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Diario dall'Afghanistan #1



Tornare in Asia e' sempre un'esperienza che mi emoziona enormemente.

Ogni volta quando si scende dall'aereo e' come immergersi nuovamente in un 
flusso di colori, di odori, di sapori e sensazioni insomma di una vita che 
ti rendi conto di non aver mai dimenticato, ma di aver solo messo in un 
angolo del cuore per riprendertela appena possible.

Sono ormai quasi vent'anni che viaggio in quest'area di mondo dall'India al 
Pakistan, in Nepal, Afghanistan e ogni volta venivo per turismo, per 
ricerca nel campo delle violazioni dei diritti umani, per lavoro, ma questa 
volta e' diverso. Oggi partiro' per Kabul da Islamabad, capitale del 
Pakistan, per andare a costruire insieme alle fantastiche e coraggiose 
donne di HAWCA (Humanitarian Assistance for Women and Children of 
Afghanistan) un nuovo progetto per le donne mendicanti di Kabul con Pangea, 
la Fondazione che dal luglio scorso e' nata grazie all'impegno di alcuni 
operatori ed esperti nel campo della ricerca sulle violazioni di diritti 
umani.
Questa giornata che ho passato a Islamabad e' stata a dir poco irreale, in 
cittá non si vede un occidentale, cosa completamente diversa da appena un 
anno fa quando pullulava soprattutto del carrozzone mediatico che ora 
affolla le piste sabbiose dell'Iraq, quasi senza piú memoria e attenzione 
per una realtá che si e' voluto dimenticare e considerare stabilizzata. 
Riportata alla tranquillitá,  quando non passa settimana senza che qualche 
neo governatore delle diverse regioni dell'Afghanistan non scateni 
scaramucce piú o meno violente contro un vicino, vecchio signore della 
guerra rivale.

Mentre giro per i mercati, colgo l'occasione per andare a trovare Salib, il 
mio amico venditore di tappeti, compagno di interminabili trattative sul 
prezzo dei suoi meravigliosi tappeti. E lui dopo un abbraccio acaldissimo e 
lungo mi conferma che Islamabad e tornata la capitale irreale e di 
rappresentanza di sempre, in cui il governo tenta di accentrare un potere 
che sente sfuggirsi di mano nelle regioni di confine. Soprattutto sul 
border line con l'Afghanistan, che e tornata ad essere la zona di nessuno 
in cui ora si incrociano anche i marines americani a caccia di terroristi 
ancora e sempre piú invisibili.

Ora devo proprio andare, fa molto caldo e abbiamo l'aereo tra 1 ora.
Questa sera saro a Kabul, nella citta' dimenticata.

Luca Lo Presti

[Nota: A partire dal 1 Maggio 2003 il sito www.peacelink.it pubblica le 
lettere inviate da Luca Lo Presti, presidente della Fondazione Pangea 
Onlus, che insieme alla fotografa e ricercatrice Stefania Scarpa sara' a 
Kabul per seguire l'avvio del progetto Jamila, promosso da Pangea insieme 
all'associazione locale HAWCA (Humanitarian Assistance for Women and 
Children of Afghanistan).