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Robe di Kappa lascia la Birmania. Successo della "Campagna Kappa"di Rete Lilliput



Comunicato stampa
Ufficio Stampa Rete Lilliput: Cristiano Lucchi 339/6675294 -
ufficiostampa@retelilliput.org

Robe di Kappa lascia la Birmania. Successo della "Campagna Kappa" di Rete
Lilliput
Circa 8.000 consumatori hanno inviato una cartolina all'azienda piemontese.
Ecco i risultati emersi durante un'incontro pubblico a Torino

Il presidente di Basic Net/Kappa Marco Boglione ha annunciato la momentanea
interruzione della produzione di abbigliamento sportivo in Birmania a causa
della durezza del locale regime repressivo e delle violazioni commesse
contro i lavoratori e che non vedono riconosciuti i loro diritti umani. Si
tratta di un successo della "Campagna Kappa" lanciata nel 2002 dalla Rete
di Lilliput che ha raccolto fino ad oggi oltre 8.000 cartoline di
consumatori delusi dal comportamento di Basic Net.
Le cartoline sono state spedite per chiedere all'azienda di non rifornirsi
più da produttori birmani e per sollecitare il pagamento di indennizzi per
i lavoratori delle fabbriche interessate, in accordo con le richieste dei
lavoratori e dell'opposizione democratica birmana.
L'annuncio è avvenuto nel corso di un incontro pubblico tenutosi a Torino
nel quale tuttavia Boglione ha sottolineato di non avere ancora preso una
decisione definitiva. L'incontro ha visto la presenza anche di Francuccio
Gesualdi del Centro Nuovo Modello di Sviluppo/Rete Lilliput, che ha dato
vita ad un dibattito con Boglione. Il presidente di Kappa ha riconosciuto
le accuse rivolte al regime birmano ma si è difeso sostenendo che la sua
azienda ha un codice di condotta ben preciso e che spetta alle istituzioni
internazionali modificare il comportamento del governo: "Se ne deve
occupare il governo mondiale, se ne devono occupare gli stati democratici.
Invece di correre dietro sempre a uno o all'altro problema, bisognerebbe
che si facesse tutta la pressione necessaria sui governi locali, sui
governi internazionali". Boglione ha concluso chiedendosi se non abbia più
senso restare in Birmania e agire sul governo affinché corregga  certe
storture macroscopiche o se invece convenga lasciare per sempre il paese.
La pausa di riflessione invocata da Boglione comunque non pone fine alla
campagna di pressione e al monitoraggio sulle imprese che operano in
Birmania.