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Fermate la Turchia: ricomincia il genocidio dei kurdi.



Campagna "Fermiamo la Turchia":
alle porte nuovi massacri per le popolazioni kurde.

Per cortesia, dare la massima diffusione a questo articolo presso le ambasciate
turche, americane, presso i forums sociali, presso i siti americani di
opposizione
alla guerra, presso la classe politica italiana e americana.

Grazie,
Paola Ghini
Cesena Social Forum




PROPOSTA DI ARTICOLO

Fermate la Turchia: ricomincia il genocidio dei kurdi.
Di Ghini Paola

Martedì, 25 marzo. Kurdistan.
Il telefono suona e suona nelle case del Kurdistan iracheno, quel grande
ghetto organizzato dall'ONU e dagli USA per i kurdi dell'Irak, scampati
alla I guerra del Golfo del 1991. A Suleimaniye, una delle province kurde
della zona politicamente congelata, chi ne aveva i mezzi ha già abbandonato
le proprietà e sta raggiungendo la frontiera iraniana, dove le montagne
innevate a 3.000 mt di altezza saranno l'unica casa per migliaia di
profughi. Chi non ha potuto fuggire dovrà affrontare la violenza dei
commandos turchi.
Le speranze di vedere riconosciuti i diritti civili e politici del popolo
kurdo in Iraq, sta finendo ora, dopo una parentesi di relativa stabilità,
per quanto si possa definire stabile una zona in cui qualsiasi incursione
dall'esterno è possibile e tollerata dai grandi Gurdiani.
La Turchia e gli Stati Uniti stanno facendo un gioco di squadra
perfettamente sincronizzato. Dopo lunghe contrattazioni (partite già dal
2002) che non sono sfuggite a chi è attento ai colloqui dei vari Ministeri
degli Esteri e degli Interni, alle contrattazioni degli Istituti Finanziari
Internazionali (Washington), agli Uffici di Progettazione degli
Sfruttamenti Minerari, alla stipulazione di contratti per la gestione
transnazionale delle acque, ecco che il partenariato USA-Turchia ha
partorito uno scambio favorevole a entrambi. Certo lo scambio è stato
segnato da affermazioni e ritrattazioni. Tuttavia, la sostanza non cambia.
Gli Stati Uniti accedono al rimpasto dell'area Mediorientale, funzionale al
controllo di aree inesplorate dal mercato globale. La Turchia riceve
l'assenso a invadere la zona del Kurdistan iracheno, avendo già inglobato
da quasi un secolo la parte più settentrionale del Kurdistan.
Chiunque sia direttamente in contatto con le testate giornalistiche kurde
in esilio in America e in Europa o più semplicemente con la gente comune
del Kurdistan, sa che già da gennaio, i commandos dei militari turchi
stavano posizionandosi lungo il confine turco con l'Iraq, all'interno della
zona nota come Regione Autonoma Kurda. Dunque l'invasione è già avvenuta.
Le forze militari turche avevano di fatto agito molto tempo prima che il
parlamento turco desse l'approvazione.
Ma tutto questo non ci stupisce. Fin dagli anni Settanta, con il colpo di
Stato militare, la Costituzione turca prevede l'esistenza di un organo
militare, detto Consiglio di Sicurezza Nazionale (MGK), autorizzato a
legiferare in materia militare, in modo autonomo rispetto al Parlamento e
in evidente contrasto con qualsiasi principio democratico. La normativa
turca si traduce quindi nell'assoggettamento del Parlamento al potere
militare. Le nefandezze e i genocidi di cui si è macchiato lo stato turco,
al fine di trasformare la zona kurda in un cantiere desertificato, ne fanno
un regime criminale del tutto simile all'incriminato Iraq, tanto quanto
Siria o Arabia Saudita.
Il Parlamento turco, oggi, con l'affermazione secondo cui scopo
dell'attraversamento dei confini sia quello di offrire supporto ai profughi
iracheni e sconfiggere il terrorismo, offre semplicemente un'immagine
ripulita della realtà. Infatti, fin dall'estate del 2002, i militari
stavano costruendo campi profughi, o meglio, lager.
Il 22 marzo, sono tornate in Italia le delegazioni europee di associazioni
per i diritti umani, che hanno visitato le zone kurde della Turchia, in
occasione del Capodanno kurdo, raccogliendo informazioni sulle attività dei
militari nella zona. I lager pronti per i profughi kurdi e iracheni sono
15. Ma non saranno gestiti da associazioni umanitarie o dalla Croce Rossa.
Saranno invece gestite da guardiani di villaggio. In Turchia c'è una lunga
tradizione relativa ai guardiani dei villaggi. Questi sono persone dal
profilo psicologico violento reclutati tra i militari che, dotati di armi,
ricevono migliaia di dollari al mese per controllare con potere di vita e
di morte i kurdi della Turchia. I villagi kurdi che si rifiutano di
accettare questa pratica vengono tutt'oggi evacuati e le famiglie disperse
senza alcun supporto.
Il popolo kurdo ha la sventura di calpestare un suolo la cui ricchezza  va
dal petrolio, all'oro, dall'acqua ai gas, dall'uranio al ferro. Stiamo
parlando di un territorio di 550mila km quadrati, abitati oggi da circa 30
milioni di kurdi. Dopo la I guerra mondiale, con il Trattato di Losanna,
principalmente per il volere di Turchia, Gran Bretagna e USA, il territorio
kurdo fu squartato e assoggettato rispettivamente a Turchia, Iran, Siria e
Iraq. Oggi in Turchia abitano circa 18 milioni di kurdi, cioè il 20% della
popolazione turca, mentre in Iraq sono circa 6 milioni. Le zone petrolifere
di Mosul e Kirkuk, oggi sotto bombardamento, sono a prevalenza kurda.
Turchia, Iraq, Siria e Iran non furono mai teneri con i Kurdi, che finirono
sequestrati dentro le loro stesse terre. I genocidi di Halabja (Iraq, 1988)
e di Tunceli (Turchia, 1938 e 1995) sono solo la punta visibile
dell'iceberg, come riconoscono tutte le associazioni per i diritti umani. I
kurdi guardano ai militari turchi con lo stesso terrore con cui guardano a
Saddam Hussein. Proprio la settimana scorsa, i giornali turchi rendevano
noto che il governo turco ha dichiarato illegale l'Hadep, il partito filo
kurdo, e così si è riaperta la stagione della caccia, la guerra preventiva
della Turchia contro i movimenti di democratizzazione.
Dopo la guerra del Golfo, del 1991, gli Stati Uniti conclusero le
operazioni lasciando un assetto politico deplorevole, con il consueto
metodo chirurgico. La zona dei kurdi fu congelata dalle Nazioni Unite, i
cui militari avrebbero dovuto difenderla sia da Saddam Hussein, sia dai
turchi. In realtà niente di tutto ciò accadde. L'autonomia della Regione è
del tutto provvisoria e deve essere rinnovata dall'ONU ogni 6 mesi. I
carrarmati turchi a scadenze mensili entrano nella regione e fanno stragi.
Nel 1996, anche Saddam Hussein entrò indisturbato nella Regione kurda e
fece stragi. E per coronare questo capolavoro di diplomazia, l'ONU affidò
la guida della Regione a due famiglie, i Talabani e i Barzani, che, pur
avendo avuto il merito di avere rattoppato con pochi mezzi una zona
distrutta dalla guerra e di avere realizzato uno stato laico, non
acconsentirono mai a vere elezioni e in più si ricavarono una lucrosa
nicchia nel narcotraffico e nel contrabbando di petrolio con paesi quali la
Turchia.
Le popolazioni kurde, sia in Turchia, con l'Hadep, sia nella Regione
Autonoma in Iraq, in tutti questi anni, hanno sempre cercato di organizzare
la democratizzazione dei propri territori, ma sempre i dissidenti sono
stati eliminati. Il Kurdistan, per il governo turco, deve rimanere zona
franca, corridoio di passaggio per traffici, oleodotti e gasdotti.
L'accordo tra la leadership kurda dell'Irak e gli USA sono un estremo
tentativo di mantenere uno spazio nel rimpasto post-bellico. Gli Stati
Uniti hanno così ottenuto, dalla Turchia, lo spazio aereo e, dai vertici
kurdi, la carne da macello per combattere al confine. Il risultato finale è
che la Turchia, temendo il riconoscimento di uno stato kurdo, invade
silenziosamente il Kurdistan
Paola Ghini
(diritti negati al popolo kurdo)

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