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Recensione Libro: Il lamento della Pace (E. da Rotterdam)



ERASMO DA ROTTERDAM
IL LAMENTO DELLA PACE
Traduzione di Patrizia Moradei
Prefazione di Peppe Sini
Multimage 2002
Euro 10

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Il "Manifesto" del pacifismo rinascimentale in una nuova traduzione e con 
il commento di Peppe Sini del Centro di Ricerca per la Pace di Viterbo che 
spiega il significato di questo testo per i pacifisti di oggi.

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Prefazione di peppe Sini

Alcune parole
intorno alla Querela Pacis e al suo autore

Questo sapeva Erasmo: che la guerra e' sempre un male e il piu' grande dei 
mali: uccisione di esseri umani, che l'attivita' dei soldati e' 
l'assassinio, che chi giustifica la guerra e' complice degli assassini, e 
chi la organizza e promuove e' il primo e il principe degli assassini. E 
che bisogna scegliere tra omicidio e civilta', tra la morte e la vita degli 
esseri umani.

Cosi' leggere Erasmo e' gettarsi nella lotta, nella lotta contro la 
violenza e per l'umanita'. Non si puo' leggere questo sorridente umanista 
senza sentirsi toccati nel profondo: poiche' in tutta l'opera sua 
incessante ti rivolge un appello a un'impresa comune: l'affermazione della 
dignita' umana e dell'umana solidarieta', l'opposizione alla violenza e 
alla menzogna.

Dopo Auschwitz

Diciamolo subito: c'e' un passo nella Querela Pacis che e' di un razzismo 
ripugnante: e' un passo minuscolo, ma una caduta rovinosa; che deturpa 
questo per il resto splendido testo, e ci addolora e ferisce vieppiu' 
proprio per l'ammirazione che per Erasmo abbiamo e proprio perche' lo 
troviamo in flagrante contraddizione con quanto di buono e di vero Erasmo 
ci ha insegnato. Ma c'e', e ci rende avvertiti di quanto questa 
indimenticabile esortazione alla pace e alla solidarieta' tra gli esseri 
umani sia tuttavia un testo lontano da noi non solo nel tempo; ci rende 
avvertiti di come l'orizzonte culturale dell'autore del Lamento della pace 
e dell'Elogio della follia non sia il nostro, gli interlocutori cui esso 
direttamente si rivolgeva non siamo noi, e solo andando oltre i limiti 
storici e culturali di Erasmo si puo' ereditare e inverare il messaggio di 
Erasmo piu' autentico e fecondo.

Del buon uso della Querela Pacis

La Querela Pacis puo' essere letta in molti modi diversi.
Si puo' leggere come un repertorio di argomenti contro la guerra (ma non e' 
mai una buona lettura quella che sbrana l'altrui discorso per rivenderne le 
spoglie); come un classico (col rischio inerente ad ogni lettura di 
classici fatta per dovere di studio o di informazione: il rischio della 
mummificazione che ne annienta il valore dialogico); e si puo' leggere come 
un appello, che ci riguarda e ci convoca a una discussione franca, ed ai 
compiti nostri: ed e' questa la nostra lettura.
Ma proprio per questo occorre che leggiamo questo testo con coscienza 
storica, collocandolo nel suo preciso contesto, l'Europa del primo Cinquecento.
Apparso nel 1517, testo d'occasione, come pressoche' tutta l'opera in 
proprio di Erasmo, scritto su sollecitazione della cancelleria di quel 
Carlo che diverra' l'imperatore Carlo V (e per il quale Erasmo aveva gia' 
scritto l'Institutio principis christiani), la Querela Pacis ha un preciso 
destinatario immediato: si parla per essere ascoltati dai principi, dai 
principi cristiani, e dalla loro azione, dal loro potere ci si attende la 
pace, loro si cerca di convincere. Sappiamo come andra' a finire.
Ma la Querela Pacis e' anche il compendio di una costante riflessione ed 
azione di Erasmo: il suo irenismo e' premessa ed esito del suo progetto 
culturale, esistenziale, politico: promuovere l'umana dignita' e 
fratellanza in un orizzonte di cristianesimo e cristianita' rinnovati dal 
ritorno all'autentico messaggio di Cristo, quello dei Vangeli; rinnovamento 
cristiano (rigenerazione, riforma; movimento di rivolgimento al passato in 
funzione di apertura al futuro) reso possibile dall'uso critico della 
strumentazione tecnica e morale messa a disposizione dalle "bonae 
litterae", il recupero filologicamente adeguato della cultura classica e 
delle fonti evangeliche e patristiche del cristianesimo, ed avvalendosi 
della stampa, la grande rivoluzione tecnologica che rende possibile una 
diffusione della cultura senza precedenti per estensione e profondita', che 
permette di costruire una sempre piu' vasta comunita' di intellettuali, e 
che consente un condiviso agire ermeneutico che prosegue ed invera il 
modello di Girolamo e adotta il metodo di Valla.
Sappiamo che nell'impegno per la pace, e non solo, Erasmo fu sconfitto. Ma 
e' dalla storia dei vinti che traiamo le nostre ragioni, non da quella dei 
vincitori.

Dall'irenismo alla nonviolenza

E' facile individuare i limiti del pacifismo erasmiano e piu' in generale 
del pacifismo umanistico e cristiano del XVI secolo: ed e' facile dire 
della sua insufficienza per l'oggi, che occorre passare dal pacifismo alla 
nonviolenza. E' facile dirlo, eppur va detto.
Ma attenzione a non semplificare e banalizzare oltre il lecito.
La sua azione pacifista non e' circoscritta ad alcuni testi ma anima e si 
invera nella sua stupefacente attivita' filologica ed editoriale, nel suo 
epistolario che costruisce una comunita' di studiosi che attraverso le 
bonae litterae combattono il fanatismo ed affratellano i popoli.
Che la pace sia stata una delle preoccupazioni centrali del pensare ed 
agire di Erasmo e' notissimo, e quasi non c'e' pagina di Erasmo che non sia 
invocazione alla pace; ha scritto giustamente Eugenio Garin che "per Erasmo 
la pace, l'ideale della pace come concordia umana, era lo stesso ritorno al 
Vangelo".
Di cosa stiamo parlando quando parliamo dell'azione e dell'opera di Erasmo?
Cosa ci dice l'attivita' editoriale di Erasmo? Quel restituire la parola ai 
defunti ed aprire con loro un dialogo nuovo; quel ritorno al semplice e 
all'autentico; quella lezione di metodo fondata sul non fraintendere, non 
deformare, non mentire: non e' una prassi di pace e di nonviolenza?
Cosa ci dice l'epistolario di Erasmo? Non e' costruzione di umanita', 
sostituzione della comprensione e del rispetto reciproco alla sopraffazione 
e all'inganno? Non e' lotta incessante contro la chiusura  e contro 
l'esclusione, contro l'ignoranza e contro l'avvilimento? Questa lotta 
contro il fanatismo e la repressione non e' anch'essa ipso facto prassi di 
pace e di nonviolenza?
E il suo costante tornare al cristianesimo di Cristo, al cristianesimo il 
cui monumento teorico e' il discorso della montagna? Non e' forse un invito 
incessante a passare dall'irenismo predicato alla nonviolenza praticata?
Non vi e' gia' qui, in questa persona cosi' sensibile alla vita concreta, 
alla felicita' terrestre e condivisa, propugnatore di un retto e nobile 
epicureismo che si connette e non si oppone alla lezione del cristianesimo 
come umanesimo, non vi e' qui il presagire e il suggerire che occorre un 
salto, dall'irenismo alla nonviolenza?

Dire di no

Quest'uomo che fu il principe della cultura europea nei primi decenni del 
XVI secolo, che fu ascoltato e ammirato da re e papi e imperatori, che le 
parti in conflitto cercavano di accaparrare alla propria causa, fu e sara' 
sempre un tipo sospetto per gli autoritari di ogni schieramento.
Un tipo sospetto perche' non si prestava alla propaganda, cui e' 
consustanziale l'uso del travisamento delle opinioni altrui e della 
menzogna come primo strumento d'offesa (e quando si comincia con 
l'accoppare la verita' poi si accoppano le persone); un tipo sospetto 
perche' detestava i fanatismi e le irragionevolezze e la mancanza di 
misericordia; un tipo sospetto perche' sapeva dire di no.
Vi e' un luogo comune, alimentato da una propaganda accanita: che Erasmo 
fosse un tiepido, un pusillanime, che non sapesse prendere posizione, che 
si ritraesse dinanzi agli sviluppi di quanto aveva pur seminato, e cosi' via.
E si dimentica che invece Erasmo non volle mai essere il servo della 
violenza (quali che fossero le ragioni di cui essa si ammantava: e nella 
sartoria presso cui la violenza si abbiglia si trovano sempre abiti di gran 
classe): e questo e' il nostro Erasmo: che la storia lo abbia sconfitto, 
ahime', che disastro per la storia, e quante sofferenze per l'umanita'.

L'opera dimenticata

Fatta eccezione per una ristretta cerchia di studiosi, Erasmo e' oggi uno 
sconosciuto: della sua opera e della sua figura ci si sbarazza in fretta 
attraverso la ripetizione di pochi luoghi comuni.
Eppure la sua opera e' immensa. Ma in cosa consiste?
In primo luogo: l'opera di Erasmo e' innanzitutto quella di un grande 
editore e commentatore di opere fondamentali della cultura cristiana e 
classica. Erasmo fu il principe degli umanisti innanzitutto con la sua 
infaticabile attivita' di editore. Dalle sue cure usci' la prima edizione 
critica del Nuovo Testamento.
In secondo luogo: fu un epistolografo infaticabile: e' attraverso le 
lettere (e la pubblicazione di raccolte di esse, con cui si allargava 
straordinariamente l'area degli interlocutori) che Erasmo guida e quasi 
crea quella vera e propria aggregazione delle persone colte che diviene la 
base relativamente di massa del movimento per la renovatio cristiana 
fondata sulla ripresa delle bonae litterae.
In terzo luogo: fu autore di opere in proprio, naturalmente, ma sebbene 
esse nascano da istanze sovente occasionali (divulgazione, polemiche) tutte 
si rivelano solidamente collegate a un progetto di intervento culturale che 
prolunga e precisa l'attivita' editoriale: il progetto erasmiano della 
promozione della cultura come lotta contro il fanatismo e la violenza, di 
promovimento dell'umanesimo cristiano come rigorizzazione morale e 
benevolenza ad un tempo.

Cosi' lontano, cosi' vicino

Erasmo e' lontano da noi.
Non ingannino alcune analogie tra l'epoca che fu sua e quella che in sorte 
ci e' toccata. E' lontano da noi.
Ed insieme e' cosi' vicino: nel suo scacco, nella sua illusione. Ma quella 
illusione, di istituire una societa' civile che ogni essere umano 
raggiunga, e fondata sul diritto e la pace, e' ancora la nostra.
Ed e' nostro il suo scacco. Ed e' nostro il medesimo compito: che quello 
scacco diventi coscienza, che quella illusione divenga realta', che la 
figura di Erasmo si adempia nell'umanita' cosciente e liberata che videro 
Giacomo Leopardi e Franco Fortini (non solo presagirono, non solo 
sperarono: videro, poiche' ne furono in strazio e in isforzo prefigurazione).
E dell'opera tutta di Erasmo la Querela Pacis talora ci accade di intendere 
come il cuore segreto: ancor piu' dell'Elogio della follia, ancor piu' dei 
Colloquia e degli Adagia, ancor piu' dell'opera grandiosa del filologo e 
dell'editore. Il cuore segreto e pulsante.
Veramente il programma e l'appello di Erasmo e' il nostro ancora: si 
potrebbero aggiungere infinite glosse e distinguo infiniti, ma il succo 
prezioso ci pare sia qui: solo la pace promuove la dignita' umana, solo la 
dignita' umana costruisce la pace, solo la consapevolezza che l'io nel tu 
si specchia, e la consapevolezza ad un tempo che il tu resta 
irriducibilmente altro dall'io e questa diversita' va rispettata e difesa 
poiche' e' la pupilla del mondo; ed in questo processo di riconoscimento e 
di rispetto per la vita dell'altro e' il sale della terra e l'identita' tua 
profonda: "esser uomo tra gli umani / io non so piu' dolce cosa" (Saba).

Postilla prima: una cronologia essenziale

Nacque Erasmo tra il 1466 e il 1469 da genitori non uniti in matrimonio, 
fanciullo frequenta a Deventer una scuola dei Fratelli della Vita Comune; 
nel 1479 la peste uccide la madre, poi il padre; spinto dai tutori Erasmo 
entra nel convento di Steyn, presso Gouda, e abbraccia la vita religiosa. 
Negli anni di Steyn studia alacremente e si segnala come latinista. Nel 
1492 e' ordinato prete.
Nel 1492 lascia Steyn per entrare al servizio di Enrico di Berghes, vescovo 
di Cambrai. Nel 1495 ottiene di andare a studiar teologia a Parigi, l'anno 
dopo lascia il collegio Montaigu e si guadagna da vivere facendo il 
precettore. La sua sara' una vita di andirivieni per l'Europa, con 
prevalente residenza nell'area tra Lovanio, Basilea e Friburgo, ma con 
fondamentali protratti soggiorni in Inghilterra, ed un operoso viaggio in 
Italia.
Nel 1499 compie il suo primo soggiorno in Inghilterra, e vi conosce Thomas 
More e John Colet. Nel 1500 a Parigi pubblica la prima edizione degli 
Adagia; nel 1501 pubblica il De Officiis di Cicerone ed inizia cosi' la sua 
fondamentale attivita' di editore di classici; nello stesso anno studia il 
greco. Nel 1502 muore Enrico di Berghes, Erasmo va a Lovanio. Nel 1503 
pubblica l'Enchiridion militis christiani, nel 1504 il Panegyricus ad 
Philippum Austriae ducem (uno dei primi importanti testi pacifisti di 
Erasmo); nel 1505 edita le Annotazioni sul Nuovo Testamento di Lorenzo 
Valla, compie il suo secondo soggiorno in Inghilterra.
Dal 1505 al 1509 e' in Italia: a Venezia presso Aldo Manuzio svolge 
un'attivita' editoriale cospicua. Lasciando l'Italia medita l'Elogio della 
follia, che pubblichera' nel 1511 dedicandola a Thomas More.
Dal 1509 al 1514 e' perlopiu' in Inghiltera. Nel 1513 muore Giulio II, e 
viene pubblicato il libello Julius exclusus e coelis, violento attacco alla 
figura del papa-guerriero: un testo attribuito ad Erasmo, sebbene egli 
sempre abbia negato di esserne autore.
Nel 1514 e' a Basilea ed inizia il sodalizio editoriale con lo stampatore 
ed amico Johann Froben. E presso Froben nel 1515 pubblica tra l'altro 
un'edizione di Seneca. Nel 1516 pubblica la prima edizione critica del 
Nuovo Testamento. Inizia anche a pubblicare raccolte del suo epistolario.
Nel 1516 gli viene attribuita la carica onoraria di consigliere di Carlo 
d'Asburgo (il futuro imperatore Carlo V, che gia' nel corso dell'anno 
diverra' re di Spagna), e pubblica l'Institutio principis christiani. 
Sempre quest'anno pubblica la sua edizione dell'Opera omnia di Girolamo, e 
un'edizione della Grammatica institutio di Teodoro di Gaza. Pubblicazione 
dell'Utopia di Thomas More.
Nel 1517 (che e' anche l'anno delle novantacinque Tesi di Lutero) pubblica 
la Querela Pacis, Carlo si trasferisce in Spagna ma Erasmo non lo segue. 
Dal 1517 al 1522 sara' prevalentemente a Lovanio.
Nel 1518 pubblica tra l'altro l'Encomium matrimonii. Nel 1519 pubblica la 
seconda edizione del Nuovo Testamento, un'edizione di Cipriano, ed esce 
un'edizione delle Familiarum colloquiorum formules, che diverranno i 
Colloquia; Carlo viene eletto imperatore. Muore John Colet. Nel 1520 
pubblica gli Antibarbari. E' l'anno della bolla papale Exurge Domine, che 
Lutero da' pubblicamente alle fiamme.
Nel 1521 pubblica il De contemptu mundi. Nel 1522 si trasferisce da Lovanio 
a Basilea; viene pubblicata da Froben la prima edizione autorizzata dei 
Colloquia, la terza edizione del Nuovo Testamento, vari altri lavori (tra 
cui l'edizione di Arnobio).
Nel 1523 alle edizioni e commenti di testi neotestamentari e patristici 
(Ilario) aggiunge anche le Tuscolane di Cicerone (e nel 1525 l'Historia 
Naturalis di Plinio il Vecchio). Declina l'invito di Francesco I a 
trasferisi in Francia.
Nel 1524 esce il Libero arbitrio cui Lutero replichera' col Servo arbitrio, 
al quale Erasmo rispondera' con l'Hyperaspistes nel '26. Sempre nel '26 
pubblica l'Institutio matrimonii christiani e l'edizione di Ireneo. Nel 
1527 la quarta edizione del Nuovo Testamento e l'edizione delle opere di 
Ambrogio. E' l'anno del sacco di Roma. Nel 1528 pubblica il Ciceronianus. 
Nel 1529 pubblica il De pueris statim ac liberaliter instituendis, e 
l'Opera omnia di Agostino.
Dal 1529 al 1533 e' prevalentemente a Friburgo. Nel '30 cura l'edizione di 
Giovanni Crisostomo e pubblica la sua Consultatio de bello turcis 
inferendo. Nel '31 edizione di Aristotele, Livio, Gregorio Nazianzeno, e 
Paraphrasis in Elegantias L. Vallae. Nel '32 edizioni di Demostene e 
Terenzio. Nel '33 pubblica la De sarcienda Ecclesiae concordia. Nel 1534 la 
Preparazione alla morte.
Nel 1535 a Basilea, quinta edizione del Nuovo Testamento. Decapitazione di 
Thomas More, imprigionato l'anno prima. Erasmo rifiuta l'offerta del 
cappello cardinalizio. Nel 1536 cura l'edizione di Origene. Muore a Basilea 
tra l'11 e il 12 luglio.

Postilla seconda: una bibliografia orientativa

I. Le opere di Erasmo
L'opera omnia di Erasmo si legge ancora nell'edizione di Leida (Lugduni 
Batavorum) del 1703-1706 a cura di Jean Leclerc (Joannes Clericus), 
ristampata nel 1961 a Hildsheim.
Dal 1969 e' in corso ad Amsterdam l'edizione critica, di cui sono gia' 
usciti vari volumi.
Il monumentale e fondamentale epistolario di Erasmo e' stato edito da P. S. 
Allen e collaboratori e prosecutori ad Oxford tra il 1906 e il 1958.

II. Alcune opere di Erasmo disponibili in italiano
Per la Querela Pacis segnaliamo le edizioni curate da Luigi Firpo (Erasmo, 
Il lamento della pace, Utet, Torino 1967; poi Tea, Milano); da Franco Gaeta 
(Erasmo, Contro la guerra, Japadre, L'Aquila 1968, che reca anche il Dulce 
bellum inexpertis); da Eugenio Garin (nella sezione di testi erasmiani 
inclusa nella sua monografia Erasmo, Edizioni Cultura della Pace, S. 
Domenico di Fiesole 1988, di cui diremo piu' avanti).
Ovviamente quasi non c'e' casa editrice, grande o piccola, che non abbia 
pubblicato l'Elogio della follia, sovente arricchito da perspicue 
introduzioni e prefazioni di preclari studiosi. Dall'edizione a cura di 
Benedetto Croce per Laterza (Elogio della pazzia e Dialoghi, Laterza, Bari 
1914), a quella a cura di Tommaso Fiore per Einaudi (Elogio della pazzia, 
Einaudi, Torino 1943), a quella a cura di Eugenio Garin (Erasmo da 
Rotterdam, Elogio della follia, Serra e Riva, Milano 1984, poi Mondadori, 
Milano 1992) ad innumerevoli altre: tra le recenti segnaliamo quella di 
Luca D'Ascia con un saggio di Bainton, per Rizzoli.
Dei Colloquia dopo la traduzione parziale di Gian Piero Brega (Erasmo, I 
colloqui, Feltrinelli, Milano 1959, poi in edizione rivista 1967; e adesso 
Garzanti, Milano 2000) finalmente e' stata pubblicata una traduzione 
integrale con testo a fronte: Erasmo da Rotterdam, Colloquia, Einaudi, 
Torino 2002 (progetto editoriale e introduzione di Adriano Prosperi, 
traduzione, cura e apparati di Cecilia Asso).
Degli Adagia segnaliamo la pregevole edizione di un piccolo ma prezioso 
saggio di essi a cura di Silvana Seidel Menchi: Erasmo, Adagia. Sei saggi 
politici in forma di proverbi, Einaudi, Torino 1980.
Una segnalazione particolare vogliamo fare anche per L'Institutio principis 
christiani, nella traduzione italiana a cura di Margherita Isnardi Parente: 
Erasmo da Rotterdam, L'educazione del principe cristiano, Morano, Napoli 1977.
Va letto anche almeno il Libero arbitrio nell'utile edizione a cura di 
Roberto Jouvenal: Erasmo, Il libero arbitrio (testo integrale); Lutero, Il 
servo arbitrio (passi scelti), Claudiana, Torino 1969, seconda edizione del 
1973. Una nuova edizione del solo testo erasmiano (ma con una prefazione di 
Sergio Quinzio) e' nella traduzione di Italo Pin: Erasmo da Rotterdam, Sul 
libero arbitrio, Edizioni Studio Tesi, Pordenone 1989.
Ovviamente vari altri testi di Erasmo sono disponibili in traduzione italiana.
E' opportuno avvertire che sovente gli apparati critici e informativi che 
accompagnano le traduzioni italiane dei testi erasmiani sono assai 
approssimativi.
III. Alcune opere su Erasmo
Chiunque si accosti alla letteratura critica novecentesca su Erasmo non 
puo' non notare la presenza tra i suoi studiosi di un elevato numero di 
persone che hanno dato  buona prova di se' nell'opporsi al fascismo: 
scorrendo i nomi dei traduttori, dei curatori, degli autori di studi e 
ricerche erasmiane trovi alcune delle figure piu' nitide ed alte 
dell'antifascismo e della Resistenza. Pensiamo che non avvenga per caso. Ed 
anche se in questa nota non citiamo che pochi autori di contributi 
maggiori, vorremmo qui idealmente ricordarli tutti, con ammirazione ed affetto.
Tra le principali monografie disponibili in italiano che ricostruiscono 
vita, personalita', riflessione ed opera di Erasmo segnaliamo 
particolarmente le seguenti: Johan Huizinga, Erasmo, Einaudi, Torino 1941 
(piu' volte ristampata); Roland H. Bainton, Erasmo della Cristianita', 
Sansoni, Firenze 1970; Pierre Mesnard, Erasmo, Accademia Sansoni, Milano 
1971; Cornelis Augustijn, Erasmo da Rotterdam. La vita e l'opera, 
Morcelliana, Brescia 1989; Le'on E. Halkin, Erasmo, Laterza, Roma-Bari 
1989. Fondamentale e' anche Hugh R. Trevor-Roper, Protestantesimo e 
trasformazione sociale, Laterza, Bari 1969 e piu' volte ristampato; il 
primo saggio del volume e' specifico su Erasmo, ma - scrive l'autore nella 
prefazione all'edizione italiana, e dice bene - "la figura e le idee di 
Erasmo dominano il libro. Se questi saggi, come spero, hanno una loro 
unita', mi sembra che il filo conduttore sia appunto la sconfitta delle 
prospettive aperte da Erasmo".
Su Erasmo e la pace cfr. Eugenio Garin, Erasmo, Edizioni Cultura della 
Pace, S. Domenico di Fiesole (FI) 1988 (che reca anche i seguenti testi 
erasmiani: il Dulce bellum inexpertis, dagli Adagia; la Querela Pacis; e 
tre testi dai Colloquia: la Confessio militis, Militis et Cartusiani, il 
Charon). Per una puntuale collocazione di Erasmo nella tradizione (ed alle 
radici) del pensiero pacifista moderno si veda anche l'eccellente antologia 
a cura di Ernesto Balducci e Lodovico Grassi, La pace. Realismo di 
un'utopia, Principato, Milano 1983.
Per la bibliografia cfr. (in francese) gli ottimi lavori specifici di 
Jean-Claude Margolin.
Su Erasmo e l'erasmismo fondamentali sono gli studi di Augustin Renaudet, 
Marcel Bataillon, e per l'Italia Silvana Seidel Menchi, Erasmo in Italia. 
1520-1580, Bollati Boringhieri, Torino 1987. Su Erasmo e l'Italia cfr. 
anche i classici studi (che non ci risulta siano stati tradotti in 
italiano) di P. De Nolhac, Érasme en Italie. Étude sur un e'pisode de la 
Renaissance, Paris 1888; ed Augustin Renaudet, Érasme et l'Italie, Gene've 
1954, nuova ed. 1998.
Vari studiosi italiani nel corso degli ultimi decenni hanno dedicato ad 
Erasmo studi talvolta perspicui, rinunciamo a darne qui un elenco rinviando 
alle bibliografie contenute nei volumi sopra segnalati.
Degli autori gia' citati vorremmo ricordare altri libri a nostro parere 
utili a lumeggiare le premesse, il contesto o l'eredita' erasmiana: di 
Johan Huzinga cfr. anche L'autunno del Medioevo (Sansoni) e La civilta' 
olandese del Seicento (Einaudi); di Pierre Mesnard si veda anche almeno 
l'eccellente Il pensiero politico rinascimentale, 2 voll., Laterza, Bari 
1963-1964; di Eugenio Garin e di Ernesto Balducci si dovrebbero ricordare 
qui innumerevoli opere, basti aver reso omaggio ai loro nomi di maestri.

IV. Su Thomas More
Ovviamente non si puo' parlare di Erasmo e tacere di Thomas More, l'amico 
fraterno, l'autore dell'Utopia, il testimone del primato della coscienza e 
della dignita' umana; su More si legga almeno introduttivamente il volume 
di Cosimo Quarta, Thomas More, Edizioni Cultura della Pace, S. Domenico di 
Fiesole (Fi) 1993.

V. Et coetera
Sul XVI secolo un utile testo introduttivo e' quello di H. G. Königsberger 
e G. L. Mosse, L'Europa del Cinquecento, Laterza, Bari 1969 (ma noi abbiamo 
sotto gli occhi l'edizione del 1974); cfr. anche almeno Gerhard Ritter, La 
formazione dell'Europa moderna, 2 voll., Laterza, Bari 1964, 1968 (ma noi 
abbiamo letto l'edizione del  1976).
Sulla figura di Carlo V resta ancora insostituibile come compendio 
biografico Karl Brandi, Carlo V, Einaudi, Torino, 1961, in nuova edizione 
del 2001.
Sulla cultura del Rinascimento bastera' il rinvio alle molte eccellenti 
opere di Eugenio Garin; come e' noto hanno sviluppato negli ultimi decenni 
nuove prospettive, ed hanno lumeggiato aspetti prima sottovalutati, i 
lavori di Frances Amelia Yates.
Sulle vicende della Riforma e della Controriforma (o della Riforma 
protestante e di quella cattolica, se si preferisce) per un avvio cfr. 
almeno J. Lortz ed E. Iserloh, Storia della Riforma, Il Mulino, Bologna 
1974; Roland H. Bainton, La Riforma protestante, Einaudi 1958, 1974; Hubert 
Jedin, Riforma cattolica o Controriforma?, Morcelliana, Brescia, 1957, 1987.

VI. Per una cultura della pace e della nonviolenza
Rinviamo alla serie di schede biobibliografiche ragionate curate dal 
"Centro di ricerca per la pace" di Viterbo, richiedibili gratuitamente per 
posta elettronica all'indirizzo e-mail: nbawac@tin.it

Postilla terza

Non posso concludere queste note senza esprimere la mia personale 
gratitudine all'amico Olivier Turquet, editore di questo libro, e all'amica 
Patrizia Moradei, autrice di questa nuova traduzione, per la sollecitudine 
e la pazienza con cui hanno richiesto ed atteso che scrivessi questa 
presentazione. Degli errori in essa contenuti son io l'unico responsabile. 
Quanto ci fosse di buono nelle righe precedenti vorrei dedicare alla 
memoria di Vittorio Emanuele Giuntella, uno dei miei maestri di nonviolenza.

                                                                                     Peppe 
Sini

                                                               Viterbo, 
settembre 2002