[Date Prev][Date Next][Thread Prev][Thread Next][Date Index][Thread Index]
CORTE COSTITUZIONALE: MEDIASET VIOLA L'ARTICOLO 21
ILLEGITTIMITA' COSTITUZIONALE DELLA LEGGE MACCANICO NELLA PARTE IN CUI HA
CONSENTITO AL GRUPPO MEDIASET IL MANTENIMENTO DI TRE CONCESSIONI TELEVISIVE
SU FREQUENZE TERRESTRI - Per contrasto con l'art. 21 della Costituzione
(Corte Costituzionale n. 466 del 20 novembre 2002, Pres. Ruperto, Red.
Chieppa).
La Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimita', per contrasto con
l'art. 21 Cost. (liberta' dell'informazione), della normativa della legge
Maccanico (L. 31 luglio 1997 n. 249) che ha consentito al gruppo Mediaset
di mantenere tre concessioni televisive su frequenze terrestri in contrasto
con quanto in precedenza affermato dalla stessa Corte con la sentenza n.
420/94.
La vicenda giudiziaria ha avuto inizio nell'ottobre del 1999, quando
l'Associazione utenti e consumatori Adusbef ed altri hanno chiesto al
Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio di annullare i provvedimenti,
emessi il 28 luglio 1999 dal Ministro delle Comunicazioni, di rilascio
della concessioni per la radiodiffusione televisiva privata in ambito
nazionale su frequenze terrestri, sostenendo che il rilascio al Gruppo
Mediaset di tre concessioni su canali terrestri doveva ritenersi
illegittimo per violazione del limite di due previsto dalla sentenza della
Corte Costituzionale n. 420 del 20 dicembre 1994.
Il Ministero si e' difeso facendo presente che in base agli artt. 2 e 3
della legge 31 luglio 1997 n. 249, l'assegnazione di tre concessioni doveva
ritenersi temporaneamente legittima fino al momento in cui lo sviluppo del
mercato avesse consentito di sostituire validamente ad una delle
concessioni via terra l'emittenza via satellite.
Il TAR Lazio ha sollevato la questione di legittimita' costituzionale delle
norme invocate dal Ministero per contrasto con gli artt. 3 (principio di
eguaglianza), 21 (liberta' di informazione) e 136 (effetti delle decisioni
della Corte Costituzionale).
La Corte Costituzionale, dopo avere svolto un'indagine istruttoria
sull'assetto radiotelevisivo italiano e sulla sua evoluzione nel tempo, con
sentenza n. 466 del 20 novembre 2002 (Pres. Ruperto, Red. Chieppa) ha
dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 7, della
legge 31 luglio 1997, n. 249 nella parte in cui non prevede la fissazione
di un termine finale certo, e non prorogabile, che comunque
non oltrepassi il 31 dicembre 2003, entro il quale i programmi, irradiati
dalle emittenti eccedenti i limiti di cui al comma 6 dello stesso art. 3,
devono essere trasmessi esclusivamente via satellite o via cavo.
Riportiamo di seguito il testo integrale della parte in diritto della
motivazione.
"Considerato in diritto
1.- Le questioni sottoposte all'esame della Corte riguardano l'art. 2,
comma 6, e l'art. 3, commi 6 e 7, della legge 31 luglio 1997, n. 249
(Istituzione dell'Autorita' per le garanzie nelle comunicazioni e norme sui
sistemi delle telecomunicazioni e radiotelevisivo).
Secondo l'ordinanza del Tar del Lazio le predette norme:
a) nel demandare all'Autorita' per le garanzie nelle comunicazioni di
stabilire un periodo transitorio nel quale non venga applicato il limite
imposto ad uno stesso soggetto di irradiare piu' del 20% dei programmi
televisivi su frequenze terrestri in ambito nazionale;
b) nel consentire l'esercizio delle reti eccedenti i predetti limiti
successivamente alla data del 30 aprile 1998, a condizione che "le
trasmissioni siano effettuate contemporaneamente su frequenze terrestri e
via satellite o via cavo", nonche' "esclusivamente via cavo o via
satellite" alla scadenza del termine indicato dall'Autorita' per le
garanzie nelle comunicazioni, "in relazione all'effettivo e congruo
sviluppo dell'utenza dei programmi radiotelevisivi via satellite e via cavo";
conferirebbero alla detta Autorita' una facolta' non delimitata nel tempo e
consentirebbero che la regolamentazione del settore, colpito dalla
pronuncia di illegittimita' costituzionale di questa Corte (sentenza n. 420
del 1994), sia ancora in atto, e si perpetui indefinitivamente, rinviando
la nuova disciplina ad una data imprecisata, con violazione del principio
di ragionevolezza (art. 3 della Costituzione), dei principi del pluralismo
nella manifestazione del pensiero (art. 21 della Costituzione) e della
liberta' di iniziativa economica (art. 41 della Costituzione), nonche' del
giudicato costituzionale (art. 136 della Costituzione).
2.- Preliminarmente devono essere esaminate le eccezioni di
inammissibilita' variamente prospettate dalla difesa del Presidente del
Consiglio dei ministri e di alcune parti costituite.
Le eccezioni sono infondate.
Va premesso che, ai fini della rilevanza delle questioni sollevate, la
motivazione del rimettente appare complessivamente plausibile.
Il punto essenziale delle ragioni giustificative della proposizione delle
questioni di legittimita' costituzionale e della loro rilevanza nel
giudizio sulla domanda di annullamento dei provvedimenti, emessi in data 28
luglio 1999, di attribuzione delle concessioni ed autorizzazioni per la
radiodiffusione televisiva privata su frequenze terrestri in ambito
nazionale, e' stato evidenziato nell'ordinanza di rimessione. In
quest'ultima, infatti, si sottolinea che la caducazione del regime
transitorio comporterebbe che sia "incrementata la disponibilita' delle
frequenze da assegnare ad altri aspiranti, con evidente beneficio del
pluralismo nella manifestazione del pensiero e nell'informazione".
Nel contempo, il collegio rimettente precisa che l'obiettivo della
sottoposizione delle questioni all'esame della Corte e' quello di impedire
la continuazione in modo indefinito - attraverso "una facolta' non
delimitata nel tempo" - dell'assetto giudicato incostituzionale dalla
sentenza n. 420 del 1994, con conseguenze sulla disponibilita' delle
frequenze, sul pluralismo informativo e, quindi, sulla legittimita' delle
impugnate concessioni ed autorizzazioni, nonche' delle relative clausole.
3.- E' ininfluente la circostanza che la rete analogica terrestre eccedente
(in ambito nazionale) occupi frequenze terrestri non rispondenti (in tutto
o in parte) ad una rete configurabile nel piano delle frequenze.
Infatti, vi sarebbero sempre frequenze che verrebbero liberate con la
cessazione del periodo transitorio e l'avvio, per le reti eccedenti, del
trasferimento delle trasmissioni esclusivamente sul cavo o sul satellite
(combinato disposto dell'art. 3, commi 6 e 7, della legge n. 249 del 1997).
Allo stesso modo, una caducazione totale o parziale del denunciato art.
3, comma 7, della citata legge sarebbe in grado di produrre effetti
indiretti sulle disposizioni, di cui ai commi 9 (terza rete Rai senza
pubblicita') e 11 (rete eccedente di televisione a pagamento) che
richiamano lo stesso comma 7 per fissare il termine di connessi ed
interdipendenti periodi transitori (coincidenti anche nella data fissata
dalla deliberazione Agcom 7 agosto 2001, n. 346). La conseguenza sarebbe
sempre quella di consentire una diversa distribuzione delle risorse
economiche derivanti dalla pubblicita', nonche', relativamente alla rete
criptata eccedente, la liberazione di frequenze.
4.- Ai fini della rilevanza della questione di legittimita' costituzionale
della norma che attribuisce all'Autorita' per le garanzie nelle
comunicazioni il potere di stabilire il termine per la fine del regime
transitorio, e' ugualmente ininfluente la circostanza che, con
deliberazione n. 346 del 2001 della stessa Autorita', sia sopravvenuta una
prima (e non definitiva) fissazione in via amministrativa di detto termine.
Ne' puo', tantomeno, profilarsi l'ipotesi di una restituzione degli atti al
giudice a quo, in quanto trattasi di atto amministrativo, che non puo'
incidere sulla presente questione di legittimita' costituzionale della
norma che lo prevede, se non per confermare - attraverso l'attuazione
concreta della stessa norma denunciata - il contenuto e i relativi dubbi
sollevati sul comma 7 dell'art. 3 della legge n. 249 del 1997.
Infatti, il termine del 31 dicembre 2003, fissato in via amministrativa, e'
accompagnato - proprio in adempimento della previsione normativa relativa
al raggiungimento di un "effettivo e congruo sviluppo dell'utenza dei
programmi radiotelevisivi via satellite e via cavo" - da una espressa e
motivata riserva di rivedere il termine stesso entro il 31 gennaio 2003.
Nella motivazione e' chiarita la ragione di tale riserva, ritenendosi
opportuno "effettuare in data antecedente una verifica circa lo sviluppo
dei sistemi alternativi di diffusione in modo da controllare se,
all'avvicinarsi della data indicata, le previsioni assunte si rivelino
corrette".
In altre parole, e' prevista una nuova valutazione - in un momento in cui
e' possibile disporre di un quadro di riferimento piu' certo - con il fine
di variare il termine, posticipandolo o anticipandolo, all'esito della
verifica del raggiungimento, rispettivamente, di un limite di quota
inferiore al 35%, o superiore al 45%, delle "famiglie digitali" raggiunto
al 31 dicembre 2002.
Giova subito sottolineare che - sulla base delle esaustive risultanze
istruttorie e delle relative proiezioni, secondo i dati e le valutazioni di
stima offerti dagli stessi organi preposti al settore delle comunicazioni,
anche alla luce delle emerse difficolta' economiche e di sviluppo
(sopravvenute ed imprevedibili alla data del 7 agosto 2001) -
deve escludersi la realizzabilita' in Italia in tempi congrui della soglia
minima prevista di diffusione dei sistemi di trasmissione televisiva
alternativi alla via terrestre analogica (cavo, satellite, digitale
terrestre).
Segnatamente, infatti, il sistema di trasmissione via cavo si trova "a uno
stato poco piu' che embrionale".
Il sistema di trasmissione via satellite, come risulta dagli atti
acquisiti, raggiunge un modesto numero di utenti.
Infine, la televisione digitale terrestre si trova ancora in una fase di
mera sperimentazione.
Pertanto, il regime transitorio, agganciato al criterio dello sviluppo
effettivo e congruo dell'utenza dei programmi radiotelevisivi via satellite
e via cavo (art. 3, comma 7, della legge n. 249 del 1997), non e' destinato
a concludersi in tempi ragionevolmente brevi. Tutti gli elementi raccolti
dall'istruttoria conducono, anzi, a ritenere irrealizzabile, in periodi
prossimi o almeno ragionevolmente susseguenti in maniera certa e
definitiva, il rispetto del termine previsto in via amministrativa sulla
base dei criteri fissati dal citato comma 7 dell'art. 3.
5.- Del tutto ininfluente, ai fini delle questioni sollevate, deve
ritenersi anche l'invocato decreto-legge 23 gennaio 2001, n.
5 (Disposizioni urgenti per il differimento di termini in materia di
trasmissioni radiotelevisive analogiche e digitali, nonche' per il
risanamento di impianti radiotelevisivi), convertito, con modificazioni,
nella legge 20 marzo 2001, n. 66.
Il predetto decreto contiene disposizioni riguardanti la televisione
privata in ambito locale (art. 1, comma 1); la radiodiffusione sonora in
tecnica digitale e anche analogica (art. 1, commi 2, 2-bis, 2-ter e
2-quater); la riduzione di inquinamenti da emissioni di radiodiffusione
sonora e televisiva (art. 2, comma 1); le antenne per la telefonia mobile
(art. 2, comma 1-bis); la sperimentazione e le agevolazioni per l'avvio
dei mercati di programmi televisivi digitali su frequenze terrestri (art.
2-bis, commi 1 e 2); l'indicazione dell'anno 2006 entro il quale
"le trasmissioni televisive di programmi e dei servizi multimediali su
frequenze terrestri devono essere irradiati esclusivamente in tecnica
digitale" (art. 2-bis, comma 5); e altri punti, infine, di interesse
scientifico e di propulsione di nuove tecnologie.
Si tratta di aspetti estranei al presente giudizio e privi di riflesso
sulle sollevate questioni di legittimita' costituzionale, che investono
l'attuazione del sistema delle misure anticoncentrative e il termine del
relativo regime transitorio, incentrato sulle trasmissioni in ambito
nazionale su frequenze terrestri con tecnica analogica.
6.- Nessuno ostacolo ad un esame del merito delle questioni sollevate puo',
inoltre, derivare dalla mancanza di assegnazione delle frequenze; dal
preteso accantonamento del piano analogico; dalla attuale parziale
localizzazione delle emittenti in siti non pianificati; dalle difficolta'
pratiche di futura assegnazione provvisoria di frequenze; dalle esigenze di
un ulteriore intervento legislativo per le modalita' di messa a regime del
sistema in seguito ad un eventuale superamento della fase transitoria.
Gli anzidetti profili attengono, invero, alle modalita' di successiva
attuazione di una eventuale pronuncia di illegittimita' costituzionale
delle norme denunciate, nonche', in alcuni casi, alle esigenze di
un ulteriore intervento legislativo. Come tali, detti aspetti possono
incidere non sulla ammissibilita' delle questioni sollevate, ma, semmai,
sulla tipologia di decisione della Corte.
7.- Sul merito delle questioni di legittimita' costituzionale
proposte, occorre anzitutto sottolineare i seguenti punti.
A) Le questioni sollevate riguardano solo la radiodiffusione
televisiva privata nazionale in chiaro su frequenze terrestri con tecnica
analogica.
Tuttavia la sorte del censurato comma 7 dell'art. 3 della legge n. 249 del
1997 si riflette evidentemente sulle collegate previsioni di termine
contenute nel comma 9 dello stesso articolo (relativo alla realizzazione da
parte della RAI della terza rete senza pubblicita'), e nel comma 11
(relativo alla rete eccedente che trasmette in forma codificata, c.d.
televisione a pagamento).
B) La formazione dell'esistente sistema televisivo italiano privato in
ambito nazionale ed in tecnica analogica trae origine da situazioni di mera
occupazione di fatto delle frequenze (esercizio di impianti senza rilascio
di concessioni e autorizzazioni), al di fuori di ogni logica di incremento
del pluralismo nella distribuzione delle frequenze e di pianificazione
effettiva dell'etere.
Detta occupazione di fatto e' stata, peraltro, in varie occasioni
per lunghi periodi temporali, legittimata ex post e sanata con il
consentire "la prosecuzione delle attivita' delle singole emittenti
radiotelevisive private con gli impianti in funzione al 1° ottobre
1984" (decreto-legge 6 dicembre 1984, n. 807, recante: "Disposizioni
urgenti in materia di trasmissioni radiotelevisive", convertito, con
modificazioni, nella legge 4 febbraio 1985, n.10, prorogato con
decreto-legge 1° giugno 1985, n. 223, recante: "Proroga di termini in
materia di trasmissioni radiotelevisive", convertito nella legge 2 agosto
1985, n. 397).
Anche per gli impianti in esercizio all'entrata in vigore della legge 6
agosto 1990, n. 223, recante: "Disciplina del sistema radiotelevisivo
pubblico e privato", e' stata data l'autorizzazione a "proseguire
nell'esercizio… a condizione di avere inoltrato domanda per il rilascio
della concessione" e fino ad un termine di 730 giorni (art. 32, comma 1; v.
sentenza n. 408 del 1996), prorogato dal decreto-legge 19 ottobre 1992,
n.407 (Proroga dei termini in materia di impianti di radiodiffusione),
convertito, con modificazioni, nella legge 17 dicembre 1992, n. 482.
I termini di prosecuzione sono stati, ulteriormente prorogati dai seguenti
atti normativi: decreto-legge 27 agosto 1993 n. 323 (Provvedimenti urgenti
in materia radiotelevisiva), convertito, con modificazioni, nella legge 27
ottobre 1993, n. 422; decreto-legge 23 ottobre 1996, n. 545 (Disposizioni
urgenti per l'esercizio dell'attivita' radiotelevisiva e delle
telecomunicazioni), convertito, con modificazioni, nella legge 23 dicembre
1996, n. 650; legge 31 luglio 1997, n. 249; legge 30 aprile 1998, n. 122
(Differimento di termini previsti dalla legge 31 luglio 1997, n. 249
relativi all'Autorita' per le garanzie nelle comunicazioni, nonche' norme
in materia di programmazione e di interruzioni pubblicitarie televisive);
decreto-legge 30 gennaio 1999, n.15 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo
equilibrato dell'emittenza televisiva e per evitare la costituzione o il
mantenimento di posizioni dominanti nel settore radiotelevisivo),
convertito, con modificazioni, nella legge 29 marzo 1999, n.78; decreto
del ministro delle comunicazioni 28 luglio 1999.
La protrazione del termine e' stata motivata: fino al luglio 1997,
dall'attesa della riforma complessiva del sistema radiotelevisivo e della
predisposizione del nuovo piano di assegnazione delle frequenze; fino al
luglio 1999, dall'attesa del rilascio delle concessioni; in epoca
successiva, dall'esigenza di attendere i tempi di attuazione del piano di
assegnazione delle frequenze (approvato con deliberazione 30 ottobre 1998
dell'Autorita' per le garanzie nelle comunicazioni).
C) L'attuale sistema di radiodiffusione televisiva su frequenze terrestri
con tecnica analogica mantiene immutata la caratteristica di ristrettezza
delle frequenze e quindi di assai limitato numero delle reti realizzabili a
copertura nazionale.
Il piano nazionale di assegnazione delle frequenze - sulla base di 51
canali pianificati (3 per ciascuna rete) - ha previsto 17 reti, di cui 11
assegnate alla radiodiffusione televisiva in ambito nazionale (3 utilizzate
dalla televisione pubblica-RAI e 8 destinate a quella privata, sempre in
ambito nazionale) e le rimanenti 6 reti, pari al 35,3%, riservate alle
esigenze della radiodiffusione televisiva in ambito locale.
Rispetto a quella esaminata dalla sentenza n. 420 del 1994, la
situazione di ristrettezza delle frequenze disponibili per la televisione
in ambito nazionale con tecnica analogica si e', pertanto, accentuata, con
effetti ulteriormente negativi sul rispetto dei principi del pluralismo e
della concorrenza e con aggravamento delle concentrazioni. Si e' passati,
infatti, da una previsione di 12 reti nazionali (9 private, 3 pubbliche),
ad 11 reti (8 private, 3 pubbliche), oltre alle televisioni criptate a
pagamento. Alle televisioni private sono state rilasciate, in data 28
luglio 1999, soltanto sette concessioni, peraltro senza attribuzione di
frequenze, mentre nella fase transitoria sono state mantenute in esercizio
con le frequenze gia' utilizzate anche le tre reti private nazionali
riconducibili ad unico soggetto.
8.- La descritta situazione di fatto non garantisce, pertanto, l'attuazione
del principio del pluralismo informativo esterno, che rappresenta uno degli
"imperativi" ineludibili emergenti dalla giurisprudenza costituzionale in
materia. Questa Corte ha, infatti, costantemente affermato la necessita' di
assicurare l'accesso al sistema radiotelevisivo del "massimo numero
possibile di voci diverse" (sentenza n. 112 del 1993), ed ha
sottolineato l'insufficienza del mero concorso fra un polo pubblico e un
polo privato ai fini del rispetto delle evidenziate esigenze costituzionali
connesse all'informazione (sentenze n. 826 del 1988 e n. 155 del 2002).
L'obiettivo di garantire, tra l'altro, il pluralismo dei mezzi di
informazione e' stato sottolineato, in una prospettiva piu' ampia, anche a
livello comunitario in recenti direttive: direttiva 2002/19/CE, relativa
all'accesso alle reti di comunicazione elettronica, alle risorse correlate
e all'interconnessione delle medesime (direttiva di accesso); direttiva
2002/20/CE, relativa alle autorizzazioni per le reti e i servizi di
comunicazione elettronica (direttiva autorizzazioni); direttiva 2002/21/CE,
che istituisce un quadro normativo comune per le reti ed i servizi di
comunicazione elettronica (direttiva quadro); direttiva 2002/22/CE,
relativa al servizio universale e ai diritti degli utenti in materia di
reti e di servizi di comunicazione elettronica (direttiva servizio
universale).
In questo quadro la protrazione della situazione (peraltro aggravata) gia'
ritenuta illegittima dalla sentenza n. 420 del 1994 ed il mantenimento
delle reti considerate ancora "eccedenti" dal legislatore del 1997 esigono,
ai fini della compatibilita' con i principi costituzionali, che sia
previsto un termine finale assolutamente certo, definitivo e dunque
non eludibile.
9.- Tanto ritenuto e', tuttavia, da precisare che la esigenza di un
equilibrato passaggio di riconversione del sistema di trasmissione delle
reti eccedenti i limiti anticoncentrativi non esclude la legittimita' sul
piano costituzionale di un regime transitorio in cui si dilazioni
temporaneamente l'applicazione, rispetto a situazioni preesistenti, dei
limiti anzidetti.
Del resto, l'esistenza di un regime transitorio e' stata gia' ritenuta
legittima da questa Corte (sentenza n. 420 del 1994), la quale gia' in
precedenza aveva precisato che la fase transitoria non poteva assumere "di
fatto carattere definitivo", senza che la Corte stessa effettuasse "una
diversa valutazione con le relative conseguenze" (sentenza n. 826 del 1988).
La illegittimita' costituzionale non investe il regime transitorio in
deroga e nemmeno l'attuale prosecuzione, purche' temporaneamente limitata,
dell'esercizio delle emittenti in eccedenza rispetto ai limiti anzidetti
(combinato disposto dell'art. 2, comma 6, e dell'art. 3, commi 6, 9 e 11).
10.- Non sussiste, inoltre, il vizio denunciato derivante dal
coinvolgimento, in funzione garantistica, dell'Autorita' per le garanzie
delle comunicazioni. Non e', infatti, l'affidamento della concreta
determinazione del termine ad una Autorita' amministrativa indipendente a
comportare vizi di legittimita' costituzionale del termine stesso, bensi'
il suo aggancio a criteri e modalita' fissati dal legislatore, non
idonei ad assicurare - legati come sono ai tempi di realizzazione dei
sistemi alternativi di trasmissione - alcuna certezza di cessazione della
fase transitoria entro un termine congruo e definitivo.
11.- L'individuazione di un termine finale, entro il quale possa avvenire
la cessazione definitiva del regime transitorio dell'art. 3, comma 7, e
delle collegate previsioni dei commi 9 e 11 della legge n. 249 del 1997,
puo' essere ricavata dalla valutazione di congruita' tecnica dei tempi di
passaggio al regime definitivo effettuata dalla Autorita' per le garanzie
nelle comunicazioni con la delibera n. 346 del 2001. L'Autorita' ha
indicato la data del 31 dicembre 2003 quale termine ritenuto sufficiente
per le semplici operazioni di trasferimento delle reti analogiche
eccedenti, tanto in chiaro che in forma codificata.
In altre parole, una volta esclusa la tollerabilita' di una protrazione
dell'anzidetto regime transitorio fino alla realizzazione di un congruo
sviluppo della utenza satellitare e via cavo e di altri sistemi alternativi
alla diffusione terrestre in tecnica analogica, puo' essere assunto quale
termine di chiusura quello gia' ritenuto tecnicamente utilizzabile
dall'Autorita'. Cio' a prescindere dal raggiungimento della prevista quota
di "famiglie digitali", che rimane indipendente dalle operazioni tecniche
di trasferimento verso sistemi alternativi a quello analogico su frequenze
terrestri.
D'altro canto, la data del 31 dicembre 2003 offre margini temporali
all'intervento del legislatore per determinare le modalita'
della definitiva cessazione del regime transitorio di cui al comma 7
dell'art. 3 della legge n. 249 del 1997.
E' appena il caso di precisare che la presente decisione, concernente le
trasmissioni radiotelevisive in ambito nazionale su frequenze terrestri
analogiche, non pregiudica il diverso futuro assetto che potrebbe derivare
dallo sviluppo della tecnica di trasmissione digitale terrestre, con
conseguente aumento delle risorse tecniche disponibili.
12.- Sulla base delle esposte considerazioni, deve dichiararsi
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 7, della legge 31 luglio
1997, n. 249, nella parte in cui non prevede la fissazione di un termine
finale certo, e non prorogabile, che comunque non oltrepassi il 31
dicembre 2003, entro il quale i programmi, irradiati dalle emittenti
eccedenti i limiti di cui al comma 6 dello stesso art. 3, devono essere
trasmessi esclusivamente via satellite o via cavo. Ovviamente cio' e'
destinato a riflettersi sulla portata dei commi 9 e 11 dell'art. 3 della
legge n. 249 del 1997 in forza dell'evidenziato collegamento con il comma
7 dello stesso art. 3, quale risultante dalla presente decisione.
Vanno, invece, dichiarate non fondate le questioni di legittimita'
costituzionale dell'art. 2, comma 6, e dell'art. 3, comma 6, della citata
legge n. 249 del 1997, sollevate in riferimento agli artt. 3, 21, 41 e 136
della Costituzione."