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La nonviolenza e' in cammino. 436



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it

Numero 436 del 5 dicembre 2002

Sommario di questo numero:
1. Peppe Sini: possiamo fermare la guerra. Ma non bastano le fiaccole e gli
stendardi: occorre la nonviolenza
2. Giuseppina Ciuffreda ricorda Ivan Illich
3. Una iniziativa a sostegno delle donne palestinesi nei campi profughi del
Libano
4. Severino Vardacampi, ancora sulla ragionevole proposta per far cessare le
stragi di immigrati in mare: ingressi legali e trasporto pubblico e gratuito
per tutti
5. Ida Dominijanni, Habermas e lo scontro tra Europa e Stati Uniti
6. Amalia Fleming, la narrazione onesta
7. Benito D'Ippolito, epistola a Giovanni Benzoni in occasione del secondo
salone dell'editoria di pace che si tiene in Venezia dal 6 all'8 dicembre
2002
8. Raniero La Valle, la Chiesa caldea accusa
9. "Via Dogana" n. 62
10. Cristina Papa, aggiornamento de "Il paese delle donne"
11. Aggiornamento di "Donne in viaggio"
12. Riletture: Lelio Basso (a cura di), Stato e crisi delle istituzioni
13. Riletture: Amelia Crisantino, Giovanni La Fiura, La mafia come metodo e
come sistema
14. Riletture: I documenti del Concilio Vaticano II
15. Riletture: Maria Grazia Giammarinaro, Insegnare che cos'e' la mafia
16. Riletture: Petr Kropotkin, Campi, fabbriche, officine
17. Riletture: Gianna Milano, Bioetica
18. Riletture: Bice Mortara Garavelli, Manuale di retorica
19. Riletture: Claus Offe, Lo stato nel capitalismo maturo
20. Riletture: Julia P. Ramirez, Storia dialettica delle classi sociali
21. La "Carta" del Movimento Nonviolento
22. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. PEPPE SINI: POSSIAMO FERMARE LA GUERRA. MA NON BASTANO LE
FIACCOLE E GLI STENDARDI: OCCORRE LA NONVIOLENZA
La guerra in Iraq e la partecipazione italiana ad essa vengono preparate con
accelerazione crescente. Ma opporci al suo scatenamento e' possibile oltre
che necessario. il nostro potere di oppositori della guerra e' grande, ma
dobbiamo deciderci a usarlo.
Le iniziative in programma nei prossimi giorni sono buone e giuste, e'
importante che siano partecipate quanto piu' possibile. Ma non bastano.
Occorre uscire dalla subalternita': non dobbiamo sentirci minoranza lagnosa
che impotente protesta, ma forte maggioranza che puo' e deve sconfiggere i
guerrafondai stragisti e fuorilegge.
Ma per uscire dalla subalternita' dobbiamo uscire anche dalle ambiguita'.
E per uscire dalle ambiguita' che ci indeboliscono, screditano e persino
ridicolizzano, occorre fare una scelta preliminare e indispensabile: la
scelta di essere non solo oppositori della guerra, ma anche costruttori di
pace e di giustizia.
Ma per inverare questa scelta occorre un passo decisivo: la scelta della
nonviolenza.
*
Se, e solo se, facciamo questa scelta, la scelta della nonviolenza, e
ridefiniamo il sentire e l'agire del movimento per la pace intorno a questa
scelta, la scelta della nonviolenza, allora e solo allora la nostra azione
puo' essere concreta ed efficace.
Siamo onesti: fare i cortei o appendere le bandiere servira' pur a qualcosa,
ma e' poco.
Nel '91, nel '99 e nel 2001 ci spolmonammo a furia di cortei, con esito
risibile (anzi: molti cortei furono decisamente controproducenti ed
autolesionistici).
E le bandiere e gli stracci di pace sono una buona trovata pubblicitaria, un
buon promemoria collettivo, ma nulla piu'. Beninteso: la pubblicita', ovvero
il rendere pubblico il nostro sentire, va benissimo, ma rischia di essere
recuperata assai facilmente dalla societa' dello spettacolo.
Occorre altro, e per realizzare questo altro che occorre, occorre la scelta
della nonviolenza.
*
E l'altro che occorre e' questo:
1. Addestrarci tutti alla nonviolenza: subito, a livello di massa,
investendo tutti i nostri formatori, per malmessi e inadeguati che siano, in
un lavoro che deve cominciare subito dove non e' cominciato, e continuare a
marce forzate dove cominciato e' gia', di formazione di massa ai valori,
alle tecniche, alle strategie della nonviolenza: tutte e tutti, qui e
adesso.
2. Studiare e preparare delle azioni dirette nonviolente vere (non le
sciocchezzuole spacciate sotto questo nome che della nonviolenza non hanno
ne' il rigore morale ne' la forza materiale) per contrastare l'apparato
bellico.
Nel '99 l'unica azione che fu pensata e realizzata in Italia con questa
logica di contrasto nonviolento concreto della macchina bellica fu quella
delle mongolfiere della pace, ovvero il progetto di bloccare i decolli dei
bombardieri ostruendo lo spazio aereo di decollo antistante e sovrastante le
piste di partenza degli aerei stragisti. Se avessimo persuaso migliaia di
persone a quell'azione, avremmo potuto materialmente bloccare per giorni e
forse per settimane i bombardieri che partivano dal territorio italiano, e
dare una indicazione a livello internazionale di come la nonviolenza puo'
(valorizzando favorevoli circostanze come quelle date in Italia dalla
vigenza dell'art. 11 della Costituzione e da un ancor vasto sentire
democratico) affrontare e sconfiggere operativamente, sul terreno, la
macchina bellica piu' potente del mondo.
Ahime', non fummo ascoltati, e quell'iniziativa potemmo realizzare solo per
poche ore e con un piccolissimo numero di partecipanti. Ma questa e' la via:
azioni dirette nonviolente fatte da amici della nonviolenza preparati e
adeguati, consapevoli e saldi, che contrastino concretamente la macchina
bellica e la sconfiggano sul terreno.
Le iniziative meramente simboliche non servono a granche' se non a
soddisfare il narcisismo, le facciano altri. Gli amici della nonviolenza
devono essere capaci di condurre la loro lotta contro la violenza con
efficacia reale.
3. Preparare una campagna di disobbedienza civile di massa in difesa della
pace e della legalita' costituzionale che miri a bloccare la catena di
comando del potere politico e amministrativo che la partecipazione italiana
alla guerra decidesse. Anche qui, occorre assoluta chiarezza e disciplina
nell'iniziativa: tutti i partecipanti devono conoscere perfettamente tutti i
termini della campagna che deve essere anch'essa rigorosamente nonviolenta,
tutti devono aver partecipato alla sua elaborazione discussione e
preparazione, tutti devono aver partecipato a incontri di preparazione e
chiarimento e addestramento di se stessi, tutti essere coscienti dei rischi
che personalmente si corrono, tutti accettare di attenersi rigidamente alle
regole condivise, tutti essere disposti a personalmente subire rappresaglie
e persecuzioni, tutti persuasi ad agire esclusivamente in modo nonviolento.
Occorre anche per questo un forte addestramento alla nonviolenza.
4. Lanciare subito la parola d'ordine dello sciopero generale contro la
guerra e in difesa della legalita' costituzionale, e iniziare a prepararlo,
nelle menti e negli animi, ma anche organizzativamente e logisticamente. Si
tratta di porsi l'obiettivo di paralizzare il potere politico fuorilegge e
stragista, di sollevare il paese in una serena ma ferma prova di forza
radicata nel rispetto della legge fondamentale del nostro ordinamento
giuridico, in difesa della pace e della vita di tutti gli esseri umani; in
esplicita e dichiarata difesa della legalita' costituzionale e del diritto
internazionale; in esplicita e dichiarata difesa dell'umanita'.
5. Denunciare quel governo, quel parlamento e quel capo dello stato che
decidessero la partecipazione italiana alla guerra come golpisti e
stragisti, per aver violato (e non sarebbe la prima volta, per molti di
loro) l'articolo 11 della Costituzione; chiedendo il loro arresto per
violazione della Costituzione (cui hanno giurato fedelta' e di cui il capo
dello stato dovrebbe essere supremo garante) e crimini contro l'umanita'.
Ma anche per realizzare questa iniziativa, che deve essere di massa e non
simbolica ma concretamente effettuata da piu' persone possibile, rivolta a
tutte le forze dell'ordine e a tutte le istanze del potere giudiziario,
occorre che il movimento per la pace abbia una posizione limpida, senza
ambiguita' alcuna: una posizione nonviolenta di difesa della legalita'
democratica, di difesa dei diritti umani di tutti gli esseri umani, di
difesa della pace, della verita' e della giustizia, di difesa della (e
fedelta' alla) Costituzione della Repubblica Italiana. Gli sciocchi e i
vanesi che fanno l'elogio dell'illegalitarismo sono effettualmente complici
dei guerrafondai. Nessuna ambiguita' e gigioneria sono ammissibili se
vogliamo davvero cercar di fermare la guerra.
*
Ma perche' tutto cio' sia possibile occorre una scelta preliminare, che a
tutti coloro che vogliono battersi contro la guerra dobbiamo chiedere di
fare, adesso, e veramente "senza se e senza ma": la scelta della
nonviolenza, senza di cui si restera' impotenti a fare le sfilate, i
tedofori e gli sbandieratori, o peggio i manichini nei salotti televisivi,
mentre gli aerei porteranno l'orrore e la morte in Iraq.
E' questa l'ora della decisione.

2. LUTTI. GIUSEPPINA CIUFFREDA RICORDA IVAN ILLICH
[Dal quotidiano "Il manifesto" riportiamo questo articolo. Giuseppina
Ciuffreda e' una delle voci piu' autorevoli delle esperienze di ricerca e di
liberazione nel nostro paese negli ultimi decenni, una maestra a molte e
molti. Ivan Illich e' nato a Spalato nel 1925; laurea in mineralogia a
Firenze, studi ulteriori di psicologia, arte, storia (dottorato a
Salisburgo); ordinato sacerdote nel 1951, per cinque anni opera in una
parrocchia portoricana a New York, poi e' prorettore dell'Universita'
Cattolica di Portorico; a Cuernavaca (Messico) fonda il Cidoc (Centro
interculturale di documentazione); docente in varie universita',
conferenziere, studioso costantemente impegnato nella critica delle
istituzioni e nella indicazione di alternative che sviluppino la creativita'
e dignita' umana; pensatore originale, ha promosso importanti ed ampie
discussioni su temi come la scuola, l'energia, la medicina, il lavoro. E'
scomparso alcuni giorni fa. Opere di Ivan Illich: Descolarizzare la
societa', Mondadori; La convivialita', Mondadori, poi Red; Rovesciare le
istituzioni, Armando; Energia ed equita', Feltrinelli; Nemesi medica:
l'espropriazione della salute, Mondadori, poi Red; Il genere e il sesso,
Mondadori; Per una storia dei bisogni, Mondadori; Lavoro-ombra, Mondadori;
H2O e le acque dell'oblio, Macro; Nello specchio del passato, Red;
Disoccupazione creativa, Red. Raccoglie i materiali di un seminario con
Illich il volume Illich risponde dopo "Nemesi medica", Cittadella, Assisi
1978. Cfr. anche il libro-intervista di David Cayley, Conversazioni con Ivan
Illich, Eleuthera, Milano 1994. Utile anche il volume di AA. VV., Le
professioni mutilanti, Cittadella, Assisi 1978 (che si apre con un
intervento di Illich)]
E' morto nel sonno, lunedi' a Brema, mentre riposava prima di tornare al suo
lavoro, che non ha mai smesso sopportando con pazienza e stoicismo i dolori
del male che da anni deformava il suo viso.
Teologo, filosofo, storico, antropologo, Ivan Illich e' stato soprattutto
uno sciamano abile a sciogliere il pensiero dai vincoli dei luoghi comuni.
Un seminario con lui era un'esperienza totale. I suoi ragionamenti, densi di
riferimenti storici, scardinavano sicurezze intellettuali sedimentate,
provocando arroccamenti seguiti da rese incondizionate.
Nel novembre del 1985 ho sperimentato la forza del suo pensiero libero e al
tempo stesso costellato di erudizione profonda, in un seminario residenziale
nel centro culturale di San Fortunato di Assisi. Tre giorni conviviali -
con, tra gli altri, Wolfgang Sachs, Alexander Langer, Francuccio Gesualdi,
Anna Donati, Paolo Galletti, Peter Kammerer e Christopher Baker - centrati
su genere e sesso, comunanze, lavoro, sviluppo, durante i quali Illich
metteva continuamente in crisi idee formate in anni di esperienze e di
studi. Ricordo la rabbia e, alla fine, un sollievo quasi fisico, la
percezione di avere una mente piu' libera. Ma anche con un contatto meno
intenso Illich riusciva a stimolare una percezione diversa della realta'.
Come nella prima edizione della Fiera delle utopie concrete - ideata da
Alexander Langer - a Citta' di Castello, nel 1988, dove parla dell'acqua,
tema della Fiera e del suo libro H2O e le acque dell'oblio (editore Macro),
una storia del fiume che diventa canale di scarico che comincia dall'odore.
Nato a Vienna nel 1926 da famiglia dalmata con ascendenze ebraiche, Ivan
Illich diventa prete dopo la guerra. Va a New York presso la comunita'
portoricana, dove, negli anni Sessanta, matura la convinzione che le
strategie di sviluppo scardinino le culture locali dell'America Latina e
degli altri paesi definiti sottosviluppati. Lascia allora New York e si
stabilisce, nel 1961, a Cuernavaca, in Messico, dove fonda il Centro
documentazione interculturale (Cidoc) per raccogliere una documentazione su
due temi: la cultura popolare e l'ideologia e l'azione delle grandi agenzie
internazionali che lavorano su educazione, salute e sviluppo economico.
Negli anni Settanta vengono pubblicati i suoi libri piu' famosi,
Descolarizzare la societa' (Mondadori) e Nemesi medica: l'espropriazione
della salute (sempre Mondadori). Sono gli anni della contestazione
giovanile, della critica alle istituzioni totali, ma il pensiero di Illich
non vive una sola stagione. Sara' capace, infatti, di nutrire anche i
movimenti ambientalisti e di ecologia sociale degli anni Ottanta e Novanta.
Cosi' e' in sintonia con gli intellettuali controcorrente nei diversi
momenti, da Erich Fromm a Paulo Freire, a Wolfgang Sachs. Ormai e' un prete
scomodo per la chiesa postconciliare e alla fine non sara' piu'
ufficialmente sacerdote. Vivra' in Messico e in Germania, dove insegna
all'universita' di Brema, e seguira' soltanto i fili della sua ricerca
storico-culturale.
Non legge i giornali, non risponde agli inviti di istituzioni anche
prestigiose. Partecipa soltanto ad incontri dove puo' stare a diretto
contatto con la gente, soprattutto con i giovani che, in tutto il mondo,
vogliono pensare in modo piu' libero, senza dipendere da concetti divenuti
luoghi comuni. In questo e' favorito dalla sue straordinarie capacita'
linguistiche: conosceva infatti piu' di dieci lingue.
Negli ultimi venti anni ha lavorato con molti intellettuali ambientalisti
critici dello sviluppo. Nel 1988, presso l'universita' della Pennsylvania,
nell'ambito dello Science Technology and Society Program, Illich da' vita a
seminari interdisciplinari a tema con Wolfgang Sachs, Jeanne Robert e
Barbara Duden aperti anche ad altri ricercatori, su ecologia, vita,
percezione dello spazio, del tempo e del corpo umano nel XIX secolo, la
facolta' del cuore nella religiosita' medioevale, per conoscere meglio le
costruzioni del nostro modo di pensare osservandone la genesi. Scavano negli
strati del nostro sapere, guardano al sapere come qualcosa che puo' e deve
essere storicizzato, superando gli steccati disciplinari. Anche le modalita'
di lavoro non sono tradizionali: cucinano e mangiano insieme nella casa
ospitante di Barbara Duden allo State College.
Da queste esperienze nascera' l'Archeologia dello sviluppo di Wolfgang
Sachs, il primo di una serie di suoi testi sull'argomento, che "Il
manifesto" pubblica nel 1989 eccezionalmente in undici articoli usciti di
seguito.
Comunita', vita quotidiana, vernacolare, sono parole-chiave della ricerca di
Illich. Per questo e' stato ritenuto un nostalgico del passato. Polemiche
suscito' il suo libro Genere e sesso (Mondadori), del 1985, in cui narrava
la distruzione della differenza operata dal capitalismo che, puntando alla
costruzione del lavoratore neutro, ha agitato l'esca dell'emancipazione
davanti alle donne. Ma, anche nei punti piu' estremi, sempre le sue
affermazioni hanno offerto spunti di riflessione. Ricordo le reazioni
irritate di molti, me compresa, quando attaccava lo zelo misericordioso e il
voler aiutare il Terzo mondo. "Dobbiamo restare indifferenti?" chiedevamo.
Ma Illich insisteva: "Se qualcuno vuole farti del bene, scappa". Il suo era
un invito a riflettere sulle cause e sugli effetti di un'azione e,
soprattutto, sui concetti che l'avevano originata in un determinato periodo
storico.
Storia e motivazioni, dunque, nascita e morte delle idee: una sorta di
ginnastica intellettuale poco praticata in genere che non intendeva fermare
spinte generose ma formare menti aperte.
Per dare vita a una societa' conviviale - tema al centro del suo libro La
convivialita'. Una proposta libertaria per una politica dei limiti allo
sviluppo (Red edizioni) - densa di relazioni, umori, sapori, odori, radicata
nella cultura popolare e aperta a un nuovo che abbia ancora corpi e
umanita'.
Ivan Illich e' stato il grande paladino della cultura dei popoli, dei loro
saperi, dell'arte di vivere praticata anche nelle condizioni piu' povere ma
non per questo miserabili. E un grande disvelatore dei concetti-impalcatura
che sostengono la civilta' occidentale industriale con la sua vocazione
imperiale ed omologatrice. Per questo Ivan Illich e' uno degli intellettuali
veri del ventesimo secolo, un precursore di quanti - individui, piccoli
gruppi, movimenti - resistono a strategie mondiali nemiche della diversita'
e sperimentano alternative con radici locali e coscienza planetaria.

3. INCONTRI. UNA INIZIATIVA A SOSTEGNO DELLE DONNE PALESTINESI NEI CAMPI
PROFUGHI DEL LIBANO
[Ringraziamo Farid Adly (per contatti: anbamed@katamail.com) per averci
trasmesso notizia di questa iniziativa degli amici del Soccorso Sociale per
i Palestinesi (per contatti: sspalest@yahoo.it)]
Il giorno 7 dicembre 2002 a Roma, in via Ostiense 152/B, il Soccorso Sociale
per i Palestinesi in occcasione dei suoi venticinque anni organizza un
incontro su: "La diaspora: i Palestinesi in Libano - storia, vita, problemi,
interventi".
Il Soccorso Sociale per i Palestinesi rappresenta in Italia il Najdeh,
organizzazione non governativa che opera in Libano rivolgendosi alle
popolazioni piu' povere che vivono nei campi profughi palestinesi, e
concentra i suoi sforzi per contribuire al loro sviluppo economico e
sociale.
L'attivita' del Najdeh, associazione nata nel 1977, si rivolge in modo
particolare alle donne, anche facendo rivivere una occupazione che fa parte
della loro eredita' culturale: il ricamo.
Le iniziative del Najdeh si sono gradualmente estese negli anni, portando
all'apertura di scuole materne e di centri di formazione professionale.
Inoltre offre aiuti per l'assistenza sanitaria e per le necessita' di
medicine e ricoveri, offre prestiti per piccoli progetti che generano
reddito, e anche assistenza temporanea alle famiglie piu' bisognose
attraverso gli affidamenti a distanza.
Il Soccorso Sociale per i Palestinesi promuove anche iniziative per una
migliore conoscenza della cultura e della realta' palestinese.
Il 7 dicembre si terra' una mostra di ricami a punto a croce, di grande
valore artistico, prodotti dalle donne palestinesi nei laboratori del Najdeh
in Libano, e verra' documentata l'origine dei disegni che si riferiscono
alle tradizioni di vari villaggi palestinesi:
"E' la  storia di un filo che nasce
dalle mani di donne unite
e che diventa, nel ricamo di una cultura,
antica come i tempi,
il canto della dignita' di un popolo
del suo lavoro
del suo 'chiedo ascolto'
perche' gli sia reso libero
il diritto di vivere".
Alle ore 17,30: proiezione del  video "Cinquanta anni fuori dalla
Palestina", realizzato dal Najdeh, Beirut.
Alle ore 18: interventi. Coordina Raniero La Valle; Rita Porena
(giornalista), Profilo storico dei palestinesi in Libano; Stefano Chiarini
(giornalista), La situazione attuale dei palestinesi in Libano; Adele Manzi
(co-fondatrice del Najdeh), La cultura di un popolo nel suo ricamo
tradizionale.
Alle ore 20: proiezione di "Frontiere di sogni e di paure", di Mai Masri (un
regista palestinese che ha diretto e prodotto molti film premiati, trasmessi
da oltre cento canali televisivi in tutto il mondo).

4. RIFLESSIONE. SEVERINO VARDACAMPI: ANCORA SULLA RAGIONEVOLE PROPOSTA PER
FAR CESSARE LE STRAGI DI IMMIGRATI IN MARE: INGRESSI LEGALI E TRASPORTO
PUBBLICO E GRATUITO
Vorremmo che fosse discussa seriamente la ragionevole proposta - avanzata
anni fa dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo e ieri riproposta su
questo notiziario - per far cessare le stragi di immigrati in mare: proposta
consistente nel consentire a tutti i richiedenti ingressi legali e garantire
un servizio di trasporto pubblico e gratuito.
Vorremmo che fosse discussa per quello che e': una proposta politica ed
amministrativa di mero buonsenso, non una astratta levata d'ingegno.
Perche' astratto e velleitario e' piuttosto il disegno disumano e dereistico
di erigere una muraglia nel Mediterraneo che separi ed imprigioni l'Europa
rispetto al resto del mondo; una muraglia che nega alla stragrande
maggioranza dell'umanita' di sfuggire alla fame, alle guerre e alla morte e
venire costi' ove la vita e' piu' possibile che altrove (e lo e' grazie alla
plurisecolare nostra rapina delle risorse del sud del mondo); una muraglia
che tradisce ed annienta i principi solennemente affermati fin nella nostra
carta costituzionale. Ma questo disegno feroce e insensato e' oggi
tragicamente la politica dominante dei governi europei tutti, ed essa
politica deve essere denunciata e rovesciata per restaurare democrazia e
diritti.
Lo diciamo in tono piano ma fermo: chi pensa di poter proseguire con
l'apartheid a livello planetario dovrebbe al piu' presto informarsi
sull'avvenuta, perche' inevitabile, caduta del regime che l'apartheid
istituzionalizzo' e perpetro' lungamente in Sud Africa: e sarebbe bene che
tutti ci si affrettasse a passi costruttivi per la fine dell'apartheid
planetario poiche' non e' detto che anche a livello planetario si ripeta la
fortuna di una transizione alla democrazia senza un immane bagno di sangue.
*
Le principali obiezioni che vengono mosse alla nostra ragionevole proposta
sono tre:
a) aprire le frontiere provocherebbe una incontrollabile invasione che
presto soverchierebbe la "capacita' di carico" del nostro territorio;
b) gli altri paesi europei non ce lo permetterebbero mai;
c) e' di estrema difficolta' organizzare sia l'ingresso legale che, e ancor
piu', un servizio di trasporto pubblico e gratuito per quanti vogliono
venire nel nostro paese in fuga da fame, guerre, persecuzioni.
Proviamo ad analizzarle una per una, confrontandole con la situazione
attuale.
*
Quanto alla prima obiezione, partiamo dalla realta' odierna.
Le frontiere europee - e soprattutto quelle italiane - sono un colabrodo e
resteranno tali per quanto si dia disposizione alle forze dell'ordine di
fare la faccia feroce. La realta' e' che oggi l'immigrazione verso l'Italia
avviene in modo massiccio, avviene in modo clandestino, costituisce un lucro
immenso per i poteri criminali, provoca stragi di esseri umani innocenti e
disperati, porta nel nostro paese persone in condizioni drammatiche ed
esposte ad ogni rischio e vessazione, le porta qui come persone braccate e
necessariamente nemiche di una realta' ostile. E' ragionevole tutto questo?
Se invece facessimo la scelta di accogliere le persone che fuggono da luoghi
e condizioni da cui ogni persona ragionevole fuggirebbe, non solo
applicheremmo il comma terzo dell'art. 10 della Costituzione (ovvero
adempiremmo a un dovere sancito dalla legge su cui si fonda l'intero nostro
ordinamento giuridico), ma faremmo cosa buona, giusta e soprattuto utile a
tutti: anche a noi stessi cittadini italiani: tutte le persone che
giungerebbero nel nostro paese lo farebbero in condizioni di legalita', e si
sentirebbero vincolate ad un atteggiamento di reciprocita'; sottrarremmo ai
poteri criminali ingenti profitti, numerose vittime e mano d'opera;
promuoveremmo sicurezza per tutti, diritti per tutti e cooperazione
concreta.
Quanto al pericolo della "invasione": ma siamo poi certi che ci sarebbe
l'invasione?  non si perverrebbe piuttosto, come sempre accade, a una sorta
di ragionata e negoziata autoregolazione del fenomeno, come insegnano
innumerevoli esperienze storiche? Vogliamo cominciare a rifletterci da
persone pratiche?
Ma prendiamola comunque sul serio questa obiezione, e pensiamo comunque a
una strategia adeguata, complessa e sistemica, che agisca sui due versanti:
l'accoglienza qui, e il sostegno allo sviluppo (quello economico:
sostenibile, autocentrato, con tecnologie appropriate; e quello politico:
verso l'affermazione dei diritti umani per tutti gli esseri umani)) la':
poiche' dobbiamo pur dircelo che le flagranti violazioni dei diritti umani
in tante aree del sud del mondo, e la tremenda poverta' da cui sono afflitte
le popolazioni che li' risiedono, discendono in larga e decisiva misura
direttamente dagli inqui rapporti tra i paesi ricchi e gli altri; ovvero
possono essere risolti solo se noi decidiamo di contribuire a risolverli,
smettendola di rapinare e cominciando ad aiutare quei popoli: e sarebbe ora
di farlo davvero.
*
Quanto alla seconda obiezione, partiamo anche qui dalla realta'.
Altri paesi europei hanno adottato ed adottano tuttora politiche ben diverse
da quella italiana, in ragione del loro diverso passato (ad esempio
l'eredita' del colonialismo, che oltre ad aver provocato infiniti e non
cessati orrori, ha tuttavia creato anche ponti e legami: quando pensiamo
alla poesia francese del Novecento Senghor o Cesaire sono altrettanto
rappresentativi di Eluard; e le cose piu' notevoli della letteratura in
lingua inglese di questi ultimi decenni sono state scritte da persone del
sud del mondo).
Ma se guardassimo seriamente, profondamente, al passato del nostro paese,
non troveremmo qualcosa che fieramente contrasta col razzismo oggi egemone?
L'enorme ricchezza culturale del nostro territorio non dipende forse dalla
compresenza di culture le piu' diverse? Non dipende dal meticciato di cui il
nostro paese e la nostra storia sono un esempio grandioso? E c'e' davvero
bisogno di ricordare la storia tremenda dell'emigrazione italiana (in anni
non cosi' remoti come vorrebbe farci credere la rimozione massmediatica che
cerca di murarci in un eterno presente abitato pressoche' solo da
simulacri)?
Si dice: vi sono accordi politici nella comunita' europea: e' vero; ed
alcuni di essi sono biecamente razzisti. Essi possono e devono essere
rinegoziati. Non sarebbe ne' la prima ne' l'ultima volta; anzi: gia' troppo
tempo si e' perso. E non si dica che contrastare il razzismo - nei fatti,
oltre che a chiacchiere - non sia un dovere dell'Unione Europea, che in
tanto ha ragione di essere in quanto ai valori della democrazia e
all'estensione dei diritti umani si ispiri.
*
Quanto alla terza obiezione, ancora una volta partiamo dalla situazione
odierna.
La situazione odierna e' caratterizzata da stragi, incremento della
criminalita' organizzata, crescita del razzismo e dell'insicurezza, violenze
inenarrabili (e proprio contro persone giunte nel nostro paese con la
speranza di trovarvi un paese civile e civili persone). Non sara' ora di
sperimentare politiche che cerchino di opporsi a tutto cio'?
Per promuovere la legalita' la politica migliore e' appunto favorire la
legalita'.
Per promuovere la sicurezza la politica migliore e' garantire a tutti
sicurezza.
E le stragi? Vogliamo farle cessare o no?
E i poteri criminali: vogliamo contrastarli o no?
Se vogliamo farlo occorre una politica sostanziata in provvedimenti
amministrativi adeguati, che muova nella direzione degli ingressi legali;
non ci sono alternative.
E se vogliamo organizzare questa politica in termini di servizio pubblico e
gratuito, che e' l'unico modo per organizzarla seriamente, le risorse si
devono trovare. E ci sono. Chi scrive queste righe ha dedicato tanti anni
della sua vita alla gestione della cosa pubblica, e ha dedicato tanto di
quel tempo alla verifica dei bilanci degli enti pubblici da sapere fin
troppo bene che i soldi ci sono, e che una politica come quella che
proponiamo non solo e' sostenibile, ma avrebbe ricadute piu' che benefiche
sulla societa', sull'economia e sulla stessa pubblica amministrazione del
nostro paese.
*
Ma vi sono, si capisce, due obiezioni uteriori, non dette perche' tra
gentiluomini certe cose non si dicono, ma a tutti palesi:
d) con il governo che ci troviamo, come potete pensare che la vostra
proposta abbia possibilita' di attuazione?
e) e con lo spettro del terrorismo ovunque incombente, non avete altro da
pensare che aprire le frontiere?
*
Anche qui, ragioniamoci sopra da persone pratiche.
Per quanto riguarda il governo:
- primo, il governo attuale non e' un'eterna dannazione: puo' perdurare a
lungo ma puo' anche cadere prima di quanto si creda; la legge
sull'immigrazione in vigore e' gia' da se stessa condannata all'abrogazione
in punti decisivi non appena la Corte Costituzionale si pronuncera' (e il
Tribunale di Viterbo ha gia' da tempo rimesso alla Corte Costituzionale
quella legge evidenziandone i profili di incostituzionalita');
- secondo, di questo governo si puo' favorire la caduta proprio promuovendo
proposte politiche ragionevoli, proprio promuovendo proposte di civilta',
proprio lavorando sul terreno della promozione della democrazia, della
legalita', dei diritti umani, e traducendo questa azione anche in
provvedimenti legislativi ed amministrativi.
Del resto: avra' contribuito o no a portare alla vittoria elettorale e al
governo del paese la coalizione che include razzisti e fascisti il fatto che
il precedente governo avesse proprio nel campo delle politiche migratorie
adottato provvedimenti razzisti come ad esempio l'aperura del campi di
concentramento in cui sono recluse persone che non hanno commesso alcun
reato? C'e' qualcuno che pensa che questo non abbia contato nel consegnare
alla destra il governo, dopo aver contribuito a rendere egemone il razzismo
nell'opinione pubblica e nelle concrete scelte legislative ed amministrative
di quel governo che pur si fregiava della qualifica di "centro-sinistra"?
Non e' forse evidente che nel determinare la vittoria della coalizione piu'
bellicosa ed eversiva abbia contato non poco il fatto che il precedente
governo trascino' l'Italia in una guerra immorale e ilegale, violando la
Costituzione e rendendo il nostro paese partecipe di crimini di guerra e
contro l'umanita'?
E dunque: formuliamo le proposte legislative ed amministrative che ci
sembrano giuste e necessarie, senza subalternita', senza rassegnazioni.
Usciamo dall'apatia e diciamo cio' che occorre fare, e cominciamo a
costruirne la realizzazione.
*
E quanto al terrorismo: promuovere la legalita' non e' forse il modo
migliore per contrastare i poteri criminali e assassini? Quante piu' persone
sono nella legalita' tanto piu' la legalita' si rafforza, e si indebolisce
il campo del crimine. E quanto piu' la politica italiana viene incontro ai
bisogni dei popoli del sud del mondo, tanto piu' si realizza cooperazione e
si riconoscono diritti umani, tanto piu' si puo' sconfiggere la propaganda
degli scellerati criminali terroristi che ha buon gioco oggi a denunciare i
crimini del nord del mondo colonialista, razzista e onnicida.
*
In breve e per concludere: anche in questo ambito occorre uscire dalla
subalternita': apriamo se non altro un campo di riflessione e di discussione
su una proposta che avrebbe una efficacia reale ed e' formulata secondo
ragionevolezza e pragmatismo, come proposta politica ed amministrativa
concretamente praticabile, e sicuramente efficiente ad intervenire su una
questione rispetto alla quale l'inerzia, o peggio gli interventi come quelli
disposti dalla legislazione attuale, provocano stragi e favoreggiano i
poteri criminalI.
E noi stiamo a perderci tempo?
Non sentiamo il diritto e il dovere di cercar di far cessare le stragi nei
nostri mari?
Non sentiamo il dovere di venire in soccorso di donne e uomini alla
disperata ricerca di aiuto?
Non sentiamo il dovere di contrastare le mafie?
Non sentiamo il dovere di prendere sul serio quanto scritto nella legge alla
base del nostro ordinamento giuridico?
E' una proposta ragionevole, e necessaria: per far cessare le stragi di
immigrati in mare occorre consentire a tutti l'ingresso legale nel nostro
paese ed offrire un servizio di trasporto pubblico e gratuito.

5. RIFLESSIONE. IDA DOMINIJANNI: HABERMAS E LO SCONTRO TRA EUROPA E STATI
UNITI
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 3 dicembre 2002 riportiamo questo
articolo. Ida Dominijanni (per contatti: idomini@ilmanifesto.it),
giornalista e saggista, e' una delle piu' lucide intellettuali femministe.
Juergen Habermas, sociologo e filosofo tedesco, nato nel 1929, e'
attualmente tra i pił influenti pensatori contemporanei. Opere di Juergen
Habermas: nella sua enorme produzione segnaliamo almeno Conoscenza e
interesse (1968, tr. it. Laterza); Teoria dell'agire comunicativo (1981, tr.
it. Il Mulino); Etica del discorso (1983, tr. it. Laterza); Il discorso
filosofico della modernita' (1984, tr. it. Laterza). Opere su Juergen
Habermas: un'agile introduzione e' il volumetto di Walter Privitera, Il
luogo della critica. Per leggere Habermas, Rubbettino, Soveria Mannelli
1996; la piu' recente monografia complessiva di taglio introduttivo e'
quella di Stefano Petrucciani, Introduzione a Habermas, Laterza, Roma-Bari
2000 (che vivamente raccomandiamo)]
"Molti americani non riescono a realizzare le dimensioni e le
caratteristiche del rifiuto, se non del risentimento, che cresce ovunque in
Europa, Gran Bretagna inclusa, nei confronti della politica
dell'amministrazione Bush. Questa divaricazione potrebbe diventare piu'
profonda di quanto non sia mai stata dalla fine della seconda guerra
mondiale. Per uno come me, che si e' sempre schierato con una sinistra
filo-americana,  e' importante oggi poter tracciare un confine netto fra la
critica del governo americano e la torbida corrente montante di pregiudizi
anti-americani. Ricordando i tempi della guerra in Vietnam, sarebbe d'aiuto
da questo punto di vista se l'opposizione europea alla politica di Bush
potesse rapportarsi e identificarsi con un analogo movimento d'opposizione
americano. Ma a confronto con il 1965, in America ora prevale la timidezza".
Intervistato dalla rivista leftist americana "The Nation" nell'ambito di una
serie di colloqui con intellettuali stranieri sulla politica estera degli
Stati Uniti, il filosofo tedesco Juergen Habermas aggiunge la sua autorevole
voce alle preoccupazioni di molti osservatori per la distanza culturale e
politica che nella congiuntura del dopo-11 settembre va emergendo fra il
Vecchio e il Nuovo continente - c'e' chi ipotizza addirittura che il vero
clash di civilta' rischi di prodursi in un prossimo futuro non fra Occidente
e Islam ma all'interno dell'Occidente, fra America e Europa.
Di questa progressiva e preoccupante divaricazione, suggerisce Habermas,
esistono ragioni politiche vicine e ragioni culturali piu' antiche.
Le prime sono tutte condensate nella svolta impressa alla volonta' di
potenza americana e al sistema delle relazioni internazionali dalla National
Security Strategy con la sua trovata della guerra preventiva: "Non molto
tempo fa, una generazione di giovani tedeschi che era stata liberata dal
regime nazista dai soldati americani sviluppo' ammirazione per gli ideali
politici di una nazione determinante per la fondazione delle Nazioni Unite e
per dare corso ai tribunali di Norimberga e Tokyo... Puo' oggi questa stessa
nazione cancellare quella conquista di civilta' che e' consistita
nell'imporre le regole del diritto allo stato di natura fra nazioni
belligeranti?".
Le ragioni piu' antiche della faglia che puo' aprirsi, o si e' gia' aperta,
fra i due continenti si ricavano invece da quel "sistematico
fraintendimento" che e' in corso sull'universalismo fra Usa e Gran Bretagna
da una parte e Europa continentale dall'altra. I falchi americani, scrive
Habermas, sono infatti convinti di essere i veri difensori degli ideali
universalisti, pronti a prendere le armi in nome degli stessi valori della
seconda guerra mondiale mentre gli europei regrediscono al cinico realismo
dei loro giochi di potere di prima del '45. "In questa prospettiva, solo gli
anglosassoni sono impegnati a difendere i valori universali della liberta' e
della democrazia contro il `demonio' incarnato negli `stati canaglia'",
scrive Habermas e conclude: "Se questa posizione non e' solo caricaturale,
urge che avviamo una discussione sulle colpe e i meriti rispettivi delle
contrastanti prospettive del nazionalismo liberale e del cosmopolitismo".
E' questa posta in gioco politico-culturale a indurre stavolta Habermas, che
pur non senza tormenti si era schierato a favore della guerra del Golfo e
dell'intervento in Kosovo, a esprimersi contro la guerra in Iraq, salvo che
dovesse ottenere "un inequivoco sostegno dalle Nazioni Unite".
Posizione, inutile sottolinearlo, estremamente controversa.
Incontrovertibile e' invece l'altra indicazione che riportavo all'inizio,
quella di un ponte necessario fra movimenti d'opposizione europei e
americani, che si frapponga al rinascere nel Vecchio continente di un
antiamericanismo potenzialmente devastante. Senza quel ponte, le due sponde
dell'Atlantico sono davvero destinate ad allontanarsi sempre piu'.

6. MAESTRE. AMALIA FLEMING: LA NARRAZIONE ONESTA
[Da Amalia Fleming, Testimone per la verita', La Nuova Italia, Firenze 1974,
p. 4. Amalia Fleming, nata Coutsouris, scienziata e militante per i diritti
umani, sempre si batte' contro il fascismo]
Prego, quindi, il lettore di prendere il libro per quello che e': la
narrazione onesta di cose che conosco, accompagnata da un giudizio
personale.

7. INCONTRI. BENITO D'IPPOLITO: EPISTOLA A GIOVANNI BENZONI IN OCCASIONE DEL
SECONDO SALONE DELL'EDITORIA DI PACE CHE SI TIENE IN VENEZIA DAL 6 ALL'8
DICEMBRE 2002
[Si svolgera' dal 6 all'8 dicembre a Venezia il secondo salone dell'editoria
di pace, appuntamento di fondamentale importanza del movimento che si oppone
alla guerra, al terrorismo, alle ingiustizie. Insieme all'incontro di Assisi
promosso dalla Tavola della pace che si terra' il 7 dicembre, ed alle
iniziative che si svolgeranno in tutta Italia il 10 dicembre
nell'anniversario della Dichiarazione universale dei diritti umani, il
salone veneziano dal 6 all'8 dicembre rappresenta una occasione
importantissima di dialogo, di approfondimento, di impegno per la pace e la
dignita' umana. Dell'iniziativa veneziana promossa dal Progetto Iride della
"Fondazione Venezia per la ricerca sulla pace" Giovanni Benzoni (per
contatti: gbenzoni@tin.it) e' infaticabile il principale animatore]

Caro Giovanni, rullano i tamburi
di guerra, dalle piste di decollo
ruggiscono di gia' dei bombardieri
le voci soverchianti, e dagli schermi
delle televisioni la menzogna
gia' eccita alle stragi. Noi sappiamo
che e' l'ora di resistere, di essere
lucidi e onesti con noi stessi e il mondo.

A questa resistenza che si fonda
sulle ragioni dell'umanita'
(del cuore e della mente le ragioni)
noi diamo un nome, e il nome e' nonviolenza.

A questa resistenza costruttrice
di pace e dignita', senza quartiere
in lotta contro il male e la menzogna
noi diamo un nome, e il nome e' nonviolenza.

A questa resistenza apporta grandi
strumenti, esempi, voci ed esperienze
questo in Venezia secondo salone
di libri per la pace e la giustizia.

Anch'io di lungi te ne sono grato.

8. TESTIMONIANZE. RANIERO LA VALLE: LA CHIESA CALDEA ACCUSA
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 4 dicembre 2002 riportiamo questo
articolo di Raniero La Valle. Raniero La Valle (per contatti:
raniero.lavalle@tiscalinet.it) e' a Baghdad in missione di pace con una
delegazione pacifista; e' nato a Roma nel 1931, giornalista e saggista, gia'
direttore de "L'avvenire d'Italia", direttore di Vasti, scuola di critica
delle antropologie, presidente del comitato per la democrazia
internazionale, gia' parlamentare, e' una delle figure piu' prestigiose
della cultura della pace. Tra le sue opere: Dalla parte di Abele, Mondadori,
Milano 1971, Fuori dal campo, Mondadori, Milano 1978, Marianella e i suoi
fratelli, Feltrinelli, Milano 1983,  Pacem in terris, l'enciclica della
liberazione, Edizioni Cultura della Pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1987]
 Un grido di dolore si e' levato ieri dal vescovo ausiliare della Chiesa
caldea Slamon Warduni, che ha ricevuto a Baghdad a nome del patriarca
Raphael Bidawid, in questo momento infermo, una delegazione italiana di
parlamentari e di esponenti dell'associazionismo.
Di fronte al pericolo della scoppio della guerra gia' dichiarata contro
l'Iraq, il vescovo si e' chiesto se il suo popolo soffrirebbe da dieci anni
l'embargo e sarebbe oggi minacciato di distruzione, se sotto la sua terra
non ci fosse il petrolio. Sulla questione delle armi di cui l'Iraq sarebbe
in possesso, il presule ha esposto la posizione della Chiesa contraria non
solo all'uso ma all'esistenza stessa delle armi in quanto portatrici di odio
e di morte. Ha anche premesso di non sapere - in quanto Chiesa - se le armi
cercate dagli ispettori in Iraq esistano davvero. Aggiungendo che c'e' una
colpa nello spendere per le armi invece che per lo sviluppo. Ha tuttavia
lamentato la profonda ingiustizia della pretesa che solo l'Iraq sia
disarmato o sia duramente perseguito a causa delle armi, quando tutti gli
altri Stati della regione e del mondo non fanno che armarsi, quando Israele
detiene le armi nucleari, e quando l'Iraq stesso e' stato in passato
fortemente armato dall'Occidente.
Mons. Warduni ha fatto riferimento a un appello che dopo una giornata di
digiuno e di preghiera la Chiesa di Baghdad ha rivolto alle altre Chiese e
ai governi dei paesi rappresentati nella capitale, perche' al popolo
iracheno siano risparmiati gli annunciati lutti e i dolori dell'attacco
militare.
Ha tuttavia lamentato la difficolta' di comunicare al mondo esterno la
grande preoccupazione della Chiesa ed ha sottolineato la prudenza con cui
essa deve muoversi, perche' ogni difesa della vita e della pace del popolo
iracheno viene distorta e rovesciata in accusa, come se avesse il
significato di un appoggio al governo di Saddam Hussein.
Alla domanda su che cosa pensasse dell'intenzione del presidente americano
Bush di voler "liberare" l'Iraq dal regime di Saddam, il vescovo ha risposto
con emozione che lo scopo ed il risultato di tale liberazione sarebbe
l'assoggettamento dell'Iraq ad una effettiva schiavitu' sotto il dominio
degli Stati Uniti ed una occupazione militare, che sarebbero distruttivi per
l'Iraq: "una volta - ha detto - si facevano schiavi gli uomini, adesso si
fanno schiave le nazioni". Percio' la Chiesa rifiuta e denuncia questo tipo
di liberazione.
La Chiesa soffre particolarmente l'emergenza in cui si trova il Paese a
causa delle lunghe guerre, dell'embargo e dei pericoli cui oggi e' esposto,
in particolare per la spinta all'emigrazione provocata da tutto cio'; essa
porta via dall'Iraq le migliori energie, con una notevole emigrazione anche
dei cristiani. Cosi' la loro percentuale diminuisce, in una situazione in
cui la Chiesa mentre gode di una totale liberta' di culto, non gode della
liberta' religiosa nel senso del proselitismo, cioe' di annunciare il suo
messaggio: situazione che non e' tuttavia specifica dell'Iraq, ma di tutto
il mondo islamico.
Mons. Warduni ha aggiunto che tra le conseguenze piu' gravi dell'embargo
c'e' la "perturbazione delle coscienze"; la lotta per la sopravvivenza, in
condizioni di poverta', mancanza di cibo e disoccupazione produce la spinta
a rubare e a danneggiare gli altri, quale prima non si dava.
La delegazione italiana ha anche visitato un ospedale pediatrico che
fronteggia, senza farmaci e attrezzature, l'emergenza del drammatico aumento
della mortalita' infantile, salita negli ultimi anni al 130 per mille, e
delle malattie precoci, in particolare le leucemie.

9. RIVISTE. "VIA DOGANA" N. 62
[Riportiamo l'indice di "Via Dogana" n. 62 del settembre 2002. "Via Dogana"
e' una delle piu' prestigiose e profonde riviste di cultura italiane. Questa
nota abbiamo ripreso dal sito della Libreria delle donne di Milano
(www.libreriadelledonne.it)]
Indice di "Via Dogana" n. 62, settembre 2002:
- Ai libri non si resiste, di Liliana Rampello;
- L'universale in un contesto, di Luisa Muraro;
- La terza ghinea, di Daniela Padoan;
- Labyrinth-Frauen-Platz Zuerich, di Ursula Knecht;
- L'irrinunciabile, di Stefania Giannotti;
- La risposta di Etty Hillesum, Annarosa Buttarelli;
- Il grande e' nel dettaglio, intervista a Elena del Rivero;
- Andare al centro, di Eleonora Graziani;
- Lettere a Via Dogana;
- Parla con lei, di Cinzia Soldano;
- Vicino all'inizio, di Cristina Mecenero;
- In Rete e' possibile? di Laura Colombo e Sara Gandini.
Abbonamento annuale: in Italia 25 euro; Europa 30 euro; altri paesi 35 euro
(non e' proibito dare di piu'); c/c postale 26601203 intestato a: Circolo
cooperativo delle donne Sibilla Aleramo, via Calvi 29, 20123 Milano.
Redazione: via santa Caterina 8, 46100 Mantova; tel. 03358194156.

10. SITI. CRISTINA PAPA: AGGIORNAMENTO DE "IL PAESE DELLE DONNE"
[Da Cristina Papa, infaticabile animatrice del sito de "il paese delle
donne" (e-mail: cristina@www.womenews.net; sito: www.womenews.net),
riceviamo e diffondiamo. E' un sito di grande interesse e valore, caldamente
lo raccomandiamo]
Questi gli articoli dell'ultimo numero de "Il paese delle donne":
- Il futuro arcaico;
- Segni d'esperienze;
- Pari opportunita' all'Universita';
- Cittadinanza politica;
- Una vita per la liberta';
- Di scambio in scambio;
- Argentina: Ridateci i nostri nipoti!
- Kurdistan: Percorsi di pace;
- Forum sociale europeo: Note per il futuro, visto che ci sara';
- Parigi, oh cara...;
- Forum sociale europeo: Ma noi dove siamo?
- Fuori la guerra dalla storia: per una campagna europea contro la guerra;
- Donne e territorio, un convegno a Roma;
- Cio' che non va bene per le donne non va bene per nessuno;
- Cittadine del mondo: A Torino le donne contro la legge Bossi-Fini;
- Teatro civile in tempo di guerra;
- Donne ottimiste e femminismo dell'otto e novecento;
- Conoscere per capire;
- Una contentezza offuscata;
- Forum sociale europeo: Dentro e fuori la fortezza;
- Sedici giorni contro la violenza sulle donne;
- Per una Citta' in Genere;
- Turchia/Kurdistan: Madri per la pace;
- Madame l'Histoire e le sue sorprese;
- Donne in nero osservatrici in Kurdistan;
- Solidarieta' e guerra/terrorismo.

11. SITI. AGGIORNAMENTO DI "DONNE IN VIAGGIO"
[Dalla redazione di "Donne in viaggio" (e-mail: mnicotr@tin.it; sito:
www.donneinviaggio.com) riceviamo e diffondiamo]
"Donne in viaggio", anno secondo, n. 24, novembre 2002.
Donne in viaggio compie due anni. Sostieni questo progetto editoriale
partecipando anche tu, collaborando e associandoti. Per saperne di piu':
www.donneinviaggio.com
Gli aggiornamenti del 3 dicembre 2002:
- Emergency per la pace: "Fuori l'Italia dalla guerra";
- Emergency per la pace: le piazze delle fiaccolate per il dieci dicembre;
- Arezzo Wave Love Festival: in scadenza il bando per la partecipazione;
- Nigeria: appello contro le condanne a morte
- I diritti delle donne sono in pericolo, di Cecilia Cortesi
- Storia di una donna che divenne teatro: la Nautanki dell'India, di Sara
Andreis;
- Donne e scienza. Un percorso in progress, di Mariella Todaro;
- I fibromi uterini: una patologia comune a molte donne, di Elena Vaccarino;
- Processi di empowerment attraverso i percorsi formativi: ilcaso di Lucca,
di Mary Nicotra;
- Quando le parole chiave sono espressione e condivisione, di Mary Nicotra;
- In Libia tra le sabbie senza confini del Sahara, di Cecilia Bechstein;
- Nel 2003 Atene ospita la Biennale dei giovani artisti dell'Europa e del
Mediterraneo, di Elena Vaccarino;
- Volevamo cambiare il mondo: Memorie e storie delle donne dell'Udi in
Emilia Romagna;
- Il mercato delle donne: Prostituzione, tratta e sfruttamento, di Paola
Monzini.
Il prossimo aggiornamento della rivista sara' on-line a meta' dicembre 2002.

12. RILETTURE. LELIO BASSO (A CURA DI): STATO E CRISI DELLE ISTITUZIONI
Lelio Basso (a cura di), Stato e crisi delle istituzioni, Mazzotta, Milano
1978, pp. 224. una riflessione a piu' voci che merita di essere riletta e
proseguita.

13. RILETTURE. AMELIA CRISANTINO, GIOVANNI LA FIURA: LA MAFIA COME METODO E
COME SISTEMA
Amelia Crisantino, Giovanni La Fiura, La mafia come metodo e come sistema,
Pellegrini Editore, Cosenza 1989, pp. 274, lire 25.000. Una notevole
monografia di due tra i migliori studiosi e militanti antimafia.

14. RILETTURE. I DOCUMENTI DEL CONCILIO VATICANO II
I documenti del Concilio Vaticano II, Edizioni Paoline, Alba 1980, pp. 808.
Una rilettura appassionante e sovente fin commovente.

15. RILETTURE. MARIA GRAZIA GIAMMARINARO: INSEGNARE CHE COS'E' LA MAFIA
Maria Grazia Giammarinaro, Insegnare che cos'e' la mafia, Pellegrini
Editore, Cosenza 1989, pp. 200, lire 22.000. Utili proposte e materiali per
l'attivita' didattica antimafia nelle scuole medie inferiori e superiori.

16. RILETTURE. PETR KROPOTKIN: CAMPI, FABBRICHE, OFFICINE
Petr Kropotkin, Campi, fabbriche, officine, Edizioni Antistato, Milano 1975,
1982, pp. 238. Nell'edizione curata da Colin Ward un'ampia selezione di uno
dei capolavori di Kropotkin, un pensatore e un amico dell'umanita' che
ancora ci attende al nostro comune orizzonte. Nelle giornate limpide mi pare
di vederlo che ci fa cenno, a dirci quale e' la strada.

17. RILETTURE. GIANNA MILANO: BIOETICA
Gianna Milano, Bioetica, Feltrinelli, Milano 1997, pp. 224, lire 13.000. Un
testo introduttivo, ma rigoroso, e utilissimo.

18. RILETTURE. BICE MORTARA GARAVELLI: MANUALE DI RETORICA
Bice Mortara Garavelli, Manuale di retorica, Bompiani, Milano 1988, 1997,
pp. 380, lire 16.000. Un buon manuale; abbiamo sempre pensato che chi non si
interessa di retorica (o anche: di logica e linguistica, di pragmatica della
comunicazione umana, di semiotica generale...) non sa cosa si perde, e molto
spesso perde anche il legame con gli altri, e con se stesso, oh lui tapino.

19. RILETTURE. CLAUS OFFE: LO STATO NEL CAPITALISMO MATURO
Claus Offe, Lo stato nel capitalismo maturo, Etas Libri, Milano 1977, 1979,
pp. 8 (non numerate) + 244. Una raccolta di saggi scritti tra il '69 e il
'76, su cui metterebbe conto riaprire la discussione.

20. RILETTURE. JULIA P. RAMIREZ: STORIA DIALETTICA DELLE CLASSI SOCIALI
Julia P. Ramirez, Storia dialettica delle classi sociali, Coines, Roma 1974,
1975, pp. 96. Uno di quei testi di base, per militanti affamati di pane, di
giustizia, di sapere, di strumenti per la lotta contro l'inumano. Ah, quei
bei libri della Coines, che sarebbero da ristampare tutti.

21. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

22. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti, la e-mail e': azionenonviolenta@sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben@libero.it;
angelaebeppe@libero.it; mir@peacelink.it, sudest@iol.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it. Per
contatti: info@peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it

Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio
con richiesta di rimozione a: nbawac@tin.it

Numero 436 del 5 dicembre 2002