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Eurisko: sondaggio di opinione su pacifismo e guerra




Sondaggio "Eurisko"- "la Repubblica" sul movimento
che si oppone al possibile conflitto contro Saddam

Iraq, gli italiani
popolo di pacifisti

Cresce il risentimento verso la Casa Bianca
accusata di agire in maniera unilaterale
di FABIO BORDIGNON

E' un movimento ampio, quello formatosi, nelle ultime settimane, in 
opposizione alla guerra in Iraq. Coinvolge, nel nostro Paese, circa otto 
persone su dieci. Una su dieci in modo attivo, attraverso la partecipazione 
a manifestazioni per la pace. Un fenomeno che riflette l'atteggiamento 
verso il possibile conflitto, segnato da una netta (e crescente) 
contrarietà. Cresce, allo stesso tempo, il risentimento verso gli Stati 
Uniti, accusati di unilateralismo nell'attuazione della propria politica 
estera e considerati responsabili della povertà nel mondo. E' quanto emerge 
da un sondaggio realizzato da Eurisko, per Repubblica, su un campione 
rappresentativo della popolazione italiana.

Circa otto persone su dieci (87-88%) si dicono, oggi, contrarie 
all'intervento militare statunitense in Iraq. Poco meno di sette su dieci 
(68%) non sarebbero d'accordo neanche in presenza di un pronunciamento 
favorevole del Palazzo di vetro. "Perché la guerra è sempre sbagliata": è 
questa, tra quelle fornite dagli intervistati, la motivazione più 
ricorrente (81%). Perché, secondo molti, ci sono modi più efficaci di 
affrontare la minaccia rappresentata dal regime di Saddam Hussein (46%). Ma 
anche perché la guerra fa paura, mette a repentaglio la nostra sicurezza, 
rischia di intaccare il nostro benessere economico (20%).
Per queste ragioni, i cittadini manifestano una crescente disponibilità 
alla mobilitazione. Secondo modalità più o meno intense. Il 15% ha esposto 
al proprio balcone la bandiera con i colori dell'arcobaleno. Il 10% ha 
partecipato ad iniziative di natura pacifista, ed un altro 35% intende 
farlo nel corso delle prossime settimane. Ma il consenso cresciuto attorno 
ai movimenti per la pace appare ancora più esteso se allarghiamo lo sguardo 
a chi, pur non partecipando direttamente, dichiara la propria vicinanza ai 
manifestanti. Complessivamente, il 55%, più di una persona su due, sposa le 
ragioni della moltitudine che, sabato 15 febbraio, ha riempito le strade 
della capitale. Il 26%, pur non condividendo tutte le idee espresse dalla 
manifestazione, pensa che le motivazioni siano comunque giuste. Senza 
considerare, quindi, una quota (esigua) di persone che non si esprimono, è 
il residuo 15% a mostrasi critico: il 9% si limita a considerare le 
manifestazioni legittime; mentre il 6%!
  si dice totalmente contrario. Tuttavia, l'avvio delle operazioni belliche 
appare, ormai, imminente, e pochi sperano che le manifestazioni possano 
allontanarne la minaccia (37%). Una quota leggermente superiore pensa che 
la spinta dell'opinione pubblica e le iniziative di queste giorni possano, 
invece, ridefinire la rotta delle politiche governative (45%).

Le emozioni suscitate dal possibile conflitto contribuiscono, peraltro, a 
ridefinire il clima d'opinione nei confronti di alcuni tra i soggetti 
coinvolti dalla crisi irachena. L'apprezzamento dei cittadini si rivolge, 
soprattutto, alle posizioni tenute, in questi mesi, dal Vaticano. La Chiesa 
si propone, infatti, quale primo riferimento agli occhi dei cittadini 
(60%), e quasi il 30% afferma di provare una crescente fiducia nei suoi 
confronti. Si registra, per converso, un deterioramento dell'immagine del 
Governo e, soprattutto, degli Usa. Il 32% degli italiani ha, oggi, alla 
luce delle iniziative assunte in relazione alla guerra, meno fiducia 
nell'esecutivo. Allo stesso modo, il 39% dice di guardare con maggiore 
diffidenza verso gli Stati Uniti. A questo proposito, sembra già molto 
lontano l'11 settembre 2001, quando, all'indomani degli attentati di New 
York, ben il 67% della popolazione percepiva una maggiore vicinanza tra le 
due sponde dell'Atlantico.

La critica agli Usa sembra rivolgersi, in modo specifico, al ruolo della 
superpotenza sul piano internazionale: alla sua politica estera, colpevole, 
secondo la maggioranza del campione (55%), di non considerare gli interessi 
degli altri Paesi (mentre una porzione ben più bassa di intervistati, il 
34%, la vede come una garanzia per la sicurezza mondiale); alla sua 
economia e alle sue imprese, considerate responsabili delle asimmetrie tra 
paesi ricchi e paesi poveri (59%). Appare contenuta, invece, l'opposizione 
alla cultura e ai costumi americani: solo il 32% vede nella loro diffusione 
un rischio per le nostre tradizioni. Si rilevano, infine, alcuni segnali di 
apprezzamento: il 36% considera gli Usa un esempio per la libertà e l'idea 
di democrazia; ben il 57% ammira il modello di sviluppo tecnologico ed 
economico.

(23 febbraio 2003)

Fonte: 
http://www.repubblica.it/online/politica/noguerratre/eurisko/eurisko.html






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