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Report 49 da Baghdad
La sottile linea rossa che divide i cittadini di Baghdad dalle armate
anglo-americane passa subito dietro l’università, e come l’ansa di un fiume
attraversa l’area del Saddam International Airport fino alle caserme di
addestramento della Guardia Repubblicana nell’area sud della capitale.
La voce al telefono mi giunge chiara, asciutta, senza modulazioni che possa
interpretare come stato d’animo di paura o di agitazione. Una voce che mi
parla di guerra. Una voce dalla guerra.
Mi chiede di diffondere questa notizia: “siamo in sei attualmente a
Baghdad, in contatto tra noi. Conosciamo benissimo i rischi che stiamo per
affrontare, ma siamo organizzati e consapevoli di come muoverci. I luoghi
di riferimento che ci siamo dati sono in ordine: l’hotel “Palestine”, l’
hotel “Sheraton”, gli uffici dell’Ambasciata russa, e la Nunziatura Apostolica.
Tutti luoghi, questi, che siamo in condizione di raggiungere e dove saremo
in grado di trovare riparo ed assistenza, qualora non ci trovassimo nelle
condizioni minime di sicurezza per affrontare la notte o gli eventi che
potranno accadere nei giorni prossimi a Baghdad”.
La città da questa mattina è completamente militarizzata. Migliaia di
soldati sono schierati nelle piazze e lungo le strade principali. Cannoni
di diverso diametro sono montati su camion, autoblindo e su piccole e agili
fuoristrada. Trincee sono state scavate lungo gli argini del Tigri.
Persino sui tetti di molti edifici si possono notare soldati ed armi.
Batterie di missili, montate sui mezzi militari, si muovono lentamente
all’interno della città.
Impossibile raggiungere l’università, la si può vedere solo da lontano e
solo la parte degli edifici risparmiati dai bombardamenti dei giorni
scorsi. Posti di blocco misti, polizia ed esercito, bloccano tutte le
strade, anche le lunghe “scorciatoie” spesso usate dai reporters
indipendenti per spostarsi senza problemi.
Gruppi di civili, (forse “feddayn”) organizzati in “squadrette” di una
cinquantina di persone ciascuna pattugliano su e giù le principali arterie
della città e spesso si uniscono ai militari, per poi allontanarsi subito dopo.
In tutta la città manca la luce, anche i piccoli “bazaar” che fino a ieri
resistevano aperti sono ora chiusi. Sprangati, coperti di assi di legno e
lamiere di ferro inchiodate sulle porte e sulle vetrine.
Due colonne di automobili, furgoni e pick-up sono incolonnate in direzione
nord, tentando di raggiungere le grandi autostrade che salgono in direzione
di Giordanie e Siria.
Interi nuclei familiari, 6/8 ed anche 10 persone tra uomini, donne, bambini
ed anziani si stringono, pigiati gli uni sulgli altri negli abitacoli dei
veicoli. Sul tetto, e spesso legato con le corde sopra il cofano
posteriore, tutto quanto sono riusciti a portare con loro.
Valige, tappeti, materassi, quadri, piatti e pentole, abiti. Ed anche
televisori, videoregistratori, radio e ventilatori.
Su di un pick-up Toyota, sulla cima di una pila di indumenti ed oggetti,
una coperta decorata a tinte forti copre una grande gabbia in legno e ferro
piena di pappagalli coloratissimi.
Una lunga fila di iracheni muove nella stessa direzione delle auto, ma a
piedi, con la schiena curva piegata dal peso di un trasloco innaturale che
fa penzolare le braccia in basso ed in avanti come a cercare aria e spazio.
Tenuti, trascinati per mano molti, tantissimi bambini stupefatti ed impauriti.
Nessuno di loro sa esattamente dove andare, quale direzione prendere, dove
arriverà mai a posare quel carico spaventoso legato con corde e cinghie al
proprio corpo.
Alle 19.15 ora italiana, mi riferiscono che neppure un soldato
anglo-americano od un mezzo militare dell’esercito d’occupazione è
penetrato, e quindi presente, all’interno dell’area urbana di Baghdad.
Sulla battaglia dell’aeroporto di questa notte e di questa mattina si
rincorrono voci incontrallabili. Molti cittadini parlano di oltre cento
soldati invasori uccisi dalla resistenza irachena nell’area dell’aeroporto.
Le notizie che si raccolgono in città sostengono che il Saddam
International Airport è tuttora sotto il controllo dell’esercito iracheno.
Nessun corridoio umanitario è stato aperto per soccorerre la popolazione:
quella in fuga, con migliaia di persone abbandonate a loro stessi, e la
stragrande maggioranza dei cinque milioni di abitanti la capitale chiusi,
rannicchiati nelle case, artigianalmente fortificate, a dividersi quanto
resta nelle dispense per poter mangiare e bere.
Negli ospedali i ricoverati sono stati concentrati nei piani bassi e e nei
sottoscala, privi di medicine e cure sanitarie, alla luce dei lumi ad olio,
assistiti solo dagli straordinari medici ed infermiere iracheni.
E’ la seconda notte d’assedio questa che Baghdad è costretta ad affrontare
senza che nessun Governo, oppure il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni
Unite, l’Unione Europea, e neppure il Parlamento Europeo
abbiano alzato un dito, un grido, un allarme, un appello concreto per
aiutare la popolazione irachena, per cercare di salvare milioni di uomini
donne e bambini intrappolati da un’esercito invasore che ha unilateralmente
dichiarato una guerra illegale, ingiusta e crudele.
E con questa frase, colta negli ultimi secondi della comunicazione
telefonica prima che si interrompesse, avverto che la voce asciutta e secca
che avevo colto pochi minuti prima è come incrinata, mossa da un brivido di
sdegno e di orrore. Ma anche di paura. Una paura condivisa e vissuta con i
cittadini di Baghdad in questa lunga notte d’assedio.
Che la notte sia leggera.
r.
(fine.)
[NOTA: L'archivio di questi report e' disponibile su
<http://italy.indymedia.org/news/2003/03/222502.php>http://italy.indymedia.org/news/2003/03/222502.php
Queste corrispondenze
sono inserite da *Robdinz* che e' in contatto dall'Italia , attraverso le
linee telefoniche internazionali, con varie persone che sono a Baghdad e
che fanno riferimento per i contatti ai telefoni di due alberghi della
capitale, dove è ospitata la stampa internazionale. Si tratta di operatori
dell'informazione indipendente, free-lance, 6 o 7 human shields, e qualche
cittadino di Baghdad che lavora con loro. *Robdinz* non è a Baghdad ma
funziona come una sorta di "ponte" per far arrivare notizie ed informazioni
in tempo reale raccolte con grande onestà intellettuale e capacità
professionale nella attuale realtà (drammatica) della città.]