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GORBACIOV: LA FRETTA DI USARE LA FORZA



Pubblicato su: La Stampa - 2 dicembre 2002

LA FRETTA DI USARE LA FORZA

2 dicembre 2002
di Mikhail Gorbaciov

RESTANO pochi giorni al primo rapporto degli ispettori delle Nazioni Unite 
in Iraq. Impossibile fare previsioni, ma si puo' e si deve sperare che sia 
stato un lavoro utile.
Il governo iracheno ha dichiarato la sua disponibilita' a garantire accesso 
a tutti gli impianti, senza preavviso e senza limiti. A quanto e' stato 
possibile sapere fino a queste ore sembra che le promesse siano state 
mantenute.

Sebbene molte vittime civili siano gia' state sacrificate in questi anni, 
cio' che, di questa drammatica vicenda, si e' svolto sulla scena 
diplomatica internazionale e' stato nell'interesse della pace, dell'ordine 
internazionale, del rispetto delle norme. Per ora. Ma non si puo' essere 
tranquilli.

C'e' chi ha fretta di passare comunque alle misure di forza, quale che sia 
l'esito delle verifiche degli ispettori. Sono di ritorno da un viaggio 
negli Stati Uniti in cui ho avuto molti colloqui, a diversi livelli della 
societa', fino a qualcuno dei piu' alti esponenti della politica di quel 
paese.

Sono rimasto colpito pero' dal fatto che, anche dopo il voto al Consiglio 
di Sicurezza dell'Onu, la tv e molti giornali non solo non hanno 
accantonato il tema della guerra con l'Iraq, ma gli hanno dedicato sempre 
piu' spazio.
E' in corso negli Usa una vera pressione multilaterale sull'opinione 
pubblica affinche' finisca per considerare la guerra non solo inevitabile, 
ma addirittura gia' decisa. Resta l'impressione che il paese venga 
preparato alla guerra.
Qualcosa di simile sta accadendo anche in Gran Bretagna, dove ho letto che 
il Parlamento ha gia' consegnato nelle mani del premier un mandato 
preventivo per un'azione militare senza ulteriori discussioni.

Cosa significa tutto cio'? Che ci si accinge alla guerra a prescindere 
dall'esito delle verifiche. Come se si fosse sempre saputo che esse non 
avrebbero condotto ad alcun esito certo. Mi chiedo: perche' allora fingere 
di volerle fare?
Tutto cio' induce a gravi riflessioni. Io credo che, oggi piu' che mai, si 
debba impedire che si sedimenti negli animi l'idea che i problemi del mondo 
contemporaneo siano risolvibili con la guerra, con la forza.

In un contesto come questo non e' difficile ipotizzare che, da qualche 
parte, si inneschino operazioni di provocazione capaci di innescare un 
conflitto. Il sistema mediatico e' gia' pronto ad agire in questa direzione.
Il Consiglio di Sicurezza dell'Onu deve, per queste ragioni, mantenere 
sotto il suo controllo l'intero processo di verifica fino alla sua 
conclusione. E, al termine previsto, nel rispetto della risoluzione 
approvata all'unanimita', deve nuovamente riunirsi per discutere.

Ogni scorciatoia dev'essere considerata fin d'ora come illegale. Se si 
arrivera' alla conclusione che l'Iraq dispone di armi di distruzione di 
massa, o delle strutture per costruirle in tempi rapidi, allora sara' il 
Consiglio di Sicurezza a imporgli la loro eliminazione e a decidere in 
quali tempi e quali forme.

Se invece non si scoprira' nulla, sara' comunque il Consiglio di Sicurezza 
a dover prendere una decisione, a definire le modalita' per il ritorno alla 
normalita' nel rispetto della sovranita' nazionale irachena, fino alla fine 
dell'embargo in base a precisi impegni iracheni in termini di verifiche e 
controlli.
La questione della permanenza al potere del regime di Saddam Hussein - che 
molti, negli Stati Uniti, considerano insopportabile - non puo' e non deve 
essere risolta dall'esterno, tanto meno con atti di forza che violino la 
sovranita' nazionale di quel paese.
Questo indicano le norme vigenti della comunita' internazionale. Chiunque 
le violi ci conduce, lo voglia o non lo voglia, al ritorno alla legge della 
giungla.