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La nonviolenza e' in cammino. 431
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO
Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it
Numero 431 del 30 novembre 2002
Sommario di questo numero:
1. Deborah Lucchetti, quattro aggiunte
2. Valentina Duca, una poesia
3. Convenzione permanente di donne contro le guerre, per una campagna
europea contro la guerra
4. Lidia Menapace, breve nota esplicativa sulla proposta di "neutralita'
attiva europea contro la guerra" avanzata nell'appello che precede
5. Nella Ginatempo, per le campagne in Europa e le iniziative contro la
guerra
6. Paola Melchiori, turbamento e apertura
7. Una lettera aperta a tutti i parlamentari di riflessione sul digiuno di
Albino Bizzotto
8. Per l'abolizione dei campi di concentramento
9. Un appello di giuristi democratici
10. Enrico Peyretti, nella giornata del dialogo cristianoislamico
11. Pax Christi di Verona, nella giornata del dialogo cristianoislamico
12. Resoconto dell'incontro fiorentino sui corpi civili di pace
13. Peppe Sini, dopo gli ultimi attentati
14. Ebrei d'Europa per la pace: contro l'occupazione, per uno stato
palestinese
15. Riletture: Miguel Asin Palacios, Dante e l'Islam
16. Riletture: Martin Bernal, Atena nera
17. Riletture: Mariella Loriga, L'identita' e la differenza
18. Riletture: Rossana Rossanda, Le altre
19. La "Carta" del Movimento Nonviolento
20. Per saperne di piu'
1. EDITORIALE. DEBORAH LUCCHETTI: QUATTRO AGGIUNTE
[Ringraziamo Deborah Lucchetti (per contatti: d_lucchetti@virgilio.it) per
questo intervento. Deborah Lucchetti lavora nella cooperazione sociale (ma
proviene dal settore metalmeccanico dove e' stata per molti anni operaia e
delegata sindacale) ed e' attiva nella Rete di Lilliput a Genova dalla prima
assemblea di Massa del 2000 e ha seguito in particolare gli eventi del G8;
nell'esperienza lillipuziana segue particolarmente il gruppo di lavoro
tematico "Lente sulle imprese" e quello sulla nonviolenza]
Alcune aggiunte molto sentite che vorrei meditare insieme a voi:
1. la radicalita' non puo' essere inaccessibile;
2. la verita' non puo' essere incomprensibile;
3. la nonviolenza non puo' essere per pochi;
4. l'alfabeto della nonviolenza va comunicato, non si puo' tenere per se'.
2. RIFLESSIONE. VALENTINA DUCA: UNA POESIA
[Ringraziamo Valentina Duca (per contatti: vale_duca@yahoo.com) per questo
tenerissimo e luminoso contributo. Valentina Duca e' nitida una costruttrice
di pace e una persona amica dolce]
Vi vorrei mandare una poesia.
Parte dall'osservazione degli alberi e di una vecchietta del paesino in
montagna dove sono andata a vivere, che mi insegna a fare le calze in
silenzio, vicino alla stufa.
Parte anche dalla certezza che il futuro e' racchiuso nell'accettazione
della debolezza e del nonpotere, che sono ascolto e silenzio profondo ma non
complice.
Parte dal pensiero che il Vangelo sia racchiuso nei gesti silenziosi da cui
possono nascere le parole vere, piu' che nei crocifissi nelle aule
scolastiche, o nella grandiosita' di una presunta societa' cristiana (?)
occidentale.
... nascosta, c'e' la speranza nonostante tutto...
*
accoglimi
nella tua casa
che ha nome
la Casa del Nonpotere.
non e' neppure scritto
il nome.
accoglimi
cosi' come sono
cosi' come solo potresti accogliermi.
vengo per tornare.
ecco la distesa dell'ascolto.
e' arrivata con pazienza
ed e' un campo arato.
finalmente possiamo guardarci
negli occhi.
attesa nascosta.
sprofondamento delle radici nella
terra.
puf! non c'e' piu'!
distesa di silenzio
espanso
Amore in un guizzo.
nel termine
e'
l'inizio.
qui vivo
con il rannicchiamento che insegna il sottobosco
qui dove l'immobilita'
rende agile il movimento.
debolezza della debolezza della debolezza.
3. APPELLI. CONVENZIONE PERMANENTE DI DONNE CONTRO LE GUERRE: PER UNA
CAMPAGNA EUROPEA CONTRO LA GUERRA
[Dal sito de "Il paese delle donne" (www.womenews.net) riprendiamo questo
appello]
Il 13 dicembre, presso l'ex Hotel Bologna di Roma, dalle ore 14 alle ore 20
si terra' un'assemblea della Convenzione permanente di donne contro le
guerre.
Pubblichiamo il testo base per la discussione.
"La guerra modella gli uomini di cui si appropria" (Christa Wolf, Cassandra)
Nel 1991 la prima guerra del Golfo ruppe brutalmente una sorta di fiducia
nella pace, maturata nei decenni precedenti attraverso le lotte contro il
nucleare, per la pace e per il disarmo. La risposta fu debole, anche perche'
lo sconcerto seguito alla caduta del muro di Berlino e allo sfacelo
dell'impero sovietico lasciava gran parte del popolo di sinistra in grande
difficolta' teorica e pratica.
Allora in Italia fu presa l'iniziativa - da parte del movimento femminista
romano - di indire una manifestazione mista (mai prima organizzata dalle
donne), per chiamare alla protesta tutta la popolazione civile, come
soggetto destinato ad essere vittima delle guerre. Alla manifestazione, che
si svolse al grido di "Fuori la guerra dalla storia", aderirono numerose
associazioni (Arci, Acli, Assopace, Donne in nero, Udi) e la Fiom.
Quel grido e' ancora alla base della nostra riflessione sulla guerra, contro
il militarismo, la distruzione di ogni forma di diritto internazionale, la
messa fuori gioco di qualsiasi istanza internazionale di regolazione dei
rapporti tra stati, come le Nazioni Unite, ormai private di ogni efficacia,
anzi chiamate a fare da copertura alla volonta' di potenza Usa.
Lo rilanciamo in occasione di nuove preparativi di aggressione verso il
popolo irakeno, gia' provato da dieci anni di embargo e in presenza del
tentativo, gia' in atto, di rendere la guerra permanente.
Questo decennio trascorso, durante il quale si sono anche aggravate le
condizioni di poverta', di oppressione, di umiliazione della popolazione
palestinese, e' terminato con l'11 settembre.
Si apre una fase nuova, giunge al culmine il percorso di preparazione di una
guerra infinita, la guerra "per i diritti umani", la guerra "al terrorismo".
Si tratta di una fase aperta nel '99 con la guerra "umanitaria" della Nato
(e dei governi europei di centrosinistra) contro la Serbia e con la
"riforma" della Nato stessa, per giungere, dopo l'attacco alle Torri
Gemelle, alla grande coalizione "contro il terrorismo".
Il "secolo breve" e' finito con l'instaurarsi di un nuovo ordine mondiale,
nel quale l'Occidente e' libero di fare le sue guerre di ingerenza in tutto
il pianeta, distruggendo e bombardando in nome dei suoi "valori", della sua
"democrazia", dei suoi modelli di "civilta'", dei suoi interessi.
Anche la questione cecena, per anni "invisibile" perche' gli Usa avevano
interesse a catturare la Russia nella loro politica di annessione imperiale,
oggi e' stata inserita nella "guerra al terrorismo", in nome della quale
Putin ha ordinato un blitz di inaudita ferocia, emblematico di quello che
saranno le guerre future. Ed oggi siamo quasi nel mezzo di una guerra
preventiva mascherata da una risoluzione dell'Onu, del tutto unilaterale,
come e' unilaterale il Tribunale dell'Aja che ha incriminato Milosevic e
assolto i bombardamenti della Nato.
Ma soprattutto siamo di fronte ad una paralisi dell'Europa, che pure aveva
tentato qua e la' di opporsi.
Noi diciamo: Fuori la guerra dalla storia, fuori l'Europa dalla guerra.
Noi chiediamo che i governi europei e le istituzioni politiche
rappresentative d'Europa dicano no a Bush e non si lascino trascinare in
avventure barbare, inique e costose da ogni punto di vista, che peggiorano
le condizioni di vita delle popolazioni, estendendo miseria, fame, sete,
malattie, orfanezza, migrazioni coatte ecc.
*
Noi chiediamo che, di fronte alle richieste del governo italiano di
appoggiare Bush, i/le parlamentari italiani/e dicano chiaramente no, e
legittimino e appoggino tutte le iniziative volte a rendere impossibile la
partecipazione alla guerra, cosi' come le grandi manifestazioni nel mondo,
ultima e grandissima quella di Firenze, hanno detto un netto e chiaro no
alla guerra senza se e senza ma, senza o con l'Onu.
Il nostro disegno e progetto e' che l'Europa diventi soggetto di pace
intransigente ed attivo nelle relazioni internazionali, inscrivendo nella
sua Costituzione il ripudio della guerra come strumento per dirimere
conflitti e controversie tra i popoli e valorizzando il versante
mediterraneo della sua collocazione geografica per un'attiva politica di
scambio e condivisione con gli altri paesi dell'area.
L'Europa ha gravi problemi politici, economici, sociali e del territorio,
devastato da una continua azione predatoria della natura, dell'ambiente,
dell'acqua: si aggravano le condizioni di vita delle popolazioni, colpite da
iniquita' sociale, in conseguenza delle politiche liberiste dei governi
europei. Se a cio' si aggiungono la grave politica nei confronti dei
movimenti migratori da questo e da altri continenti, la produzione e la
vendita di armamenti, le sempre maggiori riduzioni delle politiche sociali
come scuola, pensioni, sanita', servizi sociali, trasporti pubblici,
ambiente, ci si rende conto che solo una attiva ed espansiva politica
europea che sceglie la pace e ripudia la guerra, che propone soluzioni
politiche e non militari per le questioni e i conflitti esistenti, puo'
contribuire a tenere l'umanita' lontana da una rovinosa corsa verso la
distruzione del pianeta.
In questo senso una scelta europea di "neutralita'" e disarmo, lungi
dall'essere una scelta di tenersi fuori dai conflitti, puo' essere un punto
di forza per aprire le frontiere ai migranti e alle migranti e per proporre
una cittadinanza sociale fondata sul diritto alla convivenza pacifica.
*
Pace e disarmo non sono utopie, sono scelte di ragionevolezza. Noi lanciamo,
come Convenzione permanente di donne contro le guerre, assieme a tutte le
realta' collettive e le persone singole che vorranno unirsi a noi, un
appello di pace:
"Italia, difendi l'articolo 11 della tua Costituzione, Europa resta fuori
dalle avventure militari e opponiti a tutte le guerre.
Il terrorismo non si supera con la guerra, gli squilibri con la guerra si
aggravano, l'imbarbarimento delle relazioni tra stati, popoli, culture,
religioni, generi e persone, e' insieme causa e conseguenza della guerra.
Una politica attiva di pace e' necessaria".
Noi appoggiamo tutte le iniziative volte a sottrarre l'Italia a una
qualsiasi partecipazione a interventi militari, fino alla propaganda per la
diserzione, il diritto di dire no anche se si e' militari volontari,
l'obiezione alla progettazione, costruzione, vendita di armi.
*
Prime firmatarie: Imma Barbarossa, Giusi Di Rienzo, Nella Ginatempo, Monica
Lanfranco, Lidia Menapace.
4. RIFLESSIONE. LIDIA MENAPACE: BREVE NOTA ESPLICATIVA SULLA PROPOSTA DI
"NEUTRALITA' ATTIVA EUROPEA CONTRO LA GUERRA" AVANZATA NELL'APPELLO CHE
PRECEDE
[Anche questa breve nota, allegata all'appello che precede, riprendiamo dal
sito de "Il paese delle donne" (www.womenews.net). Lidia Menapace (per
contatti: menapace@tin.it) e' nata a Novara nel 1924, partecipa alla
Resistenza, e' poi impegnata nei movimenti e nella politica, pubblica
amministratrice, docente universitaria, fondatrice del "Manifesto"; e' tra
le voci piu' significative della cultura delle donne, dei movimenti di pace,
solidarieta', liberazione, della nonviolenza in cammino. La maggior parte
degli scritti e degli interventi di Lidia Menapace e' dispersa in quotidiani
e riviste, atti di convegni, volumi di autori vari; tra i suoi libri cfr. (a
cura di), Per un movimento politico di liberazione della donna, Bertani,
Verona 1973; La Democrazia Cristiana, Mazzotta, Milano 1974; Economia
politica della differenza sessuale, Felina, Roma 1987; (a cura di, ed in
collaborazione con Chiara Ingrao), Ne' indifesa ne' in divisa, Sinistra
indipendente, Roma 1988; Il papa chiede perdono: le donne glielo
accorderanno?, Il dito e la luna, Milano 2000; Resiste', Il dito e la luna,
Milano 2001]
La novita' e' quella di avanzare l'ipotesi di una neutralita' attiva come
forma della politica militare europea: l'Europa pratica il disarmo
unilaterale, vieta progettazione fabbricazione commercio delle armi, esclude
banche che finanziano progettazione fabbricazione e commercio di armi;
colloca sul proprio territorio una rete di protezione civile a tutela degli
equilibri idrogeologici, contro gli inquinamenti, le minacce alla salute e
alla salubrita' dell'aria terra e alimenti; si dota di una rete di servizio
civile per la solidarieta' che non puo' essere assolta individualmente.
Afferma l'esercizio di un addestramento alla difesa popolare nonviolenta.
La novita' di questo progetto e' nella enormita' e importanza del soggetto
che la pratica, cioe' il continente europeo.
Questo squilibra l'imperialismo ormai senza confronti del governo Usa e
cambia i rapporti internazionali nel loro complesso.
5. PROPOSTE. NELLA GINATEMPO: PER LE CAMPAGNE IN EUROPA E LE INIZIATIVE
CONTRO LA GUERRA
[Questa lettera di Nella Ginatempo riprendiamo dal sito di Unimondo
(www.unimondo.org). Nella Ginatempo e' una prestigiosa intellettuale da
tempo particolarmente impegnata contro la guerra]
Carissime/i,
cerco di fare una sintesi delle proposte politiche in campo, in riferimento
alle prossime iniziative contro la guerra.
Circa le campagne su cui avviare un percorso europeo e da proporre nella
riunione del 15 dicembre a Copenhagen, voglio riferirmi a quanto discusso
nella nostra riunione di "Bastaguerra" a Firenze.
C'era un largo consenso sulla necessita' politica di mettere a tema il
disarmo in Italia e in Europa, come prospettiva politica strategica o
direzione di marcia che, in opposizione all'escalation del militarismo
globale, fornisca l'unica possibile alternativa.
Di fronte ai due modelli di Europa presenti in campo (l''europa suddita Nato
di Berlusconi e Blair, o l'Europa della socialdemocrazia col suo autonomo
riarmo e il suo nuovo modello di difesa), il movimento ha richiesto da
Firenze un salto di qualita' nella politica della pace, percio' credo che
rilanciare nelle riunioni europee il tema del disarmo e le campagne a questo
relative, non solo non sia in contrasto con la mobilitazione contro la
guerra all'Iraq, ma anzi fornisca una prospettiva per il ruolo dell'Europa,
per il contesto internazionale sempre piu' orientato verso la "guerra al
terrorismo", per il nostro orizzonte politico come movimento.
E' inutile che ci limitiamo a balbettare che siamo tutti sovversivi se poi
non siamo capaci collettivamente come movimenti europei di fornire una
alternativa alla Nato ed al riarmo europeo e ci limitiamo a subire da
lontano le decisioni di Praga.
L'alternativa alla guerra preventiva non e' solo la grande mobilitazione del
15 febbraio, se nel frattempo si afferma la forza di intervento rapido di
20.000 uomini per le guerre oltreconfine di appoggio agli Usa o tutte le
altre forme di riarmo previste, comprese le nuove spese militari, i nuovi
armamenti e lo scudo spaziale.
A partire dal tema del disarmo le campagne su cui c'e' stata condivisione
nella riunione italiana di "Bastaguerra" sono state: una campagna di
contestazione delle basi militari in Italia e in Europa; una campagna contro
l'economia di guerra con due branche (produzione di armi e armamenti, banche
armate); una campagna contro lo Stato militarista, dunque contro le spese
militari, e per lo Stato sociale.
Circa il punto dell'economia di guerra e' senz'altro da appoggiare la
proposta di costruire un gruppo di lavoro, a partire dall'Italia ( proposta
di Walter di itinerario smilitarista) che costruisca una mappa delle
fabbriche di armamenti per costruire una futura campagna per la
riconversione delle produzioni belliche ad uso civile. Lo stesso gruppo di
lavoro si puo' proporre in sede europea.
Circa le banche armate, la proposta in Italia e' stata tematizzata, se non
ancora praticata, da piu' parti: ricordo Attac, Lilliput, la Convenzione di
donne contro le guerre e i Disobbedienti, ma la cosa si potrebbe estendere,
se minimamente coordinata, a tante altre associazioni e settori e non
sarebbe male cominciare a presentare questo tema in Europa, anche per vedere
meglio a che punto sono gli altri.
Circa le spese militari, mi pare un cardine delle politiche per un'altra
Europa e penso che i sindacati europei dovrebbero essere interessati e
coinvolti, come dice Piero, anche in prospettiva della piattaforma per un
eventuale (?) sciopero generale.
Circa le mobilitazioni in Italia, mi sembra importantissimo che partiamo da
subito con una campagna di informazione e comunicazione sui veri motivi
della guerra in Iraq, sul nesso guerra preventiva e globalizzazione,
attraverso iniziative capillari di assemblee, volantinaggi, tende per la
pace e tutto quello che e' utile, se vogliamo arrivare a produrre per il 15
febbraio la manifestazione del secolo.
Ma cominciamo dal 10 dicembre: le fiaccolate di Emergency (con la Tavola per
la pace e Lilliput) per la giornata dei diritti umani sono un momento
significativo per la nostra partecipazione e per diffondere il diritto alla
pace ed il no alla guerra. Su questo mandero' come contributo uno schema di
volantino per il 10 dicembre.
Rimane inteso che se scoppia la guerra a dicembre (come dice Scott Ritter e
come dicono in molti) le cose da fare immediate sono due:
a) mobilitazioni in tutte le realta' locali entro le prime 24 ore,
preferibilmente davanti ai luoghi simbolici "di guerra" (ambasciate,
consolati, basi militari, multinazionali degli armamenti);
b) manifestazione nazionale a Roma nel sabato immediatamente successivo.
Dopo Firenze le nostre responsabilita' collettive si sono accresciute
rispetto al mondo, ma siamo anche piu' forti...
Cari saluti,
Nella Ginatempo
6. RIFLESSIONE. PAOLA MELCHIORI: TURBAMENTO E APERTURA
[Dal sito del "Paese delle donne" (www.womenews.net) riprendiamo anche
questo intervento di Paola Melchiori che ci pare ponga questioni
ineludibili. Paola Melchiori e' impegnata nel movimento femminista, per la
pace, per la globalizzazione dei diritti]
Sono stata molto contenta, dopo Firenze, se non fossi poi piombata troppo
presto nella percezione della sproporzione dei nostri "poteri".
Ognuno/a vorrebbe essere e sentirsi parte "piena" di quell'incontro di
lingue, correnti di pensiero, scambi di idee, proposte, che e' stato il
Forum sociale europeo. Per non parlare poi della manifestazione, tanto piu'
che mai come questa volta, e finalmente, il messaggio di nonviolenza e
volonta' costruttiva e' stato cosi' limpido.
Torno dagli Usa, dove e' stata estesa da qualche giorno anche ai cittadini
americani la legge secondo la quale si puo' tenere in prigione una persona
per 272 giorni senza che possa telefonare ad alcuno e senza che gli sia
notificato il perche'.
Qui sappiamo cosa sta succedendo. Si stanno muovendo i primi passi verso
qualcosa del genere.
Ma non e' questa la ragione piu' profonda della "difficolta' della
contentezza", dell'esitazione che la percorre.
Partecipo da molto tempo al lavoro di elaborazione e scambio che e'
finalmente diventato massa e visibilita' e che, e' bene ricordarlo, e'
iniziato almeno da una ventina d'anni.
Da Seattle in poi ho sempre pensato che questo e' il nuovo orizzonte e il
solo che abbiamo intorno e nel futuro.
Partecipo da ex sessantottina non pentita e da femminista, sapendo che il
nostro movimento di donne ha pescato troppo "a fondo" negli equilibri
dell'essere umano per poter diventare, per quanto si sia esteso moltissimo,
altrettanto "popolare".
Ci vado pero' con la malinconia di chi ha percepito, proprio man mano che il
movimento si estendeva, tanto il desiderio di condivisione quanto la leggera
estraneita' di chi vede ancora una volta sparire dei contenuti che proprio
in quella sede potrebbero e dovrebbero avere spazio e senso senza doversi
aprire un varco a fatica. E sente che deve "offuscare" con un pezzo di
estraneita' anche uno tra i pochi momenti in cui si raggiungono obiettivi
preparati con anni di lavoro. Potremmo dire che molti contenuti, molte
modalita' di organizzazione sono fortunatamente diventati parte di un modo
piu' generale di lavorare e di dibattere.
Il movimento dei movimenti e' oggi un movimento propositivo, che in gran
parte rifiuta ormai con calma decisione la violenza, che si propone
alternative e proposte, che pratica una democrazia diffusa e dal basso
capace di tenere insieme grandi diversita'.
Un movimento che sta integrando sempre piu' attitudini fondamentali come una
ricerca attiva e vera e pratica dell'idea di una attenzione al futuro, di
uno sviluppo in cui la sostenibilita' implica in primo luogo l'integrazione
delle responsabilita' necessarie e del senso del limite.
Avendo preparato con altre un workshop di donne, di femministe, sia a Porto
Alegre che a Firenze, non e', non e' stata la pur ridicola presenza numerica
di donne in posizione di visibilita' e di propositivita' sia a Porto Alegre
che a Firenze (tecnicamente: nelle numerosissime plenarie) a turbarmi.
E' piuttosto l'invisibilita', la irrilevanza di una analisi o quantomeno
della percezione della sua necessita' che mi ha turbato.
Il femminismo e' ancora molto poco visibile, ma ripeto non solo perche' a
poche donne e' data parola autorevole. Lo e' perche' non c'e' nelle analisi
e nelle pratiche la' prevalenti.
Penso che noi femministe, che abbiamo cambiato noi stesse, la percezione
della nostra condizione e insieme reso visibile degli aspetti occulti e
attivi nel tessuto sociale, abbiamo in quel movimento uno spazio
fondamentale da coprire, potrei dire che e' lo spazio di una antropologia e
di una proposta piu' profonda di democrazia.
Mettere la relazione tra i sessi al fondo e al centro della politica non e'
una cosa facile, neanche noi spesso riusciamo a rendere visibili nessi
occulti occultati e confusi con la naturalita' di meccanismi che naturali
non sono.
Ma questi nessi analitici sono fondamentali per capire molte delle cose di
cui si parla al Forum sociale europeo: fenomeni come il militarismo, la
cecita' dei poteri alle conseguenze delle loro scelte, l'avidita', la
perseveranza nell'autodistruzione di una civilta' intera.
Non possiamo confonderci oltre un certo limite con un movimento che amiamo
senza perdere "anche" un lavoro di anni.
Non possiamo fare della presenza delle donne di nuovo la questione
femminile, uno dei capitoli sociali del movimento.
Se e' vero che le donne sono nella globalizzazione le piu' povere e le piu'
colpite, e' assolutamente necessario che vediamo le proposte fin qui da loro
fatte.
Sono proposte di analisi che ridefiniscono il terreno di lavoro e le
pratiche organizzative.
Di momenti meno formali e piu' di discussione ce n'e' un bisogno estremo nei
social forum, a Firenze come a Porto Alegre.
Perche' la forma organizzativa oggi in uso, che pure e' una conquista,
permette la convivenza delle diversita' ma non permette una interazione a
fondo, una articolazione conflittuale e di confronto, e' un momento
dimostrativo e poco elaborativo.
Cio' a cui dobbiamo lavorare e' a un contributo sostanziale alla visione
delle cose e alla concezione della democrazia ancora tutto da costruire.
7. APPELLI. UNA LETTERA APERTA A TUTTI I PARLAMENTARI DI RIFLESSIONE SUL
DIGIUNO DI ALBINO BIZZOTTO
[Il Centro di ricerca per la pace di Viterbo ha diffuso ieri questa lettera
aperta a tutti i parlamentari]
Un digiuno che ci e vi interpella
- a inverare e finanziare l'impegno per legge assunto da anni e fin qui
totalmente disatteso per la difesa popolare nonviolenta;
- a costruire una legge finanziaria che promuova pace e diritti anziche' gli
apparati e le scelte di guerra e di morte.
Egregi signori,
vorremmo segnalarvi un'iniziativa dalla quale ci sentiamo interpellati.
Don Albino Bizzotto, il sacerdote cattolico infaticabile animatore di tante
iniziative nonviolente di solidarieta' e per la pace, e' da nove giorni
impegnato in un digiuno, essendovi subentrato al posto di padre Angelo
Cavagna, altra luminosa figura di operatore di pace e di riconciliazione,
che per tre settimane si era astenuto dagli alimenti.
Don Albino, animatore dell'esperienza nonviolenta dei "Beati i costruttori
di pace", padre Angelo Cavagna, presidente dell'associazione umanitaria di
volontariato Gavci, e con loro tante e tanti che hanno preso parte per
periodi di tempo piu' limitati a questo digiuno, testimoniano cosi'
l'esigenza che si dia esecuzione all'impegno assunto gia' da anni dalla
legislazione italiana di sperimentare e promuovere la difesa popolare
nonviolenta come alternativa alla guerra (legge 8 luglio 1998, n. 230,
articolo 8, comma secondo, lettera e); e che si scelga gia' dalla legge
finanziaria in questo periodo all'esame del parlamento di finanziare
piuttosto la pace e i diritti anziche' gli apparati e le scelte di guerra e
di morte.
Anche noi ci associamo a questa speranza, alla segnalazione di questa
esigenza.
E vorremmo chiedere anche a voi una riflessione in merito.
E' nelle mani del parlamento decidere se finanziare ed avviare l'esperienza
e la prospettiva della difesa popolare nonviolenta.
E' nelle mani del parlamento decidere se finanziare la pace e i diritti
umani anziche' gli apparati di guerra.
Il digiuno di tante persone a noi care e' una testimonianza. Voi avete il
potere di prendere una decisione. Possiate essere saggi.
8. INIZIATIVE. PER L'ABOLIZIONE DEI CAMPI DI CONCENTRAMENTO
[Dal bellissimo sito di "Femmis" (www.femmis.org) riprendiamo questa
notizia]
Saranno presenti marciando dietro lo striscione con la scritta "Cittadine
del mondo".
Le donne native e migranti di Torino, impegnate nei gruppi, nelle
associazioni, nei partiti, nei sindacati e nei movimenti, aderiscono cosi'
alla manifestazione "Ne' qui ne' altrove" contro la legge Bossi-Fini e
contro i Centri di detenzione temporanea (Cpt), che si terra' a Torino
sabato 30 novembre.
L'iniziativa, indetta dal Tavolo migranti dei social forum, intende
coinvolgere gruppi e associazioni a livello nazionale in particolare contro
i Cpt: "gabbie per uomini e donne, colpevoli di esistere. Persone che non
hanno commesso alcun reato: giudicate colpevoli di aver varcato dei confini,
di cercare una possibilita' di vivere, di vivere meglio, di scegliere
liberamente dove vivere".
9. APPELLI. UN APPELLO DI GIURISTI DEMOCRATICI
[Dall'utilissimo sito di Unimondo (www.unimondo.org) riportiamo questo
appello dell'Associazione studi giuridici sull'immigrazione (Asgi) e del
Coordinamento nazionale dei giuristi democratici, ivi preceduto dalla
seguente presentazione: "La Bossi-Fini introduce la possibilita' di
arrestare il migrante che si trattiene nel territorio italiano "senza
giustificato motivo". Sottolineando l'incostituzionalita' di questa pratica,
l'Asgi e il Coordinamento Nazionale dei Giuristi Democratici lanciano un
appello". Da parte nostra vorremmo aggiungere l'opportunita' ed anzi la
necessita' di diffuse e incalzanti iniziative democratiche pubbliche per
sostenere la richiesta di un rapido pronunciamento della Corte
Costituzionale cui gia' da tempo il Tribunale di Viterbo ha rimesso la legge
Bossi-Fini affinche' si accerti e dichiari la sua incostituzionalita' e sia
conseguentemente abrogata ove essa palesemente confligge con la Costituzione
della Repubblica Italiana]
All'Associazione nazionale magistrati
All'Unione delle camere penali italiane
La legge 189/2002 (cosiddetta "Bossi-Fini") ha introdotto una nuova
contravvenzione all'art. 14 comma 5 ter del Dlgs 286/1998 ("Lo straniero che
senza giustificato motivo si trattiene nel territorio dello Stato in
violazione dell'ordine impartito dal questore ai sensi del comma 5 bis e'
punito con l'arresto da sei mesi ad un anno") e con l'introduzione del comma
5 quinquies ha stabilito che "Per i reati previsti ai commi 5 ter e 5 quater
e' obbligatorio l'arresto dell'autore del fatto e si procede con rito
direttissimo".
All'arresto dello straniero consegue la sua liberazione, non essendo
applicabile alcuna misura cautelare per la contravvenzione.
Che la previsione contenuta nell'art. 14 comma 5 quinquies sia di dubbia
legittimita' costituzionale ci pare evidente, ma quello che vogliamo
segnalare e' un problema sorto nell'applicazione di queste norma.
In forza dell'art. 121 disp. att. c.p.p. il Pubblico Ministero, appresa la
notizia dell'arresto per la contravvenzione, deve disporre con decreto
motivato che l'arrestato sia posto immediatamente in liberta' perche' non
richiedera' l'applicazione della misura cautelare.
E' invalsa la prassi di disapplicare questa norma, far mantenere in stato
d'arresto lo straniero, richiedere la convalida al Giudice monocratico e
lasciare che sia quest'ultimo a disporre la liberazione dell'arrestato al
termine dell'udienza e prima di procedere con rito direttissimo.
La prassi, che ci consta essere generalizzata, determina la prosecuzione
della privazione della liberta' personale ben oltre i termini dovuti e
consentiti.
Non sappiamo se questo sia frutto di un'ignoranza delle norma, di mere
esigenze burocratiche e di organizzazione degli uffici, o di una precisa
scelta di politica giudiziaria.
Sappiamo, pero', che l'art. 13 della Costituzione e' per i magistrati, gli
avvocati e tutti i cittadini qualcosa di piu' di una semplice norma.
E' per questo che chiediamo all'Associazione Nazionale dei Magistrati di
sensibilizzare i propri aderenti al rigoroso e puntuale rispetto dell'art.
121 disp. att. c.p.p., norma che rende il Pubblico Ministero garante della
liberta' personale del cittadino.
E' per questo che chiediamo all'Unione delle Camere Penali di sostenere
questo nostro appello al rispetto delle garanzie dei cittadini.
10. RIFLESSIONE. ENRICO PEYRETTI: NELLA GIORNATA DEL DIALOGO
CRISTIANOISLAMICO
[Da una lettera personale di Enrico Peyretti (per contatti:
peyretti@tiscalinet.it) stralciamo questa intensa meditazione. Enrico
Peyretti e' uno dei piu' lucidi e tenaci costruttori di pace e di
nonviolenza nel nostro paese]
Io penso che se anche non sapessimo nulla di Dio, se anche noi che ci
diciamo credenti non avessimo ascoltato nulla che ci parla di lui, dovremmo
riconoscere colui che chiamiamo Dio in questa vita spirituale, in questo
soffio vitale, piu' vivo di noi, che palpita in ogni cuore che sia di carne
e non di pietra.
Leggevo stamattina in Malachia (2,15): noi siamo "carne in cui e' spirito".
Parola senza confini, spirito: e' solo una parte di noi, finita come noi? o
e' presenza in noi dell'infinito? C'e' il mio spirito e il tuo, o c'e' uno
spirito comune? Ogni risposta rispetti l'altra, e saremo nella pace.
11. RIFLESSIONE. PAX CHRISTI DI VERONA: NELLA GIORNATA DEL DIALOGO
CRISTIANOISLAMICO
[Ringraziamo Sergio Paronetto (per contatti: paxchristi_paronetto@yahoo.com)
per averci inviato questo intervento. Sergio e' impegnato nel movimento di
Pax Christi, una delle piu' rilevanti esperienze nonviolente in Italia e nel
mondo]
Cari amici,
in occasione della Giornata del dialogo cristiano-islamico, stiamo
diffondendo questa lettera ai credenti in Allah. E' una rielaborazione
aggiornata del bel testo presentato lo scorso anno da don Alberto Vitali
subito dopo l'attacco all'Afghanistan.
Shalom, Salam,
Sergio
*
Carissimi fratelli e sorelle che invocate Dio con il nome di Allah,
in questi mesi dolorosi per tante vittime innocenti negli Stati Uniti e in
Afghanistan, in Asia, in Africa, in Medio Oriente, in Palestina, in tante
altre localita', e alla vigilia della guerra "immorale e illegale" contro
l'Iraq, vogliamo esprimervi la nostra solidarieta' e il nostro affetto per i
gesti e le parole di intolleranza e di persecuzione che si sono sollevate
contro di voi.
In questa Giornata di ascolto della Parola e di preghiera, ricordiamo il
digiuno cristiano-islamico del 14 dicembre 2001, l'incontro ad Assisi delle
religioni per la pace (24 gennaio 2002) e la "Consultazione internazionale"
di Ginevra promossa da molte personalita' cristiane e islamiche (18 ottobre
2002).
Ad Assisi, dove aleggiava la presenza di San Francesco, profeta universale
della pace, e' stata celebrata la molteplicita' di doni, propri di diverse
culture, tradizioni e fedi, chiamate a cooperare, nel dialogo, per
l'arricchimento e la gioia di tutti.
E', soprattutto, come credenti nel Dio di Abramo che ci rivolgiamo a voi:
figli tutti amatissimi del Dio della vita e della storia, non possiamo non
amarci e vivere come fratelli!
E' urgente superare ferite e incomprensioni, annidate nel nostro comune
passato, per collaborare alla costruzione di un mondo rinnovato e
nonviolento in cui possano coabitare la pace, la giustizia, il perdono, e in
cui Dio possa essere invocato e benedetto da tutti i suoi figli liberi.
Giornate come questa sembrano le "feste del Padre".
Cosi' parlava, a volte, don Tonino Bello, gia' vescovo di Molfetta e
presidente di Pax Christi Italia.
"Si', perche' al Signore nostro Dio non era forse mai capitato di vedere i
suoi figli sulla terra che, pur chiamandolo con nomi diversi, gli si fossero
rivolti tutti insieme per chiedere qualcosa. Aveva sempre dovuto ascoltarli
in separata sede. Non di rado, nascondendo agli uni gli appuntamenti segreti
avuti con gli altri, per non suscitare gelosie. E non e' infondato il
sospetto che, se alle richieste dei figli (compresa quella della pace) non
ha risposto con la generosita' che gli e' congeniale, forse e' perche' l'ha
trattenuto il pudore del padre che vuole essere giusto con tutti, ma che
teme di essere accusato di particolarita' verso qualcuno. Ora, finalmente,
se li vede arrivare tutti insieme. Si sono messi d'accordo almeno su una
cosa: chiedere al Padre che sia Lui a metterli d'accordo".
Ed e' al Padre comune, Eterno Amore, che ancora ci rivolgiamo, per
chiederGli luce e sapienza necessarie per affrontare il tormento di questo
difficile periodo.
Nel mondo ormai diventato villaggio globale non bastano nemmeno rapporti di
buon vicinato o di normale ėtolleranza". E' giunto il momento di riconoscere
i doni che Dio ha distribuito tra tutti i suoi figli e le sue figlie, nostri
fratelli e nostre sorelle.
Noi rendiamo omaggio alle nobili tradizioni islamiche, auspicando che
dall'incontro di esse con le culture laiche occidentali e con il messaggio
di Gesu' Cristo "nostra pace" possa emergere un'unita' plurale e
l'assunzione senza riserve, da parte di tutti, della Dichiarazione
universale dei diritti umani per aprire nuovi comuni percorsi di pace e di
convivialita'.
12. INCONTRI. RESOCONTO DEL WORKSHOP FIORENTINO SUI CORPI CIVILI DI PACE
[Dal Centro studi difesa civile (per contatti: tel. 068419672, e-mail:
pacedifesa-roma@mediazioni.org) riceviamo e diffondiamo]
Gestione costruttiva dei conflitti, Parlamento Europeo, Alexander Langer,
riconciliazione, scarsita' di risorse. Queste alcune delle parole chiave
emerse dall'introduzione del prof. Alberto L'Abate al workshop dello
European Social Forum di Firenze sui Corpi Civili di Pace, lo scorso 8
novembre.
Il workshop, organizzato dall'Associazione per la Pace e dal Centro Studi
Difesa Civile (Csdc), ha mirato, nelle parole del conduttore Alessandro
Rossi, "a rafforzare la rete di individui e organizzazioni che cercano di
aumentare gli spazi per la gestione nonviolenta dei conflitti, in un circolo
virtuoso che parta dalla ricerca e passi per la formazione, l'intervento dal
basso sia locale che internazionale e arrivi a trovare anche uno spazio
istituzionale".
Proprio partendo dal caso paradigmatico del Kossovo, L'Abate ha riassunto i
punti deboli del movimento per la pace, ripresi e completati nel dibattito
che ne e' seguito e che ha visto coinvolti partecipanti, molti del mondo
associativo (Berretti Bianchi, Mir, Rete Lilliput e altre) e universitario
(ad esemio diversi partecipanti a corsi di laurea sulla pace e la
cooperazione).
In sintesi, i limiti principali affrontati sinora da chi si batte per
l'intervento civile nei conflitti sono stati individuati nelle poche risorse
per passare dalla pur giusta analisi della situazione (la Campagna Kossovo
era sul campo per prevenire il conflitto armato sin dal '92) a un intervento
efficace; nella mancanza di coordinamento sufficiente per incidere sul
livello; in una ancora scarsa efficacia della comunicazione, ancora troppo
segnata da accenti negativi.
Ma dal dibattito sono emersi anche i segni di speranza e alcune piste di un
possibile lavoro comune.
Intanto, i coordinamenti internazionali per organizzare meglio la societa'
civile che interviene in modo costruttivo dei conflitti:
1. lo European Network of Civil Peace Services, il coordinamento europeo dei
"servizi civili di pace", che mantiene vivo lo scambio tra le esperienze di
intervento civile dal basso e della relativa formazione, e che mira a un
progetto comune a Cipro il prossimo anno;
2. la European Platform for Conflict Prevention and Transformation, una
grande piattaforma europea che raccoglie circa ducento organizzazioni e che
mira, grazie a un forte peso accademico, anche a influenzare le politiche
europee in materia;
3. la Nonviolent Peace Force, lanciata nel 1999 in occasione dell'Appello
mondiale per la pace (in cui centinaia di organizzazioni si sono date
l'obiettivo di rendere la guerra alla fine del XXI secolo uno strumento
obsoleto) e che mira a organizzare indipendentemente dalla disponibilita' di
fondi pubblici un corpo di intervento civile nei conflitti; la nascita
ufficiale a livello mondiale dell'organizzazione avverra' a fine mese in
India e l'Italia sara' rappresentata dal prof. Francesco Tullio (presidente
onorario del Csdc).
Se a cio' aggiungiamo le battaglie nelle istituzioni europee per i Corpi
Civili di Pace e per una coerente politica dell'Unione Europea per la
prevenzione dei conflitti armati (per la quale ora la Commissione ha propri
uffici), di vie da percorrere per un lavoro comune ce ne sono molte.
In questo spirito il coordinamento italiano "Verso i Corpi Civili di Pace"
ha fissato per il prossimo marzo una conferenza che faccia nascere
ufficialmente il forum italiano per i corpi civili. E su questo appuntamento
i partecipanti al workshop si sono esercitati in lavori di gruppo che hanno
prodotto tre ipotesi di "comunicati stampa". E non possiamo chiudere che con
una frase tratta da una di loro : "Un'alternativa alla guerra e' possibile.
Ciascuno di noi puo' fare qualcosa".
13. RIFLESSIONE. PEPPE SINI: DOPO GLI ULTIMI ATTENTATI
Ogni notte leggo le lettere dei miei amici nonviolenti dell'Operazione
Colomba dalla Palestina: dicono le vessazioni, le umiliazioni, le uccisioni
di cui e' vittima il popolo palestinese, di cui sono testimoni lucidi e
limpidi, impotenti e straziati, sguardo e voce addolorati. E piango.
Ogni volta che sento la radio aspetto di essere trafitto dalla notizia di
altri attentati terroristici, e so che i miei amici in Israele ogni giorno
che loro e i loro cari escono da casa si chiedono se torneranno piu'; e mi
diceva un amico di quel genitore che fa andare a scuola i suoi due bambini
con due autobus diversi nel terrore che un attentato gliene uccida uno e
nella disperata speranza che mandandoli su due autobus distinti almeno uno
dei suoi figlioletti gli resti in vita.
Ed ogni giorno tremo per i miei amici palestinesi, per i miei amici
israeliani, per i miei amici dell'una e dell'altra diaspora, quella di
duemila anni e quella da meno di un secolo.
E vedo montare di nuovo furioso anche qui in Italia un duplice feroce
razzismo: l'odio e il disprezzo del bianco europeo per l'arabo, per il
musulmano, per la donna e per l'uomo del sud del mondo; e l'odio antisemita,
il pregiudizio e la persecuzione antiebraica.
Cosi' non sono disposto ad ammettere le mezze verita' ipocrite ed i
giustificazionismi infami della violenza.
Chi non piange per le vittime degli attentati antisraeliani ed antiebraici,
cosi' come chi non piange per le vittime palestinesi dell'occupazione e
delle rappresaglie, allo stesso modo, senza esitazioni e senza distinguo,
non voglio neppure sentirlo parlare.
Poiche' quel che e' indispensabile e' spezzare la catena della violenza, la
spirale del terrore, la violenza che altra violenza genera. E per questo
occorre essere a un tempo solidali col popolo di Palestina e col popolo di
Israele, e con le due diaspore, quella ebraica per la quale Israele ha un
valore grande e incontestabile, e quella palestinese per la quale la nascita
dello stato di Palestina ha un valore ugualmente grande e incontestabile.
Israele va verso decisive elezioni politiche: occorre che il governo
criminale di Sharon le perda. Lo dico con chiarezza: occorre aiutare il
candidato laburista a sconfiggere Sharon alle elezioni.
A sua volta l'Autorita' nazionale palestinese ha preso impegno ad un
rinnovamento, estensione e consolidamento democratico nelle sue
rappresentanze istituzionali, occorre che cio' vi sia, e favorisca la fine
di ambiguita' e processi autoritari e degenerativi che pure abbiamo visto
esservi.
Ma perche' vinca "il fronte della coscienza" (Martin Luther King) sia in
Israele che in Palestina, perche' vincano le donne e gli uomini che vogliono
la pace, la giustizia e la riconciliazione in ambedue i paesi, occorre che
tutti, e dico tutti, a partire dal pover'uomo senza potere che sono io,
facciamo quanto e' in nostro potere per aiutarli.
E facciamo quanto e' in nostro potere per combattere contro il razzismo
antiarabo e contro il razzismo antiebraico, contro tutti i razzismi;
facciamo quanto e' in nostro potere per combattere contro tutti i
terrorismi, siano essi di singoli, di gruppi, di stato; facciamo quanto e'
in nostro potere per sostenere il campo della pace in Palestina ed in
Israele.
Se qualcuno pensasse di poter aiutare il popolo palestinese senza aiutare il
popolo di Israele, diciamogli che e' un imbecille e un mascalzone, ed
invitiamolo a ravvedersi poiche' con la condotta sua aiuta la guerra e il
terrore.
Se qualcuno pensasse di poter aiutare il popolo israeliano senza aiutare il
popolo di Palestina, diciamogli che e' un imbecille e un mascalzone, ed
invitiamolo a ravvedersi poiche' con la condotta sua aiuta la guerra e il
terrore.
Ogni solidarieta' unilaterale non e' una mezza solidarieta', e' una
complcita' intera con gli assassini di una parte e dell'altra.
O con la forza della nonviolenza la pace vince in Medio Oriente, o il mondo
intero e' condannato alla catastrofe.
14. APPELLI. EBREI D'EUROPA PER LA PACE: CONTRO L'OCCUPAZIONE, PER UNO STATO
PALESTINESE
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 29 novembre 2002 riprendiamo questo
appello, che il quotidiano presenta con queste parole: "Pubblichiamo
l'appello congiunto di nove gruppi di Ebrei per la pace per la "Giornata
dell'Onu di solidarieta' con la Palestina", che sara' consegnato da
delegazioni dei firmatari alle rappresentanze di Nazioni Unite, Usa, Unione
Europea, Russia, Israele ed Autorita' Nazionale Palestinese"]
Contro l'occupazione, per uno stato palestinese.
Noi, rappresentanti di nove gruppi europei di ebrei per la pace, esprimiamo
la nostra solidarieta' con il popolo palestinese nel perseguire la creazione
di uno Stato nei territori occupati.
Nei 35 anni trascorsi da quando Israele ha conquistato i territori occupati
nel 1967, ha tentato di modificarne la composizione demografica, attraverso
l'occupazione e progressiva creazione di insediamenti; questo costituisce
una violazione delle risoluzioni del consiglio di sicurezza dell'Onu n. 242,
338 e 465. Attualmente esistono 157 insediamenti con una popolazione di
385.000 israeliani in Cisgiordania, nella striscia di Gaza e Gerusalemme
Est. (...) gli insediamenti israeliani, le terre interdette, le strade di
collegamento ed altra terra controllata dall'esercito israeliano,
comprendono il 56% dell'area. (...).
Durante i governi laburisti di Rabin e Peres (1992-1996) e perfino di Barak
(1999-2001), Israele ha compiuto comunque passi verso l'accettazione di uno
Stato palestinese nell'ambito del processo di Oslo. Tuttavia i governi del
Likud di Netanyahu (1996-1999) e ora di Sharon hanno invertito questo
processo.
Sharon ha pubblicamente ripudiato il processo di pace, sia prima che dopo
l'assunzione dell'incarico di premier.
La vita quotidiana per il popolo palestinese e' diventata insopportabile.
Attacchi contro civili israeliani da parte di estremisti palestinesi non
possono essere giustificati, ma essi sono il risultato della lunga
occupazione, dell'espansione degli insediamenti e della frustrazione causata
dalle rinnovate prevaricazioni israeliane sotto Sharon. I movimenti
anti-colonialisti hanno sempre avuto i loro estremisti. Le risposte del
governo israeliano comprendono "esecuzioni mirate", con l'uccisione di molte
persone innocenti e punizioni collettive come la distruzione delle case.
Entrambi violano la quarta convenzione di Ginevra sulla protezione dei
civili sotto occupazione. I palestinesi sono sottoposti a lunghi periodi di
coprifuoco ed ai checkpoint che impediscono loro lo svolgimento delle
normali attivita'. Il circolo vizioso non finira' finche' dura
l'occupazione.
Affinche' ci sia giustizia e sicurezza sia per il popolo palestinese che per
il popolo israeliano:
- Chiediamo al governo israeliano di riavviare significative trattative con
l'Anp per la creazione di uno Stato palestinese basato sui confini del 4
giugno 1967 con una continuita' territoriale e pieno controllo delle proprie
risorse. Cio' richiede: la fine dell'occupazione di Cisgiordania, Gaza e
Gerusalemme Est; il ritiro da tutti gli insediamenti ebraici in questi
territori o il ritiro dalla maggioranza degli insediamenti con un equo
scambio di territorio per concordare il mantenimento di alcuni insediamenti
adiacenti al territorio israeliano; il riconoscimento del diritto per
entrambi i popoli di avere Gerusalemme come propria capitale.
- Chiediamo a Israele di mettere fine alle "esecuzioni mirate" ed a tutte le
forme di punizione collettiva. Chiediamo all'Anp di fare ogni sforzo per
prevenire gli attacchi contro israeliani.
- Chiediamo ad Israele di riconoscere la propria responsabilita' nella
creazione del problema dei profughi palestinesi ed il torto storico commesso
nei confronti del popolo palestinese. E ai ai Paesi arabi di riconoscere di
aver contribuito alla perpetuazione di questo problema. La soluzione del
problema dei profughi puo' esserci solo attraverso un accordo tra le due
parti basato su un compromesso equo, pratico e costruttivo che assicuri
giustizia per tutti e comprenda il risarcimento per tutti i profughi creati
da questo conflitto.
- Chiediamo alla comunita' internazionale, in particolare a Usa ed Europa,
un appoggio politico e finanziario.
- Chiediamo al "quartetto" costituito da Onu, Usa, Ue e Russia di fare
pressioni sul governo israeliano e sull'Anp per applicare queste
risoluzioni.
Come ebrei siamo fortemente legati allo Stato di Israele e sentiamo il
dovere di pronunciarci contro l'ingiustificabile comportamento di Israele
nei territori occupati. Ci rivolgiamo al popolo palestinese, perche'
crediamo che lavorando insieme entrambi i popoli possano raggiungere
giustizia, sicurezza ed uguaglianza.
*
Union des Progressistes Juifs de Belgique (UPJB), Belgio; Union Juive
Francaise pour la Paix (UJFP), Francia; An Other Jewish Voice (EAJG: Een
Ander Joods Geluid), Olanda; Rete Ebrei contro l'occupazione, Italia; Jews
for Israeli-Palestinian Peace (JIPF) Svezia; International Jewish Manifesto,
Svezia; Juedische Stimme fuer einen gerechten Frieden zwischen Israel und
Palaestina, Svizzera; Jews for Justice for Palestinians, UK; New Outlook,
Danimarca.
15. RILETTURE. MIGUEL ASIN PALACIOS: DANTE E L'ISLAM
Miguel Asin Palacios, Dante e l'Islam, Pratiche, Parma 1993, Est, Milano
1997, pp. XXVIII + 692, lire 26.000. Per molti aspetti una delle letture
piu' affascinanti nei nostri vagabondaggi di passionali cultori di studi
danteschi.
16. RILETTURE. MARTIN BERNAL: ATENA NERA
Martin Bernal, Atena nera, Pratiche, Parma 1991, Est, Milano 1997, pp. XXX +
674, lire 25.000. Un giustamente celebre saggio su "le radici afroasiatiche
della civilta' classica".
17. RILETTURE. MARIELLA LORIGA: L'IDENTITA' E LA DIFFERENZA
Mariella Loriga, L'identita' e la differenza, Bompiani, Milano 1980, pp.
162. La trascrizione di un ciclo di "conversazioni a Radiotre su donne e
psicoanalisi". Di grande interesse.
18. RILETTURE. ROSSANA ROSSANDA: LE ALTRE
Rossana Rossanda, Le altre, Bompiani, Milano 1979, pp. 240. La trascrizione
di una serie di "conversazioni a Radiotre sui rapporti tra donne e politica,
liberta', fraternita', uguaglianza, democrazia, fascismo, resistenza, stato,
partito, rivoluzione, femminismo", una lettura nutriente come un pane (e
parafrasando Raniero Panzieri quando diceva che vedendo L'eccezione e la
regola di Brecht ti veniva voglia di saltare sul palco per fermare la
recitazione ed intervenire nella discussione dei temi proposti, analogamente
qui a ogni passo interrompi la lettura ed entri nel dialogo svolgendo e
riavvolgendo idee e obiezioni, piste nuove a ogni passo trovando).
19. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.
20. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti, la e-mail e': azionenonviolenta@sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben@libero.it;
angelaebeppe@libero.it; mir@peacelink.it, sudest@iol.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it. Per
contatti: info@peacelink.it
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO
Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it
Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio
con richiesta di rimozione a: nbawac@tin.it
Numero 431 del 30 novembre 2002