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Luisa Morgantini intervista il Presidente del Dehap, Mehmet Abbasoglu




Intervista a Istanbul  al  Presidente del Dehap, Mehmet Abbasoglu, al quale 
con una decisione del Tribunale di Ankara per tempo
indefinito è vietato lasciare la Turchia.

di LUISA MORGANTINI

Come valuta questi risultati elettorali, si tratta davvero di una svolta 
storica per la Turchia?

La Turchia è un paese interessante e particolare, intanto ha una legge
elettorale antidemocratica, lo potete vedere dai risultati, su 41 milioni 
di aventi diritto al voto in 32 milioni hanno votato, di questi, il 46 per 
cento , pur avendo scelto un partito non avranno nessuna rappresentanza in 
parlamento per non aver raggiunto il quorum del 10%. L' AKP, ha stravinto 
con il 34%, ma rappresenta soltanto il 25% dell'elettorato, eppure grazie a 
questa legge
ha preso 364 seggi su 550. La nostra non è una società sana,  la
popolazione è stata corrotta e delusa dalla crisi economica oltre che dalla 
incapacità dei precedenti governi,  basti pensare che Ecevit che nel 99 
aveva vinto  le elezioni con il 23% oggi ha  ottenuto  l'1.3%. Ha pagato 
cosi' la mancanza di principi e di ideali . L'AKP ha raccolto i voti di una 
composita base sociale, dai poveri  agli industriali del Tusiad e  del 
Musiad. Non penso che Erdogan sia cosi' autonomo, la vecchia nomenclatura, 
compresi i militari,  deciderà ancora e il problema curdo  resta  un banco 
di prova.

Come si caratterizza la pratica politica dell'AKP?

E' un partito  nuovo, per ora si adatta alle diverse situazioni, noi
diciamo che si presenta  islamista a Konya, curdo a Sirnak, kemalista ad 
Ankara, quello che è  certo  è che è liberista in economia, in questo senso 
il FMI puo' dormire sonni tranquilli, meno l'Unione Europea che è più 
interessata alla democrazia e al rispetto dei diritti umani, bisogna
ricordare che gli islamisti hanno  votato contro la soppressione della pena 
di morte.

Il Dehap è il primo partito nella regione del Kurdistan anche se molti voti 
sono andati all'AKP e anche ad  altri partiti.
La delusione di non essere entrati al Parlamento pensa che
possa determinare un allontanamento dei curdi dalla partecipazione politica
e dal Dehap?


Certo entrare al parlamento sarebbe stato di enorme importanza. Abbiamo 
lavorato molto,  l'entusiasmo e la partecipazione alle nostre
manifestazioni ci aveva fatto ben sperare. Abbiamo condotto una campagna 
elettorale affrontando estreme difficoltà e discriminazioni, praticamente 
inesistenti sui media, controllati e bloccati dalla polizia e 
dall'esercito, un solo esempio il nostro pulmann con i candidati è stato 
fermo due giorni ad un posto di blocco. Nei villaggi sono state fatte gravi 
intimidazioni, gli ufficiali hanno raccolto i mukhtar e spiegato che se un 
solo voto per il Dehap fosse uscito dalle urne tutti ne avrebbero pagato le 
conseguenze, niente carte d'identità, assistenza medica, lavoro, molti i 
ricatti delle guardie dei villaggi.
Dove vi sono i nostri sindaci, il governo centrale taglia ogni forma di 
sostegno economico cercando in questo modo di sottrarci consenso.
La società curda  è in gran  parte ancora una società feudale chiusa dove 
dominano i clan e la religione gioca un ruolo importante, se si analizza il 
voto si vede dove i proprietari terrieri o i religiosi hanno fatto una 
propaganda e una pressione ferrea  perché noi siamo laici e di sinistra.
Malgrado tutto ciò siamo in netta maggioranza, nella città di Dyarbakir
abbiamo preso il  56 per cento. Moltissimi sono i  curdi che non hanno
potuto votare, sfollati, profughi.
Non siamo entrati in parlamento e questa è una sconfitta, se però 
guardiamon più lontano e pensiamo alla questione curda vediamo che la 
consapevolezza della nostra identità la determinazione a non essere 
assimilati è sempre più evidente,  i colori della nostra bandiera hanno 
sventolato in tutte le manifestazioni, molti  candidati hanno parlato  in 
curdo, anche se la legge elettorale prevede che l'unica lingua ammessa 
sia  il turco, con questa campagna elettorale  ci siamo indubbiamente 
rafforzati.
Un  fatto nuovo si è verificato con queste elezioni, due partiti turchi 
anche se piccoli, hanno partecipato insieme all' Hadep  a formare la lista 
del Dehap, questo uscire dalla rappresentanza solo curda è una scelta 
limitata alle elezioni o di lungo periodo?

Non è stata una scelta, per avere più voti che infatti , vista la
dimensione dei due partiti non sono stati molti, ma strategica, vogliamo
continuare e ampliare le nostre alleanze, perché come dicevo all'inizio il
problema curdo rimane il cuore del problema e la Turchia  potrà andare
verso le democrazia solo se sarà capace di riconoscere identità e autonomia
ai curdi, potremo parlare la nostra lingua, dare nomi curdi ai nostri
figli. Insieme curdi e turchi dobbiamo unirci per uscire dalla povertà e
dalla crisi economica, in questo senso giustizia sociale,  libera
espressione della nostra identità e delle differenze culturali, politiche e
religiose è la strada sulla quale siamo incamminati.