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Verso il nuovo governo di Internet
- Subject: Verso il nuovo governo di Internet
- From: Carlo Gubitosa <c.gubitosa@peacelink.it>
- Date: Thu, 24 Apr 2003 20:58:25 +0100
DOPO RIO, LA META È PIÙ VICINA
Verso il nuovo governo di Internet
Dopo piu' di un anno di conflitti e crisi, il nuovo organismo per la
gestione dei domini inizia a prendere corpo. Una struttura meno "americana"
e piu' rispettosa delle esigenze degli Stati. Con piu' spazio per le
imprese ma meno per i netizen
di Stefano Cardini
17/4/2003
URL: http://www.mytech.it/mytech/internet/art006010046511.jsp
La recente conferenza di Rio de Janeiro dell Icann (The Internet
Corporation for Assigned Names and Numbers), nella speranza di molti,
dovrebbe aver segnato la prima tappa non piu' in salita nel percorso di
riforma dell'organismo che sovraintende all'assegnazione e alla gestione
dei domini Internet.
Come spiega nella nostra intervista Bruno Piarulli, amministratore delegato
di Register.it, il risultato principale del meeting ha riguardato il tema
della regolamentazione della Rete, con la proposta di attribuire ai
registrar la responsabilita' di controllare, almeno una volta l'anno, la
veridicita' dei dati che i loro clienti hanno inoltrato registrando il loro
dominio. La proposta e' piuttosto radicale. Se in seguito al controllo i
dati non risultassero veritieri, darebbe al registrar la facolta' di
cancellare il dominio registrato in forma anonima.
Alcuni, in particolare in Europa, avrebbero preferito che questo obbligo
fosse accompagnato dalla facolta', da parte dei registrar, di stipulare
contratti nei quali sia prevista la riservatezza dei dati da parte
dell'assegnatario del dominio, ovvero, la possibilita' di non renderli
pubblici all'interno del servizio Whois dello Iana. L'accoglimento della
proposta, peraltro, avrebbe forse favorito la crescita di un mercato della
registrazione "riservata" di domini piu' trasparente e aperto di quello
attuale, affidato per lo piu' a servizi come Go Daddy, che - per una decina
di dollari in piu' rispetto alla registrazione ordinaria - registrano nel
servizio whois i dati di una propria societa' affiliata (Domains By Proxy)
in luogo di quelli del cliente.
L'Icann tuttavia ha deciso diversamente, confermando la scarsa sensibilita'
degli americani per una tutela della privacy regolamentata, che
responsabilizzi il registrar senza spingerlo a fare da prestanome.
La seconda novita' e' stata l'elezione, al vertice dell'organizzazione,
dell'australiano Paul Twoney, il primo non americano nella storia
dell'ente. Una decisione salutata da alcuni come il segnale di
un'inversione di tendenza di Icann volta a farne un organismo con
un'impronta piu' internazionale e meno americana.
In realta' l'Australia, come il Canada, e' un paese dalla visione piuttosto
affine a quella degli Stati Uniti. Tuttavia Paul Twoney, spiega Stefano
Trumpy, del Governmental Advisory Commitee dell'Icann, "ha una notevole
esperienza negoziale e dovrebbe contribuire ad allentare le tensioni".
Di tensioni, effettivamente, ce ne sono state parecchie. L'Icann, come e'
noto, e' un organismo di diritto privato al quale, attraverso il famoso
Memorandum of understanding, il Dipartimento del Commercio americano ha
delegato la gestione del sistema dei nomi di dominio e di allocazione
deigli indirizzi Ip. Chiusa la (fin troppo) entusiastica parentesi della
elezione At large membership, il primo tentativo di democratizzare e
internazionalizzare l'organismo, il nodo di bilanciare efficienza e
rappresentativita' e' venuto ben presto al pettine.
Nel febbraio 2002 e' cosi' iniziato quel percorso di riforma dell'ente
ancora in corso, avviata dal presidente Stuart Lynn, condensato nelle
Recommandations for the Evolution and Reforms of Icann del maggio dello
stesso anno, ora nelle diplomatiche mani di Paul Twoney, l'australiano. Un
passaggio di consegne, quest'ultimo, al quale non sono state forse del
tutto estranee le polemiche dell'ultimo anno. Dalle accuse di intrasparenza
finanziaria di Karl Auerbach, membro at large membership del consiglio
direttivo dell'Icann, alle rivendicazioni sfociate nel rifiuto da parte di
buona parte dei 240 membri europei, durante il meeting di Bucarest del
giugno successivo, di pagare la quota annuale di iscrizione.
Da allora, nonostante la lettera al Dipartimento del Commercio americano,
inviata da un nutrito drappello di registrar, nella quale si esortava a
proseguire sulla via delle riforme, le polemiche - in particolare con le
registration authority di alcuni governi - non si sono del tutto placate.
Benche' la direzione sembri ormai definita.
Come testimonia lo stesso Trumpy, gli europei "hanno effettivamente
minacciato una scissione della funzione Iana relativa al data base dei
registri cosi' detti country code", che nel 90% dei casi vengono registrati
nel vecchio Continente [per esempio .it, .uk, .de, .fr]. La contesa ha
riguardato l'eccessiva influenza di Icann sulle policy e pratiche
commerciali delle registration authoriy nazionali, le quali rivendicano il
diritto di essere soggette, casomai, alle sole autorita' e alla
legislazione dei rispettivi stati.
Ciononostante, il processo di riforma di Icann sta comunque andando avanti.
"Al di la' di posizioni forti di alcune registration authority, come quella
tedesca (.de) e inglese (.uk), la Commissione Europea trattera' i temi
caldi direttamente con il Dipartimento del Commercio del governo americano".
Quanto alla querelle sull'assegnazione all'Icann di un ruolo piu' o meno
tecnico oppure politico, prosegue Trumpy, la riforma dovrebbe limitare il
ruolo politico alle questioni piu' strettamente collegate all'assegnazione
dei nomi a dominio e allocazione dei numeri Ip. Mentre, per quanto riguarda
gli aspetti di Internet governance di interesse pubblico, dovrebbe
rafforzare la collaborazione con enti internazionali quali Wipo (World
Intellectual Property Organization), Itu (International Telecommunication
Union e Oecd (Organisation For Economic Co-operation and Development). Se
questa collaborazione funzionera' bene, Icann dovrebbe evitare di essere
accusata di invasione di campo".
Una strategia che punta a riequilibrare i poteri degli Stati, tra loro e in
rapporto agli interessi d'impresa coinvolti (dalle telecomunicazioni
all'editoria, all'entertainment). Ma che non sembra lasciare ai netizen del
mondo lo spazio loro concesso in quel primo esperimento di "democrazia
elettronica globale" che fu l'elezione at large membreship. Come qualcuno
ha commentato, non c'e' democrazia senza una vasta e consapevole
partecipazione del corpo elettorale. E 35.000 elettori (tanti furono i
votanti) non possono fare testo. Verissimo. Bisognerebbe ricordare,
tuttavia, che da sempre l'avvio di un processo democratico coinvolge per
molto tempo piccoli numeri. Un'alternativa credibile, quindi, andrebbe
comunque trovata.