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Lettere da Baghdad
Siamo un gruppo di amici e di colleghi di Alfredo, il quale è attualmente
impegnato a Baghdad come scudo umano.
A seguito dell'e-mail inviataVi il giorno 10/03/03, Vi inoltriamo la
seguente testimonianza inviataci da Alfredo mercoledì 12 marzo con la
preghiera che teniate in considerazione questo documento e lo utilizziate
al meglio come spunto per eventuali articoli e/o divulgazioni.
RingraziandoVi per l'attenzione e la collaborazione Vi salutiamo.
Gli amici di Alfredo
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Da Baghdad:
Tento di scrivere delle cose, riflessioni e quant'altro mi passi nella
testa gia' piuttosto confusa e disordinata di suo. Chiedo scusa per le
stupidate che scrivero'.
La domanda di rito e': perche' sei a Baghdad? Provero' a rispondere.
Io sono una persona molto curiosa e camaleontica; queste caratteristiche
messe assieme possono essere tanto volitive quanto estremamente devastanti.
Non so dove questa esperienza mi portera`, molto probabilmente
probabilmente dipendera' dall'esito ultimo.
Credo di essere giunto in Iraq mosso dalla curiosita` di conoscere il mondo
arabo, di mettere piede nella Mesopotamia, di tentare di comprendere la
vita di un paese e soprattutto di un popolo sotto stress; la pressione di
un "governo" piuttosto repressivo e la pressione di un embargo con tutto
cio` che ne consegue. Non dimenticherei l'elemento "sfida" che accompagna
tutti i miei viaggi.
La mia trasformazione in scudo umano e` stata dettata dalla parte di me
idealista ed onnipotente e ci aggiungerei anche pacifista (anche se non
troppo militante). Rimane tuttora presente in me la convinzione idealista
che la gente, la potremm chiamare masse, possano riuscire a muovere le
decisioni dei grandi e determinare le sorti del pianeta.
Probabilmente la scommessa la perderemo, ma l'esperienza human shields sono
convinto che sara` portatrice di un cambiamento di pensiero, un elemento
perturbante di discreta intensita`. Un manipolo di persone puo` solo far
vibrare delle corde molto debolmente, ma quando la frequenza e` tale per
cui questa vibrazione induce una risonanza nella gente, i valori presenti
in ognuno di noi non possono essere nascosti o negati, ci sono e risuonano.
L'esito atteso vorrebbe essere un mondo che dice NO!... questa cosa non la
permetteremo. Il mio pensiero va anche alla coscienza di quei soldati che a
bordo di un aereo "dovrebbero" muovere un'energia biochimica tale da far
partire un comando muscolare che agendo sui movimenti del proprio dito li
porterebbe a pigiare un maledetto bottone di morte.
La curiosita` di qualcuno e` di capire come viviamo noi scudi umani la
quotidianita`.
Dipende molto da come uno e` perche' se una persona si muove agilmente da
sola e` libera di farlo; cio` permette di incontrare le persone, di essere
invitati nelle loro case, di ricevere mille attenzioni per la soluzione di
eventuali problemi logistici...
Le persone che chiedono all'organizzazione ospitante di avere un aiuto per
muoversi "cadono" nelle maglie degli accompagnatori/controllori che avendo
il dovere o la scusa di darti protezione fungono da filtro verso la gente
irachena. Questo stato di cose puo` alla lunga essere vincolante ed
infastidire; le persone spaventate e magari piu` sospettose arrivano a
percepire queste attenzioni come persecutorie. Personalmente mi sono
sentito "controllato " in alcuni momenti specialmente se non volevo che
l`organizzazione sapesse cosa stessi facendo, questa cosa e` difficilmente
tollerata dalla stessa. Il vero vincolo sta proprio in questo: che
l'organizzazione sappia.
Teniamo presente che ci troviamo in un paese in guerra od alle porte di un
conflitto di portata gigantesca, questo implica una grande attenzione verso
tutto e tutti. Prima che le persone si fidino di te devono liberarsi dal
timore di avere a che fare con una spia (unuomo della CIA) o chissa`
cos'altro: il dubbio rimarra` comunque sempre!
La piccola esperienza del gruppo human shields ci ha portato a dubitare di
noi stessi, ci sono state accuse e contro accuse tra i componenti di essere
degki infiltrati. Io sono certo che ci siano infiltrati, ma non sono
sicuramente le persone accusate. In ogni caso non si vuole nascondere
proprio nulla delle nostre azioni quindi le spie potrebbero anche fare il
nostro gioco.
La giornata trascorre tra visite alle scuole, ospedali, centri culturali ed
ogni quant'altro funga da luogo aggregativo. Si pensano e so organizzano
iniziative quail manifestazioni pubbliche, gesti simbolici, conferenze
stampa....
Penso che il limite di queste "attivita'" siano le diversita' culturali e
di costume infatti gran parte di queste azioni e dimostrazioni essendo
pensate da noi e da noi organizzate ricalcavano uno standard occidentale.
Le sfilate lungo le strade di Baghdad vedevano quindi al centro della
strada gli human shields ed ai lati gli abitanti locali I quail sostenevano
l'azione, ma non erano parte attiva e protagonista.
Io ho sentito molto questo limite e questa separazione e forse il nostro
errore e' quello di non capire attraverso quail canali le persone locali
esprimono il loro dissenso. E' pur vero che noi dobbiamo comunicare con I
paesi occidentali e con I loro governi quindi non e' del tutto sbagliato
utilizzare I nostri codici comunicativi; a questo punto il limite sta nella
difficolta' a trasmettere alle persone irachene il nostro differente modo
di comunicare e chiedere a loro che si uniscano a noi.
Forse la mia analisi va nella direzione della ricerca di cio' che non
funziona piuttosto che riconoscere cio' che di buono abbiamo fatto e stiamo
facendo.
Il rapporto coi mass-media non e' per niente facile perche' e' praticamente
impossibile riuscire a fare sempre notizia con I pochi strumenti a nostra
disposizione. Le conferenze stampa servono a poco se l'obiettivo e' quello
di inviare messaggi all'occidente ed ai governi occidentali.
Gli scudi umani hanno fatto notizia appena giunti a Baghdad, ma cinque
minuti dopo erano gia obsolete; per rinnovare la notizia uno dovrebbe darsi
fuoco. L'interesse su di noi c'e' invece dalla parte irachena, perche'
ovviamente ci utilizza come propaganda contro il governo USA.
Il mio stato d'animo. Le mie contraddizioni. Gli incontri con le persone.
Questi tre punti che vorrei sviluppare in realta` sono strettamente
interconnessi perche' e` dall'incontro con le persone che emergono in me
forti dubbi e contraddizioni. Un uomo sui cinquant'anni mi chiede se sono
sicuro di tutte le ripercussioni che la mia azione portera`; forse,
continua, non tutti sono cosi contrari ad un attacco americano che possa
scalzare questo governo. Subire una guerra sara` devastante, ma porta con
se la speranza di un cambiamento; il popolo iracheno dovra` probabilmente
fare i conti con un periodo di miseria, ma la ricostruzione potrebbe
portare ad una nuova democrazia. Questa persona era l'espressione della
tristezza e della depressione del popolo iracheno che da solo non ha la
forza di combattere un esercito ed una polizia seppur debole rispetto a
quello americano ma forte nei confronti della gestione di un sistema
repressivo.
Se i giovani non hanno la possibilita` di vivere la loro vita liberamente
ed altrettanto liberamente di fare le loro scelte, si annullano, muoiono
dentro; non possono pensare ad una risoluzione perche' questo sistema
sociale e` molto ben congeniato e solido: ecco che un aiuto dall'esterno
potrbbe essere gradito. Stiamo attenti pero` che questo aiuto non diventi
una vera e propria occupazione, perche' ne avrebbe tutte le
caratteristiche: questi giovani sono disposti a correre il rischio pur di
cambiare qualcosa e pur di non vedere scivolare via la propria vita.
Come ci si puo` sentire di fronte a queste affermazioni? Io che sto
lottando per tentare di fermare uno stupido conflitto. Le mie convinzioni
si basano sul rifiuto assoluto della guerra in quanto portatrice di morte e
devastazione, con un indotto di sofferenza che durerebbe per molti anni a
venire. Un assassinio criminale di civili, assolutamente innocenti ed indifesi.
Apparentemente gli iracheni sembrano molto coraggiosi perche' affrontano
l'argomento guerra come un gioco, col sorriso sulla bocca; tutti quanti
esprimono la medesima formula: "... cosa ci possiamo fare noi... niente!
Inshallah!" la certezza e` che Dio proteggera` il popolo iracheno. Secondo
me e` un misto tra fatalismo e noncuranza, sicuramente questo atteggiamento
e` il piu` economico dal punto di vista energetico ed emozionale. E' pur
vero che vivere per molto tempo con questa minaccia, questa spada di
Damocle sulla testa poi si finisce con il farci l'abitudine e le soglie di
preoccupazione e di allarme ansiogeno si alzano.
Il rapporto che laa gente ha nei confronti dei "duru` basharia", scudi
umani, e` di sincera gratitudine. Il minimo che possono fare e`
ringraziarci di essere qui con/per loro poi non si contano i chai (the)
offerti, le corse di taxi pagate, i pranzi offerti.... In queste occasioni
la parte di me che non intende fermarsi sotto le bombe, semmai divessero
arrivare, si sente di tradire il popolo iracheno in modo molto vigliacco.