Senza se e senza ma. Certamente è stato bello ritrovare uniti, il 15 febbraio scorso, milioni di persone in tutto il mondo. E' stato bello scoprire che l'ansia di pace, e la consapevolezza che la guerra porterebbe soltanto distruzioni e odio sempre maggiore, ha risvegliato in tutto il mondo quella libertà di pensiero che sembrava sopita dalle ambigue comodità tecnologiche del mondo occidentale da un lato, e dall'altro, dal nostro chiuderci a riccio nella paura dell'"after Twin Towers". E' stato bello gridare dal profondo del cuore, "No alla guerra, senza se e senza ma", sperando che alla fin fine anche i nostri governanti, spinti dal desiderio popolare, iniziassero un cammino di ripensamento, spronati se non proprio dal punto di vista etico e morale, perlomeno dalla "convenienza" che la sola pace può assicurare. Riflettiamo però adesso sul "dopo", sul "come". Dopo la manifestazione. Come agire. Il mio pensiero non si ferma sulle possibili iniziative "di lotta" (nonviolenta, per carità!) ma, espandendosi a banda larga, arriva a riflettere sul cambiamento anche delle abitudini, che il "popolo della pace", per arrivare ad essere davvero tale, dovrebbe imporsi. Noi cittadini del mondo occidentale... abituati a vedere come cosa normale il "consumo" (di energia, di prodotti, di tempo nella fretta dell'agire quotidiano)... anche senza averlo voluto siamo forgiati proprio dal meccanismo socio-economico che adesso impone la guerra per salvaguardare, almeno per qualche anno ancora, consumi e risorse. L'automobile ha bisogno di benzina per marciare. Il televisore, il computer, funzionano con l'elettricità generata in gran parte da idrocarburi. Il nostro lavoro rimane nell'ingranaggio del meccanismo di produzione-consumo su cui poggia l'intera nostra "civiltà". E se vogliamo una pace vera senza se e senza ma... qualcosa in questi meccanismi lo dobbiamo pur modificare. Lo so che mi ripeto... ma il nocciolo della questione rimane sempre questo... possiamo noi arrivare, insieme ma partendo da noi stessi, a vivere in modo più razionale e coerente con ciò in cui crediamo? Una vita più parca nei consumi? Una scelta attenta e intelligente delle risorse? Azioni per indirizzare - e abbiamo visto che la forza di farlo la possiamo avere - economisti, giuristi, scienziati, a trovare e creare metodi nuovi per regolare meglio i meccanismi delle risorse, materiali e umane? E inoltre, ancora azioni, per indirizzare le scelte politiche e tecnologiche nella ricerca di fonti energetiche alternative al petrolio? La luce del Sole ad esempio? La forza dei fiumi? Il calore del pianeta? Forse non si arriverà a soppiantare del tutto la richiesta di energia... spingiamo allora a consumare di meno, desiderare di meno. Prendiamo per modello non chi ha di più ma chi ha di meno. Vogliamo l'uguaglianza nel mondo, e allora cominciamo a calarci di più verso la media del vivere umano (comprendendo ovviamente tutti gli umani, e non solo gli occidentali) piuttosto che tentare di salire per la scalata nel successo, sia pure nel proprio ambito personale. Utopia ma utopia necessaria. Fossimo la maggioranza a pensarla così! Forse si arriverebbe a scongiurare quello che segnalavo mesi fa ("Quanti anni per sopravvivere?" nel mio sito personale), quando dal rapporto WWF 2002 arrivava la tragica sentenza di morte prossima ventura, entro una cinquantina d'anni, di ogni forma di vita nel pianeta. In quel momento pensai che l'"organismo Terra" bene o male avrebbe reagito generando da sé, attraverso le vicende del mondo, gli "anticorpi" necessari alla sua sopravvivenza. E guardando la situazione umana attuale ecco allora arrivarmi il sospetto che la stessa guerra mondiale prossima annunciata non sia altro che un modo,chissà, per scrollarsi di dosso proprio quella parte di umanità che più mina, con i suoi stolti comportamenti, la vita del mondo nella sua globalità. Comportamenti del mondo occidentale ma anche di parte degli altri. A meno che. A meno che non sia l'umanità stessa, finalmente, a capire. A scoprire la propria fragilità nel mondo. A ritrovarsi unita, fuori dagli schemi, confini e religioni, a combattere l'unica guerra che sia giusto combattere. Quella contro la nostra stessa stolta imbecillità. Abbiamo la tecnologia. Abbiamo la voglia di fare. Abbiamo poco tempo per farlo. Ce la faremo? Roberto Del Bianco |