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2 articoli di riflessione
Metà della verità
Non dobbiamo pretendere di capire il mondo solo con l'intelligenza: lo
conosciamo, nella stessa misura, attraverso il sentimento. Quindi il
giudizio dell'intelligenza è, nel migliore dei casi, soltanto metà della
verità.
È questo un passo del saggio Tipi psicologici di Carl G. Jung, con Freud
uno dei padri della psicanalisi. La sua riflessione merita attenzione
perché siamo spesso tentati di considerare come vero solo ciò che segue i
canoni delle dimostrazioni razionali. Certo, l'intelligenza è una grande
via conoscitiva a cui non si deve mai rinunziare. Tuttavia l'uomo possiede
altri canali di conoscenza e uno di essi è il sentimento, nel senso più
alto del termine: si pensi solo all'amore che fa scoprire orizzonti ignoti
alla ragione. Anche la bellezza non è pienamente percepibile se non
attraverso un'intuizione che comprende ragione, passione, contemplazione.
Per questo, il grande Pascal aveva introdotto quelle "ragioni del cuore"
che vanno oltre le ragioni della mente. La stessa esperienza di fede è una
conoscenza che adotta la ragione ma che s'incammina su un percorso
ulteriore. È, dunque, necessario non rinchiudersi mai entro gli estremi di
un razionalismo arido e autosufficiente e di un sentimentalismo dolciastro
e inconsistente. Ragione e sentimento sono due luci che ci guidano alla
verità piena. È ancora Pascal nei suoi Pensieri ad ammonirci di evitare «i
due eccessi: escludere la ragione e non ammettere che la ragione»,
consapevoli che «l'ultimo passo della ragione è riconoscere che c'è
un'infinità di cose che la sorpassano».
La lunghezza dei giorni
Il valore della vita non sta nella lunghezza dei giorni, ma nell'uso che ne
facciamo. Uno può aver vissuto a lungo, e tuttavia pochissimo.
Ricorriamo ancora una volta a uno degli autori che più facilmente offrono
spunti immediati di riflessione attraverso il dettato stesso delle loro
pagine, segnato dalla lapidarietà e dall'essenzialità. È dai Saggi del
famoso pensatore francese Michel de Montaigne (1533-1592) che desumiamo
questa breve meditazione sulla vita, mentre sentiamo ormai scorrere le
ultime settimane dell'anno. Oggi l'esistenza umana s'è di molto allungata,
ma non per questo possiamo dire che si vive di più, in senso autentico.
Talora i vecchi hanno di fronte anni e anni di sopravvivenza quasi larvale,
meramente vegetativa.
Ma questo vale anche per molti giovani o per chi è nel pieno del vigore
della maturità. Si può, infatti, semplicemente esserci senza essere
veramente. Il tempo cronologico è uguale per tutti, ma è ben diverso il
contenuto esistenziale che lo riempie. C'è, infatti, chi ha solo giorni
vuoti davanti a sé, «giorni tristi e anni - come confessava Qohelet - di
cui devi dire: Non ci provo alcun gusto» (12, 1). E c'è, invece, chi colma
le sue ore di opere, di pensieri e di affetti. Solo così si può dire
veramente di vivere e non solo di esistere. Preghiamo, allora con le parole
del salmista: «Saziaci ogni mattina con la tua grazia; esulteremo e
gioiremo per tutti i nostri giorni. Sia su di noi la bontà del Signore
nostro Dio: rafforza per noi l'opera delle nostre mani» (90, 14.17).