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DIRITTO DI REPLICA: Cristina Giudici scrive a Carlo Gubitosa
Da Cristina Giudici riceviamo e volentieri pubblichiamo questa lettera di
risposta all'articolo tuttora presente all'indirizzo:
http://www.peacelink.it/webgate/news/msg04262.html
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Caro Carlo, non entrerò nel merito delle tue critiche al mio articolo su
Il Foglio perchè penso che tutti abbiano diritto ad avere opinioni diverse, ma
trovo poco corretto che tu salga in cattedra per giudicare la mia
professionalità (i
maestri non mi sono mai piaciuti). In ogni caso voglio chiarire le intenzioni
del mio articolo. Su mia iniziativa, ho segnalato al direttore la lettera
aperta dei curdi al movimento per lanciare una piccola provocazione mediatica
e sottolineare una contraddizione del movimento pacifista che ha ignorato
(e continua a ignorare) le severe critiche dei curdi perchè credo che il
compito di un giornalista sia, fra le altre cose, anche quello di sottolinare
contraddizioni, paradossi e stimolare dibattiti anche polemici e non, forse
come vorresti fare tu, aderire sterilmente a tesi (e neologismi) preconcetti.
Non sono eterodiretta da Ferrara e anche quando lavoravo a Vita non ho mai
scrito articoli demagogici "alla Gino Strada" come dici tu, ma solo alla
Cristina Giudici, per brutti o belli che fossero. E' vero che la lettera
aperta è
stata pubblicata sul vostro sito, ma è stata completamente ignorata ed
ha suscitato l'indignazione dei curdi e dell'opposizione irachena (chiedere
all'autore della lettera per conferma). Mi spiace che tu ti sia sentito
decontestualizzato (ma perchè gli intervistati che non si riconoscono nelle
interviste che hanno rilasciato usano sempre questa brutta parola?), ma
ho solo sintetizzato il tuo pensiero e non ho denigrato nessuno, anzi.
All'accusa
dei curdi di pacifismo a senso unico, tu hai detto che il pacifismo ha tante
anime. Non mi sembra una denigrazione ( altra parola che non sopporto perchè
viene usata troppo spesso e non in modo appropriato). Infine dovresti
aggiornare
il tuo dossier sulla mia "involuzione" professionale. Forse non lo sai,
ma le inchieste io continuo a farle (anche sul Foglio, ma forse a te questo
sembra un crimine) e non ho intenzione di smettere, ma il giornalismo,
come il pacifismo, è fatto di tante anime e ogni tanto qualche piccola
provocazione,
utile e non dannosa, ci può stare. Cristina Giudici
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Nota di Carlo Gubitosa: I gusti sono gusti, e su questi non si discute.
C'e' chi non gradisce i maestri (ma io non mi sento tale, voglio solo
ragionare di giornalismo ad alta voce), e c'e' chi invece non sopporta le
"piccole provocazioni" travestite da informazione. Inoltre, da quello che
ho capito durante il nostro colloquio telefonico mi sembrava che tu non
avessi intenzioni "provocatorie", almeno stando a quanto mi hai detto. Come
fa un intervistato a distinguere tra una intervista e una provocazione
mediatica, se l'intervistatore gli fa credere di voler semplicemente
raccogliere informazioni in forma asettica? Se tu hai deciso a tavolino una
provocazione mediatica con Ferrara, e la realizzerai indipendentemente da
quello che ti verra' detto, non ti sembra di strumentalizzare le persone
che intervisti, visto che il risultato era gia' noto a priori e ti serviva
solo qualche "nome" e qualche dichiarazione ingenua per avvalorare quel
risultato? In ogni caso credo che la prima vittima di queste operazioni
giornalistiche siano proprio coloro che le portano a termine, costretti
dalla logica della provocazione a lavorare al di sotto delle loro
potenzialita', mentre la molla della curiosita' e della scoperta potrebbe
portare molto piu' lontano. Non credo di aver giudicato negativamente la
tua professionalita', ho solo detto che questo tipo di articoli non ti
permette di esprimerti al massimo, in sintesi ho detto che la tua
professionalita' e' molto piu' alta di quello che puo' sembrare leggendo la
tua "piccola provocazione", e per come la vedo io questo non e' un attacco,
ma un doveroso riconoscimento. O avresti preferito una critica standard del
tipo "quei prezzolati del foglio sono dei manipolatori"? Io non sono
convinto di questo, sono invece convinto che esistano degli ambienti
professionali in grado di mortificare molte professionalita' e molti
giornalisti in gamba, ma forse e' piu' in generale il sistema mediatico che
premia un certo tipo di giornalismo e un certo tipo di giornalisti, e
allora a quelli come te tocca di abbassarsi al livello infimo richiesto dal
mercato, pur avendo ali per volare molto piu' in alto.
Credimi, il mio non e' un attacco gratuito, ma un invito in buona fede:
lascia perdere le provocazioni mediatiche, non sono adatte a giornalisti
giovani e curiosi, che hanno voglia di muoversi e di conoscere il mondo.
Sono trucchetti che vanno bene per chi non muove mai il fondoschiena dalla
poltrona o dallo studio televisivo, ed e' costretto a vivere di agenzie e
comunicati stampa. Non mi sembra che tu sia una giornalista di questo tipo,
nei tuoi (altri) scritti ho riscontrato una stoffa ben diversa, e per
quanto mi riguarda una cosa scritta "alla Gino Strada" e' una cosa ben
scritta, per cui il mio era un complimento, anche se tu lo hai interpretato
diversamente. In ogni caso ti riconosco una indubbia correttezza e onesta'
intellettuale per aver reagito alle mie osservazioni in modo cosi' civile,
perche' ormai nel nostro paese si sta sempre piu' diffondendo la cattiva
abitudine di farsi ragione a colpi di cause civili (e peacelink ne sa
qualcosa, con una causa pendente da 50.000 euro). A proposito, anche questa
puo' essere una interessante provocazione mediatica: c'e' il presidente di
una associazione ambientalista nazionale che fa causa a un sito pacifista,
direi che e' proprio una "ghiotta contraddizione" da poter sfruttare...
Inoltre mi chiedo se la tua "piccola provocazione", magari fatta in buona
fede, non contribuisca ad alimentare qualcosa di piu' grande, linee
editoriali e politiche decise sulla pelle dei "piccoli provocatori", che
rendono inutili anche le loro buone intenzioni. Posso accettare che tu
voglia mettere un po' di pepe nel dibattito giornalistico, nella
convinzione di rendere un utile servizio ai tuoi lettori e alla societa',
ma mi dispiacerebbe molto che questo venisse strumentalizzato da chi vuole
cavalcare la tigre dell'antipacifismo per interessi meno nobili dei tuoi.
Un ultimo dubbio: ho visto che hai glissato sulla questione della frase che
nel tuo articolo sembrava rivolta ai pacifisti mentre in realta' era
diretta a chi aveva stretto la mano di Tarek Aziz. Anche questo silenzio
nella tua risposta e' una piccola provocazione mediatica, o e' invece un
semplice imbarazzo di fronte ad un evidente errore? Anch'io di errori ne ho
fatti tanti, chi non ha sbagliato qualche volta nella vita? Quindi non e'
il caso di preoccuparsi, la prossima volta basta fare un po' piu' di
attenzione. Ah, dimenticavo: "nonviolenza" non e' un neologismo, e' sul
vocabolario italiano almeno dal 1998, me lo ricordo perche' in
quell'occasione si e' discussa in parlamento la riforma dell'obiezione di
coscienza, e qualche parlamentare aveva detto che quella parola non
esisteva, mentre qualcun altro si e' procurato un vocabolario e ne ha
dimostrato l'esistenza.
Buon lavoro e in bocca al lupo per la tua carriera giornalistica.
Cordialmente
Carlo Gubitosa
Associazione PeaceLink