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Allarme uranio in Afghanistan




Allarme uranio in Afghanistan
Le prime analisi svolte sulla popolazione civile mostrano livelli notevolmente 
superiori alla norma di uranio. 
E forse si tratta di uranio, non uranio impoverito. 



E' passato circa un anno da quando la tempesta di bombe della "liberta' 
duratura" si e' abbattuta sull'Afghanistan, e cosi' come gia' successo in 
Iraq, Bosnia e Kosovo la verita' sul tipo di armi utilizzate dagli Stati 
Uniti e dai loro alleati comincia ad emergere solo ora, quando l'attenzione 
dell'opinione pubblica si e' spostata su un'altra imminente guerra.

Approffittando del fatto che le operazioni militari si svolgevano in un paese 
in tutti i sensi lontano, durante e dopo la guerra non e' passata 
praticamente nessuna informazione indipendente sugli effetti dei 
bombardamenti, ne' in termini di vittime civili ne' sul possibile uso di armi 
di distruzione di massa. 
Al tempo stesso le risposte dei portavoci militari e politici sono sempre 
state evasive, se non palesemente false, sul tipo di armi che venivano 
utilizzate.

Le preoccupazioni maggiori riguardavano le bombe ad elevata penetrazione, 
concepite allo scopo di distruggere bunker in profondita', che spesso montano 
testate con uranio impoverito per acquisire maggiore peso e penetrazione; 
anche le cosiddette "bombe intelligenti" possono montare una testata in 
uranio impoverito.
Circa 12.000 bombe sono state lanciate durante "Enduring Freedom", il 60% 
delle quali "intelligenti".

I militari giustificano l'uso dell'uranio nella testata di queste bombe 
perche', per le sua densita' e facilita' di combustione, e' in grado di 
penetrare in profondita' e distruggere bunker e altre strutture del genere.
In realta' l'utilizzo (criminale) dell'uranio impoverito in queste armi 
avviene non solo per lo scopo immediato di distruggere l'obiettivo, ma anche 
per quello di lungo termine, ovvero come previsto dalla dottrina militare 
degli Stati Uniti  la contaminazione radioattiva dell'ambiente e della 
popolazione civile.


- I risultati delle prime analisi

L' "Uranium Medical Research Centre" e' un'organizzazione indipendente non a 
scopo di lucro fondata nel 1997 da Asaf Durakovic, esperto di medicina 
nucleare e impegnato da anni nel fare chiarezza sugli effetti dell'uranio 
impoverito.
Un primo gruppo di ricercatori si e' recato in Afghanistan a giugno di 
quest'anno, il secondo gruppo a ottobre ed e' tornato da poco; hanno raccolto 
campioni di schegge, acqua, terra, e di urina della popolazione civile nelle 
zone di Jalalabad e Kabul.

I risultati, parzialmente pubblicati in un rapporto disponibile online [1] dal 
15 novembre, sono parecchio preoccupanti:
nei campioni di urine analizzati si trovano concentrazioni di isotopi 
dell'uranio superiori di 100 volte alla norma [2].
Piu' in genere, citando lo stesso rapporto, "il team di ricercatori e' rimasto 
scioccato dalla portata dell'impatto dei bombardamenti sulla salute della 
popolazione. Senza eccezioni, in ogni localita' colpita dai bombardamenti, la 
gente e' ammalata. Una parte significativa della popolazione presenta sintomi 
tipici della contaminazione interna da uranio.".
Pur considerando la situazione di un paese che dopo decenni di poverta' e' 
stato colpito da una guerra tanto insensata 
quanto efferata, i sintomi manifestati dalla popolazione sono alquanto 
sospetti per essere ricondotti a cause naturali.
Al tempo stesso, la presenza di uranio nei campioni analizzati non puo' essere 
giustificata in nessun altro modo se non con le bombe made in Usa.
Non vi sono miniere di uranio in Afghanistan, ne e' plausibile pensare che i 
Taliban o Al Qaeda fossero in possesso di quantitativi cosi' alti di uranio e 
li avessero disseminati proprio nei luoghi colpiti dai bombardamenti.


- Forse non e' uranio impoverito, ma uranio naturale

L'aspetto ancor piu' inquietante che sembra emergere dalle prime analisi e' 
che non si tratta di uranio impoverito.
Nei soggetti di Jalalabad sottoposti ad analisi e' stato riscontrata una 
presenza di uranio naturale fino a 20 volte superiore rispetto alla norma.
Si tratta di valori notevolmente diversi da quelli riscontrati nei veterani 
della guerra del Golfo, che invece erano stati esposti a uranio impoverito 
(in quel caso si trattava prevalentemente di proiettili).
Cio' farebbe supporre che in Afghanistan gli Stati Uniti abbiano utilizzato un 
tipo nuovo di testate per le loro bombe, contenenti uranio naturale e non 
uranio impoverito.

L'uranio naturale e' composto da tre isotopi radioattivi e viene 
artificialmente arricchito per essere poi utilizzato nei reattori nucleari. 
Lo scarto di questo processo di arricchimento e' appunto l'uranio impoverito, 
che contiene poco meno della meta' dell'isotopo U235 presente nell'uranio 
naturale.
Di conseguenza l'uranio impoverito e' radioattivo circa la meta' di quello 
naturale.

Non e' chiaro il motivo per cui gli Stati Uniti avrebbero impiegato uranio 
naturale e non impoverito per le proprie bombe; la capacita' di penetrazione 
resta praticamente identica, l'unico cambiamento significativo e' la 
radioattivita' diffusa nell'ambiente, che va appunto a colpire principalmente 
la popolazione civile. Potrebbe anche essere che in realta' gli USA vogliono 
nascondere la contaminazione provocata dai loro bombardamenti spacciandola 
come contaminazione da uranio naturale presente gia' da prima della guerra.
Le analisi sono comunque ancora in corso ed i campioni analizzati potrebbero 
non essere sufficienti a chiarire la reale situazione. A riguardo l'UMRC ha 
lanciato una campagna di finanziamento per affrontare i notevoli costi delle 
analisi, alla quale si puo' contribuire direttamente dal sito. [3]


- Nel frattempo in Afghanistan si muore

Secondo alcuni recenti studi [4] condotti quest'anno, ogni 20 minuti una donna 
muore di parto in Afghanistan, 
che e' di fatto il paese con la piu' alta mortalita' materna nel mondo. Una 
morte che, nell'87% dei casi, sarebbe evitabile. 
In un paese dove l'assistenza sanitaria e' inesistente, e' praticamente 
impossibile capire cosa sta succedendo, anche
perche' c'e' innanzitutto la priorita' di intervenire per salvare piu' vite 
umane possibile.
Interventi che richiedono una frazione dei soldi spesi per questa ennesima 
folle guerra.

Intanto resta da chiedersi se, come successo in passato, bisognera' aspettare 
che un evento tragico colpisca alcuni nostri connazionali prima i 
responsabili politici e militari italiani dedichino attenzione agli effetti 
collaterali della "guerra umanitaria" in Afghanistan.
350 soldati italiani sono a Kabul per conto dell'ISAF (International Security 
Assistance Force), un migliaio di alpini andra' in Afghanistan a marzo 
dell'anno prossimo. E numerosi volontari di varie organizzazioni sono 
operativi da tempo in Afghanistan, esponendosi in prima fila per assistere la 
popolazione che vive nei luoghi bombardati l'anno scorso.

Sono stati informati sui possibili rischi? Sanno che precauzioni prendere?
E la popolazione civile, chi la informa, chi se ne cura?
L'uranio non ha fretta, conta di restare li' per i prossimi 700 milioni di 
anni.
Noi invece si' che abbiamo fretta, anche di fermare i criminali che hanno 
deciso e organizzato questa guerra.



Francesco Iannuzzelli
Associazione PeaceLink - Sez. Disarmo
http://www.peacelink.it/tematiche/disarmo



- Note 

[1]
Il rapporto e' disponibile, in formato PDF, sul sito dell'UMRC
http://www.umrc.net/projectAfghanistan.asp

[2]
Si veda a riguardo anche il testo dell'intervento del prof. Durakovic alla 
conferenza su medicina militare e 
protezione dalle armi di distruzione di massa, svoltasi in Qatar il 
23/10/2002.
http://www.umrc.net/downloads/New%20Concepts%20in%20CBRN%20Warfare.pdf

[3]
L'analisi di un campione costa circa 1.000 euro, equivalenti a 4 anni di uno 
stipendo medio in Afghanistan.
Per contribuire http://www.umrc.net/afghanDonations.asp

[4]
Unicef, CDC e ministero afgano della salute
"Maternal Mortality in Afghanistan: Magnitude, Causes, Risk Factors and 
Preventability"
http://www.unicef.org/newsline/02pr59afghanmm.htm

Physicians for Human Rights
"Maternal Mortality in Herat Province: The Need to Protect Women's Rights"
http://www.phrusa.org/research/afghanistan/maternal_mortality.html