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La nonviolenza e' in cammino. 471



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it

Numero 471 del 9 gennaio 2003

Sommario di questo numero:
1. Simone Weil, Metodi
2. Enrico Peyretti, ad alcuni parlamentari
3. Maria G. Di Rienzo, un'analisi del bullismo
4. Riccardo Orioles, quattro generazioni
5. Elizaveta Kovalskaja, mi racconto'
6. Giulio Vittorangeli, una sentenza storica
7. Missionari comboniani, fermiamo i mercanti di morte
8. Una poesia di Costantino Kavafis tradotta da Nicola Crocetti, Margherita
Dalmati e Nelo Risi, Filippo Maria Pontani
9. Riletture: Clarice Lispector, La passione secondo G. H.
10. Riletture: Edoarda Masi, Cento trame di capolavori della letteratura
cinese
11. Riletture: Sofia Vanni Rovighi, Elementi di filosofia
12. La "Carta" del Movimento Nonviolento
13. Per saperne di piu'

1. RIFLESSIONE. SIMONE WEIL: METODI
[Da Simone Weil, Progetto di una formazione di infermiere di prima linea, in
Simone Weil, Joe Bousquet, Corrispondenza, Se, Milano 1994, p. 53. Simone
Weil, nata a Parigi nel 1909, allieva di Alain, fu professoressa, militante
sindacale e politica della sinistra classista e libertaria, operaia di
fabbrica, miliziana nella guerra di Spagna contro i fascisti, lavoratrice
agricola, poi esule in America, infine a Londra impegnata a lavorare per la
Resistenza. Minata da una vita di generosita', abnegazione, sofferenze,
muore in Inghilterra nel 1943. Una descrizione meramente esterna come quella
che precede non rende pero' conto della vita interiore della Weil (ed in
particolare della svolta, o intensificazione, o meglio ancora:
radicalizzazione ulteriore, seguita alle prime esperienze mistiche del
1938). Ha scritto di lei Susan Sontag: "Nessuno che ami la vita vorrebbe
imitare la sua dedizione al martirio, o se l'augurerebbe per i propri figli
o per qualunque altra persona cara. Tuttavia se amiamo la serieta' come
vita, Simone Weil ci commuove, ci da' nutrimento". Opere di Simone Weil:
tutti i volumi di Simone Weil in realta' consistono di raccolte di scritti
pubblicate postume, in vita Simone Weil aveva pubblicato poco e su periodici
(e sotto pseudonimo nella fase finale della sua permanenza in Francia stanti
le persecuzioni antiebraiche). Tra le raccolte piu' importanti in edizione
italiana segnaliamo: L'ombra e la grazia (Comunita', poi Rusconi), La
condizione operaia (Comunita', poi Mondadori), La prima radice (Comunita',
Se, Leonardo), Attesa di Dio (Rusconi), La Grecia e le intuizioni
precristiane (Rusconi), Riflessioni sulle cause della liberta' e
dell'oppressione sociale (Adelphi), Sulla Germania totalitaria (Adelphi),
Lettera a un religioso (Adelphi); Sulla guerra (Pratiche). Sono fondamentali
i quattro volumi dei Quaderni, nell'edizione Adelphi curata da Giancarlo
Gaeta. Opere su Simone Weil: fondamentale e' la grande biografia di Simone
Petrement, La vita di Simone Weil, Adelphi, Milano 1994. Tra gli studi cfr.
AA. VV., Simone Weil, la passione della verita', Morcelliana, Brescia 1985;
Gabriella Fiori, Simone Weil, Garzanti, Milano 1990; Giancarlo Gaeta, Simone
Weil, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole 1992; Jean-Marie
Muller, Simone Weil. L'esigenza della nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele,
Torino 1994; Angela Putino, Simone Weil e la Passione di Dio, Edb, Bologna
1997; Maurizio Zani, Invito al pensiero di Simone Weil, Mursia, Milano 1994]
Noi non possiamo copiare questi metodi hitleriani.

2. LETTERE. ENRICO PEYRETTI: AD ALCUNI PARLAMENTARI
[Ringraziamo Enrico Peyretti (per contatti: peyretti@tiscalinet.it) per
averci inviato copia di questa lettera indirizzata a vari parlamentari.
Enrico Peyretti e' uno dei principali collaboratori di questo foglio, ed uno
dei maestri piu' nitidi della cultura e dell'impegno di pace e di
nonviolenza. Tra le sue opere: (a cura di), Al di la' del "non uccidere",
Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il Monte 1998;
La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la guerra, Beppe
Grande, Torino 1999. E' diffusa attraverso la rete telematica (ed abbiamo
recentemente ripresentato in questo notiziario) la sua fondamentale ricerca
bibliografica Difesa senza guerra. Bibliografia storica delle lotte
nonarmate  e nonviolente]
Dopo la tragedia di Napoli del tredicenne ucciso da un poliziotto
diciannovenne, occorre legiferare 1) sulle armi giocattolo; 2) sulla
disponibilita' legale di armi vere.
1. Le armi giocattolo devono somigliare il meno possibile alle armi vere:
non basta il tappo rosso, asportabile, come e' avvenuto; tutto il giocattolo
deve essere rosso; la legge non deve tutelare le industrie insane:
fabbrichino giocattoli innocui; la legge non deve tutelare i clienti insani:
restino senza; la sola detenzione di un'arma giocattolo che possa essere
confusa con un'arma vera sia reato punito dalla legge.
Ci sono leggi sui giocattoli pericolosi; nessun giocattolo e' piu'
pericoloso delle attuali armi giocattolo, come si e' visto. Il principio e'
questo: la minaccia con arma finta terrorizza come l'arma vera, perche'
incute lo stesso terrore di morte, percio' e' violenza analoga alla minaccia
con arma vera; come ogni violenza puo' generare altra violenza.
2. Un diciannovenne o ventenne e' certamente immaturo per l'uso legale, come
forza pubblica, delle armi vere. Lo si e' visto anche nel caso della
tragedia di Genova, come in altri precedenti casi.
I nuovi poliziotti potranno essere armati solo dopo lunga istruzione, anche
psicologica e morale, e lungo tirocinio in servizi disarmati.
Durante questo tempo avranno occasione di conoscere da vicino anche i casi
piu' difficili che possono verificarsi nel servizio armato, e dovranno avere
momenti di riflessione obbligatoria, guidata da istruttori ed educatori,
anche in forma di dibattito dialettico, sugli aspetti morali di tali casi.
Si stabilisca dunque un periodo sufficiente di preparazione e di esperienza
disarmata, ed una eta' minima, per esempio i 25 anni, eta' richiesta per
votare per il Senato, prima di essere dotati di un'arma.
E non si dimentichi che giace in Parlamento una lodevolissima proposta di
legge per l'educazione delle forze dell'ordine ai metodi nonviolenti, che
sono la piu' efficace alternativa alla violenza, proposta presentata dopo la
tragedia di Genova, primo firmatario il sen. Achille Occhetto.
La societa' che affida agli agenti dell'ordine pubblico armi capaci di
uccidere deve esigere, attraverso i legislatori eletti, il massimo di
garanzia psicologica, morale e professionale, che l'uso di tali armi sia
limitato allo strettissimo assolutamente necessario, e che detti agenti
siano scrupolosamente selezionati sulla base di una personalita' predisposta
e poi anche accuratamente educata - ad un livello decisamente superiore alla
media della popolazione disarmata - all'autocontrollo delle proprie
emozioni, alla massima saldezza di nervi nelle situazioni di pericolo, alla
massima tutela della vita del delinquente attuale o potenziale, al disprezzo
e orrore della violenza propria quanto di quella altrui. La forza e'
l'opposto della violenza.
Tutti questi aspetti sono essenziali perchÈe' l'uso della forza pubblica sia
veramente legale, cioe' contribuisca a far diminuire la violenza presente
nella societa', e non ad accrescerla.
In relazione, poi, ai troppi fatti delittuosi comuni, ovviamente la
concessione del porto d'armi ai privati deve essere sottoposta a simili
rigorosissime condizioni periodicamente verificate. La diffusione delle
armi, anche autorizzata, non diminuisce ma accresce il numero dei delitti di
sangue, come dimostrano le statistiche negli Stati Uniti d'America.

3. RIFLESSIONE. MARIA G. DI RIENZO: UN'ANALISI DEL BULLISMO
[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: dirienzo@tvol.it) per questo
intervento. Maria G. Di Rienzo e' una prestigiosa intellettuale femminista,
saggista, giornalista, regista teatrale e commediografa, ha svolto rilevanti
ricerche storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento di Storia
Economica dell'Universita' di Sidney (Australia); e' impegnata nel movimento
delle donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta' e in
difesa dei diritti umani, per la pace e la nonviolenza]
Il bullismo e' un comportamento persistente di tiranneggiamento di un'altra
persona, composto da critiche ingiustificate o false, da esclusione ed
isolamento, da violenze fisiche e verbali, umiliazioni, ecc.
Perche' i bulli agiscono in questa maniera?
Lo scopo e' nascondere la propria inadeguatezza e proiettarla sugli altri:
evitando di fronteggiarla e di agire per cambiare qualcosa; evitando di
accettare la responsabilita' per il proprio comportamento e per gli effetti
che esso ha sugli altri; dirottando l'attenzione dalla propria inadeguatezza
alla supposta inadeguatezza altrui.
*
Un bullo e' una persona che:
1. non ha mai imparato ad essere responsabile del proprio comportamento;
2. se adulto, vuole i benefici del vivere nel mondo adulto, ma non e' capace
di accettarne le responsabilita';
3. non ha la capacita' ne' la volonta' di riconoscere gli effetti del suo
comportamento sugli altri;
4. non vuole apprendere alcun altro tipo di comportamento e non ha la
volonta' di riconoscere che ci sono modi migliori di agire.
Nonostante la "facciata" che spesso mostra, il bullo ha scarsa fiducia in se
stesso ed una bassa autostima, percio' si sente insicuro (spesso sino alla
paranoia). E' pieno di risentimento, odio, rabbia ed amarezza, e sovente ha
un'ampia gamma di pregiudizi che servono come veicolo per proiettare la
propria rabbia sugli altri. E' guidato dalla gelosia e dall'invidia. Il
rifiuto (che non puo' essere razionalizzato o placato) e' un altro potente
movente del bullismo.
Il bullo ha imparato che puo' evitare le conseguenze del proprio
comportamento negando, scaricando la colpa sulla vittima e fingendo la
propria vittimizzazione.
Il "serial killer": e' un bullo che se la prende con una persona alla volta
nel gruppo di cui fa parte (nel proprio ufficio, nella propria fabbrica,
nella propria classe scolastica, in famiglia) e ne distrugge una dopo l'
altra. E' un tipo di bullismo molto comune. Moltissime persone fanno
esperienza, nelle loro vite, del contatto con un bullo di questo tipo, ma
stentano a riconoscere come psicopatici i suoi comportamenti. Sovente, la
sua presenza causa del "bullismo secondario": la pressione dovuta al
tentativo di convivere con le maniere aggressive del bullo fa si' che il
comportamento di ogni membro del gruppo cominci a sbandare.
Il "serial killer" puo' eventualmente costruire una gang attorno a se': di
solito, una parte di queste persone sono felici di poter tiranneggiare
qualcun altro, ottengono gratificazione dalla sensazione di aver dominio e
controllo su altre persone, e godono della protezione e delle ricompense del
"capo". L'altra parte e' stata convinta ad unirsi alla gang tramite
coercizione, e la minaccia di diventare un bersaglio essi stessi se non
l'avessero fatto. Se qualcosa va male, sara' uno di questi "coscritti" ad
essere usato come capro espiatorio e le vittime infuriate saranno
incoraggiate a dirigere la propria rabbia verso di lui. Il "serial killer"
guardera' la scena, molto soddisfatto, da distanza di sicurezza:
incoraggiare conflitti lo gratifica, soprattutto se essi si danno fra
persone che potrebbero altrimenti usare le proprie energie contro di lui.
*
I bersagli del bullismo si trovano ad essere:
- costantemente criticati: spiegazioni e prove contrarie sono ridicolizzate,
minimizzate o ignorate;
- soggetti a controlli esasperati che hanno lo scopo di portare alla luce
financo l'errore piu' banale;
- svalutati ed umiliati di fronte a terzi;
- ignorati, messi ai margini, fatti oggetto di ostracismo;
- isolati ed esclusi da cio' che sta accadendo: informazioni, nuovi processi
lavorativi, bandi di concorso (questo rende le persone maggiormente
vulnerabili e piu' facili da controllare);
- "singolarizzati" rispetto al comportamento comune (per esempio la "pausa
caffe'" puo' essere di un tempo indefinito per gli altri, ma se il bersaglio
usa due minuti sono gia' troppo lunghi);
- caricati di compiti impossibili da raggiungere, o che cambiano in corso
d'opera senza avviso, o proprio nel momento in cui stanno per raggiungerli;
- privi del sostegno dei loro superiori, e percio' si trovano ad agire in un
"vuoto"  direttivo;
- sovraccaricati di impegni (questo tiene la gente occupata, e la priva del
tempo per reagire al bullismo), o al contrario privati del proprio lavoro e
destinati a compiti non di loro competenza o "minori" (fotocopiare,
archiviare, telefonare per la pizza dello spuntino);
- soggetti ad un controllo capillare;
- indotti a sentirsi colpevoli, e a credere di essere loro stessi il
problema;
- costretti a fronteggiare azioni disciplinari ingiustificate, speciose, su
argomenti triviali;
- li si insulta a seconda del loro genere, del loro orientamento sessuale,
della loro etnia, del loro gruppo di appartenenza;
- la loro autorita' viene rimossa, ma la loro responsabilita' aumentata;
- il loro lavoro viene plagiato, copiato o rubato (e il bullo presenta il
loro lavoro come proprio ai superiori o agli insegnanti);
- specialmente se sono studenti possono aspettarsi che i loro effetti
personali vengano distrutti (libri, accessori, biciclette, ecc.), i loro
vestiti stracciati, che li si faccia oggetto di continui scherzi (gavettoni,
sgambetti, ecc.) e aggressioni fisiche;
- gli viene conferito il "trattamento del silenzio": chi li tiranneggia
rifiuta di comunicare ed evita il contatto tramite sguardo: spesso le
istruzioni vengono portate da altri, ricevute via bigliettini, ecc.;
- gli si negano ferie, congedi, aspettative;
- gli si chiede di dimettersi, licenziarsi, andare in pensione, abbandonare
gli studi (spesso, gli si dice, per evitare contenziosi disciplinari che
"ovviamente" non potranno mai vincere);
- li si licenzia, li si boccia.
*
Perche' io?
Questa domanda richiede una risposta in tre parti.
I. I bulli scelgono, selezionano, i loro bersagli?
I bulli sono predatori ed opportunisti, percio' vi siete trovati nel posto
sbagliato al momento sbagliato. Questa e' quasi sempre la ragione
principale. Se indagate un poco scoprirete di aver avuto dei predecessori e
probabilmente avrete dei successori. La risposta e' comunque si', scelgono i
propri bersagli secondo i seguenti criteri:
- Siete bravi nel vostro lavoro, eccellete a scuola.
- Siete popolari (con i colleghi, con i compagni, con i parenti, con i
clienti, ecc.).
- Piu' di ogni altra cosa al mondo, il bullo ha paura che la sua
inadeguatezza venga alla luce: la vostra presenza, popolarita', competenza,
sono inconsapevole ed incolpevole carburante alla sua paura.
- Siete la persona a cui le altre si rivolgono per consiglio (personale o
professionale).
- Vi rifiutate di aderire a cliche', dimostrate indipendenza di pensiero.
II. Quali sono i detonatori?
Gli episodi di molestie cominciano dopo che si e' verificato uno di questi
eventi:
- Il precedente bersaglio se n'e' andato.
- C'e' stato un cambiamento alla dirigenza del gruppo (e' cambiato preside,
e' cambiato direttore).
- Il vostro rendimento vi ha messo in evidenza.
- Ci sono crescenti dimostrazioni di stima e di affetto nei vostri confronti
(dagli insegnanti, dai colleghi, dai parenti, ecc.).
- Avete rifiutato di obbedire ad ordini che violavano regole e procedure,
che violavano i diritti umani, che erano illegali.
- Avete difeso un compagno di scuola o un collega che veniva molestato.
- Avete attirato l'attenzione su incompetenze, pratiche malsane, frodi,
illegalita', mancato rispetto delle norme sulla salute e sulla sicurezza
nell'ambito del luogo di lavoro.
- Vi siete iscritti ad un sindacato o avete cominciato a lavorare
attivamente nell'ambito sindacale.
- Avete ottenuto riconoscimento: avete vinto una borsa di studio, o avete
ricevuto un encomio, siete state promossi.
III. Qualita' personali che il bullo trova detestabili in altre persone:
- popolarita' (gelosia perche' il bullo e' meno popolare);
- competenza (invidia perche' e' meno competente);
- intelligenza;
- onesta' e integrita' morale;
- voi siete degni di fiducia, date fiducia agli altri, siete coscienziosi e
leali;
- siete disposti a fare qualcosa di piu' di cio' che "dovete" e vi aspettate
che anche gli altri lo siano;
- siete tenaci, determinati, coraggiosi;
- avete il senso dell'umorismo e siete capaci di arguzia verbale;
- siete creativi, avete immaginazione e fantasia;
- siete abili nell'elaborare nuove soluzioni;
- siete capaci di pensare a lungo termine, e di cogliere il "quadro globale"
delle situazioni;
- siete sensibili;
- non siete facili alla collera;
- siete disposti ad aiutare, a condividere conoscenze ed esperienze;
- siete portati al dono, e non avidi;
- avete difficolta' a dire di no;
- siete diligenti e industriosi;
- siete tolleranti;
- avete un senso dell'onore che vi porta a intervenire se siete testimoni di
ingiustizie e a tentare di correggerle;
- non siete abili nel darvi valore, ed attribuite molta importanza alle
opinioni altrui sul vostro conto;
- non avete propensione alla violenza e preferite risolvere i conflitti
tramite il dialogo;
- avete propensione al perdono, e desiderate pensare bene degli altri;
- non siete corruttibili, avete alti valori etici e non li compromettete;
- avete alte aspettative rispetto alle persone in posizione di autorita' (e
cioe' siete fiduciosi che essi riconosceranno le persone che abusano del
loro potere e le riprenderanno);
- avete bisogno dell'approvazione altrui e tendete a sminuirvi;
- tendete a scusarvi subito se venite accusati, anche se non siete
colpevoli.
*
La sequenza degli eventi
Tipicamente, le cose vanno in questo modo.
Il bersaglio viene scelto secondo i criteri elencati sopra, poi molestato
per mesi, persino per anni.
Il bersaglio tenta eventualmente di affermare il proprio diritto a non
essere angariato, informando della situazione i superiori (gli insegnanti, i
capi ufficio, ecc.).
Tali persone parlano con il bullo, che usa la sua natura da Dottor Jekyll e
Mister Hyde per narrare una storia completamente diversa (o opposta).
A questo punto e' la parola di uno contro la parola di un altro, no? Non ci
sono testimoni, non c'e' evidenza.
Magari l'insegnante o il capo in questione chiede consiglio ai propri
superiori che di solito suggeriscono di non dare troppa importanza alla
questione.
Il bullo incoraggia conflitti fra le persone che potrebbero sostenere la
versione del suo bersaglio, li minaccia, li coopta nella gang, ecc.
Quando il bersaglio se n'e' andato (si e' licenziato, ha lasciato la scuola
o, nel peggiore dei casi, si e' ucciso), passano solitamente pochi giorni o
settimane prima che il bullo individui un altro bersaglio, e la sequenza
ricomincia. Il comportamento di questa persona e' ossessivo e compulsivo: il
bullo sembra non poter sopravvivere senza qualcuno su cui proiettare il suo
odio.
Anche se presidi, insegnanti e direttori e capi si accorgono di aver
sbagliato, saranno piuttosto restii ad ammetterlo, poiche' questo
denoterebbe incuria da parte loro. Se qualcuno dei bersagli (o dei loro
parenti) intraprende un'azione legale e' probabile che la scuola o l'azienda
tentera' di tacitarlo, offrendo accordi separati stragiudiziali.
*
Le conseguenze
- "Il 46% delle vittime del bullismo intervistate ha pensato al suicidio. Il
20% lo ha tentato, alcuni piu' di una volta. Contrariamente alla credenza
che affrontare queste difficolta' a scuola rendera' i bambini piu' adatti
alla vita adulta, esse hanno gli effetti opposti. Gli adulti che hanno
sofferto del bullismo a scuola tendono ad avere problemi di stima personale,
sentimenti persistenti di rabbia ed amarezza, pensieri e tentativi suicidi,
e difficolta' di relazione con gli altri" (Kidscape Report, 1999).
- "Lunedi': mi hanno rubato i soldi; Martedi': mi hanno insultato.
Mercoledi': mi hanno strappato l'uniforme. Giovedi': il mio corpo sprizza
sangue. Venerdi': e' finita. Sabato: liberta'".
Questa e' la pagina finale del diario del tredicenne Vijay Singh, e descrive
cio' che gli accadeva ogni giorno a scuola. Lo trovarono impiccato al
parapetto della terrazza di casa, di sabato.
- "Il consiglio scolastico (...) ha preso nota delle lamentele sugli atti di
bullismo presentate da diversi membri della sua famiglia. Le istanze della
famiglia sono state prese molto seriamente e si e' agito con prontezza. Ogni
singolo caso di lamentela e' stato esaminato (...). Non c'era motivo di
essere seriamente preoccupati". Quando queste parole furono pronunciate,
Marie Bentham, 8 anni, era gia' morta.
*
Miti e stereotipi che rinforzano il bullismo
1. "Cio' che alcune persone chiamano 'bullismo', 'angheria' ecc., sul lavoro
e' semplicemente una direzione 'tosta' e dinamica".
Chi la pensa così dovrebbe calcolare il costo della bassa moralità dell'
ambiente di lavoro, della minor produttività, del servizio squalificato ai
clienti, dell'altissima percentuale di assenze per malattia, del frequente
ricambio del personale e delle azioni legali: queste sono le conseguenze
della direzione "tosta".
2. "I bersagli (le vittime) contribuiscono a creare il bullismo".
I molestatori, gli stupratori, i bulli e la gente violenta in genere
apprezza molto questo tipo di sostegno, che mitiga i loro crimini. Se le
donne vengono stuprate e' perche' in effetti "lo vogliono" o "stavano
mandando segnali sbagliati all'esterno"; le mogli che subiscono la violenza
domestica "se lo meritano" o "sono consenzienti", e i bambini abusati
sessualmente sono "in parte" responsabili dell'abuso subito.  Questo tipo di
sostegno alla violenza e' massiccio e apologetico: tristemente nutre e
legittima ogni persona che scelga di compiere un abuso.
3. "I bersagli sono persone deboli e incapaci".
Sono i bulli ad essere deboli e incapaci. La gente normale non ha bisogno di
abusare degli altri, solo persone deboli ed incapaci hanno bisogno di farlo
per nascondere le proprie inadeguatezze. I bersagli del bullismo non hanno
interesse all'esercizio del dominio: vanno a scuola perche' vanno a scuola,
e vanno al lavoro perche' vanno al lavoro.
4. "I bersagli sono persone sole".
No, sono persone indipendenti, che stanno bene con se stesse, che non hanno
bisogno di far parte di una gang per esistere, che non hanno bisogno di
impressionare gli altri.
5. "I bersagli sono persone isolate".
Questa e' un'osservazione corretta: i bulli isolano i loro bersagli per
renderli privi di potere.
6. "I bersagli sono persone sensibili".
La sensibilita' comprende una costellazione di valori che dovrebbero essere
incoraggiati ed apprezzati, come il rispetto, la tolleranza, la dignita', la
considerazione e la gentilezza. Chi non e' "sensibile" e' "insensibile".
7. "I bersagli sono troppo deboli per difendersi".
Sono persone che non vanno a scuola o in ufficio con l'intenzione di
combattere una guerra. I bulli scelgono individui che preferiscono il
dialogo per risolvere i conflitti, che hanno scarsa propensione per la
violenza, e che useranno a lungo tentativi di negoziazione prima di arrivare
alla lamentela esplicita o all'azione legale.
8. "I bersagli sono persone instabili e non del tutto 'a posto'
mentalmente".
Sono i bulli ad essere instabili e non del tutto "a posto". Chi giudica le
vittime "instabili" poiche' osserva su di loro gli effetti delle prolungate
angherie non sa di cosa parla. Uno stress prolungato di questo tipo provoca
traumi psichici profondi in chi lo subisce. Chi biasima la persona che ha
ricevuto l'offesa rivela la propria scarsa empatia e la propria scarsissima
conoscenza degli effetti di un trauma.
9. "I bersagli sono solo piagnoni che non sanno stare con le altre persone".
E invece vengono scelti perche' competenti, o simpatici, o popolari. I bulli
sono gelosi proprio delle relazioni che essi hanno con altre persone.
10. "Non dobbiamo angariare il bullo".
Certo che no. I suoi bersagli hanno sopportato una battitura verbale,
emotiva e psicologica (a volte anche fisica, soprattutto nel caso degli
studenti) per mesi, spesso per anni. Ma quando aprono bocca per lamentarsi,
e il bullo assaggia una minima parte della sua stessa medicina, ecco che
corre a chiedere protezione all'autorita' competente. Invitato a render
conto del suo comportamento, il bullo neghera' e fingera' di essere la
vittima: una delle tattiche e' proprio quella del "non dobbiamo angariare il
bullo", ovvero il tentativo di confondere il bullismo con la responsabilita'
personale per le proprie azioni.
11. "I bulli hanno un'alta autostima".
Esibiscono arroganza, narcisismo, plausibilita', certezze, egoismo, senso di
invulnerabilita' e infinita fiducia nella propria infallibilita'. Eccellono
nello sfuggire alle responsabilita'. Qualcuno scambia questi atteggiamenti
per "autostima", ma i bulli sono motivati da invidia e gelosia, gli
indicatori di una stima di se' piuttosto bassa. Le persone con un'alta
autostima non hanno bisogno di comportarsi come i bulli.
*
Miti e stereotipi scolastici
- "Non c'e' bullismo da noi".
E' nelle scuole che dichiarano questo che avete piu' probabilita' di
trovarcelo. Atti di bullismo accadono in ogni scuola. Le buone scuole sono
"pro-attive" nel loro approccio al bullismo e lo trattano propriamente,
fermamente ed equamente. Le cattive scuole lo negano, lo ignorano, lo
giustificano, lo razionalizzano, lo trattano in modo inadeguato, biasimano
la vittima o i genitori della vittima, o fanno un sacco di rumore al
proposito e nessun'azione sostanziale.
- "E' meglio ignorarlo".
Non fatelo mai. I bulli usano la provocazione per aver risposta dal
bersaglio, e se voi ignorate la provocazione il comportamento dei bulli
peggiorera'. Se qualcuno vi dice "Ignoralo", sta intendendo "Lascialo fare".
Quando invece vedete iniziare un'azione di bullismo riconoscetela
immediatamente, e coinvolgete genitori ed insegnanti. Avete il diritto a non
essere molestati, assaliti, insultati e abusati.
- "Difenditi, no?".
E' divertente notare come le persone che vi dicono semplicemente "difenditi"
non aggiungano mai come dovreste farlo. Persino gli adulti hanno difficolta'
a difendersi da un bullo, in special modo da quelli del tipo "serial
killer".
- "Cose come questa ti renderanno piu' forte".
Sbagliato. Il bullismo sta nella stessa categoria della molestia, della
discriminazione, della violenza, dell'abuso sessuale, dello stupro,
dell'aggressione. Causa traumi psichici e lesioni fisiche, ed il suo
risultato e' un abbassamento di tutti gli standard di salute del bersaglio.
- "La vita e' fatta cosi'".
Sbagliato di nuovo. La molestia, la discriminazione, il razzismo, la
violenza, l'abuso sessuale, lo stupro e l'omicidio sono tutte parti della
vita, ma sono tutte parti inaccettabili.
- "Non c'e' una legge che lo sanzioni, percio'...".
Percio' un corno! Il fatto che la legge non si sia ancora adeguata ai mutati
bisogni ed alle mutate conoscenze della societa' non e' una scusa. Un
comportamento violento e abusante resta tale che ci sia o no una legge che
lo sanziona.
- "I bulli perseguitano solo gli scemi".
Falso. Le persone che diventano bersagli sono sensibili, oneste, rispettose,
creative, hanno un'alta intelligenza emotiva, un forte senso della giustizia
ed un'alta integrita' morale, unite a scarsa propensione per la violenza.
Spesso il bersaglio e' un ragazzo o una ragazza con una maturita' emotiva
superiore alla media.
- "I bulli sono persone 'toste', dei 'duri', dei 'fighi'".
Enorme errore. I bulli sono deboli, codardi e incapaci di avere relazioni
con gli altri in maniere normali, percio' si sono dati alla violenza
psicologica (e nel caso degli studenti anche fisica) per farsi strada. Solo
i deboli hanno bisogno di usare sopraffazione. Notate anche che 6 su 10 dei
"bulli scolastici" da adulti compiono atti criminali.
- "Sono le ragazze e i ragazzi passive/i a diventare vittime".
La nostra societa', incluse le famiglie ed i sistemi educativi, dice che un
"buon comportamento", quello che fa "un bravo ragazzo o ragazza" e': non
aggressivo, quieto, attento, rispettoso. Quando questo bravo ragazzo o brava
ragazza subisce l'aggressione da parte di un bullo ecco che il buon
comportamento diventa l'accusa di essere passivi, deboli, troppo teneri,
troppo sensibili, timidi. In altre parole, noi sanzioniamo la vittima di un
abuso per non aver voluto usare la violenza in risposta. E ci laviamo le
mani, come tanti Pilati, dalla nostra responsabilita' di adulti di aver cura
dei ragazzi e delle ragazze che abbiamo messo al mondo o che ci vengono
affidati. Ripeto: essere sensibili e' una cosa che va apprezzata. I bulli
non sono granche' sensibili. Il rispetto, la cura, l'empatia, la
considerazione per gli altri, il rifiuto della violenza sono le qualita' di
cui abbiamo bisogno per vivere in modo migliore.
- "I bulli sono personaggi popolari nella scuola".
Possono spesso essere circondati da altri ragazzi, non perche' siano
popolari, ma perche' incutono timore. Il bullo e' raramente capace di
sostenere una relazione di amicizia (che e' basata sulla fiducia, la lealta'
ed il rispetto reciproco), e crea al suo posto forme di alleanza che sono
parte della sua strategia di dominio e controllo. Uno sguardo spassionato a
chi attornia il bullo rivelera' una mentalita' da "gang", da "banda" o
"branco", in cui la vera amicizia e' assente. Alcuni si affiancano al bullo
perche' in questo modo acquisiscono sufficiente spinta per agire da bulli
loro stessi, ma molti altri lo affiancano perche' temono altrimenti di
diventare sue vittime.
- "Non ci libereremo mai dal bullismo, percio' e' meglio che ci concentriamo
sull'insegnare ai bersagli a difendersi".
Insegnare tecniche di autodifesa e' una buona cosa, ma attenzione a che
questo non diventi lo schermo dietro a cui incoraggiamo i bulli a non essere
responsabili di cio' che fanno. Puo' darsi che non ci libereremo mai
completamente del razzismo, della discriminazione, dell'abuso, ecc., ma io
non lo credo, e comunque non dobbiamo smettere di tentare. Dobbiamo imparare
ad identificare e trattare le cause dei problemi, e non nasconderle dietro
il nostro occuparci degli effetti.
Sfortunatamente troppe persone, e specialmente quegli adulti che abdicano
alle loro responsabilita', preferiscono concentrarsi esclusivamente sui
bersagli del bullismo e dedicano scarsa attenzione alla radice del problema.
*
Le cause
La causa principale e' il modo in cui la nostra societa' socializza femmine
e maschi. Si richiede infatti a ragazze e ragazzi di aderire a modelli
rigidi e altrettanto rigide regole di condotta, in cui il vestire, l'uso di
ornamenti, le preferenze per un tipo o un altro di attivita' vengono
etichettate come dipendenti dal sesso. Per le ragazze significa che devono
essere belle, magre, civettuole con i coetanei, devono accettare uno status
subordinato ed eventualmente respingere, isolare o diffamare le ragazze ed i
ragazzi che non si adeguano al modello prescritto. Per i ragazzi significa
che devono essere "fighi", sprezzanti, etero-sessualmente assertivi e devono
esercitare sopraffazioni sulle ragazze in genere e sui ragazzi che non si
adeguano al modello prescritto.
Essere etero-sessualmente assertivi e' tradotto come "imporre le proprie
attenzioni sessuali a qualunque ragazza si sia scelta"; il che comprende le
molestie verbali e quelle fisiche (come gli "innocenti" toccamenti): tutto
questo viene spesso sminuito dagli adulti, che dicono cose del tipo: "Ma in
fondo non ti hanno fatto niente" e "I ragazzi sono fatti cosi'". Ai ragazzi,
poiche' "sono fatti cosi'", viene permesso fare commenti denigratori sul
corpo o sul comportamento delle ragazze, possono chiamarle in modo
spregiativo, umiliarle con scherzi a sfondo sessuale, cercare di spogliarle,
spingerle negli angoli, ecc. Troppo spesso il comportamento che i ragazzi
tengono nei confronti delle loro coetanee nella scuola viene mistificato
come "gioco eterosessuale", una parte normale e naturale della crescita.
Similmente, negli ambienti di lavoro, troveremo chi definira' normali o
innocenti le molestie sessuali subite dalle lavoratrici da parte di colleghi
o superiori, perche' "gli uomini sono fatti cosi'": il "gioco" sembra quindi
non avere mai fine. Ma e' un "gioco" in cui le vittime perdono stima di se',
salute psichica e/o fisica, opportunita' di studio, posto di lavoro...
La cosa si complica quando ragazzi e ragazze, o uomini e donne, non
rispondono agli stereotipi di genere. Una ragazza o una donna etichettata
come "mascolina", o che compete con i ragazzi per l'attenzione delle altre
ragazze, o che palesa un orientamento affettivo diverso da quello
eterosessuale, sara' piu' frequentemente il bersaglio delle molestie. Cosi'
come lo sara' il ragazzo etichettato come "effeminato", che palesa un
orientamento affettivo diverso da quello eterosessuale, che non e'
abbastanza volgare e violento per gli standard attribuiti alla mascolinita'.
M., che a 16 anni aveva fatto un coming out come lesbica nella propria
scuola, si trovo' a dover subire un "finto stupro" nel cortile circondata da
una dozzina di studenti. I due che le tolsero il maglione e cominciarono a
palpeggiarla e a premersi su di lei mimando lo stupro dissero che lo
facevano per "guarirla". Il preside disse a M. che era stato un errore
definirsi lesbica cosi' apertamente. I ragazzi sono "fatti cosi'", aggiunse,
e lei avrebbe dovuto aspettarsi un simile comportamento.  "Non mi sentivo
piu' al sicuro in classe, dopo quell'episodio. Da quando ho preso coscienza
dei miei sentimenti la mia vita e' diventata instabile. La scuola non era
piu' un posto dove volevo stare e ho cominciato a "bruciare" quasi ogni
giorno. Mi piaceva anche giocare a pallavolo, lo sport e' stato il mio amore
sin da bambina e non riuscivo ad immaginare che vi avrei rinunciato. Ma
alcune ragazze della squadra avevano capito qualcosa, e io avevo passato
l'ultima stagione agonistica a cercare di ignorare gli scherzi e i commenti.
Ho persino cercato di ridere alle loro battute. Adesso non ce la faccio
piu'". M., 17 anni (testimonianza da The Hatred in the Hallways - L'odio
negli atri scolastici - 2000 Human Rights Watch. La ragazza ha lasciato la
scuola l'anno successivo all'episodio testimoniato).
*
Cosa possiamo fare
Il ciclo dell'oppressione che ingabbia i "bersagli" del bullo di turno non
e' naturale, e non e' inevitabile; il suo svolgersi gode dell'aiuto di un
gran numero di persone: gli appartenenti alla "gang" di sostegno; gli
insegnanti o i superiori che chiudono gli occhi di fronte agli abusi; i
coetanei o colleghi che guardano da un'altra parte; i genitori piu'
preoccupati dell'effettiva rispondenza del figlio/figlia agli stereotipi di
genere che di sostenerlo/a e proteggerlo/a nel rispetto della sua dignita';
gli "esperti" mass-mediatici che giustificano (e a volte propagandano) la
violenza.
Spezzare il ciclo e' un processo in due parti.
Il primo passo e' educare noi stesse/i. Riconoscere il bullismo per cio' che
esso e'. Riconoscere come la pratica del dominio si manifesti nella vita
quotidiana, nelle relazioni interpersonali, e come il bullismo sia una
faccia di tale pratica. Chiarire a noi stesse/i e all'esterno che
l'aggressione, la molestia, lo scherno, ecc. sono a tutti gli effetti
"innaturali", sistemi che servono solo a distruggere il senso di se' di una
persona. Studiare un diverso tipo di socializzazione, di educazione al
genere, in una prospettiva rispettosa, equa, solidale, nonviolenta.
Il secondo passo e' educare gli altri. Praticare l'ascolto attivo e
dialogare con rispetto. Rifiutare il linguaggio sessista e omofobo.
Sforzarsi di usare un altro linguaggio, ed inventare parole, se serve.
Parlare dal cuore della propria esperienza: non dite "La gente crede...",
"Tutti sanno...", dite piuttosto: "Io credo, io penso". Sanzionare gli
episodi di bullismo con cui si viene a contatto: linguaggio, comportamenti,
azioni specifiche. Arrivare all"azione legale, se le altre sanzioni hanno
fallito lo scopo. Insegnare ad apprezzare le differenze, a confrontare
invece di contrapporre.
Se come me siete profondamente convinte/i che ogni persona detiene
l'incontestabile diritto ad un'esistenza piena di promesse e libera da
intimidazioni, insieme possiamo farcela.

4. TESTIMONIANZE. RICCARDO ORIOLES: QUATTRO GENERAZIONI
[Ringraziamo Riccardo Orioles (per contatti: ricc@libero.it) per averci
autorizzato a pubblicare questa sua lettera personale (indirizzata a Lidia
Menapace). Riccardo Orioles, giornalista eccellente, militante antimafia tra
i piu' lucidi e coraggiosi, ha preso parte con Pippo Fava all'esperienza de
"I Siciliani", poi e' stato tra i fondatori del settimanale "Avvenimenti",
ha formato al giornalismo d'inchiesta e di impegno civile moltissimi
giovani; e' un esempio pressoche' unico di rigore morale e intellettuale (e
quindi di limpido impegno politico); attualmente svolge la sua attivita'
giornalistica prevalentemente scrivendo e diffondendo una e-zine nella rete
telematica: appunto "Tanto per abbaiare". Opere di Riccardo Orioles: i suoi
scritti e interventi editi a stampa sono pressoche' tutti dispersi in
periodici e varie piccole e piccolissime pubblicazioni; per gli utenti della
rete telematica vi e' la possibilita' di leggere una raccolta dei suoi
scritti (curata dallo stesso autore) nel libro elettronico Allonsanfan.
Storie di un'altra sinistra; sempre in rete e' possibile leggere una sua
raccolta di traduzioni di lirici greci, ed altri suoi lavori di analisi (e
lotta) politica e culturale, giornalistici e letterari. Opere su Riccardo
Orioles: due ampi profili di Riccardo Orioles sono in due libri di Nando
Dalla Chiesa, Storie (Einaudi, 1990), e Storie eretiche di cittadini perbene
(Einaudi, 1999)]
Giuseppe Fava aveva 59 anni quando e' morto, nell'84.
I suoi "ragazzi" ne avevano fra 19 e 30.
E sono stati la prima generazione.
*
Poi, nel giro di un anno, sono arrivati i "Siciliani Giovani", che per lo
piu' andavano a scuola nell'84. Hanno costituito il loro giornale (che e'
arrivato fino all'86) e il loro movimento.
Rispetto a noi, sono riusciti ancora abbastanza "professionali" (ne sono
venuti fuori una decina di professionisti) ma piu' diffusi di noi nella
Sicilia e fuori e in genere piu' inclini a sentirsi un movimento. Giorgio,
che  ora fa volontariato per gli indios, e' cresciuto con "Siciliani
Giovani" ma e' di Lovere.
Seconda generazione.
*
Poi e' arrivato "Avvenimenti" e con "Avvenimenti" "l'Alba", che si
riallacciava abbastanza linearmente a "Siciliani Giovani".
Dell'"Alba" hai visto qualcosa; almeno meta' dei ragazzi (che ora sono sulla
trentina) sono ancora civilmente attivi nei rispettivi paesi (a Napoli hanno
fatto un centro sociale, il "Diego Armando Maradona" - il nome l'hanno
scelto i bambini - e da li' hanno gemmato a Marsiglia (doposcuola bimbi
magrebini) e a Bologna.
Quasi contemporaneamente all'Alba - nel 93 mi pare - e' venuta fuori la
ripresa dei "Siciliani" (il tabloid), che e' stata sostenuta prevalentemente
dai ragazzi nel frattempo cresciuti del primo "Siciliani Giovani". I
"Siciliani" nuovi e "l'Alba" sono andati avanti in parallelo finche sono
durati.
"L'Alba" era presente in una quindicina di citta', e ne hanno fatto parte
(mi dice Carlo) 250 ragazzi.
Terza generazione.
*
Un paio d'anni fa e' ricominciata la fioritura  a Catania: si sono fusi
quattro gruppi diversi e del tutto indipendenti fra loro, aggregati su
internet e su attivita' sociali.
Lucio ha mollato il lavoro per venire a Catania a dare una mano a questi
ragazzi.
Quest'estate seminario in Sicilia (un camping, approfittando di un concerto
reggae) e passaggio lento e graduale, e con molti errori, all'operativo.
Adesso credo che siano finalmente arrivati (ma da soli) alla "politica"
(antimafia, movimenti, ecc., e quindi in Sicilia Giuseppe Fava).
Questa sarebbe la quarta generazione, e finora sta andando bene.
*
In tutto questo casino, tutti rispettiamo e onoriamo Giuseppe Fava come una
persona coraggiosa e buona, anche se pochi di noi ormai l'hanno conosciuto
di persona.
Nessuno di noi deve mai sentirsi troppo importante, perche' in realta'
sappiamo benissimo (e' l'unica cosa che "insegnamo") che nessuno di noi
sara' mai anche lontanamente come lui.
E' l'unica continuita', apparentemente.
Non abbiamo una linea politica, anche se - politicamente - il filo e' con
ogni evidenza sempre lo stesso.
Non abbiamo nemmeno una continuita' formale, visto che gia' dopo la chiusura
dell'ultimo "Siciliani" e' stato deciso di non utilizzare piu' quel nome (tu
non ti chiameresti piu' repubblicana o garibaldina, no?).
Il "gruppo storico" (io, Claudio, Antonio e Miki: ma in realta' era molto
piu' ampio) non esiste piu' da molto tempo come tale, e anzi siamo alquanto
divisi. Pero' grazie a dio questo non e' piu' fondamentale, visto che ora
tocca ai ragazzi. E comunque in caso di necessita' torneremmo uniti insieme
esattamente come prima.
*
Di tutti queste persone comunque - da Lillo Venezia che era nel servizio
d'ordine di Lotta Continua e firmo' "Il Male", e credo sia il piu' vecchio
di noi tutti, ai ragazzi dei "Gatti fisici", che e' un collettivo di fisica
che ha aderito al progetto adesso - non ce n'e' mai stato uno che sia finito
nei socialisti o a Forza Italia o abbia imbrogliato qualcosa. Non credo che
ce ne saranno mai.
In compenso, non sono mai stati molti fra noi i politici brillanti, almeno
nei tempi brevi.
Ecco: noi non siamo un blocco ("noi" chi? anche questo "noi" e' alquanto
fumoso) pero' esistiamo come poche altre cose al mondo.
Forse un vero modo di organizzarsi - e organizzarsi e' gia' una parola
troppo forte - puo' essere questo.
Le persone crescono come una volta crescevano nelle famiglie contadine:
senza sapere granche', formalmente, dei predecessori ma in realta' sapendone
tutto.
Un abbraccio,
Riccardo

5. FRASI COLTE AL VOLO. ELIZAVETA KOVALSKAJA: MI RACCONTO'
[Da Elizaveta Kovalskaja, Autobiografia, in Vera Zasulic, Olga Ljubatovic,
Elizaveta Kovalskaja, Memorie di donne terroriste, Savelli, Roma 1979, p.
175. Quello che citiamo e' un frammento (riferito alla sua infanzia)
dall'autobiografia della Kovalskaja (1849 o 1851-1943) scritta per
l'Enciclopedia Granat. Su Elizaveta Kovalskaja cfr. Franco Venturi, Il
populismo russo, Einaudi, Torino 1952, 1972]
Mi racconto' che c'era della gente di valore che lottava per porre fine alla
vendita di esseri umani.

6. NICARAGUA. GIULIO VITTORANGELI: UNA SENTENZA STORICA
[Giulio Vittorangeli (per contatti: giulio.vittorangeli@tin.it) e' uno dei
principali collaboratori di questo foglio, e infaticabile animatore
dell'Associazione Italia-Nicaragua e di infinite altre esperienze di pace e
di solidarieta']
Sul n. 429 del notiziario veniva riproposto un articolo di Marina Forti dal
titolo "Una marcia contro il Nemagon".
L'articolo documentava la lotta portata avanti da circa quattromila
lavoratori ed ex lavoratori delle piantagioni di banane del Nicaragua, oggi
riuniti nell'associazione Asotraexdan, contro sette multinazionali
statunitensi: Dow Chemical Corp, Shell Oil Company, Standard Fruit Co.,
Standard Fruit and Steamship, Dole e Chiquita Brand; tutte colpevoli di aver
prodotto, distribuito o utilizzato pesticidi (in particolare il Nemagon, il
cui uso era vietato negli Usa gia' dal 1977) in Nicaragua.
Le conseguenze sono state quelle di un vero e proprio avvelenamento di
massa. Almeno 180 le persone morte; migliaia stanno ancora lottando contro
mali che vanno dal tumore ai reni, pancreas e milza, alle malformazioni
cutanee, senza contare la sterilita' diffusa e i figli malformati nati da
persone esposte al pesticida.
L'Associazione Italia-Nicaragua da oltre due anni sostiene questi
lavoratori, sia finanziando le spese mediche per le operazioni piu' urgenti;
sia attraverso la campagna di pressione "No more chemicals" rivolta alle
multinazionali incriminate, cui sono state inviate da tutta Italia migliaia
di cartoline ed e-mail.
*
Cosi', finalmente, l'11 dicembre 2002, la giudice Vida Benavente della Terza
Corte Civile del Tribunale di Managua ha emesso una storica sentenza che
condanna tre multinazionali nordamericane, Shell Oil Company, Dow Chemical
Corp. e Standard Fruit Company (conosciuta negli Usa come Dole Food Company)
a pagare quasi 490 milioni di dollari ai denuncianti dei primi 5 processi
dei 36 presentati in Tribunale.
Questa prima sentenza e' storica a tutti gli effetti perche' mette termine
ad una storia infinita, che e' quella di migliaia di persone sfruttate ed
obbligate a lavorare a contatto con un pesticida a base di Dbcp senza essere
informati dei tremendi danni che poteva recare all'essere umano.
Victorino Espinales Reyes, presidente della Asotraexdan, l'associazione che
riunisce tutti i denuncianti, ha dichiarato che "il primo importante passo
e' stato fatto ed e' frutto della grande pressione che siamo riusciti ad
esercitare sul governo con la nostra marcia del 19 novembre 2002 in difesa
della Legge 364".
Ha inoltre dichiarato che "il fatto di aver avuto le prime sentenze
favorevoli e' un segnale incoraggiante per le prossime 31 che mancano, in
quanto creano un precedente difficilmente reversibile e soprattutto, creano
giurisprudenza alla quale qualsiasi giudice dovra' attenersi".
*
Restano pero' alcuni punti ancora oscuri.
Delle multinazionali denunciate solo tre sono state riconosciute colpevoli
in quanto l'avvocato Walter Gutierrez dello studio legale
"Ojeda-Guttierrez-Espinoza" che per anni ha rappresentato i membri della
Asotraexdan, nei mesi scorsi ha deciso, senza consultare nessuno, di
presentare alla giudice Benavente un documento in cui si chiedeva
l'esclusione dal processo della Chiquita Brands, della Occidental Chemical
Corp. e della Del Monte. Resta ancora un mistero il perche' di questo atto,
ma i membri della Asotraexdan sono convinti che dietro ci siano pressioni e
forse offerte economiche da parte delle multinazionali. Conseguenza di
questo atto, i rapporti tra lo studio legale di Walter Gutierrez e la
Asotraexdan si sono rotti e piu' di duemila denunciati hanno gia' tolto la
rappresentanza legale a "Ojeda-Gutierrez-Espinoza", passandola allo studio
Gallo-Monsalvo.
Le sentenze emesse dalla giudice ora passeranno immediatamente alla Corte
Suprema di Giustizia che dovra' convalidarle e passarle al Ministero degli
Esteri che dovra' fare lo stesso. Da qui verranno poi inviate al Consolato
nicaraguese a Washington che le passera' al Dipartimento di Stato
statunitense e poi, al Dipartimento della Giustizia sempre a Washington che
convochera' le multinazionali condannate per la sentenza in territorio
statunitense. Non e' ancora possibile prevedere quali saranno i tempi per la
sentenza definitiva negli Stati Uniti, ma il primo passo e' stato fatto.
Ma la campagna continua, ed e' importante sostenere questa battaglia per il
diritto al risarcimento dei danni inflitti da multinazionali che fanno del
profitto l'unica ragione d'essere; sostenere questa lotta che, se vincente,
diventera' una luce di speranza per milioni di lavoratori costretti a morire
per lavorare.
Maggiori informazioni sul sito www.itanica.org e presso tutti i circoli
dell'Associazione Italia-Nicaragua.

7. INIZIATIVE. MISSIONARI COMBONIANI: FERMIAMO I MERCANTI DI MORTE
[Riceviamo e diffondiamo invitando tutti i nostri interlocutori ad aderire
alla campagna "Fermiamo i mercanti di morte" (per informazioni:
www.retelilliput.org)]
La legge 185/90 voluta per controllare l'export italiano di armi sta per
essere smantellata dal Parlamento: il 28 gennaio il Senato discutera' il
disegno di legge 1547 che limitera' i meccanismi di controllo e di
trasparenza. Ognuno invii al senatore del proprio collegio elettorale sotto
forma di lettera o di e-mail questo testo:
"Caro Senatore,
sono venuto a conoscenza che il 28 gennaio 2003 verra' votata in Senato la
ratifica del trattato di Farnborough, l'accordo-quadro con cui sei Paesi
europei inclusa l'Italia avviano un meccanismo di cooperazione industriale
per la produzione di armi.
Questo accordo e' stato presentato in Senato come ddl 1547.
Esso limitera' fortemente i meccanismi di controllo e di trasparenza
sull'esportazione di armi italiane, meccanismi introdotti dalla legge
185/90.
Le chiedo di votare e dire no a queste modifiche della 185/90.
Grazie".
*
La campagna "Fermiamo i mercanti di morte" riunisce un cartello delle
maggiori associazioni e reti italiane della societa' civile e ha raccolto
oltre ottantamila firme consegnate al presidente del Senato. Per ulteriori
informazioni: www.retelilliput.org
I missionari comboniani padre Gianni Capaccioni, padre Paolo Latorre, padre
Michele Stragapede, padre Alex Zanotelli
Coordinamento Giubileo degli Oppressi 2; Pax Christi, Bari; Scuola di Pace
"Don Tonino Bello", Molfetta; Coordinamento contro la guerra, Bari.

8. RIFLESSIONE. UNA POESIA DI COSTANTINO KAVAFIS TRADOTTA DA NICOLA
CROCETTI, MARGHERITA DALMATI E NELO RISI, FILIPPO MARIA PONTANI
[Due carissimi amici di Narni mi commuovono inviandomi una cartolina con una
delle grandi poesie di Kavafis nella traduzione di Nicola Crocetti. Decido
di riprodurla qui, e dagli scaffali di casa tiro giu' anche Constantinos
Kavafis, Cinquantacinque poesie, Einaudi, Torino 1968, 1984 (traduzione di
Margherita Dalmati e Nelo Risi), e Costantino Kavafis, Poesie, Mondadori,
Milano 1961, 1991 (traduzione di Filippo Maria Pontani) e i due volumi di
Poiemata, Ikaros, Atene 1983 (a cura di G. P. Savvidis) che ho in neogreco,
e la monografia di Paola M. Minucci, Firenze 1979, e il bel saggio di
Marguerite Yourcenar, in Con beneficio d'inventario, Bompiani 1985, 1993. E
nuovamente nella poesia di Kavafis m'immergo. Ma perche' farla piu' lunga?
La parola a Kavafis (p. s.)]

* Piu' che puoi (traduzione di Nicola Crocetti)

Se non puoi farla come vuoi, la vita,
sforzati almeno piu' che puoi
di non prostituirla
nei contatti eccessivi con la gente,
con i gesti eccessivi e le parole.

Non la prostituire col portarla
troppo sovente in giro, con l'esporla
ai commerci e alle pratiche
della dissennatezza quotidiana,
finche' diventi estranea ed importuna.

*

* Per quanto sta in te (traduzione di Margherita Dalmati e Nelo Risi)

E se non puoi la vita che desideri
cerca almeno questo
per quanto sta in te: non sciuparla
nel troppo commercio con la gente
con troppe parole e in un viavai frenetico.

Non sciuparla portandola in giro
in balia del quotidiano
gioco balordo degli incontri
e degli inviti,
fino a farne una stucchevole estranea.

*

* Quanto piu' puoi (traduzione di Filippo Maria Pontani)

Farla non puoi, la vita,
come vorresti? Almeno questo tenta
quanto piu' puoi: non la svilire troppo
nell'assiduo contatto della gente,
nell'assiduo gestire e nelle ciance.

Non la svilire a furia di recarla
cosi' sovente in giro, e con l'esporla
alla dissennatezza quotidiana
di commerci e rapporti,
sin che divenga una straniera uggiosa.

9. RILETTURE. CLARICE LISPECTOR: LA PASSIONE SECONDO G. H.
Clarice Lispector, La passione secondo G. H., Editori La Rosa, Torino 1982,
Feltrinelli, Milano 1991, pp. 168, lire 11.000. Una lettura che e' anche una
intensa esperienza di meditazione.

10. RILETTURE. EDOARDA MASI: CENTO TRAME DI CAPOLAVORI DELLA LETTERATURA
CINESE
Edoarda Masi, Cento trame di capolavori della letteratura cinese, Rizzoli,
Milano 1991, pp. 480, lire 55.000. Un libro che e' esso stesso un
capolavoro.

11. RILETTURE. SOFIA VANNI ROVIGHI: ELEMENTI DI FILOSOFIA
Sofia Vanni Rovighi, Elementi di filosofia, tre volumi, La Scuola, Brescia
1962, 1963, 1964 e costantemente ristampato, pp. 208 + 222 + 280. Un
eccellente manuale dell'indimenticabile studiosa (1908-1990), ad un tempo
molto caratterizzato ed insieme utilissima occasione di confronto e
approfondimento per persone dei piu' diversi orientamenti culturali.

12. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

13. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti, la e-mail e': azionenonviolenta@sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben@libero.it;
angelaebeppe@libero.it; mir@peacelink.it, sudest@iol.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it. Per
contatti: info@peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it

Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio
con richiesta di rimozione a: nbawac@tin.it

Numero 471 del 9 gennaio 2003