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Articolo di Naomi Klein sulla rpressione in Argentina
Fonte: Liberazione 26/4/03
I nuovi luddisti argentini
Di Naomi Klein
Nel 1812, bande di tessitori e magliaie inglesi assaltarono le fabbriche
tessili e distrussero le macchine a colpi di martello. Secondo i luddisti,
i nuovi telai meccanizzati avevano eliminato migliaia di posti di lavoro e
lacerato le comunità e meritavano quindi di essere a distrutti. Il governo
britannico non era d’accordo, e mandò così 14.000 soldati a reprimere
brutalmente la rivolta operaia e a proteggere i macchinari.
Un salto in avanti di due secoli ed eccoci in un’altra fabbrica tessile,
stavolta a Buenos Aires. Ma alla Brukman, che produce abiti da uomo da 50
anni, è la polizia in assetto antisommossa a distruggere le macchine da
cucire e sono i 58 operai a rischiare la vita per difenderle.
Lunedì scorso, la fabbrica Brukman è stata teatro della più dura
repressione avvenuta a Buenos Aires da quasi un anno. La polizia ha fatto
uscire gli operai nel cuore della notte e ha trasformato l’intero
stabilimento in una zona militare sorvegliata da mitragliatrici e cani
poliziotto. Non riuscendo a rientrare al lavoro per completare un ordine da
3.000 paia di pantaloni, gli operai hanno raccolto un’enorme folla di
sostenitori e hanno annunciato che era giunto il momento di tornare al
lavoro. Alle cinque del pomeriggio, cinquanta cucitrici di mezza età, con i
capelli e le scarpe a posto, in tuta blu, si sono avvicinate alla
recinzione innalzata dalla polizia. Qualcuno ha spinto, la recinzione è
crollata e le operaie della Brukman, senza imbracciare alcun tipo di arma,
ma tenendosi a braccetto, lentamente sono entrate.
Erano riuscite a muovere appena pochi passi quando la polizia ha aperto il
fuoco: gas lacrimogeni, idranti, proiettili di gomma e poi di piombo. La
polizia ha caricato anche le madri di Plaza de Mayo, con il capo coperto
dai fazzoletti bianchi ricamati con i nomi dei figli “scomparsi”. Decine di
manifestanti sono rimasti feriti.
Ecco una fotografia dell’Argentina a meno di una settimana dalle elezioni
presidenziali. I cinque principali candidati promettono tutti di rimettere
in funzione questo paese devastato dalla crisi. Eppure, i lavoratori della
Brukman sono trattati come se cucire un vestito da uomo fosse un crimine da
pena capitale.
Perché mai questo luddismo di Stato, questa rabbia contro le macchine?
Forse perché la Brukman non è una fabbrica come tante: è una “fabrica
ocupada”, una delle circa 200 fabbriche del paese che negli ultimi 18 mesi
sono state occupate ed autogestite dagli operai. Per molti, queste
fabbriche, che danno lavoro ad oltre 10.000 persone in tutto il paese e
producono merce di ogni tipo, dai trattori ai gelati, rappresentano
un’alternativa non solo economica, ma anche politica. “Hanno paura di noi
perché abbiamo dimostrato che, se siamo in grado di gestire una fabbrica,
saremmo anche in grado di gestire un paricchezza attrae in citta' le persone piu' disperate, soprattutto donne.
Sono vedove o semplicemente donne abbandonate; spesso sono madri e hanno in
media dai due ai cinque figli. Inutile sottolineare che non trovano lavoro
perche' analfabete, perche' troppo segnate dalle fatiche della loro
esistenza e quindi "impresentabili", perche' la cultura afghana e' ancora
troppo misogina e influenzata dagli ultimi dieci anni di fondamentalismo.
Camminando per Kabul si possono incontrare file di donne sedute per terra a
mendicare; a volte girovagano per la strada, seguono gli stranieri,
chiedono "bashish", l'elemosina. Molto spesso sono costrette a prostituirsi
per dar da mangiare ai loro figli.
IL PROGETTO
La Fondazione Pangea Onlus e HAWCA (Humanitarian Association for Women and
Children of Afghanistan) hanno deciso di dare una concreta possibilita' di
riscatto alle donne mendicanti attraverso un progetto di microcredito.
L'obiettivo del progetto e' innanzitutto quello di coinvolgere 100 donne,
mendicanti e prostitute, che vivono nelle strade di Kabul e della sua
periferia e offrire loro un percorso di alfabetizzazione e formazione
professionale. Quest'ultima, attraverso lo strumento del microcredito,
vuole condurre le donne a creare delle piccole attivita' di generazione di
reddito; nell'arco di tre anni (la durata prevista del progetto) si
costituirebbero cooperative e casse di quartiere per la gestione del
risparmio e del credito, in modo da rendere le donne stesse economicamente
autonome.
Durante il periodo di formazione le "allieve" riceveranno anche
un'assistenza sanitaria. Dato che il progetto sara' seguito direttamente da
HAWCA, si procedera' sottoponendo 5 donne dello staff a un periodo di
training sulle tematiche legate alla microfinanza, in modo da poter seguire
con professionalita' e competenza in materia le altre donne mendicanti.
Durante il primo anno di corso (della durata di 9 mesi), le 100 donne
apprenderanno a leggere, scrivere e a fare di conto, ma saranno anche
introdotte alle tematiche relative al rispetto dei diritti umani
fondamentali, in modo da favorire una presa di coscienza di quelli che sono
i loro diritti, in quanto individui e donne, e dell'importanza del rispetto
degli stessi, quale base imprescindibile sulla quale costruire la nuova
societa' afghana.
Per incentivarle a frequentare il corso e aiutarle a sostenere la famiglia,
ogni donna ricevera' mensilmente un pacco alimentare, sufficiente a nutrire
una famiglia di cinque persone. Al termine del primo anno scolastico, in
base alle capacita' professionali di ciascuna e attraverso il microcredito,
ogni donna ricevera' cinque galline, o una macchina da cucire, o ancora
semi per l'orto. In tal modo, assistite dallo staff di Hawca che seguira'
direttamente il progetto, esse potranno avviare una piccola attivita' e
saranno aiutate poi nella commercializzazione dei loro prodotti. Attraverso
il ciclo di produzione e vendita, acquisiranno autonomia economica e una
sempre maggiore fiducia in se stesse.
Nel secondo anno, si insegnera' loro a creare piccoli gruppi per la
gestione dei crediti e la raccolta dei risparmi, fino ad associarsi in
cooperative. Inoltre si introdurra' anche un lavoro di sostegno psicologico.
Il centro per le donne sara' aperto la mattina e il pomeriggio, un giorno a
settimana fornira' assistenza e cure mediche e ginecologiche. Costituira'
anche un punto di riferimento per tutte le necessita' che si verranno a
creare durante il loro percorso di formazione.
Al termine del secondo anno, sulla base delle loro necessita', la scuola
potra' organizzare un lavoro piu' approfondito sia dal punto di vista della
preparazione scolastica, sia nella gestione della microimpresa, con la
creazione di stock di magazzino per la produzione e, nel caso, favorendo la
commercializzazione dei prodotti artigianali attraverso le botteghe del
commercio equo e solidale che si trovano in Italia.
Alla fine dei tre anni di corso le donne saranno economicamente autonome e
potranno a loro volta coinvolgere altre donne mendicanti.
HAWCA avra' aumentato la propria esperienza nel settore del microcredito e
acquisito il know-how necessario ad ampliare il progetto sul territorio
afghano.
IL PARTNER DEL PROGETTO
Hawca (Humanitarian Assistance for Women and Children of Afghanistan) e'
un'organizzazione non governativa afghana che dal 1999 opera per dare
assistenza alla popolazione, in particolare alle donne e ai bambini. Prima
dell'11 settembre organizzava clandestinamente, in Afghanistan e in
Pakistan, corsi di alfabetizzazione e igiene di base per donne e bambini/e,
distribuiva cibo ai profughi afghani in Pakistan, forniva cure mediche,
gestiva dei piccoli centri di generazione reddito. A settembre del 2002
HAWCA ha potuto uscire dalla clandestinita' e riaprire l'ufficio a Kabul.
Nell'ufficio dell'organizzazione chiunque puo' entrare e farsi aiutare per
compilare un scheda, con la quale chiedere aiuto e proporre idee. Proprio
parlando con la direttrice dell'associazione e raccogliendo le richieste di
aiuto provenienti dalle donne mendicanti, la fondazione Pangea ha pensato
di creare il progetto Jamila.
DALLE DONNE UN NUOVO AFGHANISTAN
Le donne afghane hanno patito sofferenze inaudite, inflitte loro solo per
il fatto di essere donne. I soprusi dei fondamentalisti non hanno avuto
tregua negli ultimi dieci anni e hanno lasciato profonde cicatrici sui
copri e nelle loro menti della popolazione femminile dell'Afghanistan.
Pangea Onlus ritiene che in Afghanistan un progetto di sviluppo non puo'
prescindere dall'educazione al rispetto dei diritti umani, unico strumento
che contribuisca a generare una cultura di pace tra la popolazione. Le
donne possono diventare le protagoniste nella ricostruzione di una nuova
societa' afghana fondata sui principi del rispetto comune e dei diritti umani.
Questo progetto mira a restituire una vita dignitosa alle donne mendicanti
e prostitute che hanno avuto meno fortuna di altre, e a creare una rete di
solidarieta' tra le donne stesse, indipendentemente dalla loro appartenenza
etnica e religiosa.
La Fondazione Pangea e Hawca forniranno a queste donne gli strumenti
affinche' loro stesse possano ricostruirsi un futuro con i propri figli,
per i propri figli.
I costi di gestione del progetto ammontano a 127.000 Euro l'anno.
È POSSIBILE SOSTENERE IL PROGETTO ATTRAVERSO UN VERSAMENTO:
SUL CC BANCARIO N. 511660 - INTESTATO A FONDAZIONE PANGEA ONLUS c/o BANCA
ETICA, FILIALE DI MILANO, ABI 05018 - CAB 01600
O SUL c/c POSTALE N. 36682953 INTESTATO A
FONDAZIONE PANGEA ONLUS VIA BOSCHETTI, 6 - 20121 MILANO
CAUSALE: PROGETTO JAMILA