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Lettera aperta al Ministro Martino
Il Coordinamento aziendale RdB dell'Arsenale M.M. di Taranto, che aderisce
convintamene all'iniziativa del 5 marzo alla quale sarà presente per
manifestare
la propria civile opposizione alla guerra, a tutte le guerre, ha proposto
ai lavoratori dello stabilimento di sottoscrivere e spedire la lettera,
indirizzata al Ministro della Difesa, che si allega.
Stante la buona riuscita che l'iniziativa sta riscuotendo tra i lavoratori
che stanno chiedendoci, anche da altri Enti della Difesa, di aderire, vi
inviamo detta lettera aperta affinché possa essere pubblicata e portata
a conoscenza di tutti se lo ritenete opportuno.
Naturalmente l'invito è quello che quanti più lavoratori della Difesa possibili
la facciano propria e la spediscano al Ministro (se la condividono).
Un saluto da
Gigi Pulpito
Esecutivo regionale RdB CUB
- Vogliamo offrire, con questa lettera aperta, anche ad altri che soffrono
il nostro stesso disagio e condividono le nostre stesse speranze,
l'occasione di rinnovare la propria lealtà alla Repubblica ed alla
Costituzione inviando la seguente lettera al Ministro della Difesa. -
Al Sig. Ministro della Difesa
On. Prof. Antonio Martino
Oggetto: Lettera aperta.
Egregio Signor Ministro,
le scriviamo questa lettera per porle un quesito che ci tormenta da quando
il Presidente degli Stati Uniti d'America, in un discorso pronunciato il 1°
giugno 2002, presso l'Accademia Navale di West Point, ha esposto la
dottrina della "pre-emptive defense" o della Difesa Preventiva. Da quando
ha presentato, cioè, la "strategia preventiva", in virtù della quale, uno
Stato deve assicurare la propria sicurezza prima che l'ipotetico nemico
possa minacciarlo concretamente.
Se ci è facile trovare un senso nell'azione di prevenzione di
possibili conflitti, tuttavia, per quanti sforzi facciamo, non riusciamo a
comprendere la logica ed il senso di una "guerra preventiva" se non come
aggressione premeditata ad un altro Stato che si ritiene essere nemico e
che potrebbe rivelarsi un potenziale aggressore.
Signore, rivolgiamo a Lei le ansie, le perplessità e, nonostante
tutto, le speranze di dipendenti del Ministero della Difesa, i quali più
di vent'anni fa, fecero un solenne giuramento: di essere fedeli alla
Repubblica, di osservare lealmente la Costituzione e le leggi dello Stato,
di adempiere ai doveri d'ufficio nell'interesse dell'Amministrazione e per
il pubblico bene.
Per tutto questo tempo ci siamo lealmente impegnati a vivere con
coerenza il nostro giuramento.
La medesima lealtà ci spinge, oggi, a scriverLe ed a manifestarLe i
nostri pensieri, i nostri dubbi e le nostre preoccupazioni.
In quanto cittadini consapevoli delle nostre responsabilità,
abbiamo sempre fatto riferimento alla Carta Costituzionale della
Repubblica, avendo ben chiaro che questa Costituzione nasce dall'orrore
della seconda guerra mondiale e cammina sul sacrificio di uomini e donne
che hanno dato la vita per la libertà del nostro Paese.
Sulle macerie di quella guerra, sul sangue versato, sugli orrori
che ha generato, sulle lacrime e le sofferenze che ne sono derivate, i
padri costituenti hanno voluto porre una lapide alla memoria per non
dimenticare e sulla quale costruire una nuova umanità.
Scrissero, allora, l'articolo 11 della Costituzione: "L'Italia
ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli
e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali".
Con quest'atto ci affidarono la memoria del passato e l'impegno di
mantenerla viva, poichè la memoria rappresenta il passato, ma genera il
presente ed ancor più il futuro.
Oggi però, la teorizzazione della guerra preventiva, totale ed
infinita, sebbene indirizzata teoricamente contro il terrorismo e sebbene
annunciata per "ripristinare la pace", rischia, di fatto, la soppressione
dell'art. 11 della Carta Costituzionale, l'inefficacia dei trattati
internazionali, e la pace apportatrice di giustizia.
La guerra preventiva spazza via la legalità che abbiamo cercato di
costruire negli ultimi secoli e tutto rischia di cadere sotto il dominio
dell'apparenza e della finzione: la pace come la Costituzione e, finanche
il nostro giuramento di fedeltà.
Se, infatti, ci abbandoniamo alla logica della guerra preventiva, se la
Costituzione viene violentata ed uccisa nel suo tratto più rappresentativo,
come possiamo, dire ancora di esserle fedele?
Siamo forse autorizzati a disattendere il giuramento di fedeltà alla
Repubblica ed alla Costituzione?
Da chi? E con quale autorità?
Ma tutto non è ancora perduto.
La preghiamo, pertanto, di scongiurare con tutti i mezzi a Sua
disposizione, "gli uomini, soprattutto quelli che sono investiti di
responsabilità pubbliche, a non risparmiare fatiche per imprimere alle cose
un corso ragionevole ed umano"*.
A non risparmiare l'impegno "per la ricomposizione delle controversie
fondate sulla mutua fiducia, sulla sincerità nelle trattative, sulla
fedeltà agli impegni assuntiŠ fino ad individuare il punto da dove è
possibile partire per raggiungere intese leali, durature, feconde".*
Perché nulla è perduto con la pace. Tutto può essere perduto con la
guerra.
Distinti saluti
___________________________________(firma)
Lavoratore dell'Arsenale M.M. di Taranto