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CHERNOBYL DICIASSETTE ANNI DOPO
CHERNOBYL DICIASSETTE ANNI DOPO
di Eisabetta Cravati <elisabettacaravati@libero.it>
Quando vedo Ksiusha per la prima volta ho l'impressione che dimostri piu'
dei suoi tredici anni; ha capelli colorati di rosso, unghie laccate,
indossa jeans alla moda e scarpe con la zeppa...
Ksiusha nulla o quasi sa di cio' che, prima che lei nascesse, e' accaduto a
Chernobyl. Una zia le ha detto che prima di Chernobyl e prima che si
sciogliesse l'unione Sovietica, in Bielorussia, la vita era sicuramente
meno dura...
Solo in un secondo momento notero' che quelle scarpe non le appartengono
perche' sono troppo grandi per lei, e verro' a sapere che quei jeans sono
il regalo di Natale di quella zia che tutto le spiega della vita e della
storia...
Il 26 aprile 1986 al quarto reattore della centrale nucleare di Chernobyl
succede un grande incidente: un'esplosione. Dopo quell'esplosione
incontrollabili quantita' di sostanze radioattive contamineranno parte
della Bielorussia, dell'Ucraina, della Russia occidentale e, frammenti di
quella radioattivita', giungeranno fino a noi...
Molte famiglie italiane, da molti anni, ospitano durante l'estate bambini
bielorussi e ucraini nati dopo quel 26 aprile del 1986...
Io non ho le conoscenze medico-scientifiche per poter capire se e quanto
questi "soggiorni curativi" serviranno effettivamente ai bambini bielorussi
ed ucraini; ma so con certezza che per molti di loro queste saranno le
uniche vacanze che potranno permettersi nel corso di tutta la loro vita...
In un russo colorato d'inglese e di italiano e di gesti, davanti agli occhi
ed alle orecchie incredule di una commessa, cerco di ricordare a Ksiusha
quanto gia' le avevo spiegato a casa, e cioe' che le scarpe, che lei
vorrebbe che io le comprassi, sono state fabbricate nel sud-est asiatico da
bambini meno fortunati e meno felici di lei...
Ma Ksiusha fa i capricci (probabilmente li ha imparati dai bambini
italiani, non si fanno capricci in Bielorussia, soprattutto perche'
nessuno, in ogni caso, avrebbe il tempo e la voglia di ascoltare i loro
capricci) e cosi' acconsento all'acquisto di scarpe che mai comprerei ai
miei figli...
Quando Ksiusha e' pronta per partire e tornare a casa sua, la guardo: i
suoi capelli sono tornati, dopo qualche lavaggio, del loro colore naturale,
indossa pantaloncini corti, una maglietta colorata, calzini dello stesso
colore della maglietta e scarpe da tennis, sulle spalle uno zainetto
indiano; mi sembra ben piu' piccola dei suoi tredici anni...
Qualche mese dopo dalla Bieolorussia, Ksiusha mi scrive: "...avevi ragione
tu, per le scarpe. Con quei soldi, qui avrei comprato due paia di scarpe e
due paia di stivali".
Anch'io le scrivo, le racconto di me, di mio marito, dei miei figli e della
loro attivita' scout, alla quale Ksiusha aveva partecipato qualche volta
nella sua vacanza italiana; le parlo anche della guerra e delle
manifestazioni per la pace alle quali partecipo. Lei mi risponde che la
vita da loro e' difficile, che ben poche famiglie riescono a vivere bene e
che per tutte le altre la vita e' impossibile; mi parla di un padre che
spende quasi tutto il suo stipendio in alcolici e di una madre che deve
fare i salti mortali per arrivare a fine mese con il suo solo stipendio; mi
dice che fa freddo, molto freddo, soprattutto la notte...
Niente e' la guerra, niente la pace; niente lo sfruttamento minorile. Forse
in loro prevale solo un primordiale senso di sopravvivenza. Probabilmente
vivono davvero in condizioni precarie che gli impediscono di allargare il
loro sguardo; di affacciarsi ad una finestra in grado di osservare un poco
il mondo intero... Eppure e' in Europa che vivono, non in Africa, non in un
paese lontano e "sottosviluppato"; vivono nella nostra civilissima
Europa... Ma anche il Kossovo e' Europa e noi siamo andati a bombardarlo!
Fra poco piu' di un mese Ksiusha tornera' e portera' con se' anche suo
fratellino Vazim; mi aveva detto Ksiusha, la scorsa estate, che avrebbe
chiesto a sua zia di spiegarle un po' le motivazioni sul perche' in
Bielorussia si vive cosi', per poterlo poi spiegare a me. Spero si sia
ricordata di chiederglielo; ma spero ancora di piu' che lei abbia la stessa
mia infinita voglia di rivederci ed abbracciarci di nuovo...
Eisabetta Cravati