[Date Prev][Date Next][Thread Prev][Thread Next][Date Index][Thread Index]

Report dalla Palestina



Dalla palestina con furore
Testimonianza di G.M.

Attivisti uccisi, bombe nelle scuole, missili sulla folla

Non sono tempi facili questi in Palestina, mentre tutta l’attenzione
mediatica è rivolta alla guerra in Iraq qui la situazione peggiora di
giorno in giorno.Martedì sono stati uccisi due attivisti di Hamas, i 
missili sparati da un
caccia bombardiere F-16 hanno centrato la loro autovettura, in seguito un
elicottero Apache ha sparato ancora altri missili sulla gente accorsa
attorno alla macchina, risultato sei morti civili di cui due bambini e
cinquanta feriti di cui ventidue bambini.

Lo stesso giorno nell’area di Jenin, in un villaggio chiamato Jaba, è
esplosa una bomba in una scuola ferendo 25 bambini di cui tre in fin di
vita. L’attentato è stato rivendicato da un gruppo israeliano di estrema
destra chiamato ”Chield Revenge Group”, che è già tristemente conosciuto
per altri assasini ed attentati su bambini palestinesi, colpire gli
infanti per eliminare il problema alla radice è il loro motto.

In fine oggi è stato ucciso un pacifista, sempre nella striscia di Gaza.
Tom Horindal, un ragazzo di 24 anni che era a Gaza per partecipare alle
azioni dell’ International Solidarity Mouvement. Il gruppo, circa una
dozzina di attivisti, stava facendo una dimostrazione davanti ai tank
israeliani, vicino al confine egiziano nel campo rifugiati di Rafah,
avevano installato una piccola tenda per impedire le invasioni giornaliere
dei carri armati, molti bambini palestinesi stavano assistendo all’azione
quando i soldati hanno incominciato a sparare. Nel tentativo di salvare i
bambini sotto tiro, un proiettile ha colpito alla testa l’attivista
inglese, in ospedale i dottori ne hanno dichiarato la morte clinica.

Questa la testimonianza del fotografo Kahlil Hamra, li per l’Associeted
Press, che in oltre sottolinea il fatto che i bambini non stavano tirando
pietre e che nel momento in cui i soldati hanno incominciato a sparare la
situazione era tranquilla e il gruppo distava dai tank circa 150 metri,
non c’era insomma nessuna provocazione in atto.

Rafah è uno dei posti più caldi della Palestina, i tank dell’esercito
israeliano entrano tutti i giorni nel campo e molte case sono state
demolite dai bulldozer. E’ il luogo dove fu uccisa Rachel Connor, un’altra
attivista americana di 23 anni, nel tentativo di fermare la demolizione di
una casa di un dottore palestinese. A Jenin, nel nord della Plestina,
invece, settimana scorsa, un ragazzo americano venne ferito gravemente da
un proiettile al viso, Bryan Avery, anni 24, è ancora ricoverato in
ospedale e le sue condizioni sono molto gravi.




Pasqua ebraica

Una giornata normale in Palestina



A Qarquilia la situazione è tranquilla ogni tanto entrano i Tank, le Jeep,
sparano e se ne vanno. Solo due settimane fa un ragazzino è stato ucciso
mentre lanciava pietre alle forze militari israeliane, doveva compiere
oggi 15 anni. Il muro continua ad essere costruito, per gli israeliani si
chiama muro di sicurezza per i palestinesi muro dell’appartheid. Le mappe
parlano chiaro, la cossidetta “Green line”, il confine stabilito negli
accordi è situato ben aldilà di dove viene costruito il muro ora; a
ridosso delle case della città. Ma non basta, il muro dovrà accerchiare
tutta la città lasciandole un solo accesso verso est, largo non più di 500
metri, quelle che una volta erano le terre dei palestinesi attorno alla
città sono confiscate e in qualche modo sembra che tutta la città venga
isolata dal resto della Palestina, perché tutt’attorno ci sono quattro
insediamenti israeliani. Rimane solo un corridoio per uscire ed entrare,
un corridoio che collega la città palestinese al resto della Cisgiordania.

Se a Qarquilia la situazione è abbastanza tranquilla non lo è a Tul’karem.
Stamattina l’esercito è entrato nella città con i tank e le jeep, hanno
accerchiato l’ospedale. Cercavano un terrorista che secondo loro si era
nascosto all’interno dell’edificio. Alcuni ragazzi dell’ISM che si
trovavano lì hanno tentato di calmare i soldati e di far entrare le
ambulanze ma sono stati arrestati, poi sono stati rilasciati. I soldati
non hanno trovato nessun sospetto terrorista, ma a quel punto era iniziata
l’intifada, al lancio di pietre e di due Molotov da parte dei ragazzi
palestinesi, i soldati hanno risposto con il fuoco dei mitragliatori e un
ragazzo, che da fonti israeliane aveva 21 anni mentre da fonti palestinesi
ne aveva 16, è stato ucciso, colpito alla schiena.

Oggi è la pasqua ebraica e di conseguenza per ragioni di sicurezza tutti i
territori sono bloccati, i check point estremamente controllati la maggior
parte chiusi, gli spostamenti difficili se non impossibili. Per tornare a
Ramallah dal nord ho dovuto attraversare le montagne su strade sterrate e
tortuose. Arrivato alla “Settler's road”, la strada dei coloni, al check
point in  una Jeep c’era un palestinese arrestato. Gli avevano bendato gli
occhi e legato le mani dietro la schiena. Io e la mia compagna di viaggio
decidemmo di aspettare e monitorare la situazione. C’erano diversi
pullmann palestinesi che aspettavano, le persone venivano fatte scendere e
controllate una ad una, molte avevano bagagli. Poi abbiamo notato che un
soldato, schernendosi del prigioniero nella Jeep, gli infierisce un colpo
forte nel fianco. La mia amica ed io siamo andati verso il soldato
dichiarandogli la nostra presenza come osservatori, reclamando i diritti
dei prigionieri secondo le convenzioni di Ginevra. I soldati si sono
calmati ma vedendo che continuavamo a stare lì hanno provato a cacciarci
spintonandoci e strattonandoci. Un altro palestinese a quel punto viene
fermato, tutta la zona viene portata in sicurezza, mitra spianati, dal
megafono una voce intima al sospetto di estrarre lentamente il contenuto
della valigia. Vestiti, calzini e cianfrusaglie varie. L’allarme rientra
nonostante a me sia sembrata una valigia come tutte le altre.

A Nablus, Tul’Karem, Hebron vige il coprifuoco, l’esercito scende in città
i bambini lanciano le pietre i check point sono chiusi o puntigliosamente
controllati, un ragazzo di Quarquilia mi racconta che è dall’inizio
dell’intifada, un anno e mezzo, che non può uscire dalla sua città…
insomma proprio una giornata normale per la Palestina.

G.M.