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Baghdad: emergenza umanitaria



Credo davvero che ora  o mai più sia necessario un appello forte per 
l’apertura di  corridoi umanitari in direzione di Baghdad, delle altre 
città irachene dove sono passate le truppe anglo-americane o dove sono 
presenti come forza d’occupazione.

Potremmo essere a 48/72 ore dall’assedio definitivo di Baghdad, con una 
catastrofe umanitaria che rischia di essere pesantemente sottovalutata o, 
persino, di passare inosservata in assenza di osservatori indipendenti.

A Baghadad, come a Bassora, e così al nord dell’Iraq manca tutto: acqua, 
cibo, medicinali, assistenza alla popolazione. In un paese grande come 
l’Iraq, riceviamo solo un’informazione “embedded”dei grandi network al 
seguito delle truppe.
Poco di più di conosce di Baghdad, grazie alle corrispondenze dei 
giornalisti della carta stampata e dei reporters indipendenti.

La città è al collasso definitivo, e certamente non è in grado di resistere 
ad alcun assedio che ne aggraverebbe in modo irreversibile le già 
drammatiche condizioni.
Non è più possibile curare i feriti, usare le sale operatorie, mancano i 
fili di sutura, i ferri chirurgici, gli anestetici e gli antidolorifici. 
Non è possibile intervenire neppure contro le più banali infezioni per la 
mancanza di antibiotici. Non è possibile  alimentare la popolazione che 
vive esclusivamente delle poche scorte di cibo che è riuscita a “stivare” 
in casa nei giorni immediatamente precdenti il conflitto. Il rischio di 
epidemie di colera, tifo e diarrea è talmente alto che già si lamentano i 
primi casi tra i bambini. Certamente i più colpiti in queste due settimane 
di guerra, che seguono 12 anni di durissimo embargo economico che ne ha 
uccisi oltre un milione.

I bombardamenti a tappeto degli ultimi giorni senza soluzione di continuità 
hanno prostrato la popolazione civile lasciandola indifesa ed impaurita 
sotto una pioggia di bombe e missili che ha causato un numero altissimo ed 
imprecisato di vittime ed un numero addirittura inquantificabile di feriti, 
molti dei quali morti nelle ore e nei giorni successivi per mancanza di 
cure adeguate.

Non esistono campi di accoglienza dignitosi per quella popolazione che 
intendesse fuggire dai luoghi di guerra, né corridoi protetti dai 
bombardamenti per mettere in salvo eventuali profughi.

E la situazione potrebbe essere persino più grave in quella aree dell’Iraq 
dove minore è la presenza dei media, e dove non si conosce nulla delle 
reali condizioni delle popolazioni locali.

La Croce Rossa, le Nazioni Unite (e le sue Agenzie), l’Unione Europea, i 
governi, i media, tutte le associazioni e le organizzazioni di 
volontariato, tutta l’opinione pubblica internazionale devono sapere, da 
subito, che se non si procede immediatamente e nel giro di poche ore, 
all’apertura di più corridoi umanitari, protetti e vigilati da osservatori 
internazionali indipendenti, la catastrofe umanitaria di proporzioni 
inimmaginabili, che già inizia a delinearsi in tutta la sua drammaticità, 
si allargherà a macchia d’olio in tutto l’Iraq coinvolgendo l’intera 
popolazione.


Roberto di Nunzio
"robdinz"




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