[Date Prev][Date Next][Thread Prev][Thread Next][Date Index][Thread Index]
La nonviolenza e' in cammino. 568
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 568
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac@tin.it>
- Date: Thu, 17 Apr 2003 03:59:10 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO
Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it
Numero 568 del 16 aprile 2003
Sommario di questo numero:
1. Un brutto sogno di Giuseppe Ca
2. Il "Cos in rete" di aprile
3. Patrizia Pasini: in bicicletta da Roma alla Mecca
4. Rossana Rossanda: il problema numero uno
5. Gabriella Caramore intervista suor Rosemary Lynch
6. Ida Dominijanni: liberta' nel caos
7. Emergency: una lettera a tutti i parlamentari
8. Ics: no alla strumentalizzazione degli aiuti umanitari
9. Fabio Alberti: aiuti umanitari e affari in Iraq
10. Flavio Lotti: un seminario a Padova
11. Rete di Lilliput: il 10 maggio giornata nazionale dell'auto-boicottaggio
12. Graziano Zoni: giustizia
13. La "Carta" del Movimento Nonviolento
14. Per saperne di piu'
1. EDITORIALE. UN BRUTTO SOGNO DI GIUSEPPE CA
[E' un testo del 6 novembre 2000, non ricordo se fu gia' pubblicato allora
su questo notiziario]
Ecco il sogno che ho fatto, mi dice Giuseppe Ca.
Che ero nella Germania nazista, ed ero una persona tranquilla e perbene,
sensibile e gentile.
Detestavo che delle persone venissero aggredite, sapevo che certi venivano
portati a forza in luoghi innominabili, capivo che qualcosa di brutto
accadeva. E nel mio cuore me ne sdegnavo.
Ma avevo il mio lavoro, le mie cose, i miei interessi, e la politica non era
affar mio.
Questo il sogno, e nel sogno un'angoscia opprimente, che persiste anche ora.
Che mai vorra' dire, mi chiede Giuseppe Ca.
*
Conosco da tanto Giuseppe Ca, so che e' una persona buona e mite.
Il sogno, presumo, significa questo:
- che nel paese in cui Giuseppe Ca vive, da due anni sono stati aperti e
statuiti campi di concentramento in cui uomini innocenti hanno gia' trovato
la morte, e taluni tra il fumo e le fiamme;
- in quel paese una legge il regime ha imposto, per cui il fuggiasco che
li' trovi scampo viene riconsegnato agli aguzzini cui era sfuggito;
- e in quel paese allo straniero non e' fatto luogo vicino al focolare, ma i
mazzieri perlustrano le strade e lo riducono schiavo, lo riducono cencio,
gli tolgono tutto e infine la vita.
*
Dunque Giuseppe Ca sente, e nella lingua dei sogni soltanto riesce a dirlo a
se stesso, che nella sua vita diurna e cosciente anche lui persona mite e
buona e' stato ridotto a complice di questo orrore, in quanto lo accetti
come un dato di fatto e non vi si ribelli mane e sera.
Avverte, Giuseppe Ca, la tragica degradazione in cui tutti siamo
precipitati, qui, in Italia, oggi.
*
Gli storici futuri si chiederanno come era possibile che in Italia, sul
finire del secolo di Auschwitz e di Hiroshima, si accettava fossero legge i
campi di concentramento, si catturavano le vittime sfuggite ai carnefici per
riconsegnarle ai carnefici, si costringevano uomini e donne e bambini in
schiavitu', di viva carne umana si facesse bassa macelleria.
E scriveranno, gli storici futuri, di noi, proprio di noi Giuseppe Ca, cio'
che noi mille volte abbiamo pensato della giuliva popolazione del Reich
millenario: che complici fummo dell'orrore.
Cosi' ho sentito, cosi' ridico.
2. INFORMAZIONE. IL "COS IN RETE" DI APRILE
[Dagli amici dell'"Associazione nazionale amici di Aldo Capitini" (per
contatti: capitini@tiscalinet.it) riceviamo e diffondiamo]
Vi segnaliamo nell'ultimo aggiornamento di aprile 2003 del "C. O. S. in
rete" (sito: www.cosinrete.it) una selezione critica di alcuni riferimenti
trovati sulla stampa italiana ai temi capitiniani: nonviolenza, difesa della
pace, partecipazione al potere di tutti, controllo dal basso, religione
aperta, educazione aperta, antifascismo; tra cui :L'Onu e l'impero;
Nonviolenza e legittima difesa; Rock e liberta'; I tre cerchi di Mussolini;
Alberoni e don Milani; L'ossessione del lavoro; Gott ist nicht mit Uns; Nike
e potere di tutti; Gli esclusi di Ken Loach; Gas e dittature; L'Europa e
l'impero; Le chiusure del sacro; David e Rachele; Marti' e Lula; Tecnologia
e malati; Antifascismo e revisionismo; Progettare un futuro; ecc. Piu'
scritti di e su Capitini utili secondo noi alla riflessione attuale sugli
stessi temi. Ricordiamo che sui temi capitiniani sopra citati la
partecipazione al "C. O. S. in rete" e' libera e aperta a tutti.
3. RIFLESSIONE. PATRIZIA PASINI: IN BICICLETTA DA ROMA ALLA MECCA
[Ringraziamo suor Patrizia Pasini, della commissione giustizia e pace delle
Missionarie della Consolata, per questo intervento. Per contatti:
delc.mc@pcn.net]
Oggi, negli occhi e nelle parole di una ragazza iraniana e mussulmana, ho
visto il regno di Dio.
Ore 13,30 in piazza San Pietro l'arcivescovo Renato Martino, presidente del
Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, incontra e da' l'avvio alla partenza
di Poupeh Mahdvinader, 29 anni, che in bicicletta ha deciso di fare un
pellegrinaggio dal centro della Cattolicita' al cuore dell'Islam, la Mecca,
per promuovere pace, amicizia globale e solidarieta'.
Poupeh percorrera' in bicicletta, a piedi, in aereo, molti paesi
dell'Europa, dell'America, Giappone, Nuova Zelanda, Cina, India, Oman e
infine arrivera' alla Mecca dopo aver incontrato migliaia di giovani di
tutte le culture, religioni e lingue.
Oggi piazza San Pietro e' bellissima, calda, soleggiata: un'esplosione di
primavera, gruppi di turisti sparsi qua e la', seduti attorno all'obelisco
e alla fontana.
Sembra un po' estraneo alla piazza questo gruppetto di persone: una ragazza
che tiene il manubrio della sua bicicletta, alcuni giornalisti,
l'arcivescovo Martino, il primo consigliere dell'ambasciata Iraniana e poche
persone, come me, che hanno voluto essere presenti, per vedere questo
piccolo seme che inizia un percorso e - come ha detto monsignor Martino -
portera' molto frutto.
Guardo questa ragazza semplice, comune, che fa e dice cose straordinarie:
"Nel mio viaggio voglio incontrare molti giovani e dire loro che possiamo
costruire un mondo di amicizia e di pace globale". Mi presento e le rivolgo,
in inglese, alcune parole di ammirazione e augurio. Lei contraccambia, ci
stringiamo con calore le mani e lei conclude dicendo: "Possiamo e dobbiamo
contribuire alla costruzione di un mondo nuovo capace di accettazione e
rispetto reciproco".
Non e' un inviata speciale, non viaggia sotto il nome o per conto di
qualcuno: rappresenta solo se stessa, si tratta di una iniziativa del tutto
personale e privata; e' una ragazza comune che ha deciso con le sue forze e
le sue idee di fare qualcosa per contribuire a creare un mondo piu' giusto,
solidale e in pace.
Dopo tanta tristezza per la guerra, per i morti, per i saccheggi, dopo aver
sentito l'arroganza dei grandi, dei potenti sicuri di poter portare e
stabilire giustizia, democrazia e pace con la forza delle armi, invadendo e
distruggendo, dopo tutto questo, questa ragazza apparentemente fragile ma
determinata mi e' sembrata una vera icona del Regno di Dio che si rivela ai
piccoli e ai semplici e solo i piccoli e i semplici lo annunciano e
realizzano. Cosi' ha detto Gesu' di Nazareth.
Credo che uno dei segni dei tempi, dei nostri giorni, sia la forza e la
volonta' con cui dal basso la gente comune, trasversalmente, in tutti i
paesi, si muove e si impegna per la creazione di un mondo nuovo, per una
globalizzazione nella giustizia e nella solidarieta' dove il valore sommo
non sia piu' il profitto sempre e a tutti i costi, ma la dignita' e i
diritti della persona.
4. RIFLESSIONE. ROSSANA ROSSANDA: IL PROBLEMA NUMERO UNO
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 15 aprile 2003. Rossana Rossanda e' nata
a Pola nel 1924, allieva del filosofo Antonio Banfi, antifascista, dirigente
del Pci (fino alla radiazione nel 1969 per aver dato vita alla rivista "Il
Manifesto" su posizioni di sinistra), in rapporto con le figure piu' vive
della cultura contemporanea, fondatrice del "Manifesto" (rivista prima, poi
quotidiano) su cui tuttora scrive. Impegnata da sempre nei movimenti,
interviene costantemente sugli eventi di piu' drammatica attualita' e sui
temi politici, culturali, morali piu' urgenti. Opere di Rossana Rossanda: Le
altre, Bompiani, Milano 1979; Un viaggio inutile, o della politica come
educazione sentimentale, Bompiani, Milano 1981; Anche per me. Donna,
persona, memoria, dal 1973 al 1986, Feltrinelli, Milano 1987; con Pietro
Ingrao et alii, Appuntamenti di fine secolo, Manifestolibri, Roma 1995; con
Filippo Gentiloni, La vita breve. Morte, resurrezione, immortalita',
Pratiche, Parma 1996; Note a margine, Bollati Boringhieri, Torino 1996. Ma
la maggior parte del lavoro intellettuale, della testimonianza storica e
morale, e della riflessione e proposta culturale e politica di Rossana
Rossanda e' tuttora dispersa in articoli, saggi e interventi pubblicati in
giornali e riviste]
Gli Stati Uniti hanno preso militarmente l'Iraq, lo terranno militarmente da
soli e stanno minacciando la Siria. E' in crisi, sostengono Luciana
Castellina e Valentino Parlato, la loro egemonia, intendendo, con Gramsci,
la supremazia indiscussa nella coscienza dell'occidente, la dominazione soft
che si augurava Oscar Nye e che, specie dopo l'11 settembre, fece dire agli
europei "siamo tutti americani". Questo consenso e' stato leso
dall'aggressione all'Iraq, sancito dal no di Francia, Cina, Russia e quindi
dal Consiglio di sicurezza. E' vero.
Ma crisi di egemonia non significa potenza in crisi. Gli Usa hanno potuto
sfondare l'Iraq con l'aiuto di Blair ma ci sarebbero andati anche da soli,
perche' sono la sola superpotenza al mondo per mezzi e tecnologia militare,
e se possono venir feriti come i "comuni mortali" dal mordi e fuggi del
terrorismo, non possono esserne vinti, mentre possono vincere qualunque
paese mettano nel mirino. La battuta del "New York Times" per cui ci
sarebbero due superpotenze planetarie, gli Usa e l'opinione pubblica, e'
lusinghiera, ma cancella una fondamentale asimmetria: gli Usa detengono
soldi e soldati, molteplici poteri a livello di stato e delle istituzioni
mondiali nonche' le leve e l'egemonia sul sistema economico. Il movimento
della pace possiede la coscienza di milioni di uomini ma non ha voce nei
luoghi delle decisioni, fuorche' l'esile obiezione che ha incontrato da una
parte della vecchia Europa.
Questo e' il problema numero uno che ci sta davanti. E non ha precedenti nel
Novecento. Non e' vero che saremmo di fronte alla quarta guerra mondiale: le
guerre mondiali si sono combattute tra almeno due potenze o coalizioni in
grado di sfidarsi. Oggi di superpotenze ce n'e' una sola, e si e' data un
gruppo dirigente e una new strategy che le consente di procedere come e
quando vorra', corrisponda al diritto internazionale oppure no. C'e'
qualcuno disposto a scommettere che gli Usa non attaccheranno ne' la Siria
ne' l'Iran ne' la Corea del Nord? Quel che la squadra di Bush enuncia va
preso sul serio. Non e' un piano egemonico ne' razionale: a medio e lungo
termine il loro intento di rimodellare il medioriente con la forza ne fara'
un vulcano. Ma nel breve termine chi li puo' fermare?
Che all'impresa irachena si siano opposti alcuni grandi stati che
difficilmente possono essere definiti di sinistra, la dice lunga sulla vera
crisi, che e' quella di una opposizione internazionale dotata, se non di una
pari potenza di dissuasione che e' perfino difficile augurarsi, di una
presenza cogente a livelli di stati e istituzioni mondiali. L'incapacita',
anzi il rifiuto dell'Internazionale socialista di rappresentare un movimento
politico e morale contro la guerra e' sconcertante. La sinistra moderata
italiana identifica i valori americani - ha ragione di dolersene Furio
Colombo - nell'attuale presidenza Bush, mentre non c'e' voce americana fuori
dal coro dei Donald Rumsfeld, Condoleeza Rice, Richard Perle, Paul
Wolfowitz, che trovi ascolto in D'Alema, Amato, Rutelli.
Ed e' debole l'opposizione democratica degli Usa davanti alla sfida del
gruppo neoconservatore, cui meta' della meta' degli elettori ha affidato i
poteri piu' imponenti del pianeta, mentre l'altra meta' se ne
disinteressava. Se, anche grazie alla condizione brezneviana
dell'informazione che oggi corre negli States, Bush venisse rieletto? Se il
distacco fra movimenti e politica resta quel che e', non ci sara' che da
emigrare sulla luna. Sempre che nel frattempo i paesi minori dotati di
atomiche non comincino a catapultarsele addosso con lo stesso furore con il
quale gli angloamericani hanno sganciato sull'Iraq le loro bombe a
frammentazione.
5. TESTIMONIANZE. GABRIELLA CARAMORE INTERVISTA SUOR ROSEMARY LYNCH
[Ringraziamo gli amici del Cipax (Centro interconfessionale per la pace, via
Ostiense 152, 00154 Roma, tel. e fax 0657287347, e-mail:
cipaxroma@virgilio.it, sito: www.romacivica.net/cipax) per averci inviato la
trascrizione dell'intervista radiofonica fatta qualche settimana fa da
Gabriella Caramore a suor Rosemary Lynch nell'ambito della trasmissione di
Radio 3 "Uomini e profeti".
Gabriella Caramore, acuta saggista, conduce la trasmissione "Uomini e
profeti".
Suor Rosemary Lynch e' nata a Phoenix, in Arizona, il 18 marzo 1917. Nella
sua congregazione francescana e' stata per anni insegnante nel Montana. Nel
1960 il Capitolo generale della Congregazione la elesse consigliera generale
cosicche' dovette trasferirsi a Roma. Ebbe cosi' occasione di conoscere le
diverse esperienze delle comunita' religiose in tutto il mondo. L'evento
piu' decisivo fu pero' la partecipazione diretta alla stagione del Concilio
Vaticano II e poi ai lavori della Commissione Justitia et Pax. Dall'ottobre
1976 e' tornata negli Stati Uniti, in una piccola comunita' francescana a
Las Vegas. Qui ha scoperto nuovi mondi ignorati dalla maggior parte dei
frequentatori della folle citta' del gioco d'azzardo: gli esperimenti
nucleari nel deserto del Nevada, con tutte le loro vittime umane e la
distruzione della natura, ma anche le forme di opposizione pacifista. Dal
mercoledi' delle Ceneri del 1982 con un gruppo di frati, suore e laici ha
iniziato a passare la quaresima davanti all'ingresso del luogo degli
esperimenti nucleari, il Nevada Test Site, in preghiera, digiuno e gesti
disobbedienza civile. Da allora queste presenze si sono ripetute decine di
volte. Sia suor Rosemary che altre decine di persone sono state arrestate e
processate per questi ed altri gesti di disobbedienza civile. Nel 1983 fu
invitata a partecipare ad alcune attivita' di donne per la pace a Comiso e a
Catania. Da allora e' tornata frequentemente in Italia dove e'
particolarmente amata la sua testimonianza di "francescana e pacifista". Nel
1985 le edizioni Borla pubblicarono con tale titolo una sua autobiografia
curata da Gianni Novelli, direttore del Cipax - Centro interconfessionale
per la pace di Roma. A Las Vegas Suor Rosemary ha dato vita e lavora tuttora
nel centro francescano "Pace e bene per la nonviolenza". Sono innumerevoli i
gruppi e le comunita' religiose che la chiamano per apprendere dalla sua
personale testimonianza sulla spiritualita' francescana e sulla noviolenza.
Nel capodanno 2001 e' tornata in Italia dove ha svolto un corso sui
testimoni della nonviolenza nel movimento pacifista degli Stati Uniti. I
testi sono raccolti dal Cipax. A ottantasei anni di eta', suor Rosemary e'
tornata ancora una volta in Italia recentemente per parlare di impegno per
la pace in giornate di guerra. Il suo indirizzo e': Suor Rosemary Lynch,
6517 Ruby Red Circle, Las Vegas, Nevada, Usa, tel. 0017028221160. Per
contatti in Italia: Cipax, via Ostiense 152, 00154 Roma; tel. 0657287347;
e-mail: cipax@romacivica.net]
- Gabriella Caramore: Adesso vorrei che ascoltassimo insieme agli
ascoltatori la conversazione che abbiamo avuto con Rosemary Lynch, che e'
una donna di grande interesse. Ha 86 anni, ma e' una donna freschissima, in
giro per l'Italia in questo momento per raccontare appunto come si
costruisce la pace. E' stata presente due giorni fa al ricordo
dell'arcivescovo di San Salvador Romero, che fu assassinato il 24 marzo 1980
mentre diceva la sua omelia e mentre diceva: "Ogni sforzo per migliorare una
societa' piena di ingiustizia e' benedetto da Dio". Ogni anno c'e' questo
ricordo di Romero, promosso dal Centro interconfessionale per la pace
(Cipax), un movimento cristiano interconfessionale per la pace; e lo fa con
una celebrazione, una preghiera e una giustizia. Ma andiamo a incontrare
Rosemary Lynch. Rosemary Lynch buon giorno e tanti auguri per il suo
compleanno. Ha compiuto ieri 86 anni. Avremmo dovuto comprarle una torta.
- Rosemary Lynch: Ho gia' avuto una torta.
- Caramore: Credo che la torta l'avra' avuta da Pax Christi e da Gianni
Novelli, che sono le persone che l'hanno invitata qui per questa occasione
di cui poi parleremo del ricordo di Oscar Romero. Intanto allora
approfittiamo dei suoi 86 anni per chiederle un po' la sua storia, la sua
vita. Lei e' una suora francescana americana, pacifista...
- Lynch: Provo ad essere pacifista.
- Caramore: Prova ad essere pacifista ed e' una cosa molto difficile,
soprattutto in questo momento. Poi parleremo anche di questa situazione di
questi giorni, ma ora parliamo della sua storia: che cosa ha attraversato la
sua vita?
- Lynch: Ho fatto molte cose durante questi anni. Ho avuto il privilegio di
studiare anche prima di entrare nell'ordine. In modo naturale ho scelto
l'ordine francescano.
- Caramore: Se non lo diciamo noi forse lei non lo dice: ha partecipato a
molte battaglie per i diritti civili, per la pace, contro i test nucleari.
E' vero?
- Lynch: E' vero, ho avuto una sorta di conversione quando sono arrivata a
Roma, dopo essere stata eletta consigliera generale della mia congregazione.
Avevo, come molte persone negli Stati Uniti, la convinzione che il nostro
paese fosse molto bello, grande, potente e sempre avevo aderito a tutto
questo. Ma una volta venuta a Roma ho fatto, come consigliera della mia
congregazione, molti viaggi: sono stata in Africa, in Indonesia, in Messico
e in altri paesi, ho visto la miseria, la poverta', la gente che soffriva
tanto. Cosi' e' cambiata totalmente la mia idea anche sul mio paese: per la
prima volta ho capito che siamo oppressori. Fare questa scoperta e' stata
per me un'esperienza molto amara.
- Caramore: E' giusto, siamo oppressori, ma non solo il suo paese, in
qualche misura tutti i paesi ricchi d'Occidente lo sono. Pero' lei dice che
l'America ha anche la grandezza di tenere in se' culture, persone,
situazioni molto diverse.
- Lynch: E' vero, non voglio dire che non c'e' niente di buono, perche' non
e' vero. Pero' quando sono tornata negli Stati Uniti dopo il mio periodo in
Italia durante il quale ho fatto questi viaggi ho deciso di lavorare in
qualsiasi modo per i diritti umani, per la gente povera, per la pace. Sono
stata invitata a lavorare a Las Vegas, Nevada. Vicino a noi nel deserto
c'era il grande "Nevada text site". Io non sapevo che gli Stati Uniti
facevano test di bombe nucleari, per me era una cosa terribile pensare a
questo. Cosi' abbiamo incominciato a fare delle veglie nel deserto. La prima
volta abbiamo passato tutto il periodo della Quaresima fuori. Era un tempo
bello. Io ho imparato molto. In quel periodo ho fatto la conoscenza del
popolo indigeno del Nevada, gli Scioscioni.
- Caramore: Intende indiani d'America?
- Lynch: Si', questa tribu' in particolare abitava nello stato del Nevada e
da loro ho imparato anche molto. Dicevo che abbiamo organizzato delle veglie
vicino al text site.
- Caramore: Ma avete ottenuto poi qualcosa?
- Lynch: Io non posso dire che abbiamo visto molti risultati. La prima cosa
era che per la prima volta tutte le persone della nazione hanno saputo
qualcosa del Nevada text site. Non sapevano che il governo faceva
continuamente questi esperimenti nel deserto.
- Caramore: Allora diciamo che un elemento della costruzione della pace e'
anche il far conoscere, il far sapere.
- Lynch: C'e' assolutamente bisogno di sapere molto, perche' e' una tattica
del governo quella di non dare informazioni alla gente. Cosi' abbiamo
scoperto molto. Abbiamo anche fatto la cosiddetta "disobbedienza civile".
- Caramore: Lei, suora francescana, sente di seguire le indicazioni di
Francesco in questa battaglia per la pace, in questa lotta per i diritti?
- Lynch: Si', ma cerchiamo di evitare parole come "battaglia" e simili.
Forse "campagna" e' meglio.
- Caramore: Dobbiamo inventare nuove parole. Non si fa, lei dice, la lotta
per la pace, ma si costruisce la pace.
- Lynch: Gia' abbiamo una mentalita' cosi' militarizzata!
- Caramore: Quindi lei non direbbe mai di essere una "militante" pacifista.
- Lynch: Spero di no.
- Caramore: Allora diciamo una persona attiva per la pace, una costruttrice
di pace. Lei sente di seguire le indicazioni di Francesco, in questo?
- Lynch: Proviamo a fare questo, anche in modo non molto adeguato. Questo e'
certamente il nostro ideale.
- Caramore: E' bello questo "proviamo". Senta, e' inutile chiederle, ma
glielo chiedo lo stesso, come sta vivendo lei, da americana, da pacifista,
questi giorni di guerra tra America e Iraq, mondo islamico. Lei sente che
stiamo vivendo una sconfitta (per usare un linguaggio militare) oppure
ancora ha fiducia che qualcosa si puo' fare?
- Lynch: Bisogna avere fiducia, bisogna continuare. Se perdiamo il coraggio
loro hanno vinto. Mi pare che ci sono molte persone di buona volonta', con
questa guerra molti si sono un po' svegliati e vogliono fare qualcosa.
Scriviamo lettere, facciamo telefonate a persone nel parlamento nazionale,
cerchiamo di farci amici di questa gente per persuaderli a fare in un altro
modo, non la guerra.
- Caramore: Ma questo pacifismo non e' un po' ingenuo, secondo lei?
- Lynch: No no. Non e' esattamente pacifismo. Io cerco la parola che
descrive meglio questo atteggiamento. E' certamente antiguerra, ma e' molto
attivo, mentre io penso che la parola pacifismo somiglia un po' a
passivita', "aspettiamo...".
- Caramore: E' vero, e' un po' ideologica.
- Lynch: C'e' bisogno di un'altra parola, perche' e' una cosa molto attiva,
con molto entusiasmo, con molta convinzione: proviamo di tutto, non e' che
siamo pacifisti, facciamo la veglia... No...
- Caramore: Forse la cosa che dovrebbe proprio passare, quella sulla quale
stiamo battendo da un po' di tempo, e' che la pace si deve "fare", si deve
"costruire". Quindi bisognerebbe proprio dire che non basta gridare "io non
voglio la guerra", ma bisognerebbe fare tanti piccoli passi. Lei da dove
comincerebbe?
- Lynch: Noi per esempio eravamo molto delusi quando le persone del
Congresso hanno dato a George Bush - io non dico mai "presidente" perche'
credo che lui non e' stato eletto - un potere che nessun presidente del
nostro paese ha mai avuto. Cosi' scriviamo, parliamo con loro, cerchiamo di
visitare il loro ufficio...
- Caramore: E ci riuscite?
- Lynch: Si', talvolta. Io conosco personalmente alcune di queste persone,
ho parlato con loro. C'e' un po' un cambiamento anche fra di loro. E questo
soltanto perche' abbiamo fatto tante pressioni. La gente non vuole fare la
guerra.
- Caramore: Lei e' stata molte volte arrestata e anche processata per la sua
disobbedienza civile. Dove la trova tutta questa forza?
- Lynch: Per me era facile. Per primo ho fatto amicizia con il giudice, con
l'avvocato, con tutta questa gente. La prima volta quando il giudice ha
detto: "Io devo fare una sentenza di tre giorni" ha pianto. Piu' tardi ha
detto: "Era mio dovere fare questo".
- Caramore: Ma la forza per continuare, per lottare (mi lasci usare questa
parola), dove la attinge?
- Lynch: Dalla fede che la pace veramente sia possibile. Io penso che non
sia volonta' di Dio che la famiglia umana faccia questa guerra; e' un
comandamento di Gesu' di essere amici, di avere misericordia.
- Caramore: Quindi lei attinge alla sua fede. Beh, e' davvero sorprendente
la sua attivita', Rosemary. Lei e' appunto attivista nei movimenti per la
pace, scompone un po' gli schemi. Ma i suoi rapporti con la Chiesa ufficiale
quali sono? Voi dipendete da una diocesi, no? Quali sono i rapporti, e' ben
visto questo movimento?
- Lynch: Alcuni anni fa, quando sono stata arrestata e processata per la
prima volta, c'e' stata un po' di pubblicita' sui giornali, perche' non era
mai capitato prima che una suora si trovasse in questa situazione,
nonostante che in tutti gli Stati Uniti le suore abbiano fatto le stesse
cose. Cosi' la nostra attivita' ha dato molta preoccupazione agli ufficiali
diocesani, mi hanno detto che non possiamo lavorare per la Chiesa, perche'
quello che facciamo e' un po' una minaccia per l'aspetto finanziario.
- Caramore: Cioe' siete considerate una minaccia per la Chiesa?
- Lynch: Si', molte persone che danno denaro alla Chiesa lavorano per questo
Nevada text site e forse a loro non piace questa mia attivita'. All'inizio
per me era molto difficile pensare che ero una minaccia, non potevo
crederlo. Io non ho raccontato niente a nessuna persona, ma alcuni
giornalisti hanno saputo di questo, mi hanno fatto un'intervista e hanno
scoperto che la Chiesa aveva un po' paura che le persone che danno del
denaro non volessero darlo piu'. Ma il giorno seguente le mie dimissioni ho
ricevuto un assegno anonimo per 5.000 dollari, con una messaggio: "Per
favore continuate". Io sono andata alla banca per chiedere chi mi aveva
mandato l'assegno, ma mi hanno detto: "No, lui non vuole dare il suo nome".
E' stato per me un segno del cielo.
- Caramore: Visto che avete rapporti con tutti, anche con gli esponenti del
governo, con i giudici eccetera, riuscite a dialogare con i "non pacifisti",
con quelli che sono favorevoli alla guerra? Riuscite ad avere un contatto,
a convincerne qualcuno?
- Lynch: Si', per me e' molto importante parlare con loro. Mi ricordo sempre
che Gandhi ha detto che negli ultimi dieci anni della sua vita non ha
parlato mai con le persone che erano d'accordo con lui, non c'era il tempo.
Cosi' mi piace dialogare con le persone che non sono d'accordo con me. Io ho
fatto l'esperienza che loro sono sempre gentili, loro vogliono il bene, per
me le loro idee sono sbagliate su come possiamo arrivare a questo ideale
della pace.
- Caramore: Lei dice che anche loro vogliono il bene. In che cosa sbagliano?
Qual e' il bene che vogliono?
- Lynch: Si', molti sono molto nazionalisti, pensano che solo noi abbiamo il
sistema buono. Amano molto la ricchezza, il comfort della vita, e pensano
che tutto questo e' minacciato... Sono vittime di molta propaganda, per cui
gli altri sono cattivi, solo noi possiamo salvarli... e tutte queste
stupidaggini. E cosi' bisogna fare un dialogo.
- Caramore: Lei il 24 marzo, nella serata per cui e' stata invitata qui, per
ricordare l'arcivescovo di San Salvador Oscar Romero, che fu appunto martire
per la giustizia e per la pace, ha tenuto una meditazione. Su che cosa ? Lei
non ha conosciuto Romero.
- Lynch: No, non ho avuto questo privilegio. Io ho provato ad entrare un po'
nel cuore di monsignor Romero, a pensare un po' come lui ha seguito il
Vangelo, a come ha capito piano piano (come molti di noi capiamo molto
lentamente) cosa doveva fare, e come ha svolto con tutta la persona - con il
cuore, con l'intelligenza, con il coraggio - la sua missione di vescovo.
Cosi' noi dobbiamo fare anche la nostra attivita', quale che sia, con
altrettanta dedizione, con entusiasmo, con amore, con il cuore. Gesu' ci ha
dato questo comandamento di fare tutto con il cuore. Non ha parlato molto
della volonta', del coraggio, della battaglia... tutte queste parole non
significano molto per me. Ma monsignor Romero ha preso alla lettera questo
comandamento di Gesu' e alla fine ha sacrificato la vita. E lui gia' sapeva
che sarebbe andata cosi', eppure ha continuato a fare la cosa molto dal
cuore. Per me e' molto bello pensare a questo.
- Caramore: Quindi bisogna essere pronti a dare la vita per la pace.
- Lynch: Si', Gesu' ha detto che non possiamo avere un amore piu' forte di
questo. Romero e' stato gia' canonizzato dalle parole di Gesu', non c'e'
bisogno di altre canonizzazioni.
- Caramore: Grazie molte, Rosemary Lynch, e auguri per la sua costruzione
della pace. Non dico piu' "battaglia", va bene?
- Lynch: Grazie a lei, che ha avuto pazienza col mio povero italiano.
- Caramore: No, il suo italiano e' molto bello. E poi e' bello sentire
queste parole da un'americana, in questo momento. Grazie tante, buona
giornata.
6. RIFLESSIONE. IDA DOMINIJANNI: LIBERTA' NEL CAOS
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 15 aprile. Ida Dominijanni e' una
prestigiosa intellettuale femminista (per contatti: idomini@ilmanifesto.it)]
Continuando a contare i cadaveri lasciati sul campo mentale dalla conquista
dell'Iraq, dopo quello dell'Occidente su cui mi sono fermata martedi' scorso
eccoci di fronte quello della liberta'.
Un'agonia in due tappe: prima un'occupazione definita liberazione, poi il
caos definito liberta'. Definizioni di stato e di governo: dopo aver
costruito una guerra di annessione come guerra di liberazione, di fronte al
non proprio brillante risultato sono stati Bush e Rumsfield in persona a
preoccuparsi di tranquillizzare l'opinione pubblica mondiale, esterrefatta
per i saccheggi, le violenze e gli scontri che continuano a passare sullo
schermo tv da Baghdad liberata, sostenendo che tant'e': la liberta' e'
caotica per sua stessa essenza e non ci si puo' far nulla, anzi qui sta il
bello perche' il libero caos e' creativo e puo' generare di tutto, oggi
crimini e misfatti domani chissa'.
Alla prima mossa eravamo abituati: la guerra all'Iraq non e' la prima - e
purtroppo non sara' l'ultima - ad essere costruita come guerra di
liberazione mediante la strategia retorica della vittimizzazione del popolo
di turno. Per vittimizzazione non s'intende la capacita', del tutto
auspicabile ma ahinoi del tutto assente dalla scena reale, di disporsi in
ascolto dell'esperienza di un popolo che e' anche vittima di un dittatore, e
di mettersi conseguentemente dalla sua parte per sostenerlo nella sua
liberazione. Si intende la riduzione di quel popolo solo a vittima, e a
vittima passiva o se preferite a preda complice, come un incapace di
intendere e di volere che si puo' "liberare" dall'alto solo sostituendo
quella dittatura con un altro cappio politico. Ma questo, appunto, era un
film gia' visto.
La seconda mossa invece, quella dell'equazione fra liberta' e caos, e' un
inedito dei nostri eroi "preventivi", e non e' il caso di glissare come
fosse una boutade.
Sulla "Stampa" di domenica, Barbara Spinelli ci ha visto giustamente un
inquietante episodio della frattura che si e' aperta fra le due sponde
dell'Atlantico in materia di legalita': dire che la liberta' equivale al
caos significa mettere in cantina tutta la costruzione costituzionale
europea delle liberta' vincolate alla legge, al diritto e ai diritti, e dare
della liberta' una versione primigenia e prometeica, che secondo Bush e
Rumsfeld si attaglia evidentemente tanto alla "societa' incivile" di Baghdad
quanto alla sovranita' assoluta, incurante di ogni vincolo giuridico, dei
"nuovi" Stati Uniti. Il che e' vero, ma non dice ne' come a questa frattura
si sia arrivati ne' come se ne esca, se non radicalizzando lo scontro fra
una liberta' primigenia e armata (che altro non e' se non la legge del piu'
forte) da una parte e una liberta' sorvegliata, immunizzata e garantita per
legge dall'altra.
Purtroppo, anche in questa materia le chiacchiere della sinistra europea, e
di molto pensiero democratico sia europeo sia americano, stanno come si dice
a zero.
Che la liberta' made in Usa, bandiera peraltro sempre ambivalente e
controversa nella storia politica d'oltreoceano, avesse preso dopo l''89 la
piega di una liberta' spoliticizzata e antipolitica, privata e fai-da-te, di
mercato e extra legem, era chiaro non da oggi, com'e' chiaro non da oggi -
l'Italia della "Casa delle liberta'" ne sa qualche cosa - che di una piega
non solo americana si tratta.
E' tutto da chiarire invece perche' il modello costituzionale della liberta'
ordinata in regole e diritti non sia stato in grado di ricomporre questa
piega, e si trovi adesso sopraffatto precisamente dalla stessa condizione di
partenza - una nozione di liberta' assoluta che si traduce in sovranita'
assoluta e assoluto esercizio del dominio - per contrastare la quale era
nato. Perche' quel modello non e' piu' adeguato all'antropologia politica
del presente? Perche' c'e' un'eccedenza della liberta' che non si lascia
ordinare dalla legge? Perche' questa eccedenza e' materia non del diritto e
dei diritti ma della politica, e se lasciata senza pratiche politiche
adeguate o si privatizza o si disperde o finisce in caos?
E' diventato di moda, nel dibattito sulla frattura fra le due sponde
dell'Atlantico, fare ricorso alla galleria dei classici del pensiero
politico moderno, invocando Hobbes a sostegno del Leviatano americano e Kant
a sostegno della legalita' europea. In materia di liberta', di derive
privatistico-onnipotenti della liberta' americana e di limiti delle liberta'
costituzionali europee, forse non sarebbe male ridare uno sguardo a Hannah
Arendt.
7. DOCUMENTAZIONE. EMERGENCY: UNA LETTERA A TUTTI I PARLAMENTARI
[Da Maso Notarianni riceviamo e diffondiamo questa lettera inviata
dall'associazione umanitaria Emergency a tutti i parlamentari italiani prima
del dibattito di martedi'. Per contatti con Emergency: via Orefici 2, 20123
Milano, tel. 02863161, fax: 02 86316338, sito: www.emergency.it, e-mail:
maso@emergency.it]
Si propone al Parlamento italiano di decidere un intervento militare in Iraq
per il mantenimento di una pace che non c'e', nemmeno a dire di coloro che
stanno combattendo la guerra. Piu' che anticiparli, una decisione in merito
li contraddirebbe.
Un invio di militari in Iraq non potrebbe in nessun modo configurarsi come
operazione di pace: sarebbe una partecipazione alla guerra in svolgimento,
una partecipazione che non si e' riusciti a compiere nella fase iniziale.
Si tratterebbe di una clamorosa smentita di decisioni gia' assunte - e gia'
contraddette e rinnegate, con la partenza di combattenti dal territorio
italiano.
Si tratterebbe di un'ulteriore violazione di un "principio fondamentale"
della Costituzione.
Si tratterebbe di un attivo contributo ad escludere le Nazioni Unite dalla
vicenda, alla loro ulteriore, progressiva emarginazione.
Sara' probabilmente difficile contrastare questo uso del "potere di
maggioranza", sottratto a una seria considerazione degli argomenti che in
precedenza erano stati esposti e sostenuti da quegli stessi cui si chiede
oggi una decisione che li contraddice.
E' preoccupante una "democrazia" che affidi alla forza dei numeri il compito
di ignorare il senso delle parole e la portata degli argomenti.
Forse l'autorita' del presidente della Repubblica potra' ostacolare la
decisione che si vuole assumere o limitarne la portata: invitiamo tutti ad
appellarsi ad essa.
Disponiamo soltanto di una precaria facolta' di parola, cui e' negata
possibilita' di incontrare ascolto.
Riteniamo tuttavia doveroso richiamare la riflessione di tutti sulla
gravita' del gesto e sui guasti delle sue conseguenze.
8. DOCUMENTAZIONE. ICS: NO ALLA STRUMENTALIZZAZIONE DEGLI AIUTI UMANITARI
[Dall'associazione umanitaria Ics (Consorzio italiano di solidarieta', per
contatti: tel. 0685355081, fax: 0685355083, sito: www.icsitalia.org, e-mail:
info@icsitalia.org) riceviamo e diffondiamo questo comunicato del 15 aprile]
No alla strumentalizzazione politica e militare degli aiuti umanitari.
L'orientamento del governo presentato oggi dal ministro Frattini al Senato,
di una iniziativa di invio di aiuti umanitari insieme all'invio di un
contigente militare, si colloca in modo strumentale dentro una logica di
appoggio e di cooperazione con le forze occupanti dell'Iraq - ha dichiarato
Giulio Marcon Presidente dell'Ics, Consorzio italiano di solidarieta'.
Non accettiamo la commistione tra aiuti umanitari e intervento militare: gli
aiuti umanitari non possono essere strumentalizzati ne' essere subordinati
alle logiche militari e della politica estera dei governi che hanno
sostenuto la guerra.
L'invio del contingente italiano risponde alle logiche dell'occupazione
militare in appoggio alla coalizione angloamericana, non della pacificazione
e dell'aiuto alla popolazione irachena che puo' venire solamente sotto il
mandato delle Nazioni Unite.
Non collaboreremo con le forze militari italiane e con le forze di
occupazione dell'Iraq e non accetteremo fondi dal governo italiano per gli
interventi umanitari.
Continuiamo in modo indipendente la nostra azione umanitaria a favore delle
popolazioni irachene: con i convogli, l'invio di aiuti, i progetti concreti,
in collaborazione con le organizzazioni umanitarie irachene e con le agenzie
dell'Onu.
Ci si aspettava altro dalle decisioni assunte oggi dal senato - ha
proseguito Marcon:
1. il sostegno finanziario all'autonoma attivita' umanitaria delle agenzie
dell'Onu;
2. un'iniziativa presso l'Onu per istituire corridoi umanitari controllati
da osservatori internazionali, di invio di forze di sicurezza sotto mandato
delle Nazioni Unite e il ritiro immediato delle forze di occupazione;
3. un'iniziativa presso l'Onu per sostenere l'applicazione delle convenzioni
di Ginevra per la protezione delle popolazioni civili;
4. l'accelerazione della costruzione delle condizioni per l'immediata
autodeterminazione del popolo iracheno, dando agli iracheni la possibilita'
di decidere da soli il proprio futuro.
9. DOCUMENTAZIONE. FABIO ALBERTI: AIUTI UMANITARI E AFFARI IN IRAQ
[Riceviamo e diffondiamo questa dichiarazione di Fabio Alberti, presidente
del "Tavolo di solidarieta' con le popolazioni dell'Iraq". Fabio Alberti e'
anche presidente dell'associazione umanitaria "Un ponte per Baghdad"]
Che l'Italia, dopo aver sostenuto la distruzione dell'Iraq, sostenga un
intervento umanitario e' il minimo che si possa pretendere. Si tratterebbe
di un risarcimento per il danno arrecato. Ma un minimo di buon gusto avrebbe
voluto che ci si astenesse dall'inviare altri militari che si aggiungeranno
alle gia' numerose truppe di occupazione e che si demandasse alle Nazioni
Unite il compito di distribuire gli aiuti. Non e' bello che chi condivide la
responsabilita' di tante vittime si faccia poi bello del soccorso portato
agli scampati.
Invece ci sembra che il Governo italiano stia mettendo in atto un intervento
abborracciato, fuori dal coordinamento Onu e politicamente finalizzato. Non
sono i militari a servire da protezione agli aiuti, ma sono piuttosto gli
aiuti a servire da copertura all'invio di truppe che serviranno per sedersi
al tavolo su cui si spartiranno i lucrosi contratti della ricostruzione.
Come Tavolo di solidarieta' con le popolazioni dell'Iraq, ci uniamo alla
richiesta di gran parte delle ong a livello mondiale chiedendo che gli
interventi umanitari non siano gestiti dagli eserciti e dalle nazioni
belligeranti, ma dalle Nazioni Unite. Ci opponiamo all'invio dei militari.
Chiediamo che tutti i fondi stanziati siano inviati alle agenzie Onu e alla
Croce Rossa e che l'Italia si astenga da ogni intervento diretto.
10. INCONTRI. FLAVIO LOTTI: UN SEMINARIO A PADOVA
[Flavio Lotti e' il coordinatore della "Tavola della pace", il piu'
importante network pacifista italiano (per contatti:
segreteria@perlapace.it)]
Vi invito a partecipare al seminario nazionale della Tavola della Pace che
si svolgera' a Padova, sabato 3 maggio 2003, dalle ore 10 alle ore 16.30,
nell'ambito di "Civitas", in preparazione della quinta assemblea dell'Onu
dei popoli e della marcia per la pace Perugia-Assisi del prossimo autunno.
Al seminario, intitolato "Un'Europa di pace per l'Onu dei popoli", hanno
assicurato la partecipazione numerosissimi esponenti nazionali del movimento
per la pace con i quali potremmo sviluppare un'interessanti discussione
sulle prospettive dell'impegno per la pace nel nostro paese e a livello
internazionale.
In particolare con questa giornata di lavoro ci proponiamo di approfondire
il confronto sul futuro dell'Europa alla luce della gravissima crisi
internazionale provocata dalla guerra in Iraq e dalle nuove minacce di
guerra americane.
La discussione e' particolarmente importante perche' dovra' aiutarci a far
emergere i progetti e le proposte della societa' civile in vista del
semestre italiano di presidenza dell'Unione Europea. Una parte del dibattito
sara' dedicata ad aprire un confronto tra le diverse anime del movimento per
la pace sul contributo della societa' civile italiana al processo del Forum
sociale mondiale.
Nel sollecitare il vostro intervento, vi prego di estendere questo invito a
tutti coloro che ritenetei potranno dare un contributo al dibattito e alla
prosecuzione della mobilitazione per la pace.
Per ulteriori informazioni: www.tavoladellapace.it
11. INIZIATIVE. RETE DI LILLIPUT: IL 10 MAGGIO GIORNATA NAZIONALE
DELL'AUTO-BOICOTTAGGIO
[Da Massimiliano Pilati (per contatti: glt-nonviolenza@retelilliput.org)
riceviamo e diffondiamo questo appello della Rete di Lilliput; alla proposta
ha gia' aderito anche la Federazione italiana amici della bicicletta]
10 maggio: giornata nazionale dell'auto-boicottaggio e delle biciclettate
nonviolente in tutta Italia.
Al giorno d'oggi, il petrolio e' al centro di almeno tre diverse guerre.
La prima, la piu' appariscente, e' quella per il controllo strategico delle
ultime riserve di combustibile fossile: e' questa una delle principali
ragioni delle guerre contro la Cecenia, l'Afghanistan e l'Iraq, al di la'
della propaganda che ce le presenta come una lotta contro il terrorismo.
La seconda guerra e' quella contro l'ambiente: l'uso scriteriato del
petrolio e dei suoi derivati e' tra le maggiori cause di inquinamento, sia a
livello locale (nelle otto maggiori citta' italiane muoiono dieci persone al
giorno a causa di malattie polmonari riconducibili allo smog) che a livello
planetario (basti pensare all'effetto serra provocato dalle massicce
emissioni di Co2).
La terza guerra e' quella che si combatte ogni giorno nelle strade:
l'attuale sistema di mobilita' caratterizzato dal trasporto privato su gomma
ha preteso un pesantissimo tributo di sangue (mezzo milione di morti a causa
degli incidenti stradali negli ultimi dieci anni nella sola Europa) ed ha
causato guasti enormi su tutto il tessuto urbano e sociale.
Contro tutte queste guerre, ciascuno di noi puo' fare molto, ogni giorno ed
in ogni luogo. Ciascuno di noi puo' contribuire, agendo dal basso ed in
pieno stile nonviolento, a disintossicare le nostre societa', le nostre
strade, le nostre vite, dalla dipendenza dal petrolio e dall'automobile.
In questi mesi, la coscienza popolare dei disastri prodotti dalla guerra e'
cresciuta enormemente, cosi' come e' cresciuta la volonta' di impegnarsi in
prima persona. E' giunto ora il momento di passare dalla protesta alla
proposta, dalla resistenza all'azione, boicottando oggi tutti l'uso
dell'automobile - cominciando dalla propria - per ottenere domani la netta
riduzione dei consumi petroliferi, fondamentale per la costruzione di stili
di vita sostenibili.
Per questo Rete Lilliput lancia la proposta di una giornata nazionale
dell'autoboicottaggio, invitando tutto il grande movimento per la pace a
operare per spezzare il legame perverso tra l'attuale sistema dei trasporti,
il bisogno di petrolio e le guerre.
Sabato 10 maggio 2003 lasciamo a casa l'automobile ed invadiamo tutte le
citta' ed i paesi d'Italia con lunghe file indiane di biciclette arcobaleno.
Facciamo toccare con gli occhi e vedere con il cuore che muoversi in
bicicletta e' meglio che spostarsi in automobile. Per noi stessi, per chi ci
sta intorno, per tutto il pianeta, per l'oggi e per il domani.
12. RIFLESSIONE. GRAZIANO ZONI: GIUSTIZIA
[Dal sito del Movimento Nonviolento (www.nonviolenti.org) riprendiamo questo
intervento apparso sul mensile "Azione nonviolenta" del marzo 2003
nell'ambito del percorso delle "dieci parole della nonviolenza". Graziano
Zoni e' presidente di Emmaus Italia]
Il 27 gennaio 1985, l'Abbe' Pierre venne chiamato a concludere, in Palazzo
Vecchio a Firenze, il seminario che aveva per tema: "Contro la fame, cambia
la vita".
In quella occasione, l'Abbe' Pierre fece alcune osservazioni che penso
possono efficacemente introdurre le considerazioni che vorrei condividere
con gli amici lettori di "Azione nonviolenta".
Ecco l'inizio dell'intervento del fondatore di Emmaus: "Quando ho visto il
vostro manifesto: 'Contro la fame cambia la vita', ho pensato che cio'
potesse avere due significati. Uno, imperativo: tu, prendi delle iniziative
per cambiare la vita. Ma e' altresi' evidente, l'ulteriore significato, non
piu' un imperativo, ma semplicemente uno sguardo realista. Non piu',
soltanto, che ciascuno di noi deve cambiare la propria vita, ma: 'Apri gli
occhi. Anche senza di te, la vita cambia!'. La differenza e' evidente. La
vita cambia, e questo cambiamento avverra' o attraverso le nostre
iniziative, il nostro cambiamento, oppure, senza di noi, a suon di pedate
nel sedere. Questo mondo cosi' com'e' non ha futuro. Non dipende dalle
nostre opinioni... e' un'evidenza lampante, per piu' di una ragione. I
politici, in Francia come in Italia ed ovunque, si arrabattano per
presentare agli elettori il proprio programma e dicono: 'Votate per me, se
volete uscire dal tunnel di questa crisi economica che ci tormenta'. Non
commettete l'errore di crederci. Si tratta di un inganno. La verita' e' che
non c'e' uscita da questo tunnel. Cio' che possiamo iniziare a intravedere
e' il fondo del tunnel. Questo tunnel nel quale l'umanita' si e' trovata
impegnata da secoli, avendo come spinta di ogni iniziativa: avere di piu',
avere di piu'. E' un cammino che finisce contro un muro. Non c'e' che una
sola speranza, quali che siano le opinioni dei partiti politici. Questa sola
speranza e' che sappiamo essere capaci, tutti, di fare qualche passo
indietro. Volontario, per ritrovare la strada aperta. Continuare a inventare
stratagemmi, trucchi, illusioni, per cercare di uscire dallo stallo in cui
ci troviamo, e' pura follia".
Altre voci, in passato ed anche in tempi recenti, si sono levate per
lanciare un richiamo, forte e ripetuto, al rifiuto del consumismo, ma sono
rimaste "voci che gridano nel deserto".
Giovera' ricordarne alcune: Giovanni Paolo II, ad esempio, gia' nella
enciclica Sollicitudo rei socialis e qualche giorno prima dello scorso
Natale, aveva affermato che "l'accumulo di beni e servizi, anche a favore
della maggioranza, non basta a realizzare la felicita' umana... Una sorta di
supersviluppo... consistente nella eccessiva disponibilita' di ogni tipo di
beni materiali, rende facilmente gli uomini schiavi del possesso".
Il filosofo francese Roger Garaudy, aveva scritto nel suo Appel aux vivants
(1979) che "se vivremo i prossimi venti anni come abbiamo vissuto gli ultimi
trenta, prepareremo una bara per i nostri figli".
Il presidente americano Carter, nel suo discorso di investitura, faceva
osservare alla nazione l'insostenibilita' della realta' del mondo: "Noi
americani che rappresentiamo il 6% della popolazione mondiale, possediamo e
consumiamo il 30% delle risorse e ricchezze disponibili sulla terra... quale
legge matematica puo' rendere possibile al restante 94% della popolazione la
disponibilita' della stessa quantita' di beni, di ricchezze, di energie?"
(Sono passati molti anni, Carter e' tornato alle sue noccioline, ha ricevuto
pure il Nobel per la pace, ma se cambiamenti ci sono stati in quelle
percentuali, sono peggiorativi, per l'America come per l'Europa).
In Italia abbiamo avuto un politico intelligente e lungimirante come Enrico
Berlinguer che in due famosi e provocatori discorsi (purtroppo
immediatamente dimenticati ed archiviati anche dal PCI e successive
modifiche o rifondazioni) del gennaio 1977 all'Eliseo di Roma e del marzo
1979 al Lirico di Milano, prospettava con forza e convinzione, la sobrieta'
e l'austerita' come leva di giustizia. "L'austerita' per definizione
comporta restrizioni di certe disponibilita' a cui si e' abituati, rinunce a
certi vantaggi acquisiti: ma noi siamo convinti che non e' detto affatto che
la sostituzione di certe abitudini attuali con altre, piu' rigorose e non
sperperatrici, conduca ad un peggioramento della qualita' e della umanita'
della vita. Una societa' piu' austera puo' essere una societa' piu' giusta,
meno diseguale, realmente piu' libera, piu' democratica, piu' umana"
(Documenti de "L'Unita'", n. 136, 11.6.1989).
Di fronte alla saggezza di questi ripetuti richiami alla giustizia ed al
rispetto dell'ambiente sia per noi che per i nostri figli e nipoti, dobbiamo
constatare la folle miopia, volutamente portata avanti dalla classe
dominante che non curante dell'evidenza dei danni provocati dal consumismo
sfrenato, non perde occasione per incitare a "consumare, consumare,
consumare", dando cosi' prova di una irresponsabilita' globale davvero
diabolica. E, terribile cassa di risonanza, purtroppo efficace, a questa
follia dominante, e' la pubblicita', ormai divenuta l'aria che respiriamo,
per effetto della quale il superfluo diventa conveniente, il conveniente
diventa necessario, il necessario si trasforma in indispensabile.
Ma, sarebbe molto comodo e tranquillizzante attribuire la responsabilita' di
questa ingiustizia strutturale ed istituzionalizzata, qual e' il consumismo,
ai magici poteri di anonimi persuasori occulti, oppure ad anonime e funeste
societa' sovranazionali, o ad uno o due colossi industriali o potenze
politiche imperialiste oppure ai "governi di destra" che oggi reggono,
ahime' ciecamente!, le sorti del mondo; il fatto piu' assurdo e' che tutti
ammettiamo la necessita' di fare qualcosa di efficace per cambiare il mondo,
ma nessuno, o almeno molto pochi sono coloro che fanno qualcosa.
Lo strapotere di questi gestori senz'anima del futuro del mondo, e' dovuto
fondamentalmente alla nostra debolezza, alla nostra incoerenza, alla nostra
scarsa convinzione che, ancora una volta, il piccolo David puo' vincere il
gigante Golia.
Per creare questa societa consumista, i cui drammi ci fanno soffrire, si e'
cominciato condizionando ed "educando' l'"uomo consumista" che e' il suo
elemento base.
Allo stesso modo, e con la stessa capillarita' e convinzione, volendo dare
vita ad una societa' giusta ed equilibrata con possibilita' di sopravvivenza
umana per tutti, dovremo cominciare con il costruire l'"uomo libero e
giusto".
All'uomo dei consumi, egocentrico, egoista, piu' ossessionato dal possedere
che persuaso del condividere, schiavo dei bisogni che egli stesso si crea,
insoddisfatto ed invidioso, e per il quale l'unico principio morale e'
quello di accumulare sempre di piu', noi dobbiamo proporre l'uomo libero e
giusto, l'uomo che non aspira ad avere di piu', ma ad essere migliore, a
sviluppare la sua capacita' di servizio verso gli altri nella solidarieta',
capace di vivere felice nel "sufficiente" misurato con il metro sociale dei
bisogni e dei diritti altrui, secondo quando sta scritto nell'Esodo: "Chi
molto ne raccolse, non ne ebbe di piu'; e chi poco, non ne ebbe di meno".
Bisogna che ci convinciamo tutti che la sobrieta' e' la sola scelta di vita,
politica, sociale ed economica, che possa garantirci un futuro umano. Non
piu', o non solo, una virtu', ma un doveroso atto politico di giustizia.
13. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.
14. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti, la e-mail e': azionenonviolenta@sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben@libero.it;
angelaebeppe@libero.it; mir@peacelink.it, sudest@iol.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it. Per
contatti: info@peacelink.it
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO
Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it
Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio
con richiesta di rimozione a: nbawac@tin.it
Numero 568 del 16 aprile 2003