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Appunti sparsi da Istanbul



Appunti sparsi da Istanbul - 18/3/2003


L'aeroporto di Istanbul, come tutti gli aeroporti, e' un'accozzaglia
fredda e spopolata di acciaio e cemento; questo pero' appare ancor piu'
spopolato, sara' per l'ora o il giorno feriale.
Siamo appena arrivati, ma per scrupolo andiamo a controllare che sia
tutto a posto per il volo a Diyarbakir; la commessa prima ci chiede se
siamo giornalisti, poi ci fa notare che tra 48 ore comincia la guerra.
"So what?" le rispondo io, un po' scocciato, ma poi capisco dal suo
sorriso che e' usanza comune dei turchi farti un sacco di domande sul tuo
conto, e allora accetto di buon grado il gioco.


Il bus ci porta verso la citta', e dopo una decina di minuti,
oltrepassata una curva, appare Istanbul, stesa sui colli intorno al Mare
di Marmara, confusa e inspiegabile nel suo caotico disegno.
La vista dei minareti, non so perche', mi trasmette un senso di grande
pace e familiarita'; la loro presenza mi ispira grande fiducia, oltre al
loro chiaro fascino. E' quasi poetico vederli interrompere la linea del
paesaggio, da qualsiasi parte mi giro.


Al centro culturale della mesopotamia (MKM) ci accolgono sorridenti. C'e'
un clima fervente, intenso, di fumo e di discussioni, tra bicchieri di
te' e musica curda. Non faccio in tempo a presentarmi che subito mi becco
da un curdo con un ottimo inglese il discorso sulla lotta del popolo
curdo. So gia' di cosa si tratta, in fondo sono qui soprattutto per
questo, ma lo lascio fare, credo sia tipico servirlo insieme al te' ai
visitatori stranieri.
E poi serve anche a far capire in che modo si fanno le cose in questo centro.

Un ragazzo mi apostrofa in curdo, poi capisce dalla mia faccia
interrogativa che sono straniero e lascia perdere, non sapendo altre
lingue. Ma altri mi chiedono se ho origini curde, dicono che lo sembro
proprio, gli spiego di no, o almeno non credo, certo puo' anche essere
che secoli fa un curdo abbia messo radici nel sud italia, e ora io stia
tornando a casa...
Ad ogni modo mi rallegra essere preso per uno di loro e non per un
turista, anche perche' turista non sono...


Mi colpisce subito una differenza con i curdi che ho conosciuto in
Italia. Qui sono fieri, decisi, sicuri, affermano la loro identita' anche
nel parlarti seduto a un tavolo. Sembrano sentirsi parte di un gruppo
oppresso ma forte e combattivo. Alcuni hanno girato l'Europa, altri sono
sempre stati qui, e l'impatto con la loro forza e' chiaro e immediato.
E' difficile pensare che questi occhi possano arrendersi di fronte a
qualsiasi cosa.
Non che gli immigrati in Italia siano fragili, ma la lontananza dalla
loro terra e dal loro popolo li intristisce un po'.
Forse sbaglio, o forse sono io che li guardo con occhi diversi.

Con Kawa parliamo di musica e di storia, del Newroz e della guerra incombente.
Mentre in sottofondo si sente la musica di un gruppo curdo, ricordo che
proprio in Kurdistan i curdi fondarono la prima scuola di musica
musulmana. La loro musica ha radici lontane, e si sente.
Un gruppo musicale, i Koma Amed (chissa' se li scrivo giusti i nomi...)
portano avanti questo progetto, mantenento vive le musiche e le parole
della loro tradizione. I musicisti si alternano, vanno e vengono, ma il
progetto continua.
Gli chiedo se puo' recuperarmi qualche spartito o qualche testo, ma e'
praticamente impossibile. E' molto difficile trovare queste risorse in
Turchia, molto piu' facile a Parigi o in Germania.
Che storia, la cultura di un popolo che non trova spazio nella sua terra,
e che si sparge nel resto del mondo.

Incontro un ragazzo, il percussionista dei Koma Amed, giovane studente
dell'universita', mi racconta della loro attivita' musicale. Gli chiedo
se pensa che questo possa diventare il suo lavoro, vivere come musicista.
Mi racconta che se vuoi vivere suonando devi suonare nei locali
commerciali, adattarti a fare musica di consumo.
Lui no. vuole che la musica che suona sia musica del suo popolo, con un
messaggio e una storia.
"Preferisco essere povero, ma libero", e quindi vive dei concerti e delle
registrazioni che vendono, piu' qualche lavoretto.
Una forma di militanza musicale che mi da' molto da riflettere, a me che
del fare musica ho a volte fatto una ragione di vita, a volte un lavoro,
e adesso solo un occasionale passatempo.


Usciamo e incontriamo Ugur, uno dei pochi e coraggiosi obiettori di
coscienza turchi, per andare con lui alla riunione straordinaria del
coordinamento contro la guerra.

Passeggiando per le vie affollate e rumorose, ricordo le parole di
Guccini, a spizzichi, ... "Citta' assurda, citta' strana... Plebi
smisurate, labirinti ed empieta'.... sospesa tra due mondi e tra due ere..."
se qualcuno le trova le aggiunga, che solo ora capisco quanto bene
descrivano questa citta'

Alla riunione si respira un'aria intensa e, appunto, straordinaria, come
i tempi in cui stiamo vivendo.
Il governo turco vuole riprovarci, non solo dando le basi agli USA, ma
anche partecipando direttamente all'intervento in Iraq.
Straordinaria l'ampiezza del fronte del coordinamento, che riunisce
associazioni che fino a qualche mese fa lottavano tra di loro.
Straordinaria la lucida e tranquilla dinamica del dibattito, al che mi
viene da pensare che la tipica litigiosita' e inconcludenza della
riunioni italiane sia una caratteristica esclusiva della cultura nostrana.
Ordinarie invece le forme di protesta decise, fondamentalmente
manifestazioni di piazza.
Ugur propone con decisione azioni di disobbedienza civile contro le basi
e e il governo; ma e' difficile quanto sia possibile, qui e ora, in
Turichia, attuare queste forme di azione nonviolenta.


Questo posto e' il ponte tra Oriente e Occidente. Il ponte di mondi e
culture diverse ma cosi' affascinanti. Come tutti i ponti di questo tipo,
e' di importanza fondamentale per la storia dell'uomo.
E' tragico vederlo percorrere in questi giorni dai carri armati.

[Nota: In questi giorni un volontario dell'associazione PeaceLink 
(Francesco Iannuzzelli) e un volontario della comunita' Papa Giovanni XXIII 
(Daniele Tramonti) sono presenti in Turchia per raccontare un altro 
Kurdistan, che non e' quello dell'Iraq, ma quello della Turchia. Per 
contatti: In Turchia: email goel.apg23@libero.it - Tel. 0090 543 2957827 In 
Italia: email odcpace@apg23.org - Tel. 348 2900582]