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La nonviolenza e' in cammino. 428



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it

Numero 428 del 27 novembre 2002

Sommario di questo numero:
1. La scomparsa di John Rawls
2. Enrico Peyretti, ancora su questa cosa che chiamiamo nonviolenza
3. Vita Cosentino, presentazione di "Liberta' senza emancipazione"
4. Sedici giorni contro la violenza sulle donne
5. Daniele Barbieri, la giornata del non acquisto
6. Bilanci di giustizia: per un'economia piu' leggera
7. Un convegno a Torino su globalizzazioni e nonviolenza
8. Lea Melandri, due barbarie
9. Ida Dominijanni, sotto il velo del nudo
10. Il 29 novembre giornata del dialogo cristiano-islamico
11. "Il web delle donne": una guida ai siti femminili in internet
12. Riletture: American Friends Service Committee, Non fare la guerra
13. Riletture: Gioconda Belli, Dalla costola di Eva
14. Riletture: Johan Galtung, Buddhismo. Una via per la pace
15. Riletture: Tamar Pitch, Sociologia alternativa e nuova sinistra negli
Stati Uniti d'America
16. La "Carta" del Movimento Nonviolento
17. Per saperne di piu'

1. LUTTI. LA SCOMPARSA DI JOHN RAWLS
Nessuno di noi ha potuto non fare i conti con John Rawls e col suo
capolavoro, Una teoria della giustizia, il libro del '71 da noi arrivato
molti anni dopo, ma che subito si impose come un'occasione di confronto non
eludibile.
La notizia della scomparsa di Rawls e' un dolore grande. La sua morte ci
priva tutti di un interlocutore insostituibile.

2. RIFLESSIONE. ENRICO PEYRETTI: ANCORA SU QUESTA COSA CHE CHIAMIAMO
NONVIOLENZA
[Ringraziamo Enrico Peyretti (per contatti: peyretti@tiscalinet.it) per
questo intervento che amplia ed approfondisce la riflessione avviata con
l'articolo dal titolo "Cos'e' questa cosa che chiamiamo nonviolenza" apparso
sul notiziario di ieri. Enrico Peyretti e' una delle pił prestigiose figure
della cultura della pace, infaticabile rischiaratore e animatore di
iniziative di pace e per la nonviolenza. Opere di Enrico Peyretti: (a cura
di), Al di la' del "non uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei
giorni, Servitium, Sotto il Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella,
Assisi 1998; Per perdere la guerra, Beppe Grande, Torino 1999. E' diffusa
attraverso la rete telematica la sua fondamentale ricerca in progress Difesa
senza guerra. Bibliografia storica delle lotte nonarmate  e nonviolente (una
versione aggiornata della quale abbiamo pubblicato in questo notiziario lo
scorso mese)]
Qualche osservazione, che spero utile.
1) Piuttosto che con "in-nocenza", parola che in italiano suona
inevitabilmente come "non colpevolezza", tradurrei il gandhiano "ahimsa" con
"in-nocuita'", come dote di chi non nuoce, cercata e voluta da chi non vuole
nuocere, non vuole offendere, infliggere sofferenza o danno.
2) Il senso di "satyagraha", che hai bene illustrato, rimane velato nella
parola italiana "nonviolenza", la quale rende piuttosto "ahimsa".
Come Gandhi creo' il nuovo termine "satyagraha", piu' positivo di "ahimsa",
noi potremmo fare esperimenti mentali e linguistici per costruire una
idea-parola del tipo di "forza vera", "vera-forza", o simili.
3) E cio' anche per rompere l'equivoco corrente tra forza e violenza (vorrei
trovare il tempo per lavorare su questo punto): ci sono zone di
sovrapposizione o confusione tra le due idee, ma ci sono pure zone di
significato ben distinte ed opposte:
- "forza" e', nel suo polo piu' chiaro, una qualita' umana, interiore
(virtu' della fortezza) piu' che esteriore, dell'animo piu' che della mano o
dei muscoli, e soprattutto piu' che dello strumento, dell'arma, del denaro,
del numero;
- "violenza" e' propriamente inflizione di dominio, di assoggettamento, di
offesa, di colpi fisici o morali su un soggetto inassoggettabile,
inviolabile (che deve-non-essere-violato).
In fondo, si tocca qui la differenza-legame tra "virtus" e "vis".
Si dice spesso forza per dire violenza (Forze Armate! Uso della forza!) con
un eufemismo che intende mascherare l'indegnita' della violenza, addirittura
farne una virtu'. Ma si chiama "forza pubblica" quella che deve impedire la
violenza senza usare violenza, ma appunto forza: e' la differenza, che credo
sostanziale, tra polizia e guerra: la polizia ha persino le armi leggere, ma
per contenere e ridurre la violenza; la guerra usa armi pesanti e ha per suo
fine di sviluppare piu' violenza del nemico, cosi' aumenta la violenza
complessiva. Si chiama poi violenza l'effetto di forze naturali incolpevoli:
violenza del terremoto, del vento, ecc. Ed altre contaminazioni o
confusioni. Ma per cio' che interessa la nostra ricerca teorico-pratica di
riduzione della violenza mediante lo sviluppo delle forze umane di
resistenza e superamento della violenza stessa, forse un tentativo di
pulitura linguistica (che e' sempre chiarimento mentale, e dunque anche
operativo), pur senza pretese astratte, puo' avere la sua utilita'.
4) Specialmente oggi che viene da molti sbandierata a favore della politica
di guerra la "etica della responsabilita'" contro la "etica dei principi o
delle convinzioni" (nella formulazione di Max Weber), che sarebbe dei
pacifisti "irresponsabili", quando usiamo l'espressione "principio di
responsabilita'" credo che dobbiamo precisare che la usiamo nel senso di
Hans Jonas, e nell'ordine di idee di Levinas, non in quello di Weber e
specialmente dei suoi odierni strumentalizzatori. Nel senso di questi,
"etica della responsabilita'" finisce per voler dire: regolare le azioni sul
metro degli effetti utili, e in realta' sul criterio del successo, sicche'
diventa etico cio' che serve al mio successo (e sono magari gli stessi che,
con ragione, accusavano di machiavellismo il leninismo). Nel senso nostro,
"etica della responsabilita'" vuol dire il criterio etico che "risponde",
"obbedisce" (da ob-audire = essere tesi nell'ascolto) all'appello che
l'altro mi rivolge, creando cosi' in me l'essere "responsabile", la natura
morale. Questa e' l'etica dei volti (Levinas; Italo Mancini), tutt'altra
cosa dalla tecnica del potere e del successo capace anche di usare la morte
altrui come strumento d'azione.

3. RIFLESSIONE. VITA COSENTINO: PRESENTAZIONE DI "LIBERTA' SENZA
EMANCIPAZIONE"
[Riprendiamo questo intervento dal sito de "Il paese delle donne"
(www.womenews.net) che a sua volta lo riprende dal sito  della Libreria
delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it) e cosi' lo presenta:
"proponiamo l'introduzione di Vita Cosentino all'incontro "Liberta' senza
emancipazione" che si e' tenuto al Circolo delle Rose di Milano il 26
ottobre per presentare l'ultimo numero di "Via Dogana", storica rivista
della Libreria delle donne di Milano". Per abbonarsi a "Via Dogana - Rivista
di pratica politica": l'abbonamento annuale costa 25 euro in Italia (Europa
30 euro, resto del mondo 35 euro) da pagare con bollettino postale a:
Circolo cooperativo delle donne "Sibilla Aleramo", via santa Caterina 8,
46100 Mantova, c/c postale 26601203]
Ho trovato "Liberta' senza emancipazione" un numero che fa apertura, che ha
come caratteristica quella di aprire a molte domande. E sintomatico che
molti articoli finiscano con un punto interrogativo. Finisce con una
domanda, "quale strada e' possibile?", l'articolo di apertura di Lia
Cigarini, che da' nome al numero; finisce con una domanda l'articolo di
chiusura nella quarta di copertina di Stefano Sarfati, e tra questi due poli
compaioni sparse per gli articoli decine di domande.
L'interesse che io porto nell'introdurlo - e che percorre il numero stesso -
e' per la politica qui e ora, a partire dalla consapevolezza del cambiamento
che e' avvenuto qui in occidente, che e' il cambiamento del rapporto dei
sessi per l'avvenimento della liberta' femminile.
Di questo cambiamento mi interessa mettere in evidenza una conseguenza di
fondo, che e' un fuoco del numero: il rapporto con l'altro. Con la liberta'
femminile e' cambiato, sta profondamente cambiando in occidente il modo di
concepire il rapporto con l'altro che era, e', in primis la donna, e poi
ogni altro tipo di alterita', per esempio essere di un'altra cultura. Prima
l'uno si dava valore inferiorizzando l'altro (l'altra) - e qui chi come me
ha piu' di 30 anni ricorda di persona gli anni non lontani in cui l'essere
donna era un'inferiorita' - ora questo e' caduto. L'altro non e' piu'
collocato in uno schema determinato, per cui spesso sta a ingombrare il
nostro interno, a ingigantire le nostre paure, con le conseguenze tragiche
che vediamo ogni giorno. Ma la rottura di quello schema, fa anche apertura,
pone anche la possibilita' di effettive relazioni di alterita', perche'
l'altro, l'altra, ha posto, parla, portando cosi' uno squilibrio che non e'
ne' prevedibile ne' controllabile.
Io sono (siamo) in questo bilico. Io ho inteso il numero come un taglio
politico sull'oggi che pone domande su quel bilico che e' dentro ciascuna,
ciascuno di noi, come nel corpo sociale, come nello scenario globale. Bilico
che ci riporta immediatamente alla crucialita' del tema "Liberta' senza
emancipazione".
Per esempio nel numero ben due volte viene ricordata la guerra in
Afghanistan, da Luisa Muraro e da Maria Nadotti, per il tentativo di fare
dei diritti delle donne afgane una copertura ideologica e un argomento per
la guerra. Maria scrive: "Agli uomini d'occidente non e' parso vero di
potersi atteggiare a paladini delle donne (nella fattispecie afgane e
musulmane) e di andare alla guerra letteralmente e mediaticamente in nome
loro e della loro liberazione". Luisa ci fa anche vedere che su questo
terreno c'e' stato scontro tra i sessi quando dice: "Le donne afgane se ne
sono accorte e hanno preso le distanze, per esempio nella festa dell'Otto
Marzo, che hanno organizzato in proprio, disertando quella preparata
dall'Onu e dalle forze di occupazione-liberazione".
Detto questo io vorrei portare l'attenzione su tre mosse relazionali che
emergono dalla tessitura degli articoli per riproporle, perche' secondo me
non e' la cosa piu' importante ora discutere di contenuti - per esempio
competizione si' / competizione no, come e' successo in una precedente
discussione su questo tema - bensi' e' importante ritornare a se' sulle
mosse relazionali che il numero propone e portare cosi avanti
l'interrogazione a partire da se'.
*
Prima mossa. Riguardare il luogo da cui veniamo: il femminismo
E' presente almeno in cinque articoli. Lia Cigarini lo dice come "rinnovare
una riflessione sul rapporto tra liberta' e liberazione (delle donne) che
all'origine del femminismo era stata tanto dirompente da farci dire che la
politica dell'emancipazione era un ostacolo alla liberta' femminile". E
reinterroga - e con la mossa che fa coinvolge chi legge a reinterrogare - la
"tensione conflittuale tra liberta' e emancipazione che permane nelle donne
occidentali".
Luisa Muraro, tende piuttosto a pensare che la relazione con l'altro e' la
matrice stessa del senso libero della differenza di essere donna/uomo e dice
"dunque ci troviamo a un nuovo inizio, qualcosa di inedito per il quale vale
che ci ricordiamo degli anni settanta, in quanto memoria storica, ma di piu'
vale quello che e' davanti a noi, un qui ora di risposte da cercare, di
pratiche da inventare, di cose non ancora accadute, o accadute e non ancora
nominate".
Poi ben due articoli, quello di Stefano Sarfati e il mio, con diversi
accenti, muovono dall'ultimo quaderno di Via Dogana "Un'eredita' senza
testamento". Da una domanda di Luisa: "Come rendere memorabile il
femminismo? Come tradurlo dalla nostra esperienza personale in parole
originali ma comuni capaci di dare un senso libero al nostro essere donne e
uomini?".
Stefano Sarfati nel pezzo dal titolo "Ero in un racconto di Bibi" lo declina
come raccontare, io in "Femminismo in altre parole" come rigiocare al
presente cio' che per me, che provenivo dai gruppi extraparlamentari, e'
stata la conquista piu' grande: la possibilita' di una politica che non ha
bisogno di macchine, di organizzazioni, di regole. A partire da una mia
modificazione personale io vedo la possibilita' di stare in questo incerto
presente con il sapere che mi viene dalla pratica di relazione e rigiocare
una qualita' di relazione che peschi "qualcosa nella relazione materna".
E' un filo che percorre anche altri testi. Serena Sartori per esempio dice
con inquietudine: "Cosciente di quanto il movimento delle donne mi abbia
aiutato ad uscire dagli schemi fortissimi della societa' della mia
adolescenza, mi chiedo spesso che cosa abbiamo perso oltre a quello che
abbiamo conquistato e perche'".
*
Seconda mossa. Stare - nel pensare, e non solo nel pensare - in rapporto con
l'alterita' (che in questo caso e' una donna di cultura non occidentale)
E' presente in molti articoli con diversi accenti ma in comune c'e':
guardare con liberta' e prendere sul serio le parole di una donna, di piu'
donne di un'altra cultura.
Lia Cigarini riporta per intero una risposta di Shirin Neshat a una domanda
sulla liberta' negata delle donne in Iran, di cui il cuore e' "le donne
musulmane non vogliono competere con gli uomini, anche se vogliono avere una
loro voce nella societa'". E a partire da qui, da prendere sul serio le sue
parole, ripensa a come negli anni '70 la presa di coscienza femminista e'
stata significata in vari modi, anche lasciando la professione o non facendo
mostre o rimanendo deliberatamente ai primi gradini della carriera
universitaria perche' la passione e il desiderio si erano spostati dove
c'era piu' liberta' e agio, e grazie a una presa di distanza dalla
competizione con gli uomini. E la sua proposta nasce in questa relazione di
alterita', dice: "Nominare o rinominare la realta' che cambia a partire dal
punto proposto da Shirin Neshat: la non competizione con gli uomini come
discriminante per l'affermarsi di un senso libero della differenza
sessuale".
Serena Sartori ha una pratica decennale di andirivieni tra Italia e Africa.
E' lei che ci ha fatto incontrare qui in Libreria Odile Sankara,
dell'Associazione del Burkina Talents des femmes, di cui compare l'articolo
"Un progetto e i suoi doni". Serena racconta di come il primo viaggio le
abbia procurato una crisi profondissima, una spaccatura dove ha vissuto
tutta la difficolta' di abbattere le sue barriere e le angoscie di donna
occidentale e la sua stessa sistemazione del mondo. E pone chi legge di
fronte al fatto che c'e' in gioco un cambiamento profondo di se' nella
relazione con l'alterita'. Lei nella scrittura del suo articolo rimane in
relazione con le donne africane che ha conosciuto e riesce a mantenere in
tensione e in confronto questi due mondi come modalita' produttiva di
pensiero, senza fretta di far rientrare in questo o quello schema una
realta' che dopo dieci anni continua a provocare in lei riflessioni e
domande.
Il suo pezzo porta significativamente il titolo "A costo di non capire". E'
convinta che non possiamo essere modello per la donna africana e la strada
che intravvede e' quella dello scambio: "coltivando lo scambio e l'apertura
reciproca dei nostri differenti percorsi d'esperienza, le une alle altre
possiamo essere fertili per una visione di donna viva e vitale. Una visione
non schematica".
All'articolo di Serena Sartori si riferisce Luisa Muraro in "Le donne
pensano" con una mossa a sorpresa, quando avanza l'idea - in polemica con
Maria Luisa Boccia - che "attivare la forza simbolica del materno - pur con
i rischi e le ambiguita' che ci sono - sia o possa diventare, a certe
condizioni, una fonte di forza femminile e dunque di liberta'". Riferendosi
alle Maman di cui parla Serena pone un movimento relazionale di imparare
qualche cosa da loro dicendo: "e' una di quelle verita' che potremmo farci
riraccontare dalle donne di certe culture non occidentali".
Maria Nadotti in "Scontri di civilta' e donne in genere", pone invece
l'accento sulla presa di coscienza femminista di donne di altre culture.
Cito come esempio questo passo che si riferisce ai suoi incontri con donne
palestinesi: "Le donne palestinesi con cui ho parlato dicono che non puo'
esistere un prima della lotta di liberazione nazionale, seguito da un dopo
della liberazione delle donne e che combattono assieme l'intifada contro
l'occupazione israeliana e l'intifada contro i loro uomini perche' il clima
di violenza e di guerra fa lievitare anche la violenza degli uomini, figli e
fratelli, contro le donne".
Per lei c'e' un terreno comune su cui lavorare donne occidentali e non,
insieme ad alcuni uomini di entrambe le aree, "ma c'e' molto da indagare
sulle nostre credulita' (nei confronti delle altre/diverse) e sulle nostre
cecita' (nei confronti del presunto identico)". Nadotti ha accenti duri
sulle nostre cecita' e provocatoriamente sostiene che il burqa afgano e
tutti i chador del mondo sono poco piu' che uno scherzo in confronto alla
posizione di donna-contenitore "che assumeranno le donne italiane, cittadine
a pari diritto dei loro omologhi di sesso maschile, se passera' la surreale
legge sullo status e i diritti del 'feto' cittadino".
L'ultima segnalazione che propongo sul rapporto di alterita' e' critica nei
confronti dei diritti e fa vedere come puo' fallire la relazione di
alterita'. Alessandra Galizzi critica il libro di Martha Nussbaum Diventare
persone. Donne e universalita' dei diritti.
Alessandra Galizzi e' una giovane donna e ne era attratta perche' dal titolo
originale aveva dedotto che il saggio "presentasse quello che le donne in
quanto tali offrono per lo sviluppo dell'intera umanita'".
Leggendolo ne rimane delusa perche' "e' come se Nussbaum, che da una parte
sento veramente attratta dalle storie che racconta, non riuscisse pero' a
lasciarle lavorare fino in fondo dentro di se'. Il risultato e' che ce le
spiega e anziche' interpretarle e interpretarsi attraverso di esse, compito
che richiederebbe la messa in gioco della sua soggettivita', cede alla
tentazione che tutto vuole ricondurre ai principi dati".
*
Terza mossa. Relazione di differenza con l'altro che e' uomo
E' presente in pochi articoli, ma c'e'. Qui la mossa sembra essere:
registrare e far fruttare i primi passi di un inizio di percorso maschile.
Lo fa soprattutto Cinzia Soldano nella sua recensione del film Capitani
d'Aprile che racconta la rivoluzione portoghese del 1974.
Lo fa Clara Jourdan valorizzando il libro di Marco Deriu, L'illusione
umanitaria, che denuncia e documenta l'illusione dell'intervento umanitario
e inizia la ricerca di altre forme di relazione internazionale.
Ma anche questa mossa finisce con una domanda: la domanda di un giovane
uomo, Stefano Sarfati, che nel suo pezzo conclude chiedendosi: "puo' questa
nuova relazione (con la Libreria delle donne di Milano, con il Circolo della
Rosa, con alcune donne in particolare) cambiarmi?".

4. INIZIATIVE. SEDICI GIORNI CONTRO LA VIOLENZA SULLE DONNE
[Dal sito de "Il paese delle donne" (www.womenews.net) riportiamo questo
comunicato ripreso da "DWpress"]
Da circa undici anni migliaia di persone e gruppi di diversi Paesi
organizzano, dal 25 novembre al 10 dicembre, la campagna "16 giorni di
attivismo contro la violenza sulle donne", promossa da Leadership Mondiale
della Donna.
Attraverso un comunicato stampa, la coordinatrice dell'iniziativa Lisa M.
Clarke ha spiegato che dalle organizzazioni partecipanti alle precedenti
campagne e' giunto quest'anno il suggerimento di approfondire il tema della
relazione tra cultura e violenza sulle donne, dramma che rientra tra le
violazioni dei diritti umani perpetrati sia nella sfera pubblica che in
quella privata.
L'organizzazione della campagna si diversifica da paese a paese, ma -
sostiene Lisa Clarke - in ogni luogo esortiamo le attiviste e gli attivisti
a utilizzare questi sedici giorni per mettere in campo qualsiasi strumento
per sollecitare le coscienze nelle comunita' studentesche, locali, regionali
e nazionali attraverso la promozione di dibattiti, seminari e workshop".
Da piu' parti si sottolinea che la miopia nei confronti delle questioni di
genere, o l'incapacita' di vedere le disuguaglianze tra gli uomini e le
donne ritardano lo sviluppo delle nazioni: e' quanto sostenuto in un recente
studio dell'Istituto Worldwatch con sede a Washington: Danielle Nierenberg,
ricercatrice dell'Istituto che ha condotto l'indagine, ricorda che nel mondo
vi sono ancora 350 milioni di donne senza pianificazione familiare, e che
soltanto una su tre, in tutto il pianeta, non ha subito episodi di violenza
fisica e sessuale. Nierenberg sostiene che le politiche atte a migliorare la
vita delle donne promuovono i diritti umani, favoriscono la stabilita' della
popolazione e dell'infanzia, e portano a un'economia piu' sana.
"Cio' che e' bene per le donne e' bene per il mondo - ha chiarito durante la
presentazione della ricerca -, assicurare i diritti delle donne in tutti gli
aspetti della societa', dai governi, alle imprese, alle mura domestiche, non
porta benefici soltanto alle donne, ma alla societa' intera".
Purtroppo gran parte della popolazione femminile continua a lottare contro
gli stessi ostacoli che incontrava decine di anni fa: oggi, infatti,
soltanto il 14% delle cariche nel mondo sono occupate da donne, e nell'Onu
rappresentano solo il 34% delle nomine professionali. Per correggere questa
miopia generale, Nierenberg propone che si aumenti il numero delle donne
negli spazi pubblici, nella sfera nazionale e internazionale; si eliminino
gli ostacoli che interferiscono con l'educazione delle bambine, e si insegni
la cultura dell'equa ripartizione delle responsabilita'.

5. INIZIATIVE. DANIELE BARBIERI: LA GIORNATA DEL NON ACQUISTO
[Da Daniele Barbieri (per contatti: barbieri@carta.org) riceviamo e
diffondiamo. Daniele Barbieri e' uno straordinario giornalista da sempre
generosamente impegnato per la solidarieta' e i diritti, e un caro amico]
Per anni gli economisti hanno definito la buona economia di un Paese sulla
base del suo Prodotto interno lordo.
Il problema e' che ogni volta che viene abbattuta una foresta, il PIL sale.
Ad ogni riversamento di petrolio, il PIL sale. Ogni volta che viene
diagnosticato un cancro, il Pil sale. Cosi' misuriamo il progresso
economico?
Economisti... dovete studiare meglio le sottrazioni.
*
Ritorna anche quest'anno il Buy nothing day, la giornata del non acquisto.
Il 29 novembre 2002 e' la Giornata mondiale del non acquisto, promossa in
Italia dalla rivista "Terre di Mezzo" - www.terre.it/bnd/
Vi invitiamo a una moratoria di 24 ore sugli acquisti. Per un giorno non
comprate nulla. Un gesto importante per sfuggire all'imperativo del
consumismo e riappropriarsi di una fetta di tempo passata a fare shopping.
* Che cos'e' la giornata del non acquisto
Una giornata dedicata a tutto tranne che alle compere, per rendere concreto
il dissenso verso il consumismo e la pressione che esercita su tutti gli
aspetti della nostra vita. 24 ore per buttare fuori dal nostro stile di vita
l'immagine della famiglia felice al sapore del "Mulino bianco", le raccolte
punti che soddisfano l'immaginario piu' che i bisogni delle casalinghe, i
piccoli mostri dei cartoni animati che ipnotizzano le fantasie dei piccoli e
svuotano i portafogli degli adulti. La giornata del non acquisto e' un
invito alla sobrieta' e a ripensare alla solidarieta' e alla gratuita' quali
componenti attive di un'economia sostenibile.
* Perche' la giornata del non acquisto
Una piccola idea con grandi implicazioni. Vorremmo che ognuno trovasse le
sue ragioni per concedersi una giornata di austerita' dal consumismo. Il
"Buy nothing day" commemora le vittime delle politiche orientate alla
massimizzazione dei consumi: dalle popolazioni del Sud del mondo deboli di
fronte alla globalizzazione dei mercati, all'ambiente deturpato da rifiuti e
inquinamento, alla colonizzazione dell'immaginario a opera di pubblicitari
che propongono modelli di vita irrealizzabili per la maggior parte della
popolazione del mondo. La giornata del non acquisto e' un invito a
"demarkettizzare" la nostra vita.
* A chi e' rivolto il messaggio
A tutti coloro che condividono l'antipatia per l'invadenza del consumismo.
Agli aderenti alle associazioni ambientaliste, terzomondiste, di
consumatori, alle organizzazioni non governative. Ai media. A tutti i
comitati che hanno lanciato una campagna di boicottaggio all'acquisto di
qualsiasi prodotto o azienda perche' la giornata del 29 novembre possa
ricordare tutte le malefatte delle multinazionali, spesso passate sotto
silenzio.
* Che cosa si puo' fare per aderire
Far circolare il messaggio, scaricare dal sito di "Terre di mezzo" la
locandina e i poster da stampare e affiggere in ufficio e ovunque possa
essere letta dal maggior numero di persone, manifestare il proprio dissenso
organizzando rappresentazioni di teatro di strada, scaricare il codice del
banner dal sito di "Terre di mezzo" per attivarlo sul proprio sito web,
spiegare nell'apposito spazio offerto nel sito di "Terre di mezzo" le
proprie ragioni (l'intento e' di redigere un manifesto della giornata del
non acquisto condiviso dalla piu' ampia base possibile).

6. INIZIATIVE. BILANCI DI GIUSTIZIA: PER UN'ECONOMIA PIU' LEGGERA
[Tramite l'ottima amica e prestigiosa giornalista Yukari Saito (per
contatti: yukaris@tiscalinet.it) riceviamo e volentieri diffondiamo questo
appello promosso dal gruppo di Bologna di "Bilanci di giustizia"]
Domenica primo dicembre 2002 : Giornata del Non Acquisto.
* Perche' la giornata del non acquisto
E' una giornata indetta dalla canadese Adbuster Media Foundation nel1992 e
che si e' rapidamente diffusa in piu' di 30 nazioni. In Italia e' promossa
da due riviste, "Altroconsumo" e "Terre di mezzo", per il quarto anno. E'
una giornata di disintossicazione per fermarsi a riflettere; la festa di
quanti per un giorno ripensano al tempo che il consumismo ci estorce, al
valore economico della gratuita', al consumo etico, alle relazioni senza
scambi monetari. Non per essere contro i commercianti, ma per sfuggire
l'imperativo del consumismo ad ogni costo e smascherare le bugie di chi ci
vuole convincere che e' meglio andare a comprarsi qualcosa pitttosto che
stare coi proprio figli, o a leggersi un libro; di chi ci dice "grazie per
avere consumato" intendendo che l'unica via per uscire dalla crisi e' tenere
alti i consumi: non esistono risorse sufficienti, qualcuno dovrebbe
forzatamente rimanerne fuori. Pensiamo che per aiutare chi ha meno non sia
sufficiente dare il nostro superfluo, ma occorra anche rinunciare a qualcosa
di nostro: allora questa giornata puo' anche voler dire che quel che
risparmio oggi non acquistando, lo uso per aiutare gli altri. Sono tanti i
significati di cui si puo' riempire una giornata svuotata dalla spesa;
vorremmo che ognuno trovasse le sue ragioni per concedersi una giornata di
liberta' dal consumismo, per poter esercitare in modo personale il
cambiamento nell'attuale sistema economico attraverso i comportamenti di
tutti i giorni, al supermercato come in banca.
* Cosa si fara' a Bologna
Il gruppo di Bologna di Bilanci di Giustizia e il nodo locale della Rete di
Lilliput aderiscono alla giornata e organizzano la "passeggiata delle spese
leggere": a partire dalle ore 15,30 da piazza XX settembre, lungo le vie del
centro storico ci faremo guidare dalle sportine della spesa insolitamente
leggere in questa giornata di digiuno dai consumi. E' un modo simbolico per
fare un passo verso un'economia piu' leggera, un'economia di giustizia,
nella consapevolezza che il possesso di una grande quantita' di beni non da'
vero ben-essere, anzi. E per sottolinearlo distribuiremo gli "zeuri a
sorpresa": la non-moneta per la giornata del non acquisto, perche' la
felicita' non si compra.
* E' davvero possibile un'economia piu' leggera?
Secondo le famiglie aderenti all'operazione Bilanci di Giustizia si'. Esse
si sono date un obiettivo comune nel 2001: ridurre il consumo di acqua e
limitare l'uso di acqua minerale ai casi di necessita' terapeutica. Abbiamo
verificato che almeno l'80% dei bilancisti non beve abitalmente acqua
minerale e che le famiglie pioniere che si sono offerte per il monitoraggio
hanno una riduzione media del consumo di acqua del 55% rispetto alla media
nazionale: mentre un componente di una famiglia bilancista ha consumato
mediamente ogni giorno 112 litri di acqua, un componente  di una famiglia
media italiana nel 2001 ne ha consumato 251 litri. A Bologna le famiglie
bilanciste consumano 88,79 litri al giorno per persona, contro 191,51 con
una riduzione del 54%. Secondo le famiglie monitorate, esse non hanno fatto
nulla di speciale se non prestare un po' di attenzione all'uso dell'acqua.
Nessuna ha segnalato di aver modificato il proprio impianto idrico in modo
da poter riutilizzare le acque grigie, ne' di aver installato doppi
sciacquoni o altro; quindi nessun intervento radicale, ma tanti piccoli
accorgimenti quotidiani poco quantificabili: dal riutilizzo dell'acqua del
lavaggio delle verdure al chiudere il rubinetto quando ci si lavano i denti,
dal fare andare la lavatrice solo a pieno carico al chiudere la doccia
intanto che si si insapona. E' inoltre da segnalare che all'interno del
campione il 10% possiede l'orto e una famiglia fa anche ospitalita' del tipo
Bed & Breakfast; se si potessero scorporare questi dati, la riduzione
sarebbe anche maggiore. L'intero materiale raccolto: dai commenti agli
approfondimenti, dai dati sui consumi a quelli sulle tecnologie per la
riduzione, dalle acque minerali alla qualita' dell'acqua che esce dal nostro
rubinetto, dai giochi ai giocattoli, dalle ricette alla simbologia
dell'acqua, tutto e' stato raccolto in un dossier cartaceo e in un cd rom:
per riceverlo basta mettersi in contatto con la segreteria nazionale o con
il gruppo di Bologna.
* Per informazioni e contatti: Bilanci di Giustizia, c/o Mag Venezia, via
Trieste 82/c, 30175 Venezia Marghera, tel. 0415381479, e-mail:
bilanci@libero.it, sito: www.unimondo.org/bilancidigiustizia; gruppo di
Bologna: e-mail: acomeacqua@libero.it,  tel. 0516388358 o anche 0516820026 e
051379553; Rete di Lilliput, nodo di Bologna: sito:
www.bandieragialla.it/risorse/lilliput.asp; e-mail:
lilliputbologna@inventati.org

7. INCONTRI. UN CONVEGNO A TORINO SU GLOBALIZZAZIONI E NONVIOLENZA
[Dal Centro studi "Sereno Regis" di Torino, una delle piu' rilevanti
esperienze di studio e proposta della nonviolenza in Italia (per contatti:
regis@arpnet.it), riceviamo e diffondiamo]
Con il patrocinio della Regione Piemonte, della Provincia di Torino e della
Citta' di Torino, e con il contributo finanziario dell'Assessorato alla
Cultura della Regione Piemonte, il Centro Studi Sereno Regis organizza il
convegno internazionale: "Globalizzazioni, terrorismi e guerre: le
alternative della nonviolenza".
Il convegno si terra' il 14-15 dicembre 2002, presso la Sala Convention
dell'Istituto Cabrini, via Montebello n. 28 bis, a Torino.
*
Al termine globalizzazione vengono attribuiti molteplici significati, che
veicolano aspettative contraddittorie, a seconda dei gruppi di attori
interessati e dei valori di riferimento: il parlarne al plurale vuole
proprio sottolineare la diversita' delle posizioni e richiamare a una loro
esplicitazione.
Nella nostra lettura, la globalizzazione ha radici lontane - dalla conquista
delle "Americhe" al colonialismo - ma e' indubbio che nel secolo scorso si
e' verificata un'amplificazione e un'accelerazione di questo processo, tra
le cui principali conseguenze vi e' purtroppo un aumento della violenza
diretta, strutturale e culturale.
L'affermarsi su scala mondiale di una egemonia prettamente militare, oltre
che economica, pone inquietanti domande sul grado di democrazia
riscontrabile non solo a livello del sistema internazionale, ma anche
all'interno degli stati: da chi e come viene deciso l'avvio di una guerra?
Quali trasformazioni politico-istituzionali vengono sollecitate dalla
"permeabilita'" del vecchio stato-nazione? Come viene gestita
l'informazione? E' possibile uscire dalle dicotomie amico-nemico,
vittoria-sconfitta? Quali spazi restano aperti per forme di difesa o di
intervento non armato?
Sul versante economico-ambientale - sempre piu' inseparabile da quello
strategico (basti pensare alle guerre per il petrolio e ai conflitti per il
controllo dell'acqua) - ci sembra urgente interrogarci sui seguenti
problemi: ci sono alternative praticabili al modello neoliberista? Chi
decide cosa produrre e come? Come possiamo giungere a modi di produzione che
sostituiscano il rispetto delle persone e della natura allo sfruttamento e
all'alienazione?
Se il nostro modo di vivere e' influenzato dalle nostre interpretazioni del
mondo, e viceversa, forse il continuare a porci domande non e' inutile,
affinche' alla globalizzazione non venga attribuito lo stesso grado di
naturalita' degli alberi (o della televisione?).
*
Sabato 14 dicembre 2002
Ore 9: Apertura dei lavori
Ore 9,15: Prima sessione. Moderatore: Nanni Salio.
- Apartheid globale, violenza e nonviolenza, Giuliano Pontara;
- Guerre e globalizzazione, Michel Chossudovsky;
- L'egemonia statunitense e la necessita' di una rifondazione culturale
europea, Ekkehart Krippendorff.
Dibattito
Ore 15: Seconda sessione.  Moderatrice: Carla Toscana.
- Dopo l11 settembre: le due globalizzazioni, Marco Revelli;
- Forze nonviolente di pace, David Hartsough;
- Globalizzazione e strategie mediatiche: giornalismo di pace o di guerra?,
Giulietto Chiesa.
Dibattito
*
Domenica 15 dicembre 2002
Ore 9: Terza sessione. Moderatore: Giuliano Martignetti.
- Armato, iniquo e insostenibile: sviluppo e appropriazione delle risorse
attraverso i secoli, Elisabetta Donini;
- Petrolieri: gli ultimi a morire?, Luigi Sertorio;
- Esperienze di semplicita' volontaria e di economia della permanenza,
Marinella Correggia.
Dibattito
Ore 15: Quarta sessione. Moderatore: Nanni Salio.
- La crisi della globalizzazione, la globalizzazione della crisi, Riccardo
Bellofiore;
- Nonviolenza, giustizia sociale e democrazia: come trascendere la
globalizzazione neoliberista?, Kai Frithjof Brand-Jacobsen;
- Testimoniare la violenza: un approccio compassionevole al dolore
dell'umanita', Bernie Glassman.
Dibattito
Conclusioni: Nanni Salio.
*
Per informazioni e partecipazione: Centro Studi Sereno Regis, via Garibaldi
13, 10122 Torino, tel. 011532824, fax: 0115158000, e-mail: regis@arpnet.it,
sito: www.arpnet.it/regis

8. MAESTRE. LEA MELANDRI: DUE BARBARIE
[Da una lettera apparsa sul quotidiano "Il manifesto" del 26 novembre 2002
abbiamo estratto questo frammento. Lea Melandri, nata nel 1941, fine
saggista, redattrice della rivista "L'erba voglio" (1971-1975), direttrice
della rivista "Lapis", impegnata nel movimento femminista e nella
riflessione teorica delle donne. Opere di Lea Melandri: segnaliamo
particolarmente L'infamia originaria, L'erba voglio, Milano 1977; poi
Manifestolibri, Roma 1997. Cfr. anche Come nasce il sogno d'amore, Rizzoli
1988; Lo strabismo della memoria, La Tartaruga 1991; La mappa del cuore,
Rubbettino 1992; Migliaia di foglietti, Moby Dick 1996]
... Condivido anche l'opinione dell'attrice inglese Glenda Jackson,
trasmessa fulmineamente da qualche telegiornale dopo aver mostrato il
rientro a Londra delle Miss Mondo, sorridenti e disinvolte come sempre: la
vergogna e la volgarita' nel voler dar seguito comunque al concorso,
nonostante i morti della Nigeria.
"Scontri" di questo genere, che trasformano le logiche del consumo e dello
spettacolo in fatti di guerra c'e' da aspettarsi che si moltiplichino in un
tempo brevissimo, e non sono certo "civilta'" a confrontarsi, come si dice
da piu' parti, ma "barbarie" diverse.
Da una parte c'e' l'Occidente, che esibisce ricchezze, spreco, alienazione,
muscoli di acciaio, "schiavitu' felici" di donne da copertina, come bandiera
di liberta' e democrazia; dall'altra c'e' il mondo "terzo", "quarto" o
infimo, che e' costretto a misurare poverta', fame, ignoranza, fanatismo,
malattie, violenza, sul metro di un'"emancipazione" astratta, mortifera,
disumanizzante, stando a quello che appare come il suo esito ultimo, il piu'
noto, il piu' "visto" dalle masse in tutto il mondo: la merce, il consumo e
l'oggetto di sogni e desideri che in essi si e' incarnato, un corpo
femminile perfetto, vergine e prostituito nel medesimo tempo,irraggiungibile
e insieme commerciabile, intatto e aperto a una manipolazione infinita,
domestico e divino.
Non possiamo certo mettere sullo stesso piano la lapidazione dell'adultera,
sancita da una legge selvaggia di frange del fondamentalismo islamico, con
la creazione televisiva italica di "donne-velina". Ma possiamo quanto meno
interrogarci su un modo, proprio della nostra civilta', meno violento, ma
non per questo meno devastante, di esorcizzare le temibili "attrattive" del
sesso femminile, cosi' temibili da indurre Jean Jacques Rousseau a collocare
le donne fuori dal "contratto sociale". Se non vogliono entrare nella vita
pubblica con la maschera dei manichini della moda, le donne occidentali
devono dirlo chiaramente, per evitare alle proprie simili di altre parti del
mondo di entrare nella contrapposizione sterile, senza via d'uscita, tra
immagini ugualmente false, di "civilta'" e "barbarie".

9. RIFLESSIONE. IDA DOMINIJANNI: SOTTO IL VELO DEL NUDO
[Questo articolo abbiamo estratto dal quotidiano "Il manifesto" del 26
novembre 2002. Ida Dominijanni, giornalista e saggista, e' una acuta
intellettuale impegnata nel movimento delle donne]
Il bello della globalizzazione e' che non ci sono piu' zone franche dal
pensiero: angoli di mondo che prima potevamo - sia pur colpevolmente -
ignorare nella loro lontananza dal nostro mondo, adesso ci piombano addosso
vicini e interconnessi.
Siamo costretti a guardarli perche' essi ci ri-guardano, la loro differenza
interroga la nostra, le loro apparentemente siderali diversita' culturali
rivelano inattese simmetrie con i nostri codici e, per fortuna, altrettanto
inattese asimmetrie.
Acceso dalle piu' varie scintille, dagli attentati terroristi ai concorsi di
bellezza, il confronto fra culture, modi di produzione, religioni, stili di
vita deve avvenire per forza, e ogni volta che esso viene presentato come
clash di civilta', Occidente versus Islam, apre in realta' conflitti interni
alle civilta' in campo. Adesso e' il caso della Nigeria, pezzo di mondo
piombatoci in casa per il tramite della fatua scintilla di miss mondo.
Stavolta c'e' di mezzo il corpo femminile, e non e' la prima volta: c'era di
mezzo un anno fa a Kabul, quando la guerra antiterrorista fu combattuta in
nome della liberazione dal burqa delle afghane; c'era di mezzo poche
settimane fa a Mosca, quando il commando ceceno affido' alle sue donne il
messaggio del martirio e il gas di Putin stese per prime le loro sagome
velate di nero. Non e' una centralita' casuale: segno cruciale dello stato
di ogni civilta', il corpo femminile e' oggi il segno cruciale del passaggio
di civilta' a cui l'intero mondo globale e' chiamato. Ma e' un segno
tutt'altro che facile da decifrare, proprio perche' e' rivelatore di segrete
simmetrie e ancor piu' segrete asimmetrie fra le parti in campo, depista gli
schemi di gioco consolidati e suggerisce di ripensare i termini della
partita.
Facile facile, lo schema di gioco numero uno, nel caso della Nigeria, vuole
le reginette di bellezza esibite dall'Occidente libero e democratico
contrapposte alle nigeriane vittime della sharia islamica. Le prime libere,
le seconde oppresse. E' lo stesso schema di gioco che voleva la liberazione
dal burqa delle afghane tramite bombe, solo che stavolta e' piu' esplicito:
allora non si osava dire quello che adesso si vede, e cioe' che al velo
delle islamiche l'immaginario maschile democratico non contrapponeva la
liberta' bensi' la nudita' delle occidentali, cioe' la loro (presunta)
disponibilita' sessuale. Lo schema si commenta da se': adesso che il velo
dell'ipocrisia democratica e' caduto, e' piu' chiaro che cosa si nasconda
sotto la parola d'ordine dell'esportazione dei diritti occidentali alle
donne dell'altro mondo.
Il secondo schema di gioco contesta giustamente il primo, e lo ribalta:
invece di inorridire per il fondamentalismo islamico, dice, l'occidente
farebbe bene a pensare al fondamentalismo della merce e del mercato che
regna in casa sua e che fa merce e mercato del corpo femminile e d'ogni
altra cosa e persona. Segrete simmetrie fra opposte civilta', appunto.
Giusto. Salvo che anche questo secondo schema, come il primo, concepisce il
corpo femminile come puro oggetto: oggetto del consumo capitalista oltre che
del godimento maschile, ma sempre oggetto, e oggetto passivo.
Il bello del corpo femminile, invece, e' che a dispetto di tutti i
tentativi, capitalisti e fondamentalisti, di ridurlo a oggetto, e' anche
soggetto, non e' solo tramite d'altro ma parla da se' e per se', e non solo
in Occidente dove la liberta' femminile si avvale dei diritti scritti ma li
eccede, ma anche nel mondo islamico dove quei diritti non ci sono ma di
liberta' femminile se ne vede sempre piu', nell'arte, nel cinema, nella
letteratura, nei comportamenti e in qualunque altra lingua essa trovi il
modo di parlare. Rovesciando i codici della lingua patriarcale, o
tradendoli, o rigiocandoli in controsenso. Le afghane e altre donne del
mondo islamico ci hanno spiegato che e' quello che puo' avvenire con l'uso
del burqa e del chador; dalle nostre parti puo' avvenire sotto la mascherata
di una nudita' altrettanto imposta. Sotto le segrete simmetrie dei
fondamentalismi incrociati, c'e' l'asimmetria di quello che una donna vuole
dire e fare di se', che sempre meno coincide con quello che altri vorrebbero
dire e fare di lei. L'elemento imprevisto della partita globale in corso,
che potrebbe rivelarsi decisivo.

10. INIZIATIVE. IL 29 NOVEMBRE GIORNATA DEL DIALOGO CRISTIANO-ISLAMICO
[Riceviamo e volentieri diffondiamo. Anche il Centro di ricerca per la pace
di Viterbo aderisce all'iniziativa]
L'appello a fare del 29 novembre 2002, ultimo venerdi' del Ramadan di
quest'anno, la giornata ecumenica del dialogo cristiano-islamico, e' una
realta' concreta che sta radicandosi, nonostante la crescente islamofobia,
in moltissime realta' del nostro paese ed in tantissimi uomini e donne
cristiani e musulmani. Ad una settimana dal 29 novembre abbiamo un quadro
preciso delle iniziative che si svolgeranno in varie parti d'Italia, fra cui
citiamo quelle di Roma, che vedra' la partecipazione dello stesso sindaco
Veltroni, Milano, Taranto, Bologna, Modena, Carpi, Aosta, Trento, Cuneo,
Torino, Asti, Parma, Avellino, Verona, Venezia, Firenze, Correggio (RE) e
Lodi.
Iniziative che non si fermeranno al solo 29 novembre ma che andranno oltre,
come espressione di una volonta' diffusa di proseguire e consolidare il
dialogo negli anni a venire.
Vogliamo ricordare che negli ultimi giorni, abbiamo ricevuto con molta gioia
la lettera ufficiale del direttivo dell'Ucoii (Unione delle Comunita' ed
Organizzazioni Islamiche in Italia) che invita esplicitamente le moschee ad
essa aderenti a partecipare alla giornata del dialogo lanciando l'iniziativa
"Moschee aperte". E' una decisione che salutiamo con particolare gioia e
riconoscenza e che ci lascia ben sperare per il prosieguo dei rapporti fra
cristiani e musulmani nel nostro paese.
Molto ampia e' stata l'eco che l'appello ecumenico  al dialogo
cristiano-islamico ha trovato sui mezzi di comunicazione di massa. Cogliamo
l'occasione per ringraziare tutte le testate giornalistiche e
radiotelevisive che hanno dato risalto a questa iniziativa. L'attenzione
dimostrata dai mezzi di comunicazione locali e nazionali e' il segno che la
questione del dialogo con l'islam e' un argomento vero di questo nostro
tempo.
Fra le strutture che maggiormente si sono impegnate sul piano nazionale per
la riuscita dell'appello, ricordiamo quelle di Pax Christi e del Sae
(Segretariato Attivita' Ecumeniche) e della rete Glam (Globalizzazione e
ambiente) della Fcei.
Segnaliamo, infine, importanti iniziative editoriali sul tema dei rapporti
con l'Islam fra cui quella della Emi. Invitiamo, a tale proposito, tutte le
librerie ad allestire in occasione del 29 novembre appositi spazi espositivi
con i libri sull'islam dando il giusto spazio anche alle editrici islamiche
come ad esempio Hal-Hikma.
Invitiamo tutti i cristiani del nostro paese, ma anche tutti gli uomini e le
donne di buona volonta', a digiunare il 29 novembre in segno di pace e di
fratellanza con i musulmani e con quanti soffrono la fame e l'ingiustizia di
questo nostro tempo cosi' gravido di pericoli di guerra di cui non vi e'
ancora la necessaria consapevolezza.
Suggeriamo di dar vita, con grande liberta', ad una qualsiasi delle seguenti
iniziative:
1. Organizzare incontri pubblici fra cristiani e musulmani;
2. Invitare esperti a parlare delle opportunita' e dei problemi delle
relazioni cristiano-musulmane;
3. Visitare una moschea e concludere insieme il digiuno di Ramadan;
4. Invitare nella propria chiesa, in parrocchia o nella comunita' un
musulmano, immigrato o no, a raccontare la propria esperienza ("spazio di
narrazione");
5. Pregare da soli, insieme, in comunita' per la pace nel mondo e il ruolo
delle religioni nel processo di pace. Nelle eucaristie, nelle Sante Cene e
nelle divine liturgie di quel giorno e dei giorni seguenti, pregare per il
dialogo ecumenico e interreligioso;
6. affermare, con un comunicato stampa, un volantino, una dichiarazione
pubblica, il proprio rifiuto alla logica della guerra e dello "scontro di
civilta'", a favore del dialogo ecumenico e interreligioso;
7. digiunare (come il 14 dicembre 2001) e devolvere il risparmio ai poveri o
ad azioni di solidarieta'.
Auguriamo a tutti, cristiani e musulmani ma anche ai non religiosi che
vogliano aderire alle iniziative di dialogo, che il 29 novembre 2002 possa
essere una giornata di pace ed un momento per vivere quella che un grande
vescovo del sud, don Tonino Bello, chiamava la "convivialita' delle
differenze".
*
Ricordiamo che e' disponibile un libro della Emi, dal titolo La rivincita
del dialogo, ed un numero speciale del periodico "Il dialogo" (sito:
www.ildialogo.org) con articoli, documenti, proposte di liturgie,
finalizzate ad aiutare quanti vogliano approfondire le ragioni del dialogo e
i contenuti dell'appello ecumenico a fare del 29 novembre 2002 la giornata
nazionale del dialogo cristiano-islamico.
Il libro puo' essere richiesto direttamente alla Emi, sito: www.emi.it, tel:
051326027, fax: 051327552, e-mail: sermis@emi.it
Il numero speciale della rivista puo' essere richiesto alla redazione de "Il
dialogo" via e-mail redazione@ildialogo.org o telefonando al 3337043384. Il
costo dello speciale e' di 50 centesimi di euro a copia comprese le spese di
spedizione con un invio minimo di 25 copie. In alternativa lo speciale puo'
essere scaricato gratuitamente dal sito de "Il dialogo", www.ildialogo.org,
e riprodotto a proprie spese.
Sono disponibili altresi' un fascicolo curato da Stefano Allievi dal titolo
"Islamica" che comprende tutta la principale bibliografia in italiano
sull'islam (si puo' richiedere gratuitamente a cultura@carpidiem.it ) e il
numero speciale di "Confronti" dal titolo Noi e loro (che si puo' richiedere
a redazione@confronti.net).
*
Per firmare l'appello e per adesioni o segnalazione di iniziative, ci si
puo' rivolgere a:
- redazione@ildialogo.org, tel. 3337043384
- b.salvarani@carpi.nettuno.it, tel. 3291213885
Per l'elenco completo dei firmatari dell'appello, per tutti i materiali ad
esso relativi e per le iniziative in corso si puo' visitare il sito:
www.ildialogo.org

11. LIBRI. "IL WEB DELLE DONNE": UNA GUIDA AI SITI FEMMINILI IN INTERNET
[Da "Femmis" (sito: www.femmis.org) riprendiamo questa segnalazione di un
utile strumento di lavoro edito dalla rivista "Marea" (sito: www.marea.it)]
A cura della rivista "Marea", Il web delle donne, guida ai siti femminili in
internet, Erga edizioni, pp. 64, euro 5.
Oltre 300 siti commentati e raggruppati per argomento. La prima guida agile
e veloce per conoscere i siti piu' interessanti, divertenti, utili fatti da
donne nella rete delle reti. E in piu' un prezioso "vocabolario" per
orizzontarsi nella navigazione nel web e una bibliografia sull'argomento.
L'idea di questo manuale nasce da una constatazione: gli opuscoli e i libri
tecnici sull'uso della rete sono ormai decine.
Le pubblicazioni destinate a chi vive e lavora usando un computer sono
molte, arricchite spesso di gadget multimediali che, mese dopo mese, vanno
ad ingrossare il gia' nutrito mucchio di floppy e cd-rom che aspettano nei
cassetti delle postazioni.
Occasionalmente, tra le segnalazioni fatte nelle pagine delle riviste, sono
citati alcuni siti di donne, o le presunte percentuali di surfiste della
rete, ma le informazioni su cosa facciano, e sul perche' molte donne
scelgano di usare la rete sono davvero un'eccezione. E' piu' facile che
siano indicati, con regolarita' e dovizia di particolari, i siti dedicati
alle automobili, alla musica, allo scambio tra collezionisti, al sesso piu'
o meno spinto, piuttosto che gli indirizzi dei siti dedicati alla produzione
culturale, ludica, politica delle donne.
Dunque ecco uno strumento speriamo utile, e senz'altro primo nel suo genere,
per fare un po' di luce su un mondo fertile e intelligente: quello delle
donne che scrivono, leggono, informano, discutono, si riuniscono, si
conoscono e si riconoscono attraverso la rete.
Tre introduzioni: di Angela Azzaro, Attilia Cozzaglio e Monica Lanfranco,
curatrice del manuale.
Le recensioni dei siti sono suddivisi secondo capitoli: Arte, Benessere,
Comunita', Culture, Ecologia, Eros, Istituzioni, Lavori, Madri e padri,
Magia e dintorni, Media, No violence, Ragazze, Tecnologie e Tempo libero.
I siti nati dopo la pubblicazione della guida saranno segnalati
tempestivamente sulla home page di "Marea"
Richiedetelo alla redazione: tel. 010543684, e-mail: mochena@village.it o
anche: lauguide@tin.it

12. RILETTURE. AMERICAN FRIENDS SERVICE COMMITTEE: NON FARE LA GUERRA
American Friends Service Committee, Non fare la guerra, Laterza, Bari 1969,
pp. XVI + 168. Un rilevante documento del pacifismo quacchero americano
contro il servizio militare.

13. RILETTURE. GIOCONDA BELLI: DALLA COSTOLA DI EVA
Gioconda Belli, Dalla costola di Eva, Edizioni Mondo Nuovo, Milano 1990, pp.
220, lire 16.000. Una raccolta di versi della piu' nota poetessa e
scrittrice nicaraguense.

14. RILETTURE. JOHAN GALTUNG: BUDDHISMO. UNA VIA PER LA PACE
Johan Galtung, Buddhismo. Una via per la pace, Edizioni Gruppo Abele, Torino
1994, pp. 138, lire 24.000. Un bel saggio scritto da uno dei massimi
peace-researcher.

15. RILETTURE. TAMAR PITCH: SOCIOLOGIA ALTERNATIVA E NUOVA SINISTRA NEGLI
STATI UNITI D'AMERICA
Tamar Pitch, Sociologia alternativa e nuova sinistra negli Stati Uniti
d'America, La Nuova Italia, Firenze 1977, pp. 156. Questo saggio della
prestigiosa studiosa e' ancora una lettura di grande interesse.

16. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

17. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti, la e-mail e': azionenonviolenta@sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben@libero.it;
angelaebeppe@libero.it; mir@peacelink.it, sudest@iol.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it. Per
contatti: info@peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it

Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio
con richiesta di rimozione a: nbawac@tin.it

Numero 428 del 27 novembre 2002