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il Consiglio comunale di New York ha detto no all'attacco




<http://www.lastampa.it>La Stampa - 13 marzo 2003

NEW YORK - Se andrete a Baghdad, non combatterete a nome nostro. E' il 
messaggio lanciato ieri dal Consiglio comunale di New York, che ha discusso 
e approvato una risoluzione per opporsi all'attacco in Iraq. Un brutto 
sgambetto per il presidente Bush, che ha sempre definito la resa dei conti 
con Saddam come una battaglia della guerra al terrorismo, scatenata proprio 
dagli attacchi dell'11 settembre contro le Torri Gemelle e il Pentagono. 
New York è una città democratica e liberal nell'anima, ma da circa dieci 
anni è guidata dai repubblicani: prima il sindaco Giuliani e poi Bloomberg, 
mentre dal 1994 il governatore dello Stato è Pataki. Il consiglio comunale, 
però, resta nelle mani dei democratici, che siedono su tutti i cinquanta 
seggi tranne tre. Nonostante questa netta maggioranza del partito che sta 
all'opposizione rispetto alla Casa Bianca, discutere e approvare un testo 
sulla guerra è risultato assai difficile, proprio per il valore simbolico 
assunto dalla città e per le sofferenze subite. La risoluzione era stata 
introdotta originariamente ad ottobre, e per portarla al voto ci sono 
voluti circa sei mesi. All'inizio si opponeva decisamente all'invasione 
dell'Iraq, ma l'ultima versione giustifica l'attacco se tutti gli altri 
mezzi per ottenere il disarmo di Saddam attraverso il Palazzo di Vetro 
dimostreranno di aver fallito. Secondo i sondaggi, il 75% degli abitanti di 
New York è contrario alla guerra, se il Consiglio di Sicurezza non 
l'approverà. Questa posizione è diventata ancora più chiara il mese scorso, 
quando circa 350.000 persone si sono radunate tra la Prima e la Terza 
Avenue, per la più grande manifestazione contro l'attacco avvenuta finora 
negli Stati Uniti. La protesta ha ridato slancio ai promotori della 
risoluzione, anche perché oltre 120 città americane hanno già approvato 
documenti simili, da Los Angeles e Chicago. Il testo andato al voto ieri 
notte era stato presentato da trentuno consiglieri comunali, e quindi aveva 
già in partenza più dei ventisei voti necessari a garantirsi il passaggio. 
Il dibattito è stato lungo e acceso, ma alla fine la risoluzione è passata 
proprio con 31 sì e 17 no. Il democratico Peter Vallone, ex presidente del 
Consiglio comunale che aveva sfidato Giuliani e Bloomberg per la poltrona 
di sindaco, ha detto che lui non poteva votare a favore: «New York è stata 
attaccata dai terroristi a poche strade da dove noi stiamo discutendo 
questa risoluzione. Io non posso dimenticarlo». Ma l'attuale presidente 
Gifford Miller, suo compagno di partito che invece appoggiava l'iniziativa, 
gli ha risposto così: «Nessuna risoluzione deve necessariamente parlare per 
tutti i membri del Consiglio comunale». Gifford ha sicuramente ragione, in 
una Paese dove la libertà di parola è protetta dalla Costituzione. Ma se 
scoppierà la guerra, farla senza l'appoggio di New York sarà un grave 
imbarazzo per Bush.

p. mas.