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La nonviolenza e' in cammino. 505
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO
Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it
Numero 505 del 12 febbraio 2003
Sommario di questo numero:
1. Maria G. Di Rienzo, per la critica della propaganda
2. Un appello al papa
3. Da Genova per lo sciopero generale contro la guerra
4. Augusto Cavadi, una lettera agli ambasciatori
5. Movimento internazionale per la riconciliazione: contro la guerra, per la
nonviolenza
6. Mozioni dell'assemblea degli obiettori alle spese militari per la difesa
popolare nonviolenta
7. Luisa Morgantini, di ritorno dall'Iraq
8. Giulio Vittorangeli, "umano il carcere non puo' essere"
9. Silvia Vegetti Finzi, trasformare il sentire in saggezza
10. Francesco Comina intervista Reinhold Messner di ritorno dall'Iraq
11. Giobbe Santabarbara, per la propaganda della critica
12. La "Carta" del Movimento Nonviolento
13. Per saperne di piu'
1. EDITORIALE. MARIA G. DI RIENZO: PER LA CRITICA DELLA PROPAGANDA
[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59@libero.it) per
questo intervento. Maria G. Di Rienzo e' una delle principali collaboratrici
di questo foglio; prestigiosa intellettuale femminista, saggista,
giornalista, regista teatrale e commediografa, ha svolto rilevanti ricerche
storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento di Storia Economica
dell'Universita' di Sidney (Australia); e' impegnata nel movimento delle
donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta' e in difesa dei
diritti umani, per la pace e la nonviolenza]
Propaganda: il diffondere idee, informazioni o voci allo scopo di favorire o
danneggiare un'istituzione, una causa o una persona.
Ciascuna/o di noi fa quotidianamente esperienza della propaganda. A volte
riconoscerla e' semplicissimo (si tratta della "propaganda esplicita"): per
esempio, quando un produttore di abiti suggerisce che l'indossare i suoi
prodotti vi rendera' bellissime/i e desiderate/i.
La "propaganda velata" e' usata invece per influenzare le persone senza
rendere loro chiaro lo scopo che si cela dietro l'ovvio messaggio. Per
esempio, lo stesso produttore di abiti potra' pagare alcune celebrita'
affinche' indossino i suoi prodotti: chi guarda a quelle stesse celebrita'
come modelli vorra' vestire come loro. I poster e gli annunci pubblicitari
che invitano i giovani ad unirsi alle forze armate, per fare un altro
esempio, si focalizzano sulle opportunita' di studio e di viaggio offerte...
La propaganda influenza cio' che compriamo, cio' in cui crediamo, come ci
comportiamo e il modo in cui prendiamo decisioni. Sia la "propaganda
esplicita" sia quella "velata" possono essere rintracciate non solo nella
pubblicita', ma nel modo di riportare le notizie e nei prodotti destinati
all'intrattenimento (libri, film, spettacoli). Potete senz'altro considerare
anche questo mio articolo propaganda!
*
Alcune tecniche propagandistiche
- Testimonials. Persone famose od influenti vi dicono che usano un certo
prodotto, che voteranno per il tal candidato, o che stanno sostenendo un
certo progetto. Qualcuno che non e' conosciuto, ma che puo' essere
facilmente associato ad un prodotto o ad un concetto esprime pubblicamente
il suo sostegno ad un messaggio (ad esempio un sacerdote, non noto ma
riconoscibile come tale, che manda un messaggio morale).
- Sali sul carro del vincitore. I messaggi concepiti secondo questa tecnica
vi dicono che "cosi' fan tutte/i", usando frasi che cominciano con "Tutti
gli uomini, tutte le donne, tutti i ragazzi..." oppure "Ogni vero uomo, ogni
donna moderna...", "La maggioranza degli italiani...". I messaggi di questo
tipo sono spesso gridati e ripetitivi.
- Diffamazione. Questa tecnica e' spesso usata per colpire una persona
specifica o per generalizzare il giudizio su un certo tipo di persona o un
determinato gruppo. Un candidato alle elezioni puo' dire che il suo
oppositore, o che chiunque si trovi nel partito concorrente, ha terribili
scopi nascosti ecc. Questa tecnica e' comunemente usata per raccogliere
sostegno attorno a iniziative controverse di politica estera come un attacco
militare, o per suggerire che le persone di una tal nazionalita' sono tutte
"terroriste" e quelle di un'altra tutte "brave"; e' anche comunemente usata
per insultare e sminuire persone a seconda della loro appartenenza ad un
gruppo etnico, religioso, e persino generazionale: "Gli adolescenti di oggi
sono tutti degli irresponsabili e degli ignoranti".
- Specchietti per le allodole. Questa tecnica usa slogan o semplici frasi
che suonano bene, ma che forniscono scarse informazioni o nessuna
informazione del tutto. Un politico puo' ad esempio dire: "Un voto per me e'
un voto per la pace", senza pero' spiegare come intende ottenere la pace. La
tecnica viene usata anche per vendere nuovi e "miracolosi" prodotti, usando
slogan del tipo: "Ti sentirai piu' giovane di dieci anni", ma nessuna
informazione viene fornita sul come questo prodotto vi fara' sentire piu'
giovani. Frasi e parole chiave ricorrenti in questa tecnica saranno del
tipo: "i valori dell'occidente", "i valori della famiglia", "casa",
"patria", e cosi' via, ma nessuna informazione vi sara' data sulla
connessione fra le frasi/parole chiave e cio' che viene propagandato.
- Il cittadino/la cittadina qualsiasi. Questa tecnica si prefigge lo scopo
di ottenere fiducia. Ci si aspetta che le persone abbiano fiducia in
qualcuno che appaia semplice e "normale". Ad esempio, un anziano signore
vestito semplicemente ed in modo "decoroso" o tradizionale vi dira' di
votare il tal candidato perche' egli "e' uno di noi", perche' "lo
conosciamo, e' del nostro quartiere", perche' "me lo ricordo da quando era
alto cosi'...". Anche nella pubblicita' dei prodotti possiamo riconoscere
questa tecnica.
- Immagini. Questa tecnica viene usata per mostrare il proprio favore o
gradimento. Immagini piu' grandi, piu' attraenti, piu' colorate, vengono
usate allo scopo di influenzarvi. Un giornale puo' ad esempio pubblicare
un'immagine piu' grande e ben realizzata delle persone appartenenti alle
organizzazioni che il giornale stesso sostiene e/o approva, e immagini piu'
piccole o meno attraenti per sottolineare il distacco da persone/posizioni
che non approva. Spesso le immagini vengono ritoccate ad arte per
sottolineare un aspetto piuttosto che un altro.
- Linguaggio caricato. A seconda delle convinzioni di chi riporta la
notizia, la stessa persona, lo stesso gruppo o lo stesso evento, possono
risultare assai differenti. Riconoscere questa tecnica vi permettera' di
notare come frasi apparentemente neutre implichino in realta' un preciso
giudizio di valore. Per esempio, se il giornalista e' a favore del gruppo di
cui sta trattando potra' definirlo "di pubblico interesse" ("volontari per
la salute pubblica", "attivisti per i diritti umani"); se e' a sfavore, li
definira' "una lobby". Negli affari internazionali potete scorgere lo stesso
schema: il medesimo gruppo puo' essere descritto come "partigiani della
liberta' e dell'indipendenza" o come "movimento separatista".
2. APPELLI. UN APPELLO AL PAPA
[Ringraziamo suor Evelina Savini (per contatti: evelinasavini@virgilio.it)
per averci inviato questo appello gia' sottoscritto da numerose persone, ed
al quale invitiamo i nostri interlocutori ad aderire]
Al papa Giovanni Paolo II
Siamo la voce di un popolo: tra noi vi sono cattolici che La riconoscono
pastore e autorita' della Chiesa; vi sono cristiani di diverse confessioni,
fedeli di altre religioni e non credenti, che l'ascoltano e la rispettano
come autorevole capo spirituale e morale.
Siamo in tanti: uomini e donne diversi per credo religioso e politico, per
provenienza e cultura, per condizioni e scelte di vita. Ci lega un filo: non
vogliamo guerre, non vogliamo questa guerra.
Temiamo che gli organi istituzionali e le diplomazie, molti capi di Stato e
politici, non abbiano la volonta' o la forza per evitare un altro massacro.
Ci rivolgiamo a lei perche' chieda solennemente, ancora una volta, a governa
nti e governati di non fare questa guerra. Vorremmo che si levasse la sua
voce autorevole per invitare ogni uomo e donna di buona volonta' a porre ad
essa obiezione di coscienza. Che i parlamentari non la deliberino, che i
militari non la combattano, che ogni persona, secondo le sue possibilita',
percorra attivamente la strada dell'obiezione e della noncollaborazione.
Le chiediamo un'affermazione semplice e univoca, che non lasci scappatoie
per gli incisi e i distinguo.
Ci sentiamo accanto al popolo iracheno, che da una guerra vedrebbe solo
accresciute le proprie sofferenze. Ci sentiamo accanto alle vittime di ogni
guerra, di ogni terrorismo e a tutti i crocefissi della storia.
Santita', confidiamo in lei perche' si faccia voce di questo popolo. Grazie
per quanto ha fatto e fara'.
3. APPELLI. DA GENOVA PER LO SCIOPERO GENERALE CONTRO LA GUERRA
[Ringraziamo Norma Bertullacelli (per contatti: norma.b@libero.it) per
questo intervento. Norma Bertullacelli, insegnante, e' impegnata a Genova
nella "rete controg8 per la globalizzazione dei diritti"]
Anche oggi, mercoledi' 12 febbraio 2003, si svolgera' sui gradini del
palazzo ducale di Genova l'ora in silenzio per la pace.
L'iniziativa prosegue ormai da oltre 60 setttimane; ma lo svolgersi della
crisi in atto sta dimostrando che ogni pubblica presa di posizione, ogni
manifestazione, ogni iniziativa puo' avere la sua importanza per impedire il
deflagrare definitivo ed evidente di una guerra che, come dimostrano i
quotidiani bombardamenti sulla "no fly zone" e gli effetti devastanti
dell'embargo, si protrae dal decennio scorso.
Si sono svolte a Genova nei giorni scorsi diverse iniziative di discussione
e dibattito sulla guerra imminente; in ogni occasione i pacifisti, nel
sottolineare l'importanza della manifestazione internazionale del 15
febbraio hanno ribadito che la partecipazione dell'Italia a questa guerra
rappresenterebbe la terza violazione, nel giro di soli dieci anni, del
dettato costituzionale, che "ripudia" la guerra.
Si sono quindi appellati alle organizzazioni dei lavoratori affinche' in
tale sciagurata ipotesi, proclamino immediatamente lo sciopero generale. Si
tratterebbe di una doverosa difesa dell'ordine costituzionale violato dal
governo; una circostanza talmente grave da rendere inoperanti le stesse
procedure "ordinarie" di proclamazione dello sciopero. La legge 12 giugno
'90, n. 146, che introdusse le sciagurate "procedure di raffreddamento e
conciliazione" che limitano fortemente il diritto di sciopero, recita: "Le
disposizioni del presente articolo in tema di preavviso minimo e di
indicazione della durata non si applicano nei casi di astensioen dal lavoro
in difesa dell'ordine costituzionale, o di protesta epr eventi lesivi
dell'incolumita' e della sicurezza dei lavoratori". E, se non in presenza di
un governo e di un presidente della Repubblica che violano deliberatamente
la Costituzione, allora quando?
Norma Bertullacelli, Antonio Bruno, Graziella Gaggero, Roberto Leoni, Pino
Parisi, Sergio Tedeschi
4. INIZIATIVE. AUGUSTO CAVADI: UNA LETTERA AGLI AMBASCIATORI
[Ringraziamo Augusto Cavadi (per contatti: acavadi@lycos.com) per averci
messo a disposizione questa lettera, che e' anche un'utile proposta di
iniziativa. Augusto Cavadi e' docente di filosofia, storia ed educazione
civica, impegnato nel movimento antimafia e nelle esperienze di risanamento
a Palermo, collabora a varie qualificate riviste che si occupano di
problematiche educative e che partecipano dell'impegno contro la mafia.
Opere di Augusto Cavadi: Per meditare. Itinerari alla ricerca della
consapevolezza, Gribaudi, Torino 1988; Con occhi nuovi. Risposte possibili a
questioni inevitabili, Augustinus, Palermo 1989; Fare teologia a Palermo,
Augustinus, Palermo 1990; Pregare senza confini, Paoline, Milano 1990; trad.
portoghese 1999; Ciascuno nella sua lingua. Tracce per un'altra preghiera,
Augustinus, Palermo 1991; Pregare con il cosmo, Paoline, Milano 1992, trad.
portoghese 1999; Le nuove frontiere dell'impegno sociale, politico,
ecclesiale, Paoline, Milano 1992; Liberarsi dal dominio mafioso. Che cosa
puo' fare ciascuno di noi qui e subito, Dehoniane, Bologna 1993, seconda
ed.; Il vangelo e la lupara. Materiali su chiese e mafia, 2 voll.,
Dehoniane, Bologna 1994; A scuola di antimafia. Materiali di studio, criteri
educativi, esperienze didattiche, Centro siciliano di documentazione
"Giuseppe Impastato", Palermo 1994; Essere profeti oggi. La dimensione
profetica dell'esperienza cristiana, Dehoniane, Bologna 1997; trad. spagnola
1999; Jacques Maritain fra moderno e post-moderno, Edisco, Torino 1998;
Volontari a Palermo. Indicazioni per chi fa o vuol fare l'operatore sociale,
Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1998,
seconda ed.; voce "Pedagogia" nel cd- rom di AA. VV., La Mafia. 150 anni di
storia e storie, Cliomedia Officina, Torino 1998, ed. inglese 1999;
Ripartire dalle radici. Naufragio della politica e indicazioni dall'etica,
Cittadella, Assisi, 2000; Le ideologie del Novecento, Rubbettino, Soveria
Mannelli 2001. Vari suoi contributi sono apparsi sulle migliori riviste
antimafia di Palermo. Indirizzi utili: segnaliamo il sito:
http://www.neomedia.it/personal/augustocavadi (con bibliografia completa)]
Ho spedito agli ambasciatori di Francia e Germania in Italia il seguente
messaggio:
"La prego di porgere i sensi della solidarieta' di un comune cittadino
italiano al Governo che Lei rappresenta per i tentativi di evitare la guerra
contro l'Iraq.
Purtroppo non posso fare altrettanto col Governo del mio Paese dal momento
che il signor Berlusconi non e' abbastanza libero rispetto al signor Bush".
5. APPELLI. MOVIMENTO INTERNAZIONALE DELLA RICONCILIAZIONE: CONTRO LA
GUERRA, PER LA NONVIOLENZA
[Da Francesco Lo Cascio (per contatti: francesco.locascio@libero.it)
riceviamo e diffondiamo questo appello del Mir (Movimento Internazionale
della Riconciliazione), uno dei principali movimenti nonviolenti in Italia e
nel mondo]
1. Il Mir Italia aderisce alla mobilitazione contro la guerra in Iraq
indetta a livello internazionale per sabato 15 febbraio, aderisce alla
manifestazione di Roma ed alle altre iniziative locali programmate
parallelamente a quest'evento che coinvolge tutte le maggiori capitali del
mondo.
2. Fa appello per una presenza a Baghdad di delegazioni parlamentari di
pace, in tal senso formula il proprio invito a tutti gli europarlamentari
italiani, sostenendo altresi' le delegazioni parlamentari di Camera e
Senato.
3. Come nonviolenti contribuiremo alla mobilitazione per la pace e contro i
progetti di guerra, invitando all'obiezione di coscienza quanti rischiano di
essere coinvolti - con qualsiasi giustificazione - nella preparazione e
nell'attuazione di quella che si configura come l'ennesima "inutile strage".
4. In quanto movimento ecumenico per la pace e la nonviolenza, non possiamo
non sottolineare, in questa grave ora, la condizione di contraddizione di
quanti cristiani servono lo stato in armi, particolarmente dei cappellani
militari, chiamati alla cura di quanti hanno scelto di servire in armi in
guerre che sempre pio' offendono civili inermi.
5. Confidiamo nell'esame delle loro coscienze ed auspichiamo la revisione
della normativa nazionale che li riguarda.
6. Il Mir invita ad aderire per queste ragioni alla campagna "scelgo la
nonviolenza", copromossa unitamente alla "rete di Lilliput" ed al "Movimento
nonviolento", campagna di obiezione e di indisponibilita' al coinvolgimento
con le strutture militari, che invita alla sottoscrizione di un appello ed
al finanziamento di opere di pace.
7. aderisce alle proposte ed iniziative di digiuno per la pace, promosse e
praticate da diversi organismi associativi e diocesi, anche accogliendo in
tal senso l'appello di pace del papa.
8. Aderisce e promuove le iniziative locali di "ore di silenzio per la
pace", tutti i venerdi' pomeriggio da Torino a Palermo.
9. Sostenendo la campagna "bandiere di pace" che ha gia' raccolto l'adesione
di 800.000 famiglie che espongono dai balconi delle proprie case la propria
volonta' di pace, il Mir invita inoltre al coinvolgimento nella campagna di
chiese, scuole ed enti locali.
10. Come credenti impegnati per la pace, invitiamo a sostenere l'impegno
umanitario dei cristiani Irakeni attraverso il sostegno diretto alla diocesi
di Baghdad (tramite conto corrente postale intestato alle Missioni dei padri
carmelitani scalzi), oltre che tramite i progetti della Caritas
Internationalis.
11. ritenendosi altresi' impegnato nell'opposizione a qualsiasi tentativo di
strumentalizzazione bellicista - a fini di propaganda - del messaggio di
pace delle diverse fedi, denuncia il clima xenofobo e razzista di
strisciante criminalizzazione dell'adesione all'islam di quanti, immigrati e
no, vi aderiscono in Italia; auspicando il sostegno e l'incontro con il
pensiero islamico non fondamentalista, pacifista e nonviolento (ad esempio:
muslim peace fellowship).
Per la segreteria nazionale del Mir: Francesco Lo Cascio, Ilaria Ciliaci
Colantonio, Andrea Alessandrini
*
Per il sostegno a progetti umanitari in Iraq:
- padri carmelitani scalzi, segretariato generale per le Missioni, curia
generalizia della congregazione italiana, Ocd, BancoPosta: 430009, intestato
a: Procura Missioni, PP. Carmelitani Scalzi, Corso d'Italia 38, 00198 Roma;
- chi vuole sostenere gli interventi della Caritas Italiana puo' versare il
proprio contributo tramite conto corrente postale 347013 o anche conto
corrente bancario n. 100807/07 presso Banco Ambrosiano Veneto, piazzale
Gregorio VII Roma, ABI 03001 CAB 03201, entrambi intestati a Caritas
Italiana, viale Balzelli 41, 00146 Roma, causale: Iraq;
- altre opzioni su: www.unponteper.it/nontagliolacorda; www.emergency.it
6. MATERIALI. MOZIONI DELL'ASSEMBLEA DEGLI OBIETTORI ALLE SPESE MILITARI PER
LA DIFESA POPOLARE NONVIOLENTA
[Ringraziamo Antonino Drago (per contatti: drago@unina.it) per averci
inviato le seguenti mozioni approvate dall'assemblea degli obiettori alle
spese militari svoltasi a Bologna il primo-2 febbraio 2003]
Mozione generale
L'assemblea degli obiettori di coscienza alle spese militari per la difesa
popolare nonviolenta, e' rappresentativa della piu' durevole Campagna
nazionale italiana, che e' nata puntando sulla strategia politica di
combattere la guerra e lo strapotere delle forze armate con il lavoro
politico di costruire nella societa' civile la alternativa della difesa
popolare nonviolenta (in sigla: Dpn) e di farla riconoscere dallo Stato come
una istituzione pubblica, autonoma dai militari.
Anche in questo momento di tempesta bellica, l'assemblea ribadisce che la
migliore strategia politica per prevenire e fermare la guerra e' quella di
costruire iniziative dal basso di interposizione nonviolenta e di premere
sullo Stato affinche' i suoi organismi non boicottino la legge 230/98.
Questa ha accolto due obiettivi sui tre che gli obiettori di coscienza alle
spese militari per la difesa popolare nonviolenta avevano posto dal 1985; e
cioe' la riforma della legge sull'obiezione di coscienza e sul servizio
civile, e la attuazione di una prima istituzione di Difesa popolare
nonviolenta (in sigla: Dpn) attraverso l'Ufficio nazionale del servizio
civile (in sigla: Unsc) presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.
A causa della crescita del numero degli obiettori di coscienza, per cui il
servizio di leva ormai pendeva a favore del servizio civile e quindi della
alternativa politica della Dpn, i militari si sono ritirati dal loro
tradizionale potere sulla gioventu' nazionale, rinunciando all'obbligo di
leva, e ora si stanno costruendo l'esercito mercenario. Ma, se anche nei
prossimi anni venisse sospeso l'obbligo di leva, gia' la ulteriore legge
64/2001 ha istituito la prosecuzione del servizio civile volontario, lo ha
allargato alle donne e lo ha legato alla difesa alternativa della Patria
(secondo le sentenze della Corte Costituzionale in proposito). Ma queste
grandi conquiste parlamentari vengono disattese dallo Stato stesso,
all'interno di una demolizione dello Stato di diritto che puo' convenire
solamente a chi usa o la forza bruta delle armi o quella del superpotere
economico.
Quindi oggi la Campagna deve mantenere ancora una volta i due piani di
lotta: quello delle pressioni sul Parlamento per ottenere l'ultimo obiettivo
della Campagna di obiezione di coscienza alle spese militari per la difesa
popolare nonviolenta, quello del diritto a finanziare la pace invece della
guerra [tanto piu' se fatta da mercenari], attraverso una opzione fiscale
simile a quella in vigore per le confessioni religiose. Questo obiettivo si
e' molto avvicinato con la legge 64/2001, la quale permette all'Unsc di
ricevere somme da privati cittadini; per cui oggi si puo' obiettare alle
Forze armate versando parte delle tasse sempre allo Stato, ma direttamente
all'Unsc; il che ancora non e' corretto, ma segue quanto previsto da un
apposito odg approvato dalla Camera nel 1998.
Inoltre la Campagna, che gia' dal 1993 lancio' un coordinamento nazionale
tra le iniziative di interposizione nonviolenta nei luoghi di conflitto
internazionale, deve continuare a sostenerle, affinche' nella societa' si
realizzi comunque quello che l'Unsc non attua con decisione, tanto che da
due anni non spende i finanziamenti stanziati espressamente per la Dpn.
Inoltre l'assemblea invita tutti i deputati solidali con la nonviolenza e
con l'obiezione di coscienza a fare pressioni sull'Unsc e sul capo di Stato,
che e' anche il capo delle Forze di difesa nazionale, affinche' l'Unsc dia
attuazione immediata ed integrale alla volonta' popolare espressa dalle
votazioni del Parlamento con le leggi suddette.
In particolare invita a presentare interrogazioni parlamentari sulla
dichiarazione del direttore uscente dell'Unsc, secondo cui l'Ufficio non
dovrebbe istituire la Dpn, ma al massimo la protezione civile. Al contrario,
sia la Corte Costituzionale (sin dal 1985, sentenza 164) sia il Parlamento
italiano hanno abilitato gli italiani a far nascere, cosi' come prefigurato
anche dalla Agenda per la Pace dell'ex-segretario generale dell'Onu, Boutros
Ghali, un esercito alternativo non armato; che oggi piu' che mai e' urgente
attuare.
*
Mozione sui cappellani militari
L'assemblea degli obiettori di coscienza alle spese militari per la difesa
popolare nonviolenta
- plaude alla obiezione di coscienza alla guerra che l'attuale papa ha
espresso da vari anni ed anche in occasione di quest'ultima minaccia di
guerra, assieme ai vescovi statunitensi, canadesi, tedeschi e italiani,
oltre che a massime autorita' di altre confessioni;
- ricorda che gia' da tempo alcuni sacerdoti e religiosi sono obiettori di
coscienza alla guerra, partecipando alla Campagna di obiezione alle spese
militari e in piu' impegnandosi nell'assistenza spirituale ai giovani del
servizio civile.
L'assemblea inoltre ritiene che, poiche' oggi (anche a causa delle
autorevoli parole del Ministro alla Difesa on. Martino nel giorno 30 gennaio
2003: "anche i piu' alti prelati dovrebbero benedire...") non e' piu'
possibilee evitare di prendere posizione: o benedire le missioni e tutte le
uccisioni che esse comporteranno, o essere fedeli alla norma morale espressa
da tutte le autorita' ecclesiastiche sopra ricordate, oggi i mille
cappellani militari (solamente) cattolici sono tutti obiettori; perche' di
fatto o lo sono all'esercito, per essere fedeli alla loro fede; o lo sono
alla fede, per essere fedeli all'esercito; di conseguenza l'asssemblea
rivolge l'invito ai cappellani militari di riflettere se non sia giunto il
momento di scegliere personalmente in coscienza tra le stellette e la
fedelta' alla propria vocazione religiosa, e volendo fare della lealta' la
loro divisa, a riflettere se non sia bene dichiarare pubblicamente a quale
delle due istituzioni essi sono obiettori; con cio' l'assemblea ritiene che
essi renderanno un servizio alla loro coscienza e un servizio alla
trasparenza della loro diocesi (specifica per i cappellani militari) davanti
ai semplici soldati.
L'assemblea invita gli obiettori alle spese militari, i nonviolenti e chi
lotta per la pace a manifestare davanti ai distretti militari per invitare i
relativi cappellani militari a dichiarare pubblicamente la loro obiezione di
coscienza.
7. TESTIMONIANZE. LUISA MORGANTINI: DI RITORNO DALL'IRAQ
[Ringraziamo Luisa Morgantini (per contatti: lmorgantini@europarl.eu.int)
per averci inviato questo suo intervento gia' apparso sul quotidiano
"Liberazione" del 9 febbraio 2003. Luisa Morgantini, da sempre impegnata per
la pace, e' parlamentare europea]
"Cominciavamo a respirare dopo anni terribili di totale embargo, dopo le
distruzioni della guerra del '91. Qualche maglia si era aperta non soltanto
con il programma 'Petrolio in cambio di cibo', ma anche con vari tipi di
scambi commerciali. Finalmente si erano aperte alcune ambasciate,
soprattutto presenze di diplomatici a livello internazionale. Dopo anni di
totale isolamento si era aperto anche l'aeroporto di Baghdad, con voli da
Hamman, Damasco, El Cairo, e anche interni tra Baghdad e Bassora. Adesso
tutto ricomincia, siamo qui in attesa delle bombe che cadranno su di noi.
Perche' non ci lasciano vivere in pace? Io non lo so ma non credo proprio
che noi abbiamo bombe nucleari, certamente Bush ne ha tantissime e tante e
tante Israele. E allora perche'? Saddam non piace, possiamo o no decidere
noi? Sono giovane, voglio vivere, voglio studiare, adoro i prodotti della
terra, studio agricoltura ma non ho neanche i libri sui quali studiare".
Karim e' uno studente timido, mi vuole invitare a casa sua a pranzo, l'ho
incontrato per strada mentre cercavo di raggiungere i parlamentari europei.
Fa il taxista per poter guadagnare qualcosa. La sua famiglia non e'
poverissima, sua madre e' una insegnante elementare, il padre e' morto
durante la guerra in Iran.
Nell'andare verso l'albergo guardiamo insieme le nuove costruzioni a
Baghdad: il palazzo della televisione, i nuovi edifici ministeriali, le
strade larghe, i nuovi ponti, i passaggi, i tunnel. Karim dice: "in questa
strada pero' c'era un vecchio bagno ottomano. Era molto bello, ma per
costruire questa strada abbiamo perso un pezzo della nostra storia, della
nostra cultura. Pero' questa strada e' utile".
Da tre anni non tornavo a Baghdad. Sono sorpresa dalla diversita', dal
maggiore ordine, dalla minore miseria che vedo in alcuni quartieri.
Naturalmente andiamo a Saddam City, il quartiere povero, con fogne ancora a
cielo aperto, miseria, mancanza di lavoro, assenza di servizi. Eppure
Baghdad mi sembra sia cresciuta molto negli ultimi tre anni, poi pero'
quando parlo con le persone sento dire che gli insegnanti continuano a
prendere otto/dieci dollari al mese, i medici undici e tutti sono totalmente
dipendenti dalle razioni di cibo che vengono redistribuite grazie al
programma "Petrolio in cambio di cibo". Aiuti che non sono pero' forniti,
come anche molti parlamentari della nostra delegazione pensano, dalla
comunita' internazionale al popolo iracheno che soffre la fame sotto un
embargo che dura ormai dalla guerra del Golfo. Si tratta delle risorse
irachene, la vendita dei barili di petrolio, il cui ricavato non puo' essere
usato liberamente dal governo iracheno, ma deve sottostare a precise regole
dettate dalle risoluzioni delle Nazioni Unite. Una umiliazione per il popolo
iracheno che non ha nessuna sovranita' sulle proprie risorse naturali,
economiche e sociali, come ci dice il rappresentante dell'Undp a Baghdad.
Attraversiamo i quartieri popolari, la gente acquista, i negozi sono pieni
di merci. Karim dice che tutti fanno compere perche' la prossima settimana
ci sara' la festa musulmana. Mi sembra di impazzire. Guardo queste case,
questi negozi, questa gente, i tanti bambini che sono per le strade. Non si
sente alcuna aggressivita', ma una impalpabile rassegnazione. Eppure i
nostri media e i governanti ci danno una versione di questo popolo come
fanatico e crudele. Penso con disperazione che tutti questi lavori, queste
vite umane, queste costruzioni, questa fatica umana, tra quindici giorni
potrebbe essere polvere. Dal cielo potrebbero arrivare le tremila bombe
promesse da Bush.
Tutta la nostra delegazione - siamo trenta parlamentari europei delle
diverse formazioni politiche, dal nostro gruppo Gue-verdi nordici,
all'alleanza dei verdi, ai socialisti europei (pochi) e una parlamentare
danese del gruppo delle differenze e diversita', accompagnati da molti
giornalisti delle testate europee - sente l'angoscia di quanta distruzione
la guerra di Bush puo' portare. Cio' che accomuna la delegazione dei
parlamentari europei e' il netto rifiuto alla guerra. Alcuni pensano che
bisogna dare spazio agli ispettori e che se gli ispettori trovassero
veramente armi di distruzione di massa forse non si opporrebbero cosi' tanto
all'attacco. Ma la grande maggioranza di noi e' contro la guerra ed e' anche
convinta dalle continue dichiarazioni di Bush che questa guerra e' dettata
dalla volonta' di dominio, non soltanto per il possesso del petrolio
iracheno ma per un nuovo colonialismo imperiale in tutta l'area
mediorientale, anche guardando all'Asia e al futuro della Cina.
La delegazione ha deciso di non incontrarsi con rappresentanti del governo
iracheno per manifestare la nostra contrarieta' a Saddam Hussein. Una
decisione sofferta. Alcuni di noi pensavano che un incontro anche con
rappresentanti governativi non avrebbe significato un'adesione alla politica
di Saddam Hussein, ma ai rappresentanti del governo avremmo potuto esprimere
la nostra opposizione sia alla guerra che alla politica di oppressione e di
controllo della popolazione da parte del regime.
Andiamo a Bassora, citta' millenaria, il vecchio centro storico degradato e
fatiscente, case sventrate dai bombardamenti iraniani prima, dalla guerra
civile poi, tra sciiti e sunniti, e dai successivi bombardamenti americani,
i bambini escono dalle vecchie porte di legno. Incontriamo i rappresentanti
del parlamento iracheno, anche loro come Karim ci chiedono perche', ma hanno
anche le risposte: "L'America vuole il petrolio e vuole tenerci nel
sottosviluppo. Perche' voi europei non ve ne accorgete? Questa guerra e'
anche contro di voi. L'America ha paura di un'Europa unita".
Andiamo a vedere da lontano un impianto petrolifero, dalle ciminiere lingue
di fuoco lambiscono il cielo, se ci sara' la guerra bruceranno tutti i
pozzi? Visitiamo un ospedale di maternita', fotografie agghiaccianti di
bambini nati deformi. Il direttore dell'ospedale ci dice che i casi di
bambini nati deformi sono aumentati soprattutto negli ultimi anni, sostiene
che questo e' dovuto all'uso dell'uranio impoverito durante i bombardamenti
Usa. Visitiamo i diversi reparti, bambini denutriti, donne con gli occhi
fissi nel vuoto, un medico al quale un cameraman chiede di fare la prova
della luce su camice bianco dice con una voce mesta, "Si', si', prendi pure
la mia immagine, potrebbe essere l'ultima volta, quando tornerete qui
potremo non esserci pi?ª. E' cosÏ che vive la gente, aspettando che dal
cielo piovano le bombe". Ma poi il medico aggiunge: "Non pensate pero' che
non ci rivolteremo, non potranno distruggere tutto. Se i soldati americani
verranno ad occuparci, anche io usero' il fucile".
Guardiamo alla televisione la relazione di Colin Powell alle Nazioni Unite,
siamo nella sala stampa irachena. Powell non da' prove, l'esperto iracheno
Saidi risponde subito in conferenza stampa dicendo ai giornalisti: "Nessuna
prova, le foto mostrate sono luoghi che gli ispettori hanno gia' visitato,
la telefonata e' un'invenzione, le telefonate si possono manomettere. I
legami con Al Qaeda? Ridicolo".
Dobbiamo fermare questa guerra, dobbiamo fare l'impossibile. Certo disarmare
Saddam Hussein, cosi' come anche Sharon, Bush e Al Qaeda. Il 15 febbraio a
milioni dovremo riempire le piazze del mondo, ma e' tempo per tutti coloro
che vogliono pace e giustizia di fare anche l'impossibile per fermare questa
guerra. Non e' tempo solo di manifestazioni, la politica di Bush porta alla
catastrofe.
8. RIFLESSIONE. GIULIO VITTORANGELI: "UMANO IL CARCERE NON PUO' ESSERE"
[Giulio Vittorangeli (per contatti: giulio.vittorangeli@tin.it) e' uno dei
principali collaboratori di questo foglio, e una delle piu' limpide e
autorevoli figure della solidarieta' internazionale]
Nel bellissimo editoriale del 22 gennaio, Luciano Bernabei raccontava come
dal carcere "... si riesce a vedere il mondo al microscopio, con le sue
etnie e le loro diversita', profonde e radicate, ne ho contemplato gli usi e
costumi, ma ho soprattutto constatato gli effetti dell'egemonia
occidentale... La maggior parte delle persone, i nostri fratelli, non hanno
mai visto riconosciuta la loro dignita' umana, ed hanno perso o non hanno
mai avuto la speranza di conquistare i diritti fondamentali dell'uomo".
Intanto, nonostante i ripetuti appelli al "gesto di clemenza" verso i
detenuti di Giovanni Paolo II, dai tempi del Giubileo alla rotonda di Regina
Coeli, fino all'emiciclo di Montecitorio, e dopo il dilemma: indulto,
indultino, amnistia (tutte accompagnate da limitazioni, prescrizioni,
esclusioni); il silenzio e' calato nuovamente sull'universo carcerario. Il
problema e' che in Italia manca una politica penale e penitenziaria degna di
questo nome; mentre abbiamo un ceto politico in gran parte cresciuto nel
culto della legge e dell'ordine, della galera e dell'accoglienza coatta, dei
respingimenti alla frontiera e delle comunita' terapeutiche chiuse. Cosi' il
dibattito politico sulla clemenza verso i carcerati si e' troppo
aggrovigliato e implica scelte troppo delicate perche' si giunga a una
decisione in una fase preelettorale; anche se il cosiddetto indultino e'
stato approvato alla Camera, ma non ancora al Senato.
Ha scritto (sul "Manifesto" del 22 gennaio 2003) Stefano Anastasia: "Che ne
sara' a queste condizioni dell'appello del papa? Niente? No, forse no:
qualcuno capitato per caso in galera ci sara', un colletto bianco (e,
ovviamente, con la faccia bianca), non recidivo come si conviene, che per
accidente e' stato condannato per un reato minore e che per accidente si e'
vista rendere esecutiva la pena detentiva, uscira' di galera e sara' grato
alla maggioranza parlamentare che l'avra' liberato dalla prigione. E anche
per quell'unico colletto bianco con la faccia bianca noi saremo contenti. Ma
la clemenza no, non sara' stata fatta; e la politica no, non sara' cambiata.
Le galere continueranno a riempirsi, di corpi indegni dell'una e dell'altra.
Merce di scambio elettorale".
Quella del carcere e' una realta' vittima di una disinformazione spudorata e
avvilente, che finisce per inchiodare i detenuti all'oblio e a un destino di
completa marginalita'. "A tutt'oggi il carcere non lo si riesce a piegare a
nessuna utilita' sociale, anzi rimane il maggior riproduttore di subcultura:
entrano uomini ed escono bambini, entrano bambini ed escono pacchi-bomba,
senza fissa dimora. Quando dal carcere escono persone che hanno saputo
ritrovare un senso, hanno riacquistato dignita' e autostima, cio' non e'
dovuto alla durezza e all'inumanita' di un sistema, bensi' e' la vita che
cambia gli uomini e non l'imposizione di una sofferenza fine a se stessa. Il
carcere oggi e' solo un contenitore di numeri e di miserie. Parlo di un
carcere che non ha piu' al suo interno una spinta a rinnovarsi, di un
carcere popolato da uomini vestiti non tanto di rabbia e odio, ma di paura e
stanchezza. Uomini che se non aiutati a migliorare rimangono al palo, con la
sola aspettativa di scontare in fretta la propria condanna e cio' senza
vista prospettica, senza speranza. Ho l'impressione che il carcere italiano
possa essere definito un involucro chiuso agli uomini, alle idee, ai
cambiamenti, cosi' premeditatamente chiuso e imbullonato al pregiudizio, che
persino la pieta' e' diventata un sentimento buonista. Tutto e' buonista nei
riguardi del carcere. A tal punto che l'inumanita' e' ormai un effetto
meccanico di un contesto standardizzato, e allora perche' scandalizzarsi,
rischiando anche di essere annoverati nel movimento dei caritatevoli, o
peggio dei sostenitori del male? Con questa realta' attuale (passata e
persistente) occorre chiedersi quale sia lo scopo di imprigionare dei
dodicenni: per recuperarli o piu' semplicemente per levarceli dai piedi?"
(cosi' una testimonianza da "Adista" del 4 gennaio 2003).
Ecco perche' si dovrebbe iniziare a parlare di alternative al carcere. Oggi
ci sono varie forme di inumanita', ma "umano" il carcere non puo' essere;
per essere la pena "soltanto" privazione di liberta', dovrebbe definire di
"quali" liberta' ti priva, e denominarle in parole. Ma quale costituzione
oserebbe suonare: il detenuto non avra', per anni dodici, un suo tempo, un
suo spazio, possibilita' di progetto, possibilita' di lavoro (non parliamo
neanche del "suo" lavoro), possibilita' di sessualita', possibilita' di
maternita' e via dicendo? La coscienza della societa' moderna si nutre del
fantasma di un carcere come luogo che semplicemente priva della liberta' di
violare la norma, di intaccarla; e racconta a se stessa che non deve essere
"afflittivo", ma anzi "recuperante".
9. MAESTRE. SILVIA VEGETTI FINZI: TRASFORMARE IL SENTIRE IN SAGGEZZA
[Da Silvia Vegetti Finzi, Il bambino della notte, Mondadori, Milano 1998, p.
249. "Silvia Vegetti Finzi e' nata a Brescia il 5 ottobre 1938. Laureatasi
in Pedagogia, si e' specializzata in Psicologia Clinica presso l'Istituto di
Psicologia dell'Universita' Cattolica di Milano. All'inizio degli anni '70
ha partecipato a una vasta ricerca internazionale, progettata dalle
Associazioni Iard e Van Leer, sulle cause del disadattamento scolastico.
Inoltre ha lavorato come psicoterapeuta dell'infanzia e della famiglia nelle
istituzioni pubbliche. Dal 1975 e' entrata a far parte del Dipartimento di
Filosofia dell'Universita' di Pavia ove attualmente insegna Psicologia
Dinamica. Dagli anni '80 partecipa al movimento femminista, collaborando con
la "Universita' delle donne Virginia Woolf"di Roma e con il Centro
Documentazione Donne di Firenze. Nel 1990 e' tra i fondatori della Consulta
(laica) di Bioetica. Dal 1986 e' pubblicista del "Corriere della Sera" e
successivamente anche di "Io donna" e di "Insieme". Fa parte del comitato
scientifico delle riviste: "Bio-logica", "Adultita'", "Imago ricercae",
nonche' dell'Istituto Gramsci di Roma, della "Casa della Cultura" di Milano,
della "Libera Universita' dell'Autobiografia" di Anghiari. E' membro
dell'Osservatorio Nazionale per l'infanzia e l'adolescenza, della Societa'
Italiana di Psicologia; della Societe' internationale d'histoire de la
psychoanalyse. Nel 1998 ha ricevuto, per i suoi scritti di psicoanalisi, il
premio nazionale "Cesare Musatti" e per quelli di bioetica il premio
nazionale "Giuseppina Teodori". Sposata con lo storico della filosofia
antica Mario Vegetti, ha due figli adulti, Valentina e Matteo" (Questa
notizia biografica abbiamo estratto dal sito dell'Enciclopedia multimediale
delle scienze filosofiche: www.emsf.rai.it). Opere di Silvia Vegetti Finzi:
(a cura di), Il bambino nella psicoanalisi, Zanichelli, Bologna 1976; (con
L. Bellomo), Bambini a tempo pieno, Il Mulino, Bologna 1978; (con altri),
Verso il luogo delle origini, La Tartaruga, Milano 1982; Storia della
psicoanalisi, Mondadori, Milano 1986; La ricerca delle donne (1987);
Bioetica, 1989; Il bambino della notte. Divenire donna, divenire madre,
Mondadori, Milano 1990; Il romanzo della famiglia. Passioni e ragioni del
vivere insieme, Mondadori, Milano 1992; (con altri), Questioni di Bioetica,
Laterza, Roma-Bari 1993; (con Anna Maria Battistin), A piccoli passi. La
psicologia dei bambini dall'attesa ai cinque anni, Mondadori, Milano 1994;
Freud e la nascita della psicoanalisi, 1994; (con Marina Catenazzi),
Psicoanalisi ed educazione sessuale, Laterza, Roma-Bari 1995; (con altri),
Psicoanalisi ed identita' di genere, Laterza, Roma-Bari 1995; (con Anna
Maria Battistin), I bambini sono cambiati. La psicologia dei bambini dai
cinque ai dieci anni, Mondadori, Milano 1996; (con Silvia Lagorio, Lella
Ravasi), Se noi siamo la terra. Identita' femminile e negazione della
maternita', Il Saggiatore, Milano 1996; (con altri), Il respiro delle donne,
Il Saggiatore, Milano 1996; Volere un figlio. La nuova maternita' fra natura
e scienza, Mondadori, Milano 1997; (con altri), Storia delle passioni,
Laterza, Roma-Bari 1997; Il fantasma del patriarcato, 1997; (con altri),
Fedi e violenze, Rosenberg & Sellier, 1997; L'eta' incerta. I nuovi
adolescenti, Mondadori, Milano, 2000. Collabora inoltre con le riviste
filosofiche: "Aut Aut" e "Iride". Molti suoi scritti sono stati tradotti in
francese, inglese, tedesco e spagnolo]
Saranno la conoscenza, la consapevolezza critica, la passione politica a
trasformare il sentire in saggezza.
10. FRANCESCO COMINA INTERVISTA REINHOLD MESSNER DI RITORNO DALL'IRAQ
[Ringraziamo Francesco Comina (per contatti: f.comina@ilmattinobz.it) per
averci inviato questa intervista gia' apparsa su "Il Mattino di Bolzano".
Francesco Comina, giornalista e saggista, pacifista nonviolento, e'
impegnato nel movimento di Pax Christi; nato a Bolzano nel 1967, laureatosi
con una tesi su Raimundo Panikkar, collabora a varie riviste. Opere di
Francesco Comina: Non giuro a Hitler, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo
(Mi) 2000; ha partecipato alla redazione del libro di AA. VV., Le periferie
della memoria, e a AA. VV., Giubileo purificato. Reinhold Messner, il piu'
grande scalatore oggi vivente, e' deputato verde al parlamento europeo]
Reinhold Messner e' appena tornato da una missione diplomatica in Iraq
formata da una trentina di parlamentari europei e altri referenti delle
grandi organizzazioni di base. Per cinque giorni la delegazione ha
incontrato i volti della gente, le rappresentanze della societa' civile e
della politica, per cercare di capire le ragioni di un conflitto devastante,
che preme alle porte del Paese e che rischia di colpire duramente una
popolazione gia' prostrata da dieci anni di embargo.
"Questo popolo mite - ha detto Messner - e' innocente, ma rischia di venire
ucciso da una tempesta di bombe e di missili che comprometteranno il
territorio per decenni aumentando la mortalita' infantile, degli anziani,
delle donne e degli uomini che gia' fanno fatica a vivere". Ma Messner
solleva anche un problema politico: "Con la guerra ne va della credibilita'
dell'occidente"
*
- Francesco Comina: Reinhold Messner, lei e' appena tornato da una missione
diplomatica in Iraq organizzata da alcuni parlamentari europei. Le sue prime
parole, appena sbarcato dall'aereo, sono state di forte condanna nei
confronti della guerra annunciata piu' volte dall'America di Bush e
dall'Inghilterra di Blair. Quali sono le ragioni di questa militanza
pacifista?
- Reinhold Messner: In Iraq mi e' apparsa subito chiara una verita', che
avevo gia' coltivato nei giorni scorsi: una eventuale guerra in Iraq non
tocchera' minimamente chi ha la responsabilita' politica del Paese, ma
uccidera' cinicamente il popolo, massacrera' donne, bambini, vecchi,
devastera' un territorio, ammalera' i cittadini che non hanno alcuna colpa.
Il regime di Saddam Hussein e' un regime terribile, non ci sono dubbi, pero'
lui si riparera' facendosi scudo di un popolo mite, il piu' mite popolo che
ho conosciuto in un Paese islamico.
- F. C.: Cosa intende dire?
- R. M.: E' una cosa stranissima. La gente e' molto rispettosa, tollerante,
paziente. Non ho visto alcuna aggressivita'. E' la prima volta che mi
capita. Sono stato in Pakistan, a Bali, nello Yemen e normalmente c'e' una
certa insofferenza nei confronti degli occidentali. In Iraq no. Anche se uno
e' americano e' rispettato. E fra poco cosa vedranno? Noi che getteremo le
bombe sulle loro teste. E' terribile.
- F. C.: Gli iracheni sono preparati alla guerra? La sentono ormai come
decisa?
- R. M.: Vivono come se il problema non ci fosse. Ma e' una finzione. Sono
stato con un gruppo di artisti che rideva, come i nostri sudtirolesi quando
bevono. Ma credo che sia un modo per allontanare il pericolo. A volte ho
avuto la sensazione che il popolo non capisca nemmeno il perche' della
guerra. Soffrira' in un modo angosciante. Non solo per le bombe che cadranno
dal cielo, ma per l'acqua inquinata, per la mancanza di cibo. I bimbi
moriranno perche' saranno costretti a bere dai pozzi dato che il sistema
dell'acqua verra' messo subito fuori uso con l'abbattimento delle centrali
elettriche. E loro si chiedono: "Ma cosa abbiamo fatto?".
- F. C.: Crede che l'Iraq abbia armi per difendersi dagli attacchi
americani?
- R. M.: No. Non ci sara' resistenza, perche' il Paese non ha la forza di
resistere. Saddam mettera' in moto alcuni carriarmati, forse - ma non si
puo' dimostrare - ci sara' nascosto qualche armamento, pero' non ci sara'
reazione. Quelli che potranno, si nasconderanno nei bunker sotto terra e la
gente che non ha nessuna colpa sara' colpita in modo terribile.
- F. C.: Avete visitato alcuni palazzi istituzionali?
- R. M.: Si', siamo stati accolti in Parlamento dal presidente, abbiamo
discusso con lui e abbiamo fatto anche le nostre accuse gravi. Io gli ho
perfino detto, davanti a tutti, che il regime deve collaborare attivamente
con gli ispettori dell'Onu. Devono far sapere che fine hanno fatto tutte le
armi in possesso di Saddam. E siccome la guerra e' in gran parte una
risposta al dittatore, il Parlamento deve imporsi per convincerlo a lasciare
il Paese ed evitare in questo modo un bagno di sangue.
- F. C.: Lei crede che questa guerra sia ancora evitabile?
- R. M.: Questa guerra e' del tutto controproducente e l'unico effetto che
avra' e' l'aumento di un nuovo e ancor piu' pericoloso terrorismo. In piu'
compromettera' la terra per decenni, inquinando i fiumi, i laghi. Di piu':
questa guerra costera' molta credibilita' all'occidente. Dove sono i nostri
valori? Dov'e' la nostra democrazia che chiede le prove prima di castigare i
colpevoli? Se Powell in America dice: "Ma si', la' qualcuno ha spostato del
materiale..." deve dimostrarlo. Altrimenti e' una finzione. Il giorno dopo
l'intervento di Powell siamo stati con i responsabili degli ispettori
dell'Onu i quali hanno detto che tutto cio' che ha dichiarato Powell non e'
dimostrato per nulla e in realta' - hanno aggiunto - dovevano comunicare a
noi questi dati e noi poi avremmo dovuto andare a controllare. Ma non hanno
nemmeno chiesto la prova. Perdiamo credibilita' nel mondo!
- F. C.: L'Europa, l'occidente?
- R. M.: Io oggi, tornato dall'Iraq, sono fiero di appartenere alla vecchia
Europa. Il mondo nuovo, quello di Bush, non e' il mio mondo. Io sono molto
rispettoso di quello che gli americani hanno fatto nella seconda guerra
mondiale per liberare la Germania e anche parzialmente l'Italia, ma qui non
e' la stessa cosa, qui non c'e' un popolo che con la mano alzata segue un
Fuehrer con una guerra di aggressione ammazzando sei milioni di ebrei. Qui
c'e' un popolo che non ha a che fare con questo regime e che in gran parte
non e' d'accordo. Speriamo che in Italia la gente scenda nelle strade per
dire no alla guerra. Perche', e lo vedrete, la prima cosa che faranno gli
americani sara' un bombardamento massiccio su Baghdad. Ma che senso ha? E'
come se un domani arrivassero i cinesi sopra il Sudtirolo per bombardare
Bolzano e Merano. E noi tutti diremmo: "Ma che cosa abbiamo fatto?".
- F. C.: Cos'e' che l'ha impressionata di piu'?
- R. M.: Ho visto molti bambini, di dieci, dodici anni, silenziosi,
impauriti. E mi hanno detto che nelle scuole alcuni insegnanti sono
costretti a raccontare che fra poco pioveranno dall'alto delle bombe e che
tutta la terra sara' rovinate e loro moriranno. I bimbi tornano a casa
piangendo. E' il regime che lo impone. E' una cosa incredibile la violenza
che viene mossa contro questa popolazione. E adesso vogliamo fargli una
guerra addosso?
- F. C.: La societa' civile in Europa e' contro la guerra. Sabato prossimo
ci sara' una grande manifestazione a Roma.
- R. M.: Questa e' l'unica possibilita'. Se in tutto il mondo la gente
scendesse nelle piazze, allora forse si creerebbe una forza contro la guerra
e si alimenterebbe una piccola speranza di pace. Intanto si sta rafforzando
l'asse Parigi-Berlino contro l'intervento. Se i francesi questa volta
terranno duro sara' decisivo. La Francia, molto piu' della Germania, ha la
possibilita' di alzare il prezzo della questione irachena, soprattutto nei
confronti dell'America. Questo fatto, insieme, alla ribellione dal basso,
puo' essere l'unica possibilita' per evitare un'assurda guerra contro una
popolazione inerme.
11. EDITORIALE. GIOBBE SANTABARBARA: PER LA PROPAGANDA DELLA CRITICA
Due postille soltanto, o rasoiate che dir si voglia.
*
La prima.
Resto sorpreso ogni volta che qualcuno organizza una manifestazione e la sua
prima preoccupazione e' che la tv lo riprenda. Come quei viaggiatori che
giunti dinanzi ad una delle sette meraviglie del mondo le voltano le spalle
all'ansiosa ricerca di qualcuno da cui farsi fotografare, essendo il loro
fine non di vedere il monumento ma di portare a casa una foto di loro
davanti a quel monumento che non avranno visto ma che fara' da sfondo ai
loro sorrisi beati.
Resto sorpreso perche' io credo di aver sempre saputo che dalla televisione
parlano gli assassini, e che - come diceva la mia povera nonna Emilia -
quello che dice la televisione "sono tutte bugie, non e' vero niente". La
mia saggia nonna aveva ragione; e se fosse vissuta tanto da vedere la
televisione di oggi forse userebbe un linguaggio piu' colorito.
Davvero qualcuno pensa che il valore di una manifestazione per la pace
dipenda dalle telecamere presenti? E davvero qualcuno pensa che chi pensa
cosi' possa essere di qualche utilita' nell'impegno contro la guerra?
Sveglia, ragazzi.
*
La seconda postilla.
Sarebbe bene infatti che la smettessimo di dipendere dai media del potere e
pensassimo a dire noi quel che noi pensiamo, a fare noi un'informazione
onesta e intelligente, a costruire noi nostri canali partecipativi non solo
di informazione e documentazione, ma di conoscenza e dialogo, di
comunicazione in senso forte (la comunicazione come la pensava Danilo
Dolci); sarebbe bene che ci decidessimo a uscire dalla subalternita'.
Ed a questo proposito sarebbe ora che cominciassimo a preoccuparci delle
idiozie che i nostri poveri e sovente distrattissimi mezzi d'informazione
pacifisti diffondono, che tolgono credibilita' a tutto cio' che sui nostri
fogli circola.
E per essere antipatico una volta di piu': non passa giorno che su qualche
quotidiano, rivista, radio, sito e mailing list pacifista non viene
riprodotto quell'appello del cosiddetto "vescovo cattolico americano contro
G. W. Bush", che nei termini in cui e' proposto e' un falso; non passa
giorno che qualcuno non rimetta in circolazione un delirante appello secondo
cui l'Onu inviterebbe a inviare e-mail a un proprio sito contro la guerra,
che e' un falso; non passa giorno che non vengano compuntamente ripetute
all'infinito notizie cosi' patentementa false che ci sarebbe da ridere se
non ci fosse da piangere (ad esempio che il parlamento brasiliano starebbe
per eccetera).
E ancora: non si riesce piu' a trovare una traduzione decente di testi di
autori anche prestigiosi; trovare un articolo pacifista scritto in italiano
decente e' piu' difficile che raggiungere Angelica nel Furioso; i piu'
celebrati chiacchieroni pacifisti si sono abituati a spararle cosi' grosse
che piu' grosse non si puo', e certi loro deliri vengono ripetuti
all'infinito - di articolo in articolo, di volonatino in volantino - come
fossero vangelo mentre restano deliri degni al piu' di una segnalazione al
servizio di salute mentale. Ma insomma, cari amici, vogliamo metterci un po'
di attenzione, di intelligenza e di onesta', in quel che scriviamo e
diciamo? E vogliamo metterci un po' di attenzione, di intelligenza e di
onesta', anche quando leggiamo e ascoltiamo? Dobbiamo proprio fare, del
tutto specularmente, i laidi imitatori della propaganda dei guerrafondai?
E c'e' di peggio: si continua a lasciarsi infiltrare dalla piu' bieca
propaganda antisemita di matrice fin linguisticamente hitleriana, come se
niente fosse; si continua a permettere la propaganda totalitaria e
menzognera la piu' spudorata come se fosse acqua fresca; si continua a non
prendere sul serio la necessita' di uscire dalle ambiguita' sulla violenza;
si continua a permettere a dei provocatori da lunga pezza smascherati come
tali di essere persino tra i cosiddetti portavoce del "movimento" e tra gli
organizzatori delle iniziative piu' importanti; si continua a permettere a
molti di sputare nel piatto in cui mangiano, anzi trangugiano, invece di
chiedere loro di decidere da quale parte stanno.
Pensiamo davvero di poter fare qualcosa di utile contro la guerra, di poter
fare qualcosa di utile per la pace, facendo da scendiletto a chi costruisce
le proprie carriere calpestando cadaveri? Pensiamo davvero di poter essere
antirazzisti se permettiamo alla propaganda hitleriana di infiltrarsi nel
movimento per la pace?
Pensiamo davvero che si possa essere per la pace senza fare la scelta della
nonviolenza, la scelta della nonmenzogna?
Sveglia, ragazzi.
*
Non c'e' piu' spazio per le ambiguita', non c'e' piu' tempo per le
bambocciate. Non c'e' piu' tempo. Solo la nonviolenza puo' fermare la
guerra. Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.
12. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.
13. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti, la e-mail e': azionenonviolenta@sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben@libero.it;
angelaebeppe@libero.it; mir@peacelink.it, sudest@iol.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it. Per
contatti: info@peacelink.it
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO
Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it
Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio
con richiesta di rimozione a: nbawac@tin.it
Numero 505 del 12 febbraio 2003