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Verso il nuovo governo di Internet



DOPO RIO, LA META È PIÙ VICINA

Verso il nuovo governo di Internet

Dopo piu' di un anno di conflitti e crisi, il nuovo organismo per la 
gestione dei domini inizia a prendere corpo. Una struttura meno "americana" 
e piu' rispettosa delle esigenze degli Stati. Con piu' spazio per le 
imprese ma meno per i netizen

di Stefano Cardini

17/4/2003

URL:  http://www.mytech.it/mytech/internet/art006010046511.jsp

La recente conferenza di Rio de Janeiro dell Icann (The Internet 
Corporation for Assigned Names and Numbers), nella speranza di molti, 
dovrebbe aver segnato la prima tappa non piu' in salita nel percorso di 
riforma dell'organismo che sovraintende all'assegnazione e alla gestione 
dei domini Internet.

Come spiega nella nostra intervista Bruno Piarulli, amministratore delegato 
di Register.it, il risultato principale del meeting ha riguardato il tema 
della regolamentazione della Rete, con la proposta di attribuire ai 
registrar la responsabilita' di controllare, almeno una volta l'anno, la 
veridicita' dei dati che i loro clienti hanno inoltrato registrando il loro 
dominio. La proposta e' piuttosto radicale. Se in seguito al controllo i 
dati non risultassero veritieri, darebbe al registrar la facolta' di 
cancellare il dominio registrato in forma anonima.

Alcuni, in particolare in Europa, avrebbero preferito che questo obbligo 
fosse accompagnato dalla facolta', da parte dei registrar, di stipulare 
contratti nei quali sia prevista la riservatezza dei dati da parte 
dell'assegnatario del dominio, ovvero, la possibilita' di non renderli 
pubblici all'interno del servizio Whois dello Iana. L'accoglimento della 
proposta, peraltro, avrebbe forse favorito la crescita di un mercato della 
registrazione "riservata" di domini piu' trasparente e aperto di quello 
attuale, affidato per lo piu' a servizi come Go Daddy, che - per una decina 
di dollari in piu' rispetto alla registrazione ordinaria - registrano nel 
servizio whois i dati di una propria societa' affiliata (Domains By Proxy) 
in luogo di quelli del cliente.

L'Icann tuttavia ha deciso diversamente, confermando la scarsa sensibilita' 
degli americani per una tutela della privacy regolamentata, che 
responsabilizzi il registrar senza spingerlo a fare da prestanome.

La seconda novita' e' stata l'elezione, al vertice dell'organizzazione, 
dell'australiano Paul Twoney, il primo non americano nella storia 
dell'ente. Una decisione salutata da alcuni come il segnale di 
un'inversione di tendenza di Icann volta a farne un organismo con 
un'impronta piu' internazionale e meno americana.

In realta' l'Australia, come il Canada, e' un paese dalla visione piuttosto 
affine a quella degli Stati Uniti. Tuttavia Paul Twoney, spiega Stefano 
Trumpy, del Governmental Advisory Commitee dell'Icann, "ha una notevole 
esperienza negoziale e dovrebbe contribuire ad allentare le tensioni".

Di tensioni, effettivamente, ce ne sono state parecchie. L'Icann, come e' 
noto, e' un organismo di diritto privato al quale, attraverso il famoso 
Memorandum of understanding, il Dipartimento del Commercio americano ha 
delegato la gestione del sistema dei nomi di dominio e di allocazione 
deigli indirizzi Ip. Chiusa la (fin troppo) entusiastica parentesi della 
elezione At large membership, il primo tentativo di democratizzare e 
internazionalizzare l'organismo, il nodo di bilanciare efficienza e 
rappresentativita' e' venuto ben presto al pettine.

Nel febbraio 2002 e' cosi' iniziato quel percorso di riforma dell'ente 
ancora in corso, avviata dal presidente Stuart Lynn, condensato nelle 
Recommandations for the Evolution and Reforms of Icann del maggio dello 
stesso anno, ora nelle diplomatiche mani di Paul Twoney, l'australiano. Un 
passaggio di consegne, quest'ultimo, al quale non sono state forse del 
tutto estranee le polemiche dell'ultimo anno. Dalle accuse di intrasparenza 
finanziaria di Karl Auerbach, membro at large membership del consiglio 
direttivo dell'Icann, alle rivendicazioni sfociate nel rifiuto da parte di 
buona parte dei 240 membri europei, durante il meeting di Bucarest del 
giugno successivo, di pagare la quota annuale di iscrizione.

Da allora, nonostante la lettera al Dipartimento del Commercio americano, 
inviata da un nutrito drappello di registrar, nella quale si esortava a 
proseguire sulla via delle riforme, le polemiche - in particolare con le 
registration authority di alcuni governi - non si sono del tutto placate. 
Benche' la direzione sembri ormai definita.

Come testimonia lo stesso Trumpy, gli europei "hanno effettivamente 
minacciato una scissione della funzione Iana relativa al data base dei 
registri cosi' detti country code", che nel 90% dei casi vengono registrati 
nel vecchio Continente [per esempio .it, .uk, .de, .fr]. La contesa ha 
riguardato l'eccessiva influenza di Icann sulle policy e pratiche 
commerciali delle registration authoriy nazionali, le quali rivendicano il 
diritto di essere soggette, casomai, alle sole autorita' e alla 
legislazione dei rispettivi stati.

Ciononostante, il processo di riforma di Icann sta comunque andando avanti. 
"Al di la' di posizioni forti di alcune registration authority, come quella 
tedesca (.de) e inglese (.uk), la Commissione Europea trattera' i temi 
caldi direttamente con il Dipartimento del Commercio del governo americano".

Quanto alla querelle sull'assegnazione all'Icann di un ruolo piu' o meno 
tecnico oppure politico, prosegue Trumpy, la riforma dovrebbe limitare il 
ruolo politico alle questioni piu' strettamente collegate all'assegnazione 
dei nomi a dominio e allocazione dei numeri Ip. Mentre, per quanto riguarda 
gli aspetti di Internet governance di interesse pubblico, dovrebbe 
rafforzare la collaborazione con enti internazionali quali Wipo (World 
Intellectual Property Organization), Itu (International Telecommunication 
Union e Oecd (Organisation For Economic Co-operation and Development). Se 
questa collaborazione funzionera' bene, Icann dovrebbe evitare di essere 
accusata di invasione di campo".

Una strategia che punta a riequilibrare i poteri degli Stati, tra loro e in 
rapporto agli interessi d'impresa coinvolti (dalle telecomunicazioni 
all'editoria, all'entertainment). Ma che non sembra lasciare ai netizen del 
mondo lo spazio loro concesso in quel primo esperimento di "democrazia 
elettronica globale" che fu l'elezione at large membreship. Come qualcuno 
ha commentato, non c'e' democrazia senza una vasta e consapevole 
partecipazione del corpo elettorale. E 35.000 elettori (tanti furono i 
votanti) non possono fare testo. Verissimo. Bisognerebbe ricordare, 
tuttavia, che da sempre l'avvio di un processo democratico coinvolge per 
molto tempo piccoli numeri. Un'alternativa credibile, quindi, andrebbe 
comunque trovata.