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BOMBE: piazza fontana/genova?
DA: CORRIERE DELLA SERA 11/12/2002.
DAL NOSTRO INVIATO SUD DELLA FRANCIA
«Non ho paura di un killer: temo di fare un’altra fine. La storia delle
stragi è piena di omicidi: Ermanno Buzzi strangolato in carcere, Giancarlo
Esposti ucciso dai militari... Ma ora io penso allo strano suicidio di
Gianni Mariga; all’incidente di Massimiliano Fachini, il braccio destro di
Freda; all’assurdo infarto di Bobo Lagna, la longa manus di Delfo Zorzi in
Italia. Ecco cosa mi aspetto: un’altra bella disgrazia e anche di me non si
parlerà più». Martino Siciliano, 56 anni, l’ex supertestimone delle stragi
che da venti giorni è latitante, ha accettato di registrare (prima delle
bombe di Genova) cinque ore di intervista-confessione. Spaventato e
diffidente, l’ex pentito parla da una città francese e dice di farlo solo
«per rispetto delle vittime». «Le mie mani non sono sporche di sangue -
spiega - per grazia di Dio ho fatto solo attentati senza vittime. Ma
trent’anni fa, in quel clima di guerra civile tra destra e sinistra,
anch’io pensavo di dover salvare la patria dal comunismo, con ogni mezzo.
Con i pm non parlerò mai più: a Brescia mi hanno perseguitato, per questo
sono scappato. Ma ai familiari delle vittime io devo testimoniare il mio
pezzo di verità».
Cominciamo dall’inizio: negli anni ’60 lei era di Ordine nuovo? «Ero tra i
pochi con la tessera ufficiale: la distrussi quando il giudice D’Ambrosio
incriminò Freda».
E’ vero che i vostri leader propugnavano lo stragismo? «Ormai lo confermano
decine di ex ordinovisti. Io so che dal ’65-’66 Carlo Maria Maggi, il
nostro capo nel Triveneto, ci spiegò che era arrivato il momento di
combattere i rossi anche con azioni sanguinose. La strategia era di far
ricadere la colpa sulla sinistra».
Cosa sa di Piazza Fontana? «Ho partecipato con Zorzi a due attentati
preparatori: con l’auto di Maggi, nell’ottobre ’69, siamo andati a mettere
due bombe, non esplose, a Gorizia e a Trieste. Ora penso che Zorzi volesse
mettermi alla prova, per fortuna non mi giudicò alla sua altezza».
Chi preparava i vostri ordigni? «Lo zio Otto, cioè l’attuale pentito Carlo
Digilio. Faceva l’armiere sia per noi che per la malavita veneziana».
Cosa le disse Zorzi di Piazza Fontana? «Poco: eravamo compartimentati. Solo
una volta, il 31 dicembre ’69, mi fece capire di aver partecipato
personalmente alla strage. Disse che era stata positiva per la destra, che
la storia giustificava anche vittime innocenti, facendo l’esempio di
Hiroshima. Freddo, lucido, parlava di vittoria sottolineando che la polizia
aveva arrestato gli anarchici. Io non ho mai avuto dubbi sull’innocenza di
Valpreda».
Chi ha portato Ordine nuovo al terrorismo? «In Veneto, sicuramente Maggi,
Zorzi e Freda. Ma a noi della manovalanza indicavano l’azione e basta».
Chi c’era sopra di loro? «Maggi ci riportava la linea decisa dai vertici a
Roma. Ho sentito con le mie orecchie Pino Rauti e Giulio Maceratini
spiegare che dovevamo passare all’eliminazione fisica degli avversari
politici. Ordine nuovo ha avuto morti e feriti, ma tra i capi ha pagato
solo Paolo Signorelli: è l’unico che rispetto».
Lei ora parla di «cattivi maestri». Ma a chi pensa quando allude a livelli
superiori di responsabilità personale? «Ai servizi di allora. E ai politici
che li controllavano. Le prove non le ho, ma il cervello sì. Uno come
Esposti girava sempre armato e lo ostentava: perché non temeva i
carabinieri? Come ha fatto Zorzi, negli anni ’70, a scrivere sotto falso
nome per la Dc sul Popolo ? E dove sono i dirigenti missini che allora ci
usavano per i lavori sporchi? Ordine nuovo era la mano armata del Msi, come
oggi l’Eta per Batasuna nei Paesi Baschi. Nel ’69 Rauti e Maggi ci
ordinarono di rientrare sotto l’ombrello del partito. Dopo la strage,
l’attentato all’Università Cattolica ci fu chiesto personalmente da Giorgio
Almirante. E quando protestai contro la violenza di Rognoni, dal Msi fui
espulso io, non lui. Da allora non ho più fatto politica».
Arriviamo al ’94: perché ha rivisto Zorzi? «L’accusa di strage mi aveva
rovinato la vita: licenziato in tronco. Allora l’ho contattato. Ci siamo
visti a Parigi: Zorzi girava con un passaporto diplomatico, come uno dei
servizi. In mezz’ora mi ha offerto un lavoro a San Pietroburgo. Ma in
Russia ho capito che il mio contratto non doveva durare a lungo... E sono
scappato in Francia».
Dove il Sismi le ha versato 50 mila dollari. «No: sono rientrato al buio e
solo quando ho confessato tutto il colonnello Mori ha portato i dollari a
Milano».
Secondo Zorzi lei ha mentito per quei soldi. «La sentenza d’Assise lo ha
già smentito. Comunque guardi qui». Siciliano estrae una pila di contabili
bancarie. «La ditta Franke mi versava 15 mila marchi tedeschi al mese.
Avrei scelto una vita disgraziata da pentito per tre mesi di stipendio?»
E perché poi si è «venduto» a Zorzi? «Per disperazione. Dal ’96, a Brescia,
ho vissuto per due anni solo come un cane, sempre nascosto, senza poter
lavorare, ridotto a Stato-dipendente. Nel ’97 è uscita la nuova legge che
annulla i verbali d’accusa non confermati in aula. Ne ho parlato al mio
avvocato, Fausto Maniaci, che nel gennaio ’98 mi ha dato la risposta: il
difensore di Zorzi era andato in Giappone e Delfo mi offriva il triplo
della paga dei pentiti. Nel maggio ’98, a Milano, ho rifiutato di deporre.
Lo stesso giorno, a Chiasso, Maniaci mi ha consegnato 12 mila dollari. In
tutto, fino al 2002, ho ricevuto 115 mila dollari».
Chi faceva da intermediario con Zorzi? «Maniaci mi ha parlato sempre e solo
dell’avvocato Gaetano Pecorella». Pecorella e Maniaci negano tutto. «Ho
ricevuto bonifici anche al Banco Sudameris in Colombia. Basta controllare».
E perché nel 2002 ha di nuovo favorito Zorzi? «Perché il giusto processo
non era bastato: la corte d’Assise lo aveva condannato lo stesso. Allora ho
dovuto scrivere il memoriale con il falso alibi per Zorzi: dovevo dire che
l’avevo chiamato a Napoli il giorno della strage, ma quella telefonata in
realtà non l’ho mai fatta».
Secondo i pm, Zorzi stava per pagarle 500 mila dollari. «Era solo una
promessa generica: altri 100 mila dollari se e quando il mio memoriale
fosse risultato utile».
L’Italia ha chiesto al Giappone di estradare Zorzi. «Non lo arresteranno
mai. Il governo di Tokio ha un vecchio debito con lui. E’ una storia lunga,
che mi ha rivelato Lagna: contro il terrorismo rosso si sono fatte guerre
segrete non solo in Italia... Scommettiamo che Zorzi non sarà mai estradato?».
Se potesse incontrarli, cosa direbbe a Maggi, Zorzi e Rognoni? «Di trovare
il coraggio di aggiungere al mio anche il loro pezzo di verità. Noi tutti
siamo stati strumentalizzati. Mi viene in mente Freda: impassibile,
arrogante, ci diceva che destra e sinistra dovevano abbattere il sistema
insieme, come uno schiaccianoci. Maggi, Zorzi e Rognoni sono tra i pochi
che potrebbero farci capire chi ha mandato la nostra generazione al
massacro, chi ci ha usati finché faceva comodo per poi buttarci via. Per
liberarci dai ricatti e dai segreti del passato, servirebbe una grande
operazione di verità, come in Sud Africa. Ma in Italia sono ancora al
potere troppe persone che non possono accettare nessuna verità».
Paolo Biondani