ogni essere umano
raggiunga, e fondata sul diritto e la pace, e' ancora la nostra.
Ed e' nostro il suo scacco. Ed e' nostro il medesimo compito: che quello
scacco diventi coscienza, che quella illusione divenga realta', che la
figura di Erasmo si adempia nell'umanita' cosciente e liberata che videro
Giacomo Leopardi e Franco Fortini (non solo presagirono, non solo
sperarono: videro, poiche' ne furono in strazio e in isforzo prefigurazione).
E dell'opera tutta di Erasmo la Querela Pacis talora ci accade di intendere
come il cuore segreto: ancor piu' dell'Elogio della follia, ancor piu' dei
Colloquia e degli Adagia, ancor piu' dell'opera grandiosa del filologo e
dell'editore. Il cuore segreto e pulsante.
Veramente il programma e l'appello di Erasmo e' il nostro ancora: si
potrebbero aggiungere infinite glosse e distinguo infiniti, ma il succo
prezioso ci pare sia qui: solo la pace promuove la dignita' umana, solo la
dignita' umana costruisce la pace, solo la consapevolezza che l'io nel tu
si specchia, e la consapevolezza ad un tempo che il tu resta
irriducibilmente altro dall'io e questa diversita' va rispettata e difesa
poiche' e' la pupilla del mondo; ed in questo processo di riconoscimento e
di rispetto per la vita dell'altro e' il sale della terra e l'identita' tua
profonda: "esser uomo tra gli umani / io non so piu' dolce cosa" (Saba).
Postilla prima: una cronologia essenziale
Nacque Erasmo tra il 1466 e il 1469 da genitori non uniti in matrimonio,
fanciullo frequenta a Deventer una scuola dei Fratelli della Vita Comune;
nel 1479 la peste uccide la madre, poi il padre; spinto dai tutori Erasmo
entra nel convento di Steyn, presso Gouda, e abbraccia la vita religiosa.
Negli anni di Steyn studia alacremente e si segnala come latinista. Nel
1492 e' ordinato prete.
Nel 1492 lascia Steyn per entrare al servizio di Enrico di Berghes, vescovo
di Cambrai. Nel 1495 ottiene di andare a studiar teologia a Parigi, l'anno
dopo lascia il collegio Montaigu e si guadagna da vivere facendo il
precettore. La sua sara' una vita di andirivieni per l'Europa, con
prevalente residenza nell'area tra Lovanio, Basilea e Friburgo, ma con
fondamentali protratti soggiorni in Inghilterra, ed un operoso viaggio in
Italia.
Nel 1499 compie il suo primo soggiorno in Inghilterra, e vi conosce Thomas
More e John Colet. Nel 1500 a Parigi pubblica la prima edizione degli
Adagia; nel 1501 pubblica il De Officiis di Cicerone ed inizia cosi' la sua
fondamentale attivita' di editore di classici; nello stesso anno studia il
greco. Nel 1502 muore Enrico di Berghes, Erasmo va a Lovanio. Nel 1503
pubblica l'Enchiridion militis christiani, nel 1504 il Panegyricus ad
Philippum Austriae ducem (uno dei primi importanti testi pacifisti di
Erasmo); nel 1505 edita le Annotazioni sul Nuovo Testamento di Lorenzo
Valla, compie il suo secondo soggiorno in Inghilterra.
Dal 1505 al 1509 e' in Italia: a Venezia presso Aldo Manuzio svolge
un'attivita' editoriale cospicua. Lasciando l'Italia medita l'Elogio della
follia, che pubblichera' nel 1511 dedicandola a Thomas More.
Dal 1509 al 1514 e' perlopiu' in Inghiltera. Nel 1513 muore Giulio II, e
viene pubblicato il libello Julius exclusus e coelis, violento attacco alla
figura del papa-guerriero: un testo attribuito ad Erasmo, sebbene egli
sempre abbia negato di esserne autore.
Nel 1514 e' a Basilea ed inizia il sodalizio editoriale con lo stampatore
ed amico Johann Froben. E presso Froben nel 1515 pubblica tra l'altro
un'edizione di Seneca. Nel 1516 pubblica la prima edizione critica del
Nuovo Testamento. Inizia anche a pubblicare raccolte del suo epistolario.
Nel 1516 gli viene attribuita la carica onoraria di consigliere di Carlo
d'Asburgo (il futuro imperatore Carlo V, che gia' nel corso dell'anno
diverra' re di Spagna), e pubblica l'Institutio principis christiani.
Sempre quest'anno pubblica la sua edizione dell'Opera omnia di Girolamo, e
un'edizione della Grammatica institutio di Teodoro di Gaza. Pubblicazione
dell'Utopia di Thomas More.
Nel 1517 (che e' anche l'anno delle novantacinque Tesi di Lutero) pubblica
la Querela Pacis, Carlo si trasferisce in Spagna ma Erasmo non lo segue.
Dal 1517 al 1522 sara' prevalentemente a Lovanio.
Nel 1518 pubblica tra l'altro l'Encomium matrimonii. Nel 1519 pubblica la
seconda edizione del Nuovo Testamento, un'edizione di Cipriano, ed esce
un'edizione delle Familiarum colloquiorum formules, che diverranno i
Colloquia; Carlo viene eletto imperatore. Muore John Colet. Nel 1520
pubblica gli Antibarbari. E' l'anno della bolla papale Exurge Domine, che
Lutero da' pubblicamente alle fiamme.
Nel 1521 pubblica il De contemptu mundi. Nel 1522 si trasferisce da Lovanio
a Basilea; viene pubblicata da Froben la prima edizione autorizzata dei
Colloquia, la terza edizione del Nuovo Testamento, vari altri lavori (tra
cui l'edizione di Arnobio).
Nel 1523 alle edizioni e commenti di testi neotestamentari e patristici
(Ilario) aggiunge anche le Tuscolane di Cicerone (e nel 1525 l'Historia
Naturalis di Plinio il Vecchio). Declina l'invito di Francesco I a
trasferisi in Francia.
Nel 1524 esce il Libero arbitrio cui Lutero replichera' col Servo arbitrio,
al quale Erasmo rispondera' con l'Hyperaspistes nel '26. Sempre nel '26
pubblica l'Institutio matrimonii christiani e l'edizione di Ireneo. Nel
1527 la quarta edizione del Nuovo Testamento e l'edizione delle opere di
Ambrogio. E' l'anno del sacco di Roma. Nel 1528 pubblica il Ciceronianus.
Nel 1529 pubblica il De pueris statim ac liberaliter instituendis, e
l'Opera omnia di Agostino.
Dal 1529 al 1533 e' prevalentemente a Friburgo. Nel '30 cura l'edizione di
Giovanni Crisostomo e pubblica la sua Consultatio de bello turcis
inferendo. Nel '31 edizione di Aristotele, Livio, Gregorio Nazianzeno, e
Paraphrasis in Elegantias L. Vallae. Nel '32 edizioni di Demostene e
Terenzio. Nel '33 pubblica la De sarcienda Ecclesiae concordia. Nel 1534 la
Preparazione alla morte.
Nel 1535 a Basilea, quinta edizione del Nuovo Testamento. Decapitazione di
Thomas More, imprigionato l'anno prima. Erasmo rifiuta l'offerta del
cappello cardinalizio. Nel 1536 cura l'edizione di Origene. Muore a Basilea
tra l'11 e il 12 luglio.
Postilla seconda: una bibliografia orientativa
I. Le opere di Erasmo
L'opera omnia di Erasmo si legge ancora nell'edizione di Leida (Lugduni
Batavorum) del 1703-1706 a cura di Jean Leclerc (Joannes Clericus),
ristampata nel 1961 a Hildsheim.
Dal 1969 e' in corso ad Amsterdam l'edizione critica, di cui sono gia'
usciti vari volumi.
Il monumentale e fondamentale epistolario di Erasmo e' stato edito da P. S.
Allen e collaboratori e prosecutori ad Oxford tra il 1906 e il 1958.
II. Alcune opere di Erasmo disponibili in italiano
Per la Querela Pacis segnaliamo le edizioni curate da Luigi Firpo (Erasmo,
Il lamento della pace, Utet, Torino 1967; poi Tea, Milano); da Franco Gaeta
(Erasmo, Contro la guerra, Japadre, L'Aquila 1968, che reca anche il Dulce
bellum inexpertis); da Eugenio Garin (nella sezione di testi erasmiani
inclusa nella sua monografia Erasmo, Edizioni Cultura della Pace, S.
Domenico di Fiesole 1988, di cui diremo piu' avanti).
Ovviamente quasi non c'e' casa editrice, grande o piccola, che non abbia
pubblicato l'Elogio della follia, sovente arricchito da perspicue
introduzioni e prefazioni di preclari studiosi. Dall'edizione a cura di
Benedetto Croce per Laterza (Elogio della pazzia e Dialoghi, Laterza, Bari
1914), a quella a cura di Tommaso Fiore per Einaudi (Elogio della pazzia,
Einaudi, Torino 1943), a quella a cura di Eugenio Garin (Erasmo da
Rotterdam, Elogio della follia, Serra e Riva, Milano 1984, poi Mondadori,
Milano 1992) ad innumerevoli altre: tra le recenti segnaliamo quella di
Luca D'Ascia con un saggio di Bainton, per Rizzoli.
Dei Colloquia dopo la traduzione parziale di Gian Piero Brega (Erasmo, I
colloqui, Feltrinelli, Milano 1959, poi in edizione rivista 1967; e adesso
Garzanti, Milano 2000) finalmente e' stata pubblicata una traduzione
integrale con testo a fronte: Erasmo da Rotterdam, Colloquia, Einaudi,
Torino 2002 (progetto editoriale e introduzione di Adriano Prosperi,
traduzione, cura e apparati di Cecilia Asso).
Degli Adagia segnaliamo la pregevole edizione di un piccolo ma prezioso
saggio di essi a cura di Silvana Seidel Menchi: Erasmo, Adagia. Sei saggi
politici in forma di proverbi, Einaudi, Torino 1980.
Una segnalazione particolare vogliamo fare anche per L'Institutio principis
christiani, nella traduzione italiana a cura di Margherita Isnardi Parente:
Erasmo da Rotterdam, L'educazione del principe cristiano, Morano, Napoli 1977.
Va letto anche almeno il Libero arbitrio nell'utile edizione a cura di
Roberto Jouvenal: Erasmo, Il libero arbitrio (testo integrale); Lutero, Il
servo arbitrio (passi scelti), Claudiana, Torino 1969, seconda edizione del
1973. Una nuova edizione del solo testo erasmiano (ma con una prefazione di
Sergio Quinzio) e' nella traduzione di Italo Pin: Erasmo da Rotterdam, Sul
libero arbitrio, Edizioni Studio Tesi, Pordenone 1989.
Ovviamente vari altri testi di Erasmo sono disponibili in traduzione italiana.
E' opportuno avvertire che sovente gli apparati critici e informativi che
accompagnano le traduzioni italiane dei testi erasmiani sono assai
approssimativi.
III. Alcune opere su Erasmo
Chiunque si accosti alla letteratura critica novecentesca su Erasmo non
puo' non notare la presenza tra i suoi studiosi di un elevato numero di
persone che hanno dato buona prova di se' nell'opporsi al fascismo:
scorrendo i nomi dei traduttori, dei curatori, degli autori di studi e
ricerche erasmiane trovi alcune delle figure piu' nitide ed alte
dell'antifascismo e della Resistenza. Pensiamo che non avvenga per caso. Ed
anche se in questa nota non citiamo che pochi autori di contributi
maggiori, vorremmo qui idealmente ricordarli tutti, con ammirazione ed affetto.
Tra le principali monografie disponibili in italiano che ricostruiscono
vita, personalita', riflessione ed opera di Erasmo segnaliamo
particolarmente le seguenti: Johan Huizinga, Erasmo, Einaudi, Torino 1941
(piu' volte ristampata); Roland H. Bainton, Erasmo della Cristianita',
Sansoni, Firenze 1970; Pierre Mesnard, Erasmo, Accademia Sansoni, Milano
1971; Cornelis Augustijn, Erasmo da Rotterdam. La vita e l'opera,
Morcelliana, Brescia 1989; Le'on E. Halkin, Erasmo, Laterza, Roma-Bari
1989. Fondamentale e' anche Hugh R. Trevor-Roper, Protestantesimo e
trasformazione sociale, Laterza, Bari 1969 e piu' volte ristampato; il
primo saggio del volume e' specifico su Erasmo, ma - scrive l'autore nella
prefazione all'edizione italiana, e dice bene - "la figura e le idee di
Erasmo dominano il libro. Se questi saggi, come spero, hanno una loro
unita', mi sembra che il filo conduttore sia appunto la sconfitta delle
prospettive aperte da Erasmo".
Su Erasmo e la pace cfr. Eugenio Garin, Erasmo, Edizioni Cultura della
Pace, S. Domenico di Fiesole (FI) 1988 (che reca anche i seguenti testi
erasmiani: il Dulce bellum inexpertis, dagli Adagia; la Querela Pacis; e
tre testi dai Colloquia: la Confessio militis, Militis et Cartusiani, il
Charon). Per una puntuale collocazione di Erasmo nella tradizione (ed alle
radici) del pensiero pacifista moderno si veda anche l'eccellente antologia
a cura di Ernesto Balducci e Lodovico Grassi, La pace. Realismo di
un'utopia, Principato, Milano 1983.
Per la bibliografia cfr. (in francese) gli ottimi lavori specifici di
Jean-Claude Margolin.
Su Erasmo e l'erasmismo fondamentali sono gli studi di Augustin Renaudet,
Marcel Bataillon, e per l'Italia Silvana Seidel Menchi, Erasmo in Italia.
1520-1580, Bollati Boringhieri, Torino 1987. Su Erasmo e l'Italia cfr.
anche i classici studi (che non ci risulta siano stati tradotti in
italiano) di P. De Nolhac, Érasme en Italie. Étude sur un e'pisode de la
Renaissance, Paris 1888; ed Augustin Renaudet, Érasme et l'Italie, Gene've
1954, nuova ed. 1998.
Vari studiosi italiani nel corso degli ultimi decenni hanno dedicato ad
Erasmo studi talvolta perspicui, rinunciamo a darne qui un elenco rinviando
alle bibliografie contenute nei volumi sopra segnalati.
Degli autori gia' citati vorremmo ricordare altri libri a nostro parere
utili a lumeggiare le premesse, il contesto o l'eredita' erasmiana: di
Johan Huzinga cfr. anche L'autunno del Medioevo (Sansoni) e La civilta'
olandese del Seicento (Einaudi); di Pierre Mesnard si veda anche almeno
l'eccellente Il pensiero politico rinascimentale, 2 voll., Laterza, Bari
1963-1964; di Eugenio Garin e di Ernesto Balducci si dovrebbero ricordare
qui innumerevoli opere, basti aver reso omaggio ai loro nomi di maestri.
IV. Su Thomas More
Ovviamente non si puo' parlare di Erasmo e tacere di Thomas More, l'amico
fraterno, l'autore dell'Utopia, il testimone del primato della coscienza e
della dignita' umana; su More si legga almeno introduttivamente il volume
di Cosimo Quarta, Thomas More, Edizioni Cultura della Pace, S. Domenico di
Fiesole (Fi) 1993.
V. Et coetera
Sul XVI secolo un utile testo introduttivo e' quello di H. G. Königsberger
e G. L. Mosse, L'Europa del Cinquecento, Laterza, Bari 1969 (ma noi abbiamo
sotto gli occhi l'edizione del 1974); cfr. anche almeno Gerhard Ritter, La
formazione dell'Europa moderna, 2 voll., Laterza, Bari 1964, 1968 (ma noi
abbiamo letto l'edizione del 1976).
Sulla figura di Carlo V resta ancora insostituibile come compendio
biografico Karl Brandi, Carlo V, Einaudi, Torino, 1961, in nuova edizione
del 2001.
Sulla cultura del Rinascimento bastera' il rinvio alle molte eccellenti
opere di Eugenio Garin; come e' noto hanno sviluppato negli ultimi decenni
nuove prospettive, ed hanno lumeggiato aspetti prima sottovalutati, i
lavori di Frances Amelia Yates.
Sulle vicende della Riforma e della Controriforma (o della Riforma
protestante e di quella cattolica, se si preferisce) per un avvio cfr.
almeno J. Lortz ed E. Iserloh, Storia della Riforma, Il Mulino, Bologna
1974; Roland H. Bainton, La Riforma protestante, Einaudi 1958, 1974; Hubert
Jedin, Riforma cattolica o Controriforma?, Morcelliana, Brescia, 1957, 1987.
VI. Per una cultura della pace e della nonviolenza
Rinviamo alla serie di schede biobibliografiche ragionate curate dal
"Centro di ricerca per la pace" di Viterbo, richiedibili gratuitamente per
posta elettronica all'indirizzo e-mail: nbawac@tin.it
Postilla terza
Non posso concludere queste note senza esprimere la mia personale
gratitudine all'amico Olivier Turquet, editore di questo libro, e all'amica
Patrizia Moradei, autrice di questa nuova traduzione, per la sollecitudine
e la pazienza con cui hanno richiesto ed atteso che scrivessi questa
presentazione. Degli errori in essa contenuti son io l'unico responsabile.
Quanto ci fosse di buono nelle righe precedenti vorrei dedicare alla
memoria di Vittorio Emanuele Giuntella, uno dei miei maestri di nonviolenza.
Peppe
Sini
Viterbo,
settembre 2002