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Giulietto Chiesa e il Pcus



Fonte: il Barbiere della Sera - 
http://www.ilbarbieredellasera.com/article.php?sid=5493

12.12.2002

CASA RUSSIA
di Rosaria Talarico

Parla Giulietto Chiesa, per anni corrispondente da Mosca dell'Unita' e 
della Stampa. Al Barbiere racconta gli anni trascorsi nell'ex Urss, i 
rapporti tra Pci e Pcus, gli accordi tra Unita' e Pravda

Giulietto Chiesa e' stato per molti anni corrispondente da Mosca, prima per 
l'Unita' e poi per La Stampa.

Nei giorni scorsi si e' trovato al centro di una polemica nata dalla 
lettera di dimissioni del giornalista Giancarlo Lehner dalla Commissione 
Mitrokhin, di cui e' consulente.

Secondo Lehner, Chiesa non puo' far parte della commissione, dati gli 
stretti rapporti intrattenuti da Chiesa con il partito comunista sovietico. 
Quindi, dice Lehner, o lui o io.

La questione e' stata riconosciuta "non infondata" dal presidente della 
commissione Mitrokhin Paolo Guzzanti.

Giulietto Chiesa e' di diverso avviso ed in questa intervista racconta al 
Barbiere gli anni trascorsi in Unione Sovietica, i rapporti tra Pci e Pcus 
e gli accordi tra Unita' e Pravda.

Quando sei arrivato a Mosca come corrispondente dell'Unita'?

Ho incominciato nell'ottobre dell'80. Per quasi dieci anni, fino al 1989 
sono stato all'Unita'. Poi sono passato alla Stampa, sempre come 
corrispondente da Mosca, assunto dal direttore di allora Paolo Mieli, 
condirettore Ezio Mauro.

Quando me lo chiesero, risposi che non avrei fatto nulla di diverso da cio' 
che avevo fatto fino a quel momento. Dovevano prendermi per com'ero e non 
una riga sarebbe stata toccata nei miei pezzi. E cosi' avvenne per i primi 
anni.

Perche', poi cosa e' successo?

Visto che io sono abituato a fare nomi e cognomi, sotto il direttore Carlo 
Rossella le cose andarono diversamente. Ma fu una divertente esperienza 
giornalistica anche quella.

Tanto per essere chiari, le uniche censure le ho ricevute da Rossella. Sono 
stato molto piu' libero con certi direttori dell'Unita'.

C'era una sorta di gemellaggio tra l'Unita' e la Pravda?

Si', c'era un gemellaggio. Era un accordo di collaborazione tra i due 
partiti comunisti (italiano e sovietico), che si riverberava in un accordo 
tra i due giornali.

Conosco benissimo il documento di cui parla Lehner (in cui si racconta di 
una serie di agevolazioni per i corrispondenti dell'Unita': pagamento delle 
bollette telefoniche, di segretarie, delle spese sanitarie e dello stesso 
stipendio, ndr).

Come lo stesso Ferrara ha riconosciuto, era la normalita'. Inoltre erano 
accordi preesistenti a me. Non riguardavano solo Giulietto Chiesa, non 
favorivano me personalmente.

Era cosi' per tutti i corrispondenti dell'Unita'. Pcus e Pci decisero di 
mantenere questi rapporti. Quando sollevai il problema, sostenendo che era 
meglio interromperli, mi risposero che era opportuno non farlo, per 
problemi diplomatici.

Chi si oppose?

La direzione dell'Unita' e del partito.

Insomma, come giornalista di un giornale comunista eri un super privilegiato.

Non ho mai sfruttato la possibilita' di fare le vacanze in Unione 
Sovietica, nelle localita' che avrei preferito. Ho sfruttato questi 
privilegi il meno possibile.

Ad esempio, il telefono era incommensurabilmente costoso e non lo pagava 
l'Unita'. Fu un vero aiuto, poiche' all'epoca mandavo anche tre pezzi al 
giorno e si faceva tutto per telefono.

Il resto erano quisquilie: l'affitto costava pochissimo, 10/12 rubli al 
mese. Da parte sovietica c'era nei miei confronti una grande diffidenza 
perche' mi consideravano come l'uomo di Enrico Berlinguer. Per un anno non 
mi venne concesso l'accredito. E in diverse occasioni i sovietici chiesero 
che venissi rispedito in Italia.

Eri un giornalista, ma anche il rappresentante del Pci?

Niente affatto. Facevo il giornalista e nessuno mi ha mai chiesto di fare 
il rappresentante di partito.

Commentavo le notizie e basta. Ci sono le prove del lavoro che ho svolto: 
nel '98 ho ricevuto un premio come miglior corrispondente estero. Un premio 
assegnato da una giuria di cui facevano parte molti importanti giornalisti 
italiani. Dubito che mi avrebbero premiato se non avessi dimostrato 
indipendenza di giudizio.

Com'era la vita del corrispondente dell'Unita' a Mosca?

Difficile. Il Pci e il Pcus non avevano rapporti idilliaci.

Dai politici sovietici non riuscivo a ottenere grandi dritte e notizie. 
Alcuni scoop furono regalati ai giornalisti dei giornali "borghesi". Si 
preferiva cosi'.

Addirittura?

Molte informazioni passavano attraverso Panorama. Attraverso Rossella, 
guarda caso. Ma non mi sognerei mai di accusarlo di avere legami con il Kgb.

Ma Panorama ne sapeva di piu' dell'Unita'. Io trovavo grandi difficolta' ad 
accedere alle informazioni piu' elementari. Tutti quelli che mi hanno visto 
lavorare in Urss lo sanno. Era una situazione particolare e delicatissima, 
anche dal punto di vista giornalistico.

Insomma, neghi di essere stato a Mosca come "invitato speciale".

Guarda, io a Mosca vivevo in un palazzo di russi invece che nei compound 
per stranieri. Gli stranieri erano perennemente sorvegliati dalla polizia 
ed evitavano contatti troppo diretti con i locali.

Abitavo in via Pravda, non avevo il poliziotto sotto casa e potevo ricevere 
chi mi pareva. Naturalmente i miei telefoni erano sorvegliati.

Certo, per loro ero comunque un rappresentante di un "partito fratello" 
anche se un po' eretico. I microfoni erano nascosti bene e nessuno aveva 
prove certe della loro esistenza. Anni dopo ho avuto per caso la conferma 
da una mia amica russa. Mi racconto' che un conoscente le chiese se 
conosceva Giulietto Chiesa.Lei rispose di si', che ero un suo amico. Il suo 
interlocutore rispose: "Anch'io lo conosco. Ero adibito alla trascrizione 
dei suoi dialoghi. So tutto della sua vita, tranne com'e' fatto di persona. 
Me lo descrivi?".

Eppure, nella commissione Mitrokhin c'e' chi mette in dubbio l'opportunita' 
della tua partecipazione ai lavori. Un modo neanche tanto velato di 
contestarti un'eccessiva vicinanza con gli apparti sovietici di allora.

Figuriamoci. Sono stato chiamato a lavorare a Washington e ho saputo solo 
dopo che le mie corrispondenze venivano tradotte in inglese e pubblicate 
dal Dipartimento di Stato per i suoi funzionari.

Ho trascorso un anno sabbatico all'Istituto di studi sovietici avanzati 
Kennan e ho tenuto un ciclo di 24 conferenze e qualche importante briefing, 
uno persino alla Cia.

Discutevo con assoluta liberta' perche' tutto quello di cui parlavo era 
pubblicato. Era interessante anche per me, come studioso, partecipare a 
questi briefing.

Tutte le ambasciate occidentali, quella americana in testa, mi avrebbero 
voluto a lavorare per loro a Mosca. La ragione e' che, essendo io un 
giornalista comunista che scriveva cose inconsuete, si stupivano e 
credevano che avessi delle fonti speciali nel partito.

Che ci si creda o no, io non avevo nessuna informazione privilegiata. Avevo 
pero' un vantaggio straordinario.

Quale?

Ero passato attraverso l'apparato del partito comunista italiano. Lo 
conoscevo bene. Iniziai a pensare che forse sarei riuscito a prevedere dei 
movimenti in Russia in base agli stessi criteri adottati in Italia.

Cosi' fu. Anticipavo nomine e spostamenti d'incarico, indiscrezioni 
pubblicate con la dovuta prudenza. Indiscrezioni che non erano 
indiscrezioni, ma semplici analisi.

Tu incassavi contributi, come corrispondente dell'Unita', dalla Croce Rossa 
sovietica. Ma che c'entrava la Croce Rossa?

La Croce Rossa e la Mezzaluna verde, in Urss dipendevano dal Pcus. Avevano 
l'ordine di mantenere rapporti di solidarieta' con i partiti fratelli. 
Quando il partito non voleva comparire direttamente negli aiuti "fraterni", 
aveva bisogno di un intermediario, che era appunto la Croce Rossa.

Ti manca quel periodo?

Ho anticipato le mie future memorie. E' il libro che vorrei scrivere appena 
ne ho il tempo, quello sul mio periodo a Mosca.

E' stato come vivere per vent'anni dentro un libro giallo. Non solo. Sono 
stato testimone delle cose piu' importanti che hanno sconvolto questo 
secolo. Io mi sono appassionato e divertito. Sono contento di esserci 
passato in mezzo. Molti mi hanno anche invidiato. Qualcuno adesso cerca 
probabilmente di rifarsi.