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La nonviolenza e' in cammino. 477
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO
Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it
Numero 477 del 15 gennaio 2003
Sommario di questo numero:
1. Giobbe Santabarbara, un contributo alla riflessione promossa da Antonio
Vigilante
2. "Beati i costruttori di pace": le istituzioni si pronuncino per la pace
3. Maria G. Di Rienzo, lavorare in cerchio
4. Blues del nostro fratello dottor King
5. Edoarda Masi: Camillo de Piaz, un cristiano al valico del mondo
6. Massimo Canevacci, la scomparsa di Tullio Tentori
7. Una bibliografia essenziale degli scritti di Enrico Peyretti
8. Hannah Arendt, una buona pace
9. La "Carta" del Movimento Nonviolento
10. Per saperne di piu'
1. EDITORIALE. GIOBBE SANTABARBARA: UN CONTRIBUTO ALLA RIFLESSIONE PROMOSSA
DA ANTONIO VIGILANTE
Con un lucido intervento (pubblicato sul n. 466 del 4 gennaio 2003 di questo
notiziario) Antonio Vigilante, acuto studioso oltre che generoso amico della
nonviolenza, ha posto ineludibili questioni sulla violenza intrinseca non
solo nell'attuale gestione ma nella stessa funzione ideologica e sociale del
medium televisivo. Successivamente Mao Valpiana (cfr. il suo articolo nel n.
475 del 13 gennaio) ha riproposto l'argomento prendendo le mosse dal feroce
pestaggio razzista in diretta televisiva di qualche giorno fa.
A questa riflessione vorremmo contribuire con le seguenti brevi sparse
osservazioni, sollecitando altri interlocutori ad intervenire in merito.
*
1. Una subalternita'
Molti che credono di opporsi alla tv violenta ed eversiva ne sono essi
stessi complici. Molti che dicono di opporsi alla tv di Berlusconi adottano
le stesse modalita' comportamentali e gli stessi orientamenti strategici e
gli stessi criteri valutativi e valoriali di Berlusconi a cio' indotti dalla
tv.
Pensare di contrastare Berlusconi facendo i berluschini e' una di quelle
nequizie che si smascherano da se', e che ci rivelano come certi pretesi
leader o portavoce di questo e di quello non solo non ci rappresentano, ma
sono nostri avversari, e vieppiu' tronfi e tracotanti quanto piu'
inconsapevoli e irresponsabili complici di chi tutti ci opprime e calpesta
(complici, sia sotto il profilo sociale che sotto quello ideologico, quale
che sia l'autocoscienza che ne abbiano nella miseranda alienazione loro - la
"falsa coscienza" di cui parlava nitidamente un antico esule).
*
2. Un errore morale, quindi politico
Qualche anno fa fu in gran voga un prolisso libro della giornalista canadese
Naomi Klein, No logo, che diceva divulgativamente (e merito ne sia reso
all'autrice e all'ufficio marketing del suo editore) alcune cose ben note a
chi da decenni si dedica alla lotta contro la violenza e che erano forse
riassumibili in poche pagine, che sarebbero allora state splendide e
utilissime. In quel libro si proponeva, tra altre piu' ragionevoli cose,
anche un uso tattico dei media da parte dei movimenti di opposizione alla
violenza dei poteri economici dominanti, strumentalmente sfruttando
l'attitudine dei media a rincorrere quanto fosse spettacolare.
Molti accolsero l'infausto - ed in radice ignobilmente subalterno -
suggerimento (altri lo avevano gia' messo in pratica nei decenni scorsi,
finendo per diventare dei pagliacci), e proseguirono con l'inscenare
provocatorie idiozie che ebbero come esito di rendere alcuni sciagurati in
carriera dei piccoli divi della peggiore tv-spazzatura (quella dei talk-show
e della cosiddetta informazione politica, per intenderci) e contribuendo tra
l'altro a creare le condizioni affinche' altri, sadici e nazisti e
stipendiati dallo stato per giunta, potessero bestialmente infuriare
insanguinando le strade.
Non perdoneremo mai a tanti pretesi leader del movimento per la pace e la
globalizzazione dei diritti di aver contribuito col loro cinismo e la loro
idiozia di provocatori in carriera a far accadere questo. Li riteniamo
anch'essi responsabili - certo indiretti, ma responsabili comunque - degli
orrori commessi dai criminali in divisa che hanno colpito e lacerato carni e
anime umane; e di una vita - di un giovane nel fiore degli anni - strappata
per sempre alla luce dei giorni.
*
3. Dalla televisione parlano gli assassini
Il fatto si e' che dalla televisione parlano gli assassini. E chi finge di
non saperlo e' un ipocrita. Tutto sulla televisione ed il suo orrore e' gia'
stato detto da lunga pezza: da Guenther Anders nel primo volume de L'uomo e'
antiquato, da George Orwell in 1984, da don Milani in Esperienze pastorali,
da Marshall McLuhan ne Gli strumenti del comunicare, e - si parva licet
componere magnis - da Ray Bradbury in Farenheit 451, da Robert Sheckely in
alcuni dei suoi folgoranti racconti di ormai mezzo secolo fa, e da Ballard,
e da Dick.
*
4. Poi, certo
Poi, certo, occorre saper distinguere e saper valorizzare; ma gia' l'Adorno
dei Minima moralia invitava a non lasciarsi sedurre dalla troppa finezza e
bizantineria della nostra stessa intelligenza analitica.
Poi, certo, occore saper distinguere e valorizzare, ed alcune osservazioni
di Karl Popper sono assai utili e lodevoli, nell'intento se non negli esiti
invero topolineschi rispetto alla montagnosita' della questione posta.
Poi, certo, occorre saper distinguere e valorizzare, ed ancora sono
opportune alcune vecchie brillanti opinioni di Umberto Eco sugli
apocalittici e integrati (che pur mai ci persuasero se messe a confronto con
le posizioni andersiane).
Poi, certo, una cosa e' la tv che trasmette il Pirandello di De Filippo e
un'altra quella della trivialita' e dell'eversione berlusconiana, ma cio'
non ci esime da un'analisi in profondita' dei portati impliciti (e quindi
tanto piu' cogenti) della televisione come rappresentazione - sostituzione,
simulacrizzazione, alienazione - del mondo, e ben piu' che mero strumento
tecnico, weltanschauung e imperio.
*
5. Congedo e apertura
Cosicche' l'analisi di Antonio Vigilante ci persuade, e ci persuade la
proposta di Mao Valpiana (di spegnere la scatola col tubo catodico dentro).
E non ci persuadono affatto, invece, esperienze e personaggi che tanto
s'agitano contro il potere, purche' le telecamere siano accese e li
riprendano sempre. Pensiamo da tempo, da tempo diciamo, che se vogliamo
contrastare la guerra e la violenza dobbiamo cominciare a dotarci di nostri
strumenti altri di comunicazione e di riflessione, che siano democratici e
non narcotici, che siano partecipativi e non unidirezionali, che siano
rispettosi della dignita' e non spettacolarizzanti e cannibaleschi.
Nel compito che ci incombe la televisione come oggi esiste nel mondo non
puo' servirci, neanche se a dirigerla potessimo mettere l'amico Moliere, il
maestro Walter Benjamin, o Franz Kafka da Praga (forse Virginia Woolf
saprebbe fare una televisione finalmente non fascista, ma Virginia Woolf ci
ha lasciato da tanti anni...).
2. APPELLI. "BEATI I COSTRUTTORI DI PACE": LE ISTITUZIONI SI PRONUNCINO PER
LA PACE
[Da Maria Grazia Bonollo (per contatti: salbega@tiscalinet.it), infaticabile
nel diffondere i comunicati della prestigiosa associazione per la pace e la
nonviolenza "Beati i costruttori di pace" (via Antonio da Tempo 2, 35131
Padova, tel. 0498070522, fax 0498070699, e-mail: beati@libero.it, sito:
www.beati.org), riceviamo e diffondiamo]
La societa' civile italiana con le forme piu' diverse e' mobilitata contro
una nuova guerra che si vuol fare ad ogni costo. Sono tanti i segni con cui
la gente esprime la sua opposizione a questa decisione perche' avverte che
e' in gioco la vita di persone innocenti, ma anche la visione e
l'organizzazione dell'ordine internazionale; e' messa a repentaglio la
convivenza di culture e civilta' diverse; viene affermato il primato
dell'economia sui diritti fondamentali della persona e dei popoli e viene
inferto un colpo mortale al diritto internazionale e all'Organizzazione
delle Nazioni Unite.
Sono molte le personalita' civili e religiose che si sono pronunciate contro
la guerra e si sono associate alla mobilitazione popolare. Stranamente pero'
sono le principali Istituzioni a fare silenzio; danno la sensazione di
essere incerte e senza iniziativa, in attesa che gli eventi evolvano in modo
da presentare le scelte come obbligate. Di fronte a un fatto cosi'
importante e cosi' gravido di conseguenze negative non si sono ancora
pronunciati il Parlamento italiano, il Parlamento europeo e, in campo
ecclesiale, la Conferenza Episcopale Italiana.
Facciamo un appello accorato perche' tutti, sia singolarmente che in forma
associata, facciano pervenire la loro voce affinche' queste Istituzioni, in
quanto rappresentanti dei cittadini e delle comunita' ecclesiali, esercitino
la loro responsabilita' e abbiano il coraggio di prendere posizione e di
dichiararla pubblicamente.
Allo scopo forniamo i numeri di fax e gli indirizzi e-mail utili, nonche' i
fac-simile di messaggi da inviare.
Invitiamo inoltre i cittadini a far sentire la loro voce perche' anche le
Istituzioni locali di ogni ordine e grado si esprimano e facciano pervenire
le loro mozioni ai livelli istituzionali piu' alti.
Beati i costruttori di pace
Prime adesioni al presente appello: Rete Lilliput, Tavola della Pace.
*
- Al Sen. Marcello Pera, Presidente del Senato della Repubblica
Palazzo Madama, 00186 Roma
fax: 06.67062022, e-mail: segrpres2@senato.it
- all'On. Pier Ferdinando Casini, Presidente della Camera dei Deputati
Palazzo Montecitorio, 00187 Roma
fax: 06.67603522, e-mail: casini_p@camera.it
- all'On. Patrick Cox, Presidente del Parlamento Europeo
60, rue Wiertz, B1047 Bruxelles
fax 0032.22849363, e-mail: pcox@europarl.eu.int
- al Card. Camillo Ruini, Presidente Conferenza Episcopale Italiana
Circonvallazione Aurelia 50, 00165 Roma
fax 06.66223037, e-mail: segrgen@chiesacattolica.it
*
Facsimile di appello
Per il Parlamento Italiano
Signor Presidente,
la societa' civile e' mobilitata nelle forme piu' svariate contro la
minaccia di una nuova guerra. Non abbiamo ancora assistito al dibattito, ne'
al pronunciamento del Parlamento italiano su un fatto cosi' importante, che
mette a repentaglio la vita di persone innocenti, la visione e
l'organizzazione dell'ordine internazionale e la convivenza di culture e
civilta' diverse; che afferma invece, con la forza delle armi, il primato
dell'economia e degli interessi nazionali sui diritti fondamentali della
persona e dei popoli, in spregio al diritto internazionale e alla funzione
di pace delle Nazioni Unite.
La preghiamo di convocare con estrema urgenza il Parlamento a Camere riunite
perche' venga aperto il dibattito di fronte al Paese e si arrivi a un
pronunciamento responsabile e chiaro prima che gli eventi riducano ogni
spazio per l'azione politica.
Porgo cordiali saluti.
(data e firma)
*
Per il Parlamento Europeo
Signor Presidente,
la societa' civile italiana, assieme a quella degli altri Paesi europei, e'
mobilitata nelle forme piu' svariate contro la minaccia di una nuova guerra.
Non abbiamo ancora assistito al dibattito, ne' al pronunciamento del
Parlamento Europeo su un fatto cosi' importante, che mette a repentaglio la
vita di persone innocenti, la visione e l'organizzazione dell'ordine
internazionale e la convivenza di culture e civilta' diverse; che afferma
invece, con la forza delle armi, il primato dell'economia e degli interessi
nazionali sui diritti fondamentali della persona e dei popoli, in spregio al
diritto internazionale e alla funzione di pace delle Nazioni Unite.
Tutti siamo in attesa di un ruolo attivo e trainante dell'Europa per la
pace, superando gli interessi nazionali dei singoli Paesi.
La preghiamo per questo di convocare con estrema urgenza il Parlamento
perche' si apra il dibattito e si arrivi a un pronunciamento responsabile e
chiaro prima che gli eventi riducano ogni spazio per l'azione politica.
Porgo cordiali saluti.
(data e firma)
*
Per la Conferenza Episcopale Italiana
Signor Presidente Card. Camillo Ruini,
in risposta al messaggio del Papa all'inizio dell'anno e ai suoi reiterati
appelli, sono molte le comunita' ecclesiali che stanno manifestando la loro
volonta' di pace contro la minaccia di una nuova guerra. Una guerra che
metterebbe a repentaglio la vita di tanti innocenti, la visione e
l'organizzazione dell'ordine internazionale e la convivenza di culture e
civilta' diverse. Una guerra che affermerebbe invece, con la forza delle
armi, il primato dell'economia e degli interessi nazionali sui diritti della
persona e dei popoli, in spregio al diritto internazionale e alla funzione
di pace delle Nazioni Unite.
Tutti siamo in attesa di una parola significativa anche della Cei su un
evento che riveste tanta importanza per l'umanita' intera.
Porgo cordiali saluti.
(data e firma)
3. MATERIALI. MARIA G. DI RIENZO: LAVORARE IN CERCHIO
[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: dirienzo@tvol.it) per questo
intervento utilizzabile per seminari di formazione. Maria G. Di Rienzo e'
una prestigiosa intellettuale femminista, saggista, giornalista, regista
teatrale e commediografa, ha svolto rilevanti ricerche storiche sulle donne
italiane per conto del Dipartimento di Storia Economica dell'Universita' di
Sidney (Australia); e' impegnata nel movimento delle donne, nella Rete di
Lilliput, in esperienze di solidarieta' e in difesa dei diritti umani, per
la pace e la nonviolenza]
Il cerchio, o consiglio, e' un'antica forma di incontro che ha radunato gli
esseri umani in conversazioni rispettose per migliaia di anni, ed e' servito
come fondazione di numerose culture. In alcune aree del mondo questa
tradizione e' intatta, in altre e' stata del tutto dimenticata.
Il cerchio offre il "processo" (il modo in cui si sta insieme conversando) e
l'intenzione del gruppo offre i contenuti. Al di la' della cornice, cio' che
fa di un incontro un "cerchio" e' la volonta' dei/delle partecipanti di
muoversi dalla socializzazione informale o dalla contrapposizione di
opinioni ad un'attitudine ricettiva in cui si parli dopo aver riflettuto e
si ascolti con molta attenzione.
Lo spazio del cerchio o consiglio e' uno spazio "sacro": culture differenti
esprimono questo stesso concetto con variazioni di metodologie, ma sono
concordi nel valutarlo come la struttura che porta la conversazione ai suoi
livelli piu' profondi.
*
Chiamare il cerchio
Per dare inizio ad un cerchio, bisogna che qualcuno/a esprima un'intenzione
(contenuto, mission, direzione), offra la struttura di base in cui riunirsi
e sia pronto/a a sostenere il ruolo di facilitatore/facilitatrice rispetto
alle modalita' del lavoro in cerchio. Questa persona, o gruppo di persone,
e' l'anfitrione del cerchio. In cerchi che gia' hanno esperienza, tale ruolo
ruota fra i membri, di modo che ognuno/a ne condivida la responsabilita'.
*
Gli "ingredienti" del cerchio
Il benvenuto. Stabilire il centro. Gli intenti. Presentazione. Accordi di
gruppo. Principi e pratiche. Facilitazione. Verifica.
- Benvenuto. Quando i membri del cerchio sono tutti presenti, l'anfitrione o
qualche altra persona da' inizio al cerchio con un gesto che sposti
l'attenzione dallo "spazio sociale" allo "spazio del consiglio". Questo
gesto di benvenuto puo' essere un momento di silenzio, la lettura di una
poesia, l'ascolto di un brano musicale... qualunque cosa porti le persone ad
un senso di calma presenza.
- Stabilire il centro. Il centro di un cerchio e' come il mozzo di una
ruota: tutte le energie passano di li', ed il centro tiene insieme i raggi.
Per aiutare le persone che fanno parte del cerchio a ricordarlo, al centro
del cerchio vengono situati alcuni oggetti che rappresentano le intenzioni
del cerchio stesso. Ogni simbolo che risponda a tale requisito o che
aggiunga bellezza va bene: fiori, una coppa, una candela. Scegliete qualcosa
di semplice, che non sia dannoso per l'ambiente e che onori la cultura
locale.
- Gli intenti. Lo scopo del gruppo da' forma al gruppo stesso: esso
determina chi partecipera' al cerchio, per quanto tempo il cerchio
continuera' ad incontrarsi, e che tipo di risultati ci si aspetta di
ottenere.
- Presentazione. La presentazione iniziale aiuta le persone a mettersi nello
stato d'animo della partecipazione ad un consiglio e ricorda a ciascuno i
propri propositi. E' un modo per assicurarsi che i/le partecipanti siano
presenti "mentalmente" oltre che fisicamente. Quando si inizia un nuovo
cerchio, la gente potra' ad esempio dire il proprio nome e offrire un breve
commento sul perche' si trova la'; in un cerchio che sta gia' lavorando, le
persone esporranno in modo conciso le loro speranze rispetto all'incontro,
od offriranno un altro commento sociale.
Alcuni cerchi trovano utile che le persone pongano un oggetto che le
rappresenta al centro del cerchio stesso. Nel contribuire alla "centratura"
in questo modo, ciascuno potra' dire in breve cosa quell'oggetto significa
per lui/lei e perche' ha scelto di portarlo. La presentazione comincia di
solito con un volontario e prosegue lungo il cerchio. Se qualcuno non e'
pronto a parlare, "passa", e gli verra' data l'opportunita' di esprimersi
quando gli altri avranno completato i propri interventi.
- Accordi di gruppo. Muoversi all'interno degli accordi stabiliti costruisce
un "contenitore" interpersonale, che permette ai membri del cerchio di avere
scambi liberi e profondi, di rispettare i differenti punti di vista, e di
condividere responsabilita' per il benessere e la direzione del gruppo.
Alcuni dei piu' usati sono:
Le storie personali che vengono condivise nel cerchio sono confidenziali e
non devono essere riportate senza permesso.
Ascoltiamo con compassione, senza pregiudizio.
Ci chiediamo l'un líaltro di cosa abbiamo bisogno, ed offriamo cio' che
possiamo offrire.
Di tanto in tanto, siamo d'accordo di prenderci delle pause per poter
raccogliere i nostri pensieri.
*
Principi e pratiche
Il principo fondamentale, qualsiasi siano gli accordi specifici che il
gruppo si da', e': il cerchio non e' un gruppo senza "leader": e' un gruppo
in cui tutte e tutti sono "leader".
Il cerchio e' stato definito l'unita' basica della democrazia. La struttura
creata dai componenti del cerchio diventa una forma di autogoverno, in cui i
ruoli ruotano e la responsabilita' e' condivisa non tanto e non solo perche'
tale comportamento e' piu' "etico", ma perche' la qualita' delle esperienze
che si fanno e la riuscita delle azioni che si intraprendono migliorano
straordinariamente.
La primaria intenzione di un cerchio e' quella di parlare ed ascoltare: lo
spazio del consiglio invita percio' alle seguenti pratiche: Parlare con
intenzione. Ascoltare con attenzione. Curarsi del benessere del gruppo,
essendo coscienti del nostro contributo.
I cerchi usano comunemente tre "sistemi" per la discussione: gli "oggetti
parlanti", la conversazione e la riflessione.
- Gli oggetti parlanti sono di solito presenti nelle fasi della
Presentazione e della Verifica, o quando vi sia la necessita' di rallentare
il ritmo della discussione al fine di udire tutte le voci e di dar loro modo
di esprimersi senza essere interrotte. L'oggetto parlante (un bastoncino,
una pietra, una piuma, o qualsiasi oggetto che abbia significato per il
cerchio) deve rispondere all'unico requisito dell'essere facilmente
passabile da mano a mano. In questa fase, solo la persona che ha in mano
l'oggetto puo' parlare e non puo' essere interrotta (potete prevedere che vi
sia un tempo limite: ad esempio cinque minuti). L'oggetto transita
attraverso il cerchio di modo da raccogliere la saggezza, le storie, le
preoccupazioni, i desideri di tutti, cosi' che ciascuno abbia l'opportunita'
di offrire il proprio contributo.
- La conversazione e' invece usata per suscitare interazione,
interconnessione di idee, pensieri ed opinioni. L'energia di una
conversazione aperta stimola il flusso di nuove idee ma e' oltremodo
importante, nel mezzo di essa, accordarsi sul prendere una pausa e far
chiarezza interiormente.
- La riflessione (detta anche "consiglio silente") da' ad ogni membro del
cerchio il tempo e lo spazio per valutare cio' che sta accadendo, o quali
sono le cose necessarie, nel corso dell'incontro. Il silenzio puo' anche
essere richiesto affinche' ciascuna persona presente valuti il ruolo o
limpatto che sta avendo nel gruppo, oppure per aiutare il gruppo a
riallinearsi con i propri intenti, o per chiarificare meglio una questione
centrandosi su di essa piu' profondamente.
*
Facilitazione
I ruoli che un facilitatore puo' prendere sono molteplici, ma generalmente
il suo compito principale, che deve essere assunto volontariamente, puo'
essere riassunto come "la salvaguardia dell'energia del gruppo". Questo
ruolo deve ruotare fra i membri del cerchio: l'ideale e' che il facilitatore
cambi ad ogni riunione. Questa persona ha il permesso delle altre di
intervenire nei processi di gruppo per richiamare il cerchio alla
"centratura", per focalizzare meglio le questioni che si stanno dibattendo,
per ricordare alle persone presenti gli accordi presi sulle pratiche e il
necessario rispetto, o per suggerire di osservare una pausa, ecc. A volte il
facilitatore usa uno strumento che produca un leggero rumore, come una
campanella; questo rumore e' il segnale che interrompe l'azione e, a seconda
degli accordi presi in precedenza, il gruppo osserva un minuto di silenzio,
ognuno respira profondamente e si rilassa o raccoglie. Quando il
facilitatore produce di nuovo il suono, spiega perche' ha causato
l'interruzione, e l'azione puo' riprendere. Il facilitatore puo' suggerire
l'uso degli "oggetti parlanti" se la conversazione e' diventata frenetica,
caotica o improduttiva; tiene conto dei termini di tempo degli interventi,
aiuta le persone ad agire il conflitto serenamente e creativamente.
*
Verifica
Al termine di un incontro del cerchio, e' importante che ad ogni persona
siano dati alcuni minuti per commentare cio' che hanno appreso o che cosa
portano con se', dalla riunione, nel cuore e nella mente. Questa pratica
viene detta "verifica", e fornisce anche ai partecipanti il permesso
simbolico di rilasciare la grande e profonda attenzione che hanno usato nel
cerchio mentre passano dallo spazio del consiglio a quello sociale o
privato.
*
Il cerchio non e' una forma dogmatica. Non ci sono modelli che vadano bene
per tutti per praticare l'essere insieme in un consiglio. Ogni gruppo trova
il proprio stile, ogni gruppo ha il suo unico assortimento di diverse
personalita'. Quello che sappiamo e' che questa struttura ha dimostrato la
propria forza ed adattabilita' dai primi fuochi delle nostre antenate e dei
nostri antenati alla nostra era "globale". Ogni cerchio contribuisce a
mantenere questa lunga tradizione umana dell'ascoltare, parlare ed
intraprendere azioni meditate. Le informazioni fornitevi sono solo lo
"scheletro" del cerchio: ogni gruppo dara' corpo alla struttura nel proprio
peculiare modo, perche' il cerchio e' una forma d'incontro dinamica e
vivente.
4. MEMORIA. BLUES DEL NOSTRO FRATELLO DOTTOR KING
[Il 15 gennaio del 1929 nasceva ad Atlanta in Georgia (Usa) Martin Luther
King. Lo ricordiamo riportando, nella traduzione di Eufemio Piegapini, il
seguente song anonimo. Martin Luther King, nato ad Atlanta in Georgia nel
1929, laureatosi all'Universita' di Boston nel 1954 con una tesi sul teologo
Paul Tillich, lo stesso anno si stabilisce, come pastore battista, a
Montgomery nell'Alabama. Dal 1955 (il primo dicembre accade la vicenda di
Rosa Parks) guida la lotta nonviolenta contro la discriminazione razziale,
intervenendo in varie parti degli Usa. Premio Nobel per la pace nel 1964,
piu' volte oggetto di attentati e repressione, muore assassinato nel 1968.
Opere di Martin Luther King: tra i testi piu' noti: La forza di amare, Sei,
Torino 1994 (edizione italiana curata da Ernesto Balducci); Lettera dal
carcere di Birmingham - Pellegrinaggio alla nonviolenza, Movimento
Nonviolento, Verona 1993; L'"altro»"Martin Luther King (antologia a cura di
Paolo Naso), Claudiana, Torino 1993; "I have a dream", Mondadori, Milano
2001. Opere su Martin Luther King: Arnulf Zitelmann, Non mi piegherete. Vita
di Martin Luther King, Feltrinelli, Milano 1996. Esistono altri testi in
italiano (ad esempio Hubert Gerbeau, Martin Luther King, Cittadella, Assisi
1973), ma quelli a nostra conoscenza sono perlopiu' di non particolare
valore: sarebbe invece assai necessario uno studio critico approfondito
della figura, della riflessione e dell'azione di Martin Luther King (anche
contestualizzandole e confrontandole con altre contemporanee personalita',
riflessioni ed esperienze di resistenza antirazzista in America). Una
introduzione sintetica e' in "Azione nonviolenta" dell'aprile 1998 (alle pp.
3-9), con una buona bibliografia essenziale]
Era poco piu' che un ragazzo, il nostro fratello dottor King
la storia lo aspettava a una fermata d'autobus
e la storia quel giorno
aveva il volto stanco e i piedi gonfi
di nostra sorella Rosa Parks, che sempre sia lodata.
Era poco piu' che un ragazzo, il nostro fratello dottor King
ma aveva un sogno e quando sogni forte
non c'e' muraglia che possa resistere
ed e' quel sogno che mette in cammino
la carovana umana, che sempre sia lodata.
Era poco piu' che un ragazzo, il nostro fratello dottor King
paziente lo attendeva il suo sicario
e quelli che pagarono il sicario
ancora comandano, certo
ma l'anima di King non l'hanno infranta, che sempre sia lodata.
Ancora comandano, e' vero, gli oppressori
ma la marcia di Martin Luther King,
poco piu' che un ragazzo, non l'hanno fermata
essa continua con le nostre gambe
coi nostri sogni, e vinceremo noi. Che sia lodato il cielo e anche la terra.
5. MAESTRE E MAESTRI. EDOARDA MASI: CAMILLO DE PIAZ, UN CRISTIANO AL VALICO
DEL MONDO
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 12 gennaio 2003. Edoarda Masi, nata a
Roma nel 1927, bibliotecaria nelle biblioteche nazionali di Firenze, Roma e
Milano, ha insegnato letteratura cinese nell'Istituto Universitario
Orientale di Napoli; ha vissuto a Pechino e a Shangai, dove ha insegnato
lingua italiana all'Istituto Universitario di Lingue Straniere. Ha
collaborato a numerose riviste, italiane e straniere, tra cui "Quaderni
rossi", "Quaderni piacentini", "Kursbuch", "Les temps modernes".
Intellettuale della sinistra critica, di straordinaria lucidita'. Opere di
Edoarda Masi: La contestazione cinese, Torino 1968; Per la Cina, Milano
1978; Breve storia della Cina contemporanea, Bari 1979; Il libro da
nascondere, Casale Monferrato 1985; Cento trame di capolavori della
letteratura cinese, Milano 1991. Tra le sue traduzioni dal cinese in
italiano: una raccolta di saggi di Lu Xun, La falsa liberta', Torino; e
Confucio, I dialoghi, Milano]
Fra i beni dell'eredita' cancellata (e da ritrovare, pena la perdita
definitiva del presente) e' la nozione del significato, in Europa, di
fascismo e antifascismo.
Le distorsioni del pensiero unico hanno dettato la riduzione del fascismo a
violenza piu' "ideologia", e hanno voluto poi equiparare al fascismo proprio
quello che e' stato il nocciolo stesso della resistenza al fascismo: la
teoria e la prassi dei comunisti e dei cristiani. Nelle quali confluisce la
grande tradizione di civilta' dell'Europa moderna. Ne sono essenza gli
ideali di liberta' e di rispetto dell'uomo, nel senso kantiano.
Il fascismo, specie nella versione nazista, e' stato la negazione assoluta
di questa tradizione: prodotta non da agenti esterni ma scaturita dal seno
della medesima civilta'. Urge ricordarlo perche' il fenomeno si sta
ripetendo su scala piu' vasta, e l'unica via alla salvezza e' ancora il
ricorso alla resistenza.
Chi per eta' non e' stato partecipe di quella esperienza puo' trovare una
via alla conoscenza e alla resistenza nell'opera di alcune personalita',
portatrici viventi della storia degli ultimi 50 anni. Fra queste occupa un
posto di primo piano il frate servita Camillo de Piaz, che insieme con David
Maria Turoldo e' stato una delle voci di liberta' a Milano, fino a quando la
sua stessa Chiesa non ha frapposto ostacoli a quella predicazione.
Come pochi, per la vita intera, e fino a oggi nella tarda vecchiaia, e'
rimasto e rimane fedele alla fede della giovinezza, fede in un Dio che si
rivela e si incarna nell'intimo e dall'intimo dell'uomo. Percio' anche il
lettore estraneo alla confessione cattolica fruisce degli scritti di de Piaz
in una condizione di felice liberta' e per cosi' dire di uguaglianza.
*
Cinquant'anni di storia si riflettono nelle prediche di Camillo, raccolte in
tre volumi (Ma io vi dico; Un'altra sete; Fu detto agli antichi, Servitium,
2000-2002). Sono testi molto meditati e scritti prima di essere detti, da un
autore di parola avara e densa. Sicche' riesce difficile riassumerne il
senso. Meglio ricorrere a qualche citazione.
Da un brano del '77 (non ancora spenti gli echi della grande epoca del
Concilio, quando comunismo e cristianesimo erano parsi cosi' vicini): "...
Cristo nostro figlio... Assemblea liturgica, assemblea che fa la Messa... e'
generatrice di Cristo... Ogni vita invisibile, sepolta, rinnegata,
inespressa, tenuta schiava nel mondo, si risvegliera' ed esultera' se ogni
cristiano... sapra' valicare le montagne che lo separano dal prossimo,
mettera' in comunione cio' che ha in se'... E' solo cercando e comunicando,
non chiudendosi e difendendosi, non costruendo un mondo a parte, da
contrapporre o da mettere in concorrenza con altri, che il cristiano
arricchisce e nutre se stesso, mentre arricchisce e nutre gli altri... Certi
integralismi, vecchi o ritornanti, sono l'esatto opposto di cio' che il moto
dell'incarnazione vuol significare".
Nel 1972: "La liberazione storica di Israele diventa anticipazione -
paradigma e archetipo, e pegno - del moto di liberazione che percorre e
spiega la storia dell'umanita'... che portera' un giorno a una nuova
comunita'... la quale avra' le dimensioni dell'umanita': per questo e' detto
'fino all'estremita' della terra'... In un mondo diviso, dominato da potenze
(...) pronte a schiacciare i propri simili pur di mantenere il loro potere,
essere fedeli alla liberta' dell'uomo, senza la quale e' manomessa e
profanata la sua immagine e somiglianza con Dio, cioe' la sua vera natura,
... e' il primo, vero culto che Dio vuole da noi".
Nel commento, 1972, a un brano di Isaia: "...Il senso primo e immediato ci
viene incontro e ci sta li' davanti in modo molto concreto e poco
equivocabile. 'Spezza il tuo pane', 'vesti l'ignudo', 'allontana
l'oppressione'. Gli affamati e gli ignudi, gli oppressi e i perseguitati si
contano nel mondo a centinaia di milioni, ci stringono da vicino, e sono in
aumento, perche' questa e' la logica di un sistema che catalizza ricchezze e
poteri sempre piu' grandi attorno a chi e' gia' sazio. A ricordarlo, si
prova perfino un senso di disagio e di inautenticita'. Ma il disagio si fa
ancora piu' grande se ricordiamo che questo sistema e' nato e sostenuto, e
magari benedetto, dai cristiani".
Fra il 1954 e il 1968: "Persuaderci che tutti noi del mondo siamo legati
allo stesso destino e non accade niente nel piu' remoto e ignorato angolo
della terra al piu' piccolo degli esseri umani che non abbia, attraverso vie
imponderabili, una portata in qualche modo universale. ... Dio si trova in
quel punto archimedico... che solo ci puo' permettere... di liberare l'uomo
da se stesso e dagli altri uomini. Di fronte a una societa'... intimamente
totalitaria che ha bisogno, per il suo sviluppo, di prefabbricare l'uomo e
di condizionarlo fin nei suoi pensieri, fin nel suo tempo libero
(tacitandolo con l'offerta di beni sempre maggiori e di liberta' secondarie)
questa verita' e' destinata a riemergere".
Anche le citazioni sono inadeguate a suggerire la ricchezza di questi
scritti, da consigliare a chi, giovanissimo, desideri sapere cosa sia stato
il movimento verso il comunismo.
6. LUTTI. MASSIMO CANEVACCI: LA SCOMPARSA DI TULLIO TENTORI
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 12 gennaio 2003]
Venerdi' sera e' morto Tullio Tentori. Con lui viene a mancare una delle
personalita' piu' originali dell'antropologia italiana.
Nato a Napoli nel 1920, si laureo' con Pettazzoni, etnologo e storico delle
religioni - di cui poi diverra' assistente nel 1942 - con una tesi sulla
religione delle popolazioni native della California. Successivamente
frequento' e poi lavoro' presso il Museo Etnografico Nazionale "Pigorini". A
lui si deve anche la fondazione del "Museo Nazionale delle Arti e Tradizioni
Popolari" di cui fu direttore dal '56 al '72.
Sempre negli anni '50 venne nominato "americanista" dallo stesso Pettazzoni
per le ricerche svolte negli Usa, dove si era recato dopo la fine della
seconda guerra mondiale per incontrare antropologi del calibro di Robert
Lowie, Margaret Mead, Clyde Kluckhohn, Ralph Linton, Alfred Krober. Ed e'
soprattutto con Robert Redfield che strinse una profonda collaborazione
umana e scientifica e con cui sviluppo' metodologie di ricerca basate sul
mutamento culturale e l'acculturazione.
Dal '72 al '74 insegnera' alla facolta' di sociologia di Trento. Infine -
dopo un periodo trascorso a Napoli - si trasferira' a Roma, dove insegnera'
sino alla fine della sua carriera.
E' solo un succinto quadro biografico dal quale, tuttavia, emergono alcune
caratteristiche proprie di uno studioso il cui quadro di riferimento ha
sempre avuto come punti fermi precise istanze etiche progressiste.
Vorrei ricordare la sua partecipazione discreta ma ferma alla Resistenza;
l'aiuto prestato (nel pieno della Roma citta' aperta) a non pochi ebrei
romani che riusci' a salvare dalle persecuzioni nazi-fasciste.
Ma anche i suoi "fuochi" di ricerche empiriche su comunita' ben delimitate,
come la celebre inchiesta sui Sassi di Matera, che chiude idealmente ed
empiricamente una delle prime inchieste iniziate dal parlamento italiano
subito dopo l'unita' d'Italia.
Ma - come detto - l'aspetto pie' significativo di Tentori risale
all'esperienza statunitense. Qui, infatti, si trova in contatto con il
concetto antropologico di cultura che comprende non solo la cosiddetta
cultura intellettuale o popolare, ma anche i modi di pensare, sentire e
agire che si affermano e cambiano nelle societa' complesse. In questo senso,
ambito della ricerca etnografica diventa non solo la cultura che sta per
sparire - la cultura delle popolazioni native o contadine - ma anche quella
che emerge nella complessita' delle metropoli.
Su questa linea, il suo momento di massimo sforzo teorico si produce
nell'ideazione di un convegno internazionale sull'antropologia delle
societa' complesse (svoltosi a Roma nel 1986) che riesce in un'impresa
unica: affermare e rilanciare il confronto tra tutte le varie correnti in
cui si suddividono antropologia, etnologia e tradizioni popolari.
La data e' significativa. Nella meta' degli anni "80 - anni non solo di
oscuramento ma anche di innovazione - anche negli States si svolge un
celebre convegno sull'autorita' della scrittura (coordinato da James
Clifford e George Marcus) che mette in discussione le forme narrative (e di
potere) dei massimi antropologi. Li' la radicalita' degli interventi produce
una frattura insanabile nell'ambito dell'antropologia accademica
internazionale.
Un passaggio analogo si sarebbe potuto realizzare anche nel convegno romano:
la scommessa era quella di una nuova antropologia capace di innovare i
saperi, le metodologie e anche le forme della rappresentazione.
Un'antropologia piu' orientata verso le avanguardie e le sperimentazioni
che - tra tradizioni e conservazioni - si facesse essa stessa "tradizione".
Ma fu un'occasione bloccata, forse per il mancato appoggio delle diverse
correnti scientifiche. E tuttavia quel convegno rimane l'unico -
magistrale - esempio tentato in Italia. Questo deve essere ricordato e
riaffermato. Direi anche continuato.
Le ultime sue ricerche hanno messo in discussione il concetto stesso di
certezza: Il rischio della certezza e' titolato uno dei suoi ultimi lavori
(1987), dove il rapporto tra pregiudizio e potere si indirizza in modo dolce
ma fermo verso la nostra cultura e dove la sua riflessione si indirizza
verso lo smascheramento delle ipocrisie che la cultura occidentale produce
eliminando le forme del dubbio, della critica, della ricerca.
E proprio l'elogio del dubbio costituira' un altro dei momenti piu' limpidi
della sua opera.
Dopo Porto Alegre si parla molto di politica partecipata. Tullio, la sua
cultura partecipata l'aveva affermata gia' da tempo. Ai suoi dubbi e al suo
instancabile impegno vanno i nostri ultimi, disperati, affettuosi pensieri.
7. MATERIALI. UNA BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE DEGLI SCRITTI DI ENRICO PEYRETTI
[Ringraziamo Enrico Peyretti (per contatti: peyretti@tiscalinet.it) per
averci messo a disposizione questa bibliografia essenziale dei suoi scritti
principali; in essa non sono inclusi gli articoli pubblicati sul mensile
torinese "Il foglio", il quindicinale della Pro Civitate Christiana di
Assisi "Rocca", il mensile del Movimento Nonviolento "Azione Nonviolenta",
il settimanale "Avvenimenti", vari contributi apparsi in "Servitium" e
"Lettera End", e gli scritti brevi occasionali). Enrico Peyretti e' uno dei
principali collaboratori di questo foglio, ed uno dei maestri piu' nitidi
della cultura e dell'impegno di pace e di nonviolenza]
Libri
- (a cura di), Al di la' del "non uccidere", Cens, Liscate 1989.
- Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il Monte 1998.
- La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998.
- Per perdere la guerra, Beppe Grande, Torino 1999.
*
Saggi e articoli
- Il primato della coscienza nella testimonianza di Primo Mazzolari, in AA.
VV. Don Primo Mazzolari. L'uomo, il cristiano, il prete, Cens,
Liscate-Milano 1986, pp. 79-116. Il volume e' stato ristampato (con tutti i
refusi!) nelle edizioni Servitium, Sotto il Monte 1999.
- La pace e' una virtu' insegnabile? in AA. VV., Studiar per pace, a cura di
Giovanni Catti, Thema editore, Bologna-Torino 1988, pp. 147-157.
- Una teoria della liberazione dopo la modernita' e dopo il marxismo,
(recensione di Claudio Napoleoni, Cercate ancora, Introduzione e cura di
Raniero La Valle, Editori Riuniti, Roma, 1990), in Bozze 90, n. 3/4,
maggio-agosto 1990, pp. 57-72.
- Premessa (pp. 7-8); Per una tipologia dell'omicidio (pp. 82-95); Non
uccidere. Perche'? Una domanda ai filosofi e alla Bibbia (pp. 99-117), in
AA. VV., Al di la' del "non uccidere", Cens, Liscate-Milano 1990.
- Per una cultura di pace, nel fascicolo di AA. VV., I cristiani e la
guerra, Nuova Corsia, via Tadino 18, Milano, gennaio 1991, pp. 27-30.
- Guerra, voce, in L'abecedario dell'obiettore, a cura di Diego Cipriani e
Guglielmo Minervini, La Meridiana, Molfetta 1991, pp. 55-64.
- Teologia dell'eros: una discussione, prima parte, in Matrimonio, Ricerca
permanente di vita cristiana, Anno XVI, n. 4/1991; seconda parte, ivi, Anno
XVII, n. 1/1992, pp. 26-32.
- Abbiamo bisogno dei militari, in AA. VV., Una strategia di pace: la difesa
popolare nonviolenta, ed. Fuorithema, Bologna 1993, pp. 261-266.
- Alcuni elementi per una filosofia della pace. Una filosofia di pace nel
pensiero di Raimon Panikkar, Scuola di Pace, Citta' di Boves 1993.
- Quale efficacia nelle lotte nonviolente?, in Azione Nonviolenta, ottobre
1993, pp. 22-24.
- La politica per Domenico Sereno Regis, in AA. VV., Domenico Sereno Regis,
Satyagraha, Torino 1994, pp. 41-45.
- La realta' e' pluralistica e percio' tale e' la pace (la filosofia di pace
di Raimon Panikkar), in Bozze 94, n. 2, giugno 1994, pp. 85-102.
- Possibilita' del pacifismo, in Testimonianze, Anno XXXVIII, n. 376,
giugno-luglio 1995, pp. 7-26.
- Eremi nella vita comune, intervento al Simposio "Omaggio a padre Benedetto
Calati per l'ottantesimo compleanno", Camaldoli 27-30 ottobre 1994, in Vita
Monastica, anno XLIX, n. 199, gennaio-marzo 1995, Edizioni Camaldoli, pp.
80-85.
- Memorie di liberazione dall'uccidere, in La Resistenza nonarmata, a cura
di Giorgio Giannini, Atti del convegno di Roma 24-25 novembre 1994
(patrocinato dal Comitato Nazionale per le Celebrazioni del Cinquantennale
della Resistenza e della Guerra di Liberazione), Sinnos, Roma 1995, pp.
53-67.
- Guerra di Bosnia. Cercando un'uscita (otto principi contro la guerra), in
AA. VV., Per un modello di difesa nonviolento, a cura di Antonino Drago e
Matteo Soccio, Editoria Universitaria, Venezia 1995, pp. 72-80.
- Difendere e costruire la pace con mezzi civili, in Testimonianze, anno
XXXIX, n. 382, febbraio 1996, pp. 67-70.
- I genitori nascono in te, in Il Tetto, anno XXXII, n. 193-194, Napoli,
gennaio-aprile 1996, pp. 29-34.
- "Solo un dio ci puo' salvare", in Esodo, anno XVIII, n. 2, aprile-giugno
1996, pp. 19-22.
- La Resistenza civile nelle ricerche storiche, lezione nel corso di
aggiornamento per insegnanti, marzo-aprile 1995, in
Fascismo-Resistenza-Letteratura. Quaderni del Museo Nazionale del
Risorgimento, n. 2, Torino, febbraio 1997, pp. 61-87.
- La Resistenza nonarmata al nazifascismo nelle ricerche storiche, in AA.
VV., La difesa e la costruzione della pace con mezzi civili, a cura di
Antonino Drago, Edizioni Qualevita, Torre dei Nolfi 1997.
- La santita' come passione per l'uomo. La figura di monsignor Tonino Bello,
in AA. VV., Modelli di santita' oggi, Atti del convegno organizzato dalla
Facolta' Teologica dell'Italia Settentrionale, Padova, 14-15 febbraio 1996;
a cura di Giuseppe Toffanello, Edizioni Messaggero, Padova 1997; pp. 73-102.
- Gandhi, in Quaderni di S. Apollinare, Scuola della Pace del Centro S.
Apollinare, Fiesole, n. 17, novembre 1997, pp. 1-23.
- Memoria civile, fondamento di identita' e appartenenza, in Quaderni di
"fine settimana", nuova serie, n. 28, Verbania-Pallanza, 1998.
- Nonviolenza, in Effe, la rivista delle librerie Feltrinelli, estate 1998,
pp. 35, 37, 39.
- Rassegnati alla guerra, in Segno, Anno XXIV, n. 193, Palermo, marzo 1998,
pp. 89-93.
- Dov'e', o guerra, la tua vittoria? (antologia di 44 testi sulla vanita'
della vittoria militare nell'ottantesimo anniversario del 4 novembre 1918),
supplemento ad "Azione Nonviolenta", novembre 1998.
- Tollerare, cioe' farsi carico, in Esodo, anno XXI, n. 1, gennaio-marzo
1999, pp. 6-11.
- Dal dovere di non uccidere al diritto di non uccidere, in La memoria e la
pace, Atti del primo e secondo campo di educazione alla pace, S. Anna di
Stazzema, 1996-1997, a cura del Gruppo Franz Jaegerstaetter per la
nonviolenza, Pisa, 1999, pp. 63-81.
- La parola pace, in Esodo, anno XXI, n. 3, luglio-settembre 1999, pp.
19-21.
- Lo stalinismo e' da rinnegare, non il comunismo, in Rinascita della
sinistra, 3 dicembre 1999, p. 12.
- Le contraddizioni sulla pena di morte, in Roberto L. Buttafava, Gesu' e i
suoi tristi ministri, Frontiera editore, Milano 1999, pp. 137-141.
- Guido Plavan, in AA. VV., Le periferie della memoria, Profili di testimoni
di pace, a cura di Sergio Albesano, edito a Torino 1999, da Associazione
Nazionale Perseguitati Politici Italiani Antifascisti (ANPPIA) Federazione
di Torino, e da Movimento Nonviolento, Verona; pp. 133-136. (Il volume e'
stato ripubblicato col titolo improprio La nonviolenza in Italia da M&B
Publishing, Vignate, Milano 2000).
- Cercatori di gioia, in Presbyteri, rivista di spiritualita' pastorale,
Trento, n. 4/1999, pp. 251-260.
- Cosa fanno i pacifisti?, in Rinascita della sinistra, 7 gennaio 2002, p.
2.
- Giornalismo di pace, in AA. VV., Contro le nuove guerre, Scienziate e
scienziati contro la guerra; Atti del convegno "Cultura, scienza e
informazione di fronte alle nuove guerre", Politecnico di Torino, 22-23
giugno 2000; a cura di Massimo Zucchetti, Odradek edizioni, Roma 2000; pp.
65-72.
- La nonviolenza cammina con l'uomo: altre testimonianze da scoprire, in AA.
VV., Maestri e scolari di nonviolenza, a cura di Claudio Tugnoli, Iprase
Trentino (Istituto provinciale di ricerca aggiornamento sperimentazione
educativi), Franco Angeli, Milano 2000, pp. 235-256.
- Difesa senza guerra. Bibliografia storica delle lotte non armate e
nonviolente, in AA. VV., Annuario della Pace, Italia maggio 2000-giugno
2001; Fondazione Venezia per la ricerca sulla pace, Asterios, Trieste 2001,
pp. 339-352.
- Enrico Peyretti legge Johan Galtung, in AA. VV., Annuario della Pace,
citato, pp. 368-377.
- Introduzione al quaderno Vivere i conflitti di Servitium
(s.egidio@servitium.it), n. 138, nov.-dic. 2001, pp. 5-16.
- Le religioni su veracita' e menzogna, nel quaderno Veracita' e menzogna di
Servitium (s.egidio@servitium.it), n. 140, marzo-aprile 2002, pp. 107-112.
- Il dinamismo della nonviolenza, (relazione fatta a Ferrara, 25 marzo 2001,
convegno su teologia della pace), in Esodo (esodo@libero.it), anno XXIV, n.
1, gennaio-marzo 2002, pp. 30-35.
- La coscienza e' piu' forte di Hitler (recensione di Erna Putz, Franz
Jaegerstaetter. Un contadino contro Hitler, Berti, Piacenza 2000), in Il
Margine, di Trento (redazione@il-margine.it), n. 6/2002, pp. 22-28.
Edizione ridotta in Carta n. 33, 5-11 settembre 2002, p. 56.
- Introduzione al quaderno Liberta' dimenticata di Servitium
(s.egidio@servitium.it), n. 141-142, maggio-agosto 2002, pp. 5-19. Testi
sulla liberta' nelle religioni, ivi, pp. 148-152.
- Il pianto dei sufi, nel quaderno Piangere di Servitium, n. 143, sett.-ott.
2002, pp. 111-113.
- La ragione delle ragioni contro la guerra, in AA. VV., Bisogna difendere
la societa', Beppe Grande editore, Torino 2002, pp. 43-57.
- Perduti e ritrovati, in Ernesto Balducci, David Maria Turoldo, La terra
non sara' distrutta. L'uomo inedito la salvera', Gribaudi, Milano 2002, pp.
34-39; "Gli Ultimi", autobiografia infantile di David Maria Turoldo, nello
stesso volume, p. 163-164.
- Forza e violenza, perche' distinguere, in La Voce del Popolo, Torino, 12
gennaio 2003, p. 1 e 6.
9. MAESTRE. HANNAH ARENDT: UNA BUONA PACE
[Da Hannah Arendt, Ebraismo e modernita', Feltrinelli, Milano 1993, p. 185.
Hannah Arendt e' nata ad Hannover nel 1906, fu allieva di Husserl, Heidegger
e Jaspers; l'ascesa del nazismo la costringe all'esilio, dapprima e' profuga
in Francia, poi esule in America. E' tra le massime pensatrici politiche del
Novecento. Docente, scrittrice, intervenne ripetutamente sulle questioni di
attualita' da un punto di vista rigorosamente libertario e in difesa dei
diritti umani. Mori' a New York nel 1975. Opere di Hannah Arendt: tra i suoi
lavori fondamentali (quasi tutti tradotti in italiano e spesso ristampati,
per cui qui di seguito non diamo l'anno di pubblicazione dell'edizione
italiana, ma solo l'anno dell'edizione originale) ci sono Le origini del
totalitarismo (prima edizione 1951), Comunita', Milano; Vita Activa (1958),
Bompiani, Milano; Tra passato e futuro (1961), Garzanti, Milano; La
banalita' del male. Eichmann a Gerusalemme (1963), Feltrinelli, Milano;
Sulla rivoluzione (1963), Comunita', Milano; postumo e incompiuto e' apparso
La vita della mente (1978), Il Mulino, Bologna. Una raccolta di brevi saggi
di intervento politico e' Politica e menzogna, Sugarco, Milano, 1985. Molto
interessanti i carteggi con Karl Jaspers (Carteggio 1926-1969. Filosofia e
politica, Feltrinelli, Milano 1989) e con Mary McCarthy (Tra amiche. La
corrispondenza di Hannah Arendt e Mary McCarthy 1949-1975, Sellerio, Palermo
1999). Una recente raccolta di scritti vari e' Archivio Arendt. 1.
1930-1948, Feltrinelli, Milano 2001. Opere su Hannah Arendt: fondamentale e'
la biografia di Elisabeth Young-Bruehl, Hannah Arendt, Bollati Boringhieri,
Torino 1994; tra gli studi critici: Laura Boella, Hannah Arendt,
Feltrinelli, Milano 1995; Roberto Esposito, L'origine della politica: Hannah
Arendt o Simone Weil?, Donzelli, Roma 1996; Paolo Flores d'Arcais, Hannah
Arendt, Donzelli, Roma 1995; Simona Forti, Vita della mente e tempo della
polis, Franco Angeli, Milano 1996; Simona Forti (a cura di), Hannah Arendt,
Milano 1999; Augusto Illuminati, Esercizi politici: quattro sguardi su
Hannah Arendt, Manifestolibri, Roma 1994; Friedrich G. Friedmann, Hannah
Arendt, Giuntina, Firenze 2001. Per chi legge il tedesco due piacevoli
monografie divulgative-introduttive (con ricco apparato iconografico) sono:
Wolfgang Heuer, Hannah Arendt, Rowohlt, Reinbek bei Hamburg 1987, 1999;
Ingeborg Gleichauf, Hannah Arendt, DTV, Muenchen 2000]
Una buona pace e' in genere il risultato di negoziati e compromessi, non
necessariamente di un programma.
9. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.
10. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti, la e-mail e': azionenonviolenta@sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben@libero.it;
angelaebeppe@libero.it; mir@peacelink.it, sudest@iol.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it. Per
contatti: info@peacelink.it
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO
Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it
Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio
con richiesta di rimozione a: nbawac@tin.it
Numero 477 del 15 gennaio 2003