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La nonviolenza e' in cammino. 406
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO
Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it
Numero 406 del 5 novembre 2002
Sommario di questo numero:
1. Ernesto Balducci ricorda Giorgio La Pira
2. Una commemorazione a Viterbo il 4 novembre contro tutte le guerre
3. Alberto Castagnola, relazione al seminario della Rete Lilliput sulla
nonviolenza
4. Pasquale Pugliese, relazione al seminario della Rete Lilliput sulla
nonviolenza
5. Seyla Benhabib, La posta in gioco
6. Dibattiti promossi e segnalati dalla Marcia mondiale delle donne a
Firenze
7. Dario Fo e Franca Rame, appello al Presidente della Repubblica affinche'
non firmi la legge Cirami
8. Lalla Romano, come prigionieri stanchi
9. Giulio Vittorangeli, sosteniamo la "campagna bananeras"
10. Aggiornato il sito del "COS in rete"
11. Letture: Tahar Ben Jelloun: Jenin, un campo palestinese
12. Riletture: AA. VV., Kinomata. La donna nel cinema
13. Riletture: Norberto Bobbio, Teoria generale del diritto
14. Riletture: Mariateresa Fumagalli Beonio Brocchieri, Le bugie di Isotta.
Immagini della mente medievale
15. Riletture: Paul Ricoeur, Persona, comunita' e istituzioni
16. Riletture: Maria Zambrano, Verso un sapere dell'anima
17. La "Carta" del Movimento Nonviolento
18. Per saperne di piu'
1. MEMORIA. ERNESTO BALDUCCI RICORDA GIORGIO LA PIRA
[Questo minimo brano abbiamo estratto dalla pagina iniziale del bel libro
che Ernesto Balducci ha dedicato alla figura dell'amico e sodale Giorgio La
Pira. Oggi, nel venticinquesimo anniversario della scomparsa, presso il
Centro di ricerca per la pace di Viterbo si terra' una commemorazione del
"sindaco della pace". Ernesto Balducci e' nato a Santa Fiora (in provincia
di Grosseto) nel 1922, ed e' deceduto a seguito di un incidente stradale nel
1992. Sacerdote, insegnante, scrittore, organizzatore culturale, promotore
di numerose iniziative di pace e di solidarieta'. Fondatore della rivista
"Testimonianze" nel 1958 e delle Edizioni Cultura della Pace (Ecp) nel 1986.
Oltre che infaticabile attivista per la pace e i diritti, e' stato un
pensatore di grande vigore ed originalita', le cui riflessioni ed analisi
sono decisive per un'etica della mondialita' all'altezza dei drammatici
problemi dell'ora presente. Opere di Ernesto Balducci: segnaliamo
particolarmente alcuni libri dell'ultimo periodo: Il terzo millennio
(Bompiani); La pace. Realismo di un'utopia (Principato), in collaborazione
con Lodovico Grassi; Pensieri di pace (Cittadella); L'uomo planetario
(Camunia, poi Ecp); La terra del tramonto (Ecp); Montezuma scopre l'Europa
(Ecp). Si vedano anche l'intervista autobiografica Il cerchio che si chiude
(Marietti); la raccolta postuma di scritti autobiografici Il sogno di una
cosa (Ecp); il manuale di storia della filosofia, Storia del pensiero umano
(Cremonese), ed il corso di educazione civica Cittadini del mondo
(Principato), in collaborazione con Pierluigi Onorato. Opere su Ernesto
Balducci: cfr. i due fondamentali volumi monografici di "Testimonianze" a
lui dedicati: Ernesto Balducci, "Testimonianze" nn. 347-349, 1992; ed
Ernesto Balducci e la lunga marcia dei diritti umani, "Testimonianze" nn.
373-374, 1995. Un'ottima rassegna bibliografica preceduta da una precisa
introduzione biografica e' il libro di Andrea Cecconi, Ernesto Balducci:
cinquant'anni di attivita', Libreria Chiari, Firenze 1996. Recente e' il
libro di Bruna Bocchini Camaiani, Ernesto Balducci. La Chiesa e la
modernita', Laterza, Roma-Bari 2002. Cfr. anche Enzo Mazzi, Ernesto Balducci
e il dissenso creativo, Manifestolibri, Roma 2002. Riferimenti utili:
Fondazione Ernesto Balducci, via Badia dei Roccettini 11, S. Domenico di
Fiesole (Fi). Giorgio La Pira e' nato nel 1904 a Pozzalo e deceduto a
Firenze del 1977; giurista, storico, politico, pubblico amministratore;
costituente e parlamentare, sindaco di Firenze; profonda coscienza
religiosa, impegnato in rilevanti iniziative di pace e di solidarieta'.
Opere di Giorgio La Pira: segnaliamo almeno tra le edizioni apparse
all'indomani della scomparsa: Principi, Lef, Firenze 1979; L'attesa della
povera gente, Lef, Firenze 1978; Le premesse della politica. Architettura
per uno stato democratico, Lef, Firenze 1978; Lettere alle claustrali, Vita
e pensiero, Milano 1978; Le citta' sono vive, La Scuola, Brescia 1978; La
casa comune. Una costituzione per l'uomo, Cultura Editrice, Firenze 1979; Il
sentiero di Isaia, Cultura Editrice, Firenze 1979; per l'epistolario: (a
cura di Alessandro Quasimodo), Quasimodo - La Pira. Carteggio, Scheiwiller,
Milano 1980; (a cura di Francesco Mercadante), Lettere a Salvatore
Pugliatti, Studium, Roma 1980; (a cura di Dino Pieraccioni), Lettere a casa
(1926-1977), Vita e pensiero, Milano 1981. Opere su Giorgio La Pira: Ernesto
Balducci, Giorgio La Pira, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di
Fiesole (Fi) 1986; Amintore Fanfani, Giorgio La Pira, Rusconi, Milano 1978;
Antonio Lugli, Giorgio La Pira, Messaggero, Padova 1978; Giuseppe Miligi,
Gli anni messinesi di Giorgio La Pira, Scheiwiller, Milano 1980; Fioretta
Mazzei, La Pira. Cose viste e ascoltate, Lef, Firenze 1980; AA. VV., La Pira
oggi, Atti del I convegno di studi, 4-7 novembre 1981, Fondazione G. La
Pira, Cultura, Firenze 1983; Pasquale Maffeo, Giorgio La Pira, EDB, Bologna
1986; Vittorio Citterich, Un santo al Cremlino, Edizioni Paoline 1986. Un
bel profilo sintetico e' stato pubblicato recentemente in "Rocca" n.
13/2000]
[Nell'autunno del '44] La Pira era gia' una leggenda, nel mondo a cui
appartenevo. Non sapevo, allora, che per un anno intero aveva dovuto tenersi
al sicuro dai fascisti, rifugiandosi prima sulle colline del Chianti e poi a
Roma, e che era tornato a Firenze da poco, il 2 settembre. Ne' potevo
immaginare che quel piccolo uomo era alla vigilia di uno straordinario
destino politico e che avrebbe mobilitato, per una avventura sotto molti
aspetti unica nella nostra storia, una citta' intera, segnando per sempre la
vita di molte coscienze. Compresa la mia.
2. INIZIATIVE. UNA COMMEMORAZIONE A VITERBO IL 4 NOVEMBRE CONTRO TUTTE LE
GUERRE
[Riportiamo un comunicato diffuso ieri dal Centro di ricerca per la pace che
riferisce dell'esito dell'iniziativa "Ogni vittima ha il volto di Abele"]
Questa mattina in piazza del sacrario a Viterbo si e' svolta la cerimonia di
commemorazione delle vittime di tutte le guerre promossa dal Centro di
ricerca per la pace con il motto "Ogni vittima ha il volto di Abele" e con
l'impegno sancito dalla Costituzione della Repubblica Italiana: "L'Italia
ripudia la guerra".
Nel silenzio e nel raccoglimento piu' profondi e' stato deposto un fiore
dinanzi al sacello delle vittime della prima guerra mondiale, un altro fiore
e' stato deposto dinanzi al monumento che ricorda le vittime della seconda
guerra mondiale, ed un terzo dinanzi alla lapide che ricorda in particolare
le vittime del nazifascismo.
La cerimonia ha avuto inizio alle ore 8 e si e' conclusa alle ore 8,30.
La scelta dell'orario e' stata determinata dalla precisa e netta volonta' di
distanziare temporalmente oltre che sul piano morale l'iniziativa di
commemorazione delle vittime delle guerre promossa dalla struttura
pacifista, rispetto alla "festa della guerra e degli apparati di morte" che
alcune ore dopo sara' oscenamente inscenata dai comandi militari e dalle
autorita' politiche.
Possa venire presto un tempo in cui non si permettera' piu' di insultare la
memoria delle vittime della guerra; possa venire presto un tempo in cui
sara' proibito di oscenamente festeggiare la guerra, l'uccidere, gli
apparati di morte; possa venire un tempo in cui si adempia la speranza e la
profezia del compianto padre Ernesto Balducci: che la guerra, uscita per
sempre dalla sfera della razionalita', sia infine cancellata dalla storia
umana.
Conclusasi l'iniziativa, il responsabile del Centro di ricerca per la pace
ha diffuso la seguente dichiarazione:
1. La guerra e' nemica dell'umanita', poiche' essa consiste nell'uccisione
di esseri umani. Non solo: nell'epoca aperta dall'orrore di Hiroshima la
guerra mette in pericolo la sopravvivenza stessa della civilta' umana.
Cosicche' e' un indispensabile imperativo morale e civile, e un cruciale
necessario progresso culturale e politico, il ripudio assoluto della guerra,
la sua assoluta e definitiva esclusione dal novero dei mezzi a disposizione
dell'umanita' per gestire e risolvere i conflitti.
2. Vanno smascherati e confutati gli speciosi sofismi di quanti la guerra
propugnano:
- La guerra non e' efficiente nel contrastare il terrorismo: poiche' essa e'
prosecuzione e seminagione di stragi, odio e terrore: essa e' il trionfo del
terrorismo; e' terrorismo elevato all'ennesima potenza.
- La guerra non e' efficiente nel contrastare le dittature: poiche' essa le
dittature provoca e moltiplica, e poiche' essa stessa riducendo gli esseri
umani a nulla e' dittatura e nichilismo nella sua essenza e nel suo farsi.
- La guerra non e' di natura diversa dall'omicidio: solo che essa omicidi
esegue su scala di massa. E' quindi ingigantimento dell'omicidio, omicidio
in forma di strage. E poiche' giustamente consideriamo un progresso grande e
un provvedimento necessario - fortunatamente in Italia gia' inserito
nell'ordinamento - l'abolizione dai sistemi penali della cosiddetta "pena di
morte" (scilicet: omicidio di eseri umani da parte di ordinamenti
giuridici), a maggior ragione dobbiamo estendere tale giudizio e tale
interdetto alla guerra, che appunto consiste nell'irrogazione della morte a
tanti esseri umani oltretutto senza processo e nella gran parte di essi del
tutto innocenti di qualsivoglia crimine. Se prendiamo sul serio la nostra
stessa legislazione penale, a maggior ragione la guerra e' incompatibile col
nostro stato di diritto, con la nostra democrazia, con la nostra civilta'
giuridica, con la nostra civile convivenza.
3. Solo chi ripudia la guerra e' fedele alla Costituzione della Repubblica
Italiana e alla Carta delle Nazioni Unite, ovvero alle fondamentali fonti di
diritto cui tutti dovremmo ispirarci nel nostro agire. Con riferimento alla
Costituzione della Repubblica Italiana, che all'articolo 11
inequivocabilmente ed irrevocabilmente "ripudia la guerra", va sottolineato
che siamo in presenza di un obbligo di legge per tutti cogente, non
eludibile da parte di alcun cittadino italiano, non eludibile da parte di
alcuna istituzione italiana che in tanto e' legittima in quanto fedele alla
Costituzione.
4. Ma infine e decisivamente: la guerra consiste nell'uccidere, nega quindi
il diritto alla vita. ma se si nega il diritto alla vita, cessa la base
materiale di tutti i diritti umani e il primo e fondante di essi diritti; e
cessa altresi' la possibilita' della convivenza, della societa', della
civilta'; e cessa infine l'umanita' stessa come esistenza concreta degli
individui che la compongono, come solidarieta' che tutti gli esseri umani
tiene insieme, come impresa ed essenza comune - la cultura umana, la
civilta' umana, la condizione umana, l'umana famiglia - di tutti gli esseri
umani passati, presenti e futuri; e come sentimento, come concetto, come
realta'.
5. Le vittime delle guerre passate devono essere un perenne monito affinche'
non abbiano luogo nuove guerre che nuove vittime provocherebbero. Il
rispetto alle vittime dovuto deve estrinsecarsi nell'impegno ad impedire che
nuove vittime vi siano.
6. Solo chi si oppone a nuove guerre esprime sincero lutto e solidarieta'
autentica per le vittime delle guerre passate. Chi invece nuove guerre
propugna, prepara, decide, avalla, comanda ed esegue e' indegno di
commemorare le vittime delle guerre passate, poiche' col suo agire
nuovamente le uccide e le umilia.
7. Solo se si e' costruttori di pace si e' avversari della guerra. E solo se
si e' avversari della guerra si raccoglie il muto messaggio delle vittime
della guerra, l'appello che dal loro volto, dalla loro vicenda promana. E
per essere costruttori di pace occorre fare la scelta teoretica e pratica,
morale e civile, della nonviolenza. La nonviolenza e' la scelta
dell'opposizione integrale, la piu' nitida e la piu' intransigente, alla
violenza in tutte la sue forme: alle oppressioni, come alle dittature, come
al terrorismo, come alle guerre. La nonviolenza, come ebbe a scrivere Aldo
Capitini, e' il varco attuale della storia.
3. RIFLESSIONE. ALBERTO CASTAGNOLA: RELAZIONE AL SEMINARIO DELLA RETE
LILLIPUT SULLA NONVIOLENZA
[Pubblichiamo il testo della relazione di Alberto Castagnola "Campagne per
una economia di giustizia e prassi di nonviolenza attiva: un incontro
possibile?" presentata al seminario sulla nonviolenza promosso dalla Rete
Lilliput a Ciampino il 27-29 settembre 2002. Alberto Castagnola e' nato a
Roma nel 1936, economista, ricercatore presso l'Ispe. Collabora con l'
Archivio Disarmo, Idoc, Greenpeace Italia, l'Associazione per la pace, la
rete Lilliput. Tra le opere di Alberto Castagnola: Multinazionali ed imprese
estere in Italia (1982); Alle radici della fame (1984); Biotecnologie, una
nuova industria (1986); La riconversione dell'industria militare (con Mario
Pianta, 1990)]
1. Nel documento che lanciava l'idea della costituzione della Rete Lilliput,
il manifesto nato all'interno del Tavolo delle Campagne qualche mese prima
di Seattle, veniva esplicitata la scelta in favore della nonviolenza come
criterio che doveva ispirare l'azione della rete e come metodo che doveva
connotare le azioni e le mobilitazioni dell'insieme dei gruppi che avessero
aderito a Lilliput, anche se non tutti i gruppi che si sono rivolti alla
rete per collaborare avevano gia' maturato delle esperienze basate sulla
filosofia della nonviolenza. Quindi, mentre gran parte dei gruppi erano
caratterizzati da analisi e azioni relative ai temi internazionali, (anche
se operavano in settori diversi, dal commercio equo e solidale al sostegno
di popolazioni in difficolta'), l'ispirazione nonviolenta era una scelta
fatta a priori, basata evidentemente su alcune valutazioni della situazione
determinatasi a livello internazionale e in particolare nei paesi del Sud
del mondo. Essa quindi richiedeva alla Rete un particolare impegno per
quanto riguardava l'approfondimento e una convinta adesione alla teoria e
alla pratica di tale visione del mondo.
2. L'occasione di effettuare un massiccio intervento di approfondimento dei
problemi della nonviolenza e di adottare su scala relativamente ampia delle
tecniche con essa coerenti si e' presentata alla Rete Lilliput in previsione
della mobilitazione di Genova del luglio 2001. Venne all'epoca deciso, con
un notevole anticipo, di avviare un intenso programma di formazione e la
costituzione di gruppi di affinita', costituiti da persone che adeguatamente
formate e abituate a svolgere azioni nonviolente insieme, dovevano essere in
grado di partecipare senza rischi e di svolgere attivita' dimostrative,
attraenti e sensibilizzanti. Le persone formate, anche se a livelli diversi
di preparazione, furono circa 500, ma questo numero, per quanto rilevante
per gli scarsi mezzi a disposizione, si rivelo' assolutamente insufficiente
di fronte all'estremo grado di violenza che caratterizzo' i giorni delle
manifestazioni, ad eccezione di alcune situazioni dove i gruppi Lilliput
furono in grado di effettuare azioni di nonviolenza attiva piuttosto
rilevanti a ridosso della cosiddetta "zona rossa". Viceversa la protezione e
la compattezza dei cortei non furono realizzate nella misura che sarebbe
stata necessaria vista la violenza scatenatasi in piu' parti della città.
3. In questi giorni sono stati rinnovati gli impegni sulle scelte
nonviolente e si stanno decidendo ulteriore tentativi di formazione per
altri gruppi di lillipuziani, in quanto la Rete intende approfondire la
tematica all'interno di tutti i nodi e organizzare dei Gruppi di azione
nonviolenta (in sigla: Gan) ovunque sia possibile. Le mobilitazioni sia
nazionali che locali lanciate dalla Rete (possibilmente non da sola),
richiederanno certamente lo svolgimento di iniziative di pressione non
saltuarie e piu' incisive, dato l'aggravarsi della situazione internazionale
(con guerre e coinvolgimenti diretti dell'Italia) e le prospettive non certo
positive che si delineano in questi giorni (tra crisi economiche e conflitti
senza limiti).
4. Se si guarda alle iniziative lanciate dai gruppi di lavoro tematici nel
corso del 2002, si puo' cercare di dare loro una certa sistematicità e
coerenza se si ipotizza che la Rete sta cercando di far operare tutti i nodi
e quindi la maggior parte dei gruppi aderenti in alcune "dimensioni
culturali" che dovrebbero, nel giro di qualche mese, ispirare e
caratterizzare le iniziative concrete avviate o in programma.
In modo abbastanza schematico, si possono individuare almeno quattro filoni
di pensiero e di elaborazione attualmente perseguiti (anche se non tutti
hanno raggiunto lo stesso livello di acquisizione e diffusione):
a) Rifiuto del pensiero liberista e della globalizzazione dominante e avvio
della riflessione sulla economia solidale;
b) Principi e tecniche della nonviolenza attiva;
c) Criteri e metodologie del calcolo dell'impronta ecologica;
d) La partecipazione della societa' civile alla definizione del bilancio
degli enti locali.
In sostanza sembra che la Rete, pur con i vincoli derivanti dalle limitate
disponibilita' di mezzi, cerca di far acquisire a tutti i gruppi
partecipanti un minimo di conoscenza (sulle teorie e sulle metodologie di
attuazione) di alcuni sistemi di interpretazione del mondo e di possibilita'
concrete di intervenire per modificare dei meccanismi dominanti giudicati
inaccettabili.
5. Occorre far notare che non si tratta di diffondere o imporre alcune
ideologie gia' sistematizzate, da accogliere o rifiutare senza poter fare
alcuna elaborazione. Si tratta invece di alcune posizioni, ad esempio verso
il sistema economico dominante, gia' condivise dai gruppi aderenti, per le
quali si cerca di individuare i metodi di azione piu' adeguati per costruire
sistemi alternativi. Inoltre, questa impostazione, come nel caso
dell'impronta ecologica, non propone alla Rete, ai nodi, alle associazioni
e ai gruppi aderenti, di diventare una organizzazione ambientalista o di
assorbire tutto il pensiero ecologista e le diverse posizioni dei "verdi",
ma suggerisce invece che le iniziative della Rete devono sempre tenere
presente il rischio di danno ambientale delle proposte formulate e
l'eccessivo onere che gia' da tempo grava sulle popolazioni del mondo e che
impone interventi di urgenza (dal blocco delle nuove dighe alla sostituzione
delle fonti energetiche non riproducibili).
6. In questo senso il pensiero nonviolento deve costituire la base
dell'alternativa, in una prospettiva di economia non competitiva e meno
veloce, fortemente influenzata dalla ricerca della giustizia, della
solidarieta' e della salvaguardia della natura. A questa ispirazione,
inoltre, si deve accompagnare, per una parte almeno dei partecipanti ai
gruppi della Rete, quelli piu' attivi e orientati alla realizzazione delle
alternative, un aumento delle capacita' di reagire alle violenze e alle
illegalita' del sistema con metodi e tecniche di nonviolenza attiva. Cio'
significa potenziare le capacita' di esercitare pressioni durature e
progressivamente crescenti, volte al conseguimento di obiettivi concreti.
Occorrono formazione ed esercitazioni, perche' ogni nodo giunga a disporre
sul proprio territorio di gruppi di persone in grado di dare sostanza alle
iniziative e alle mobilitazioni, per scopi locali o per partecipare alle
mobilitazioni nazionali o internazionali.
7. Questa maniera di concepire la Rete come una entita' che agisce
sperimentando ed elaborando ipotesi di lettura della realta' e costruendo
nuovi modelli da verificare senza mediazioni, dovrebbe permettere (in misura
ancora non prevedibile) di evitare alcuni aspetti dell'agire politico che
risultano aver fortemente ridotto le capacita' di analizzare la realta' e di
elaborare progetti sociali attraenti:
- Permettere di individuare obiettivi concreti anche in assenza di un
compiuto modello alternativo a quello dominante (ad esempio, sono gia' molti
anni che il modello di tipo socialista e' praticamente scomparso
dall'orizzonte del pensiero politico) e quindi senza perdere troppo tempo
nelle teorizzazioni prive di riscontri nella realta' e senza capacita' di
radicamento sociale.
- Permettere di costruire continuamente dei rapporti tra teoria e pratica,
senza perdersi nelle elucubrazioni e sperimentando subito nel concreto la
validità delle idee emerse.
- Poter operare senza bisogno di leader carismatici o del lavoro estremo di
militanti votati al sacrificio oppure di rappresentanti ad alta risoluzione
mediatica, ma facendo funzionare un organismo complesso capace di
valorizzare tutti e di espandersi e di riorganizzarsi continuamente.
8. Infine, sembra sia opportuno concludere questi ragionamenti (in gran
parte considerazioni dirette a spingere in avanti il processo in atto, volte
a provocare reazioni costruttive), fornendo almeno due giustificazioni di
fondo di questa scelta nonviolenta che continua ad apparirci l'unica
significativa nella attuale situazione internazionale.
a) La storia degli ultimi decenni sembra caratterizzata da un accentuarsi
dei meccanismi di sopraffazione su larga scala: il prelievo illimitato delle
risorse dalla terra e dalle popolazioni del Sud del mondo, la diffusione dei
sistemi di sfruttamento senza controlli della manodopera (con l'aumento
incessante della forza lavoro in condizioni simili alla schiavitu' e di
quella minorile), l'aumento delle migrazioni per insostenibilita' della vita
nei paesi di origine o per i movimenti forzosi causati da conflitti o da
crisi ambientali, l'aumento delle persone colpite da malattie endemiche
curabili (tubercolosi, malaria, ecc.) e di quelle ancora in lotta contro la
fame e la malnutrizione, la carenza di terre disponibili e l'inurbamento
sempre piu' accelerato. Tutti questi fenomeni sono ancora affrontati con
interventi poco efficaci o che addirittura tendono a peggiorare la
situazione e ancora non si registrano segnali di un cambiamento delle
strategie delle organizzazioni internazionali e dei paesi piu' ricchi.
Il primo obiettivo sembra quindi essere quello di ridurre drasticamente i
meccanismi che generano violenza e sofferenze, cercando di ridare capacita'
di movimento e di iniziative ai piu' di tre miliardi di persone poste ai
margini dei processi evoluti positivi. Si deve quindi svelare la violenza
insita in tanti meccanismi economici e sociali gabellati come neutrali o
addirittura positivi mentre e' ormai molto difficile pensare di entrare in
conflitto con essi quando le popolazioni che sono state immerse nel
benessere (o presunto tale) dei paesi industriali non sono disposti a
metterlo in discussione, quando non vogliono addirittura difenderlo ad ogni
costo, incluse delle guerre sanguinose e senza fine. L'azione di
"svelamento" richiede preliminarmente un forte giudizio negativo rispetto ai
meccanismi di violenza e quindi l'azione di persone che siano uscite dalle
illusioni dello "sviluppo per tutti", siano cioe' decondizionate dalle
lusinghe del falso benessere. L'ispirazione nonviolenta costituisce
sicuramente una buona base per conseguire la necessaria autonomia di
pensiero e di modalità di consumo.
b) La seconda motivazione e' emersa con estrema chiarezza a Genova nel 2001
ma e' stata piu' volte riconfermata dal mese di settembre dello stesso anno
ad oggi, ma con prospettive tendenti sicuramente all'aumento per un futuro
non breve. Si potrebbe semplificare in termini di riapparizione del ricorso
alle aggressioni militari come comportamento "normale" nei rapporti tra gli
Stati, ma queste parole non sono affatto sufficienti a descrivere quanto sta
succedendo sotto i nostri occhi. In realta', infatti, come confermano in
pratica tutte le analisi anche un anno dopo il salto qualitativo degli
attacchi terroristici, i maggiori Stati sembrano essere ritornati trecento
anni indietro, in quanto tutte le norme e le convenzioni faticosamente
emerse per ridurre alcuni degli aspetti piu' tremendi delle guerre (rispetto
delle popolazioni civili, divieto di uso di mezzi letali non controllabili
come le armi chimiche e quelle batteriologiche, nuove ipotesi di uso di un
nucleare "perfezionato", assassinio di governanti, trattamento dei
prigionieri, ecc.) sembrano essere stati completamente dimenticate. Inoltre
la previsione di una possibilita' infinita di guerre viene enunciata senza
che esistano dei meccanismi che ridimensionino un fenomeno di tale
pericolosita' per tutta la popolazione mondiale.
A fronte di un imbarbarimento di questa portata, ogni elucubrazione
teoretica e ogni mediazione politica sembrano fuori luogo, sono sentite come
completamente inadeguate a porre limiti a quanto sta succedendo. Forse solo
delle posizioni molto radicali, che negano ogni utilita' alle guerre come
strumento per risolvere i problemi denunciati dal diffondersi del
terrorismo, possono offrire una sponda al desiderio di tante persone di non
assistere e di non partecipare ad altre guerre. Forse solo insistendo su
cosa si deve fare "invece" di scatenare un altro conflitto puo' suscitare
delle reazioni di massa capaci di cambiare il corso degli eventi. Forse far
conoscere a tutti cosa si deve realizzare "invece" della guerra, ad esempio
garantire una diversa prospettiva di vita a tre miliardi di persone
escludendo qualunque iniziativa violenta e aggressiva, puo' essere la strada
da percorrere per disinnescare l'esplosione gia' pianificata.
4. RIFLESSIONE. PASQUALE PUGLIESE: RELAZIONE AL SEMINARIO DELLA RETE
LILLIPUT SULLA NONVIOLENZA
[Pubblichiamo la relazione di Pasquale Pugliese "I Gruppi di azione
nonviolenta: un progetto di azione per la Rete" presentata al seminario
sulla nonviolenza promosso dalla Rete Lilliput a Ciampino il 27-29 settembre
2002. Pasquale Pugliese (per contatti: puglipas@interfree.it) e' impegnato
nel Movimento Nonviolento e nella Rete Lilliput, ed e' soprattuto merito suo
se la proposta dei Gruppi di azione nonviolenta e' divenuta finalmente
oggetto di riflessione - e speriamo anche di impegno in un prossimo futuro -
per molte persone]
Il sistema nel quale viviamo e' profondamente in crisi dal punto di vista
energetico, ecologico e sociale. E' in atto un drammatico conflitto tra il
modello economico dominante e la biosfera. Il potere imperiale che governa
il pianeta sta operando una trasformazione violenta di questo conflitto,
sovrapponendo alla violenza strutturale, sulla quale e' fondato, la violenza
diretta della repressione verso il dissenso interno e della guerra
permanente verso l'esterno. In questa fase di conflitto l'uso della
violenza diretta ha anche, e forse soprattutto, la funzione mimetica di
nascondere le ragioni della crisi e puntare tutte le attenzioni sul/sui
"nemico/ci", causa di tutti i mali.
Cio' pone ai movimenti di resistenza e costruzione delle alternative una
doppia sfida, una doppia alternativa:
- di contenuto: ridurre l'impatto del sistema energetico-economico-sociale
sulla biosfera, ossia ridurre l'impronta ecologica e sociale, per uscire
della crisi planetaria;
- di metodo: ribaltare la trasformazione violenta del conflitto operando la
sua trasformazione in senso nonviolento, per svelare ed affrontare le vere
ragioni del conflitto.
In questo quadro, sono almeno due le ragioni principali per operare la
scelta consapevole della nonviolenza:
1) per superare la scissione tra etica e azione politica
(machiavellicamente: "il fine giustifica i mezzi") e reinserire l'etica
nella politica (gandhianamente: "il mezzo sta al fine come il seme sta all'
albero");
2) perche' puo' essere efficace, per le seguenti ragioni:
a) la nonviolenza interviene sui processi per modificare le strutture
profonde della societa' e non solo sugli eventi indotti. E' pro-attiva
piuttosto che re-attiva. Ha una propria agenda che cerca di realizzare,
anche attraverso il lavoro al "programma costruttivo", e non risponde solo
ad input esterni;
b) ha un approccio complesso al conflitto nel quale non considera solo i due
soggetti esplicitamente avversari - oppresso ed oppressore - ma tiene conto
delle fondamentali terze parti, delle quali cercare la simpatia, il consenso
ed infine l'alleanza.
E' quest'ultimo un punto cruciale sul quale soffermarsi.
Gia' nel 'Cinquecento Etienne de La Boetie nel suo Discorso sulla servitu'
volontaria, ha evidenziato come le vere radici del potere stanno nella
"complicita'" di chi lo subisce. Secondo Sharp le ragioni dell'obbedienza
sono l'abitudine, la paura delle sanzioni, l'obbligo morale, l'interesse
personale, l'identificazione psicologica con il governante, le "zone
d'indifferenza", la mancanza di fiducia in se stessi. Cio' e' ancor piu'
vero nel sistema capitalista nel quale il sostegno principale al sistema non
e' dato tanto dall'esercito o dalla polizia quanto da quel venti per cento
di cittadini del mondo ricco che da un lato dissipa le risorse economiche,
ecologiche ed energetiche di tutti e dall'altro comincia, per lo piu'
inconsapevolmente, a pagarne le conseguenze.
"Il capitalismo z" sostenuto piu' dall'adesione passiva che dalla forza -
spiega Brian Martin nel suo Nonviolenza contro capitalismo -. Nelle societa'
capitalistiche le persone vivono la loro vita quotidiana invischiate in una
rete di credenze e di piccole azioni che costantemente ripresentano loro
cio' che e' possibile e desiderabile. Quando la gente consuma un pasto
pronto, vede e ascolta la pubblicita', indossa abiti firmati, aspira a
ulteriori possessi materiali e si adatta a competere in un mercato del
lavoro rigido, ecco che si trova coinvolta in comportamenti e sistemi di
credenze che riflettono e riproducono uno stile di vita dominato dal
capitalismo. Se molti disobbedissero alle leggi, l'intervento della polizia
o dell'esercito potrebbe essere controproducente o inutile, ma il fatto e'
che quasi tutti si adeguano al sistema, anche coloro che gli sono contrari.
Si tratta dunque di elaborare una politica che distrugga le credenze del
capitalismo e che dia impulso ed espansione a una nuova sfida".
Si tratta, pertanto, di agire parallelamente nei confronti del potere e
delle "terze parti" che, consapevolmente o meno, lo sostengono. E dunque
anche su noi stessi.
Ma, nella situazione data, affinche' la scelta della nonviolenza da parte di
Rete Lilliput sia effettivamente efficace bisogna soddisfare tre condizioni
di efficacia:
1) uscire dal generico della a-violenza e della non violenza ed entrare
nello specifico della nonviolenza, ossia del metodo satyagraha come proposto
dai movimenti gandhiani. Cio' significa che non si tratta di non rompere le
vetrine durante un corteo pacifico, ma di appropriarsi di un metodo
complessivo di azione che ha propri principi, strategie (nel senso di agire
su piu' strati), tattiche e tecniche;
2) passare dal dire nonviolenza al fare nonviolenza. Ossia cominciare a
praticare cio' che scriviamo sui nostri documenti, considerando che nella
suddivisione dei saperi - sapere, saper essere, saper fare - in ambito
lillipuziano siamo probabilmente abbastanza concentrati sui primi due (di
piu' sul secondo che sul primo), ma assolutamente in ritardo sul terzo,
cioe' sul saper fare nonviolenza;
3) avviare seri e diffusi percorsi di formazione teorico-pratica alla
nonviolenza.
L'insieme di queste tre condizioni ci consentirebbe di acquisire la
nonviolenza come metodo, ossia di passare da una dimensione puramente ideale
della nonviolenza ad una metodologica. Perche' la nonviolenza e' metodo ed
e' metodo sperimentale, nel quale la teoria si confronta sempre con la
pratica e in questo confronto il metodo stesso evolve, arricchendosi di
sempre nuove dimensioni e producendo imprevedibili risultati.
I Gruppi di azione nonviolenta (in sigla: Gan) possono diventare lo
strumento lillipuziano per l'uso consapevole e complessivo del metodo
nonviolento.
Denominare Gan i nascenti gruppi lillipuziani, che s'affacciano oggi sulla
strada della nonviolenza, significa non partire da zero - vizio spesso
diffuso nei nostri gruppi e movimenti - ma riallacciarsi ad una storia che
e' all'origine della diffusione in Italia della nonviolenza attiva. Infatti,
nella nonviolenza italiana Gan non e' una sigla nuova: nei primi anni '60 un
gruppo di sei giovani di diverse citta', coordinati da Pietro Pinna, diedero
vita al primo Gruppo di Azione Diretta Nonviolenta che sparse i semi per l'
introduzione anche in Italia delle tecniche di azione nonviolenta, già da
tempo sperimentate all'estero. Il gruppo conflui' poi nel nascente Movimento
Nonviolento fondato da Aldo Capitini.
L'obiettivo e' quello di avere nei prossimi anni un Gan per ogni nodo
Lilliput, allo scopo di poter mettere in campo una vera strategia
lillipuziana, reticolare e nonviolenta.
- Lillipuziana: perche' si attiva dal basso, dai territori locali nei quali
si comunica a viso aperto con i propri concittadini, utilizzando al meglio
la dimensione comunicativa delle azioni dirette nonviolente, e dove si puo'
lavorare concretamente ed efficacemente alla realizzazione dei programmi
costruttivi;
- reticolare: perché la costituzione dei Gan presso i nodi consente di
sviluppare una rete di attivisti diffusa su buona parte del territorio
nazionale capace, se opportuno o necessario, di attivarsi anche
sincronicamente;
- nonviolenta: perche' usa il metodo nonviolento come propria specifica
modalita' di attivazione, gestione e trasformazione dei conflitti, ed in
particolare le azioni dirette nonviolente.
Il Gruppo di lavoro tematico su "nonviolenza e conflitti" indica ai nodi i
seguenti quattro possibili ambiti d'intervento dei Gan, quattro possibili
piste di lavoro o sentieri da esplorare, che non ne esauriscono le
possibilita' ma propongono dei punti di avvio.
- i Gan sarebbero lo strumento di azione attraverso il quale le campagne
lillipuziane possono agire con il metodo nonviolento, attivando, tra l'
altro, la gandhiana "legge della progressione" che prevede il passaggio
graduale dalle forme piu' blande di azione a quelle via via piu' incisive e
radicali fino alla realizzazione dell'obiettivo essenziale stabilito, per
passare poi ad un nuovo obiettivo;
- i Gan agirebbero, nei propri territori, sulle conseguenze nel tessuto
locale dei fenomeni globali, attivando un conflitto sul tema più sentito
nelle proprie comunita' con il metodo nonviolento che prevede parallelamente
l'azione diretta ed il "programma costruttivo";
- una rete di Gan diffusa sul territorio nazionale sarebbe di fatto un
presidio democratico di fronte alle involuzioni autoritarie alla quale
stiamo assistendo in Italia, e non solo, una volta acquisite le capacita' di
attivarsi come "difesa popolare nonviolenta" da un aggressore interno alle
istituzioni democratiche;
- i Gan potrebbero divenire gruppi d'appoggio e di supporto per i Corpi
Civili di Pace in missione in situazioni di guerra.
Naturalmente tutto cio' potra' avvenire solo nella misura in cui i nodi ed i
singoli lillipuziani decideranno di dare testa e gambe a questo progetto,
all'interno delle realtà locali.
Ricordando che la Rete Lilliput, e dunque tutti noi, ha una doppia
responsabilita':
- una responsabilita' nei confronti degli altri movimenti, che hanno delle
attese rispetto alla nonviolenza che la Rete ha avuto il coraggio di
scegliere e proclamare, e adesso deve fare e dimostrare;
- una responsabilita' verso la deriva violenta del conflitto strutturale in
corso, che se non proviamo a trasformare noi in senso nonviolento, e prima
che sia troppo tardi, nessun altro, almeno in Italia, potra' farlo.
5. MAESTRE. SEYLA BENHABIB: LA POSTA IN GIOCO
[Il brano seguente abbiamo estratto dall'intervista a Seyla Benhabib su "La
filosofia politica femminista" che abbiamo gia' pubblicato integralmente nel
n. 160 del nostro notiziario. "Seyla Benhabib e' nata ad Istanbul nel 1950.
E' professoressa di Teoria politica presso l'universita' di Harvard. Ha
conseguito il dottorato in filosofia nel 1977 all'universita' di Yale. Dal
1979 al 1981 e' stata Alexander von Humboldt Fellow a Starnberg e
Francoforte. Ha studiato filosofia, politica e storia del pensiero femminile
a Boston, presso la New School for Social Research. E' stata professoressa
ospite presso le universita' di Costanza, Francoforte e Macerata. Dal 1986
al 1992 e' stata coeditrice di "Praxis International". Seyla Benhabib si e'
occupata di teoria critica, filosofia politica e femminismo. Ha indagato le
relazioni della teoria critica della societa' con la tradizione del pensiero
politico e con l'etica contemporanea. Ha difeso un progetto di etica
universale che risente delle suggestioni di Habermas e che intende integrare
il pensiero femminile e il criticismo all'interno di un'etica dialogica che
prospetta l'atto etico come capacita' di entrare in relazione con il punto
di vista dell'altro. Recentemente Seyla Benhabib ha focalizzato i suoi
interessi sul pensiero femminista; sta lavorando ad un libro che esamina la
filosofia politica di Hannah Arendt (The Reluctant Modernism of Hannah
Arendt)" (scheda estratta dal sito www.emsf.rai.it). Opere di Seyla
Benhabib: Critique, Norm and Utopie. A study of the Foundations of Critical
Theory, Columbia University Press, 1986; Fischer Verlag, 1992; (con
Drucilla Cornel), Feminism as Critique, Polity and Minnesota Presses, 1987;
(con Fred Dallmayr), The communicative Ethics Controversy, MIT Press, 1988;
Situating the Self. Gender, Community and Postmodernism in contemporary
Ethics, Routledge and Polity Presses, 1992]
Ritengo che il femminismo sia uno dei piu' interessanti movimenti sociali,
politici, culturali e intellettuali della seconda meta' di questo secolo.
Esso, infatti, pone questioni estremamente significative e rilevanti per
l'intera civilta': invita le donne a interrogarsi sulla propria identita',
sul proprio corpo, sulle proprie emozioni, sulla propria sessualita', a
riflettere e a divenire consapevoli di aspetti dell'esistenza mai
considerati prima, o a cui si era prestata ben poca attenzione. Sotto questo
aspetto, il femminismo e' una rivoluzione di lunga durata, la piu' lunga di
tutte, perche', contrariamente a ogni rivoluzione che ha di mira
trasformazioni di tipo politico, sociale ed economico, la posta in gioco e'
l'identita', il modo autentico di essere sessuati all'interno del proprio
corpo.
6. INCONTRI. DIBATTITI PROMOSSI E SEGNALATI DALLA MARCIA MONDIALE DELLE
DONNE A FIRENZE
[Riceviamo e volentieri diffondiamo]
Qui di seguito alcuni dibattiti promossi dalla Marcia mondiale delle donne o
da altre organizzazioni al Forum sociale europeo di Firenze:
* Venerdi' 8 novembre, ore 9,30, conferenza su "Donne-uomini: un conflitto
necessario per un futuro comune. Coordinano Nadia De Mond e Angelika Psarra.
Interventi: Le radici del dominio maschile, Christine Delphy (Marcia delle
donne, Francia); La divisione sessuale del lavoro, Sianou Fotini (Ces,
Grecia); La violenza domestica, Pragna Patel (Black sisters, Gran Bretagna);
Il conflitto di genere nel mondo del lavoro, (L.Gonzales, Ela, Euskadi); Chi
controlla la procreazione?, Wanda Nowizka (Polonia); Potere politico e
democrazia di genere, Lidia Cirillo (Quaderni viola, Italia).
E inoltre:
* Giovedi' 7 novembre, ore 14,30, seminario su "L'autodeterminazione delle
donne fra divieti, integralismi religiosi, nuove tecniche di riproduzione
assistita e mercificazione del corpo" (Marcia delle donne);
* Giovedi 7 novembre: dibattito su Per un'Europa disarmata e neutrale contro
la guerra (Convenzione donne contro le guerre).
* Giovedi 7 novembre, ore 17,30, incontro su "Politica del vivere,
vivibilita' della politica" (Vado Wave, Unifem).
* Venerdi' 8 novembre ore 14,30, seminario su "Prostituzione tra schiavitu'
e scelta" (Marcia delle donne).
* Venerdi' 8 novembre, seminario su "Donne migranti, rapporto Nord-Sud:
quale politica?" (Associazione Nosotras).
* Venerdi' 8 novembre, seminario su "Donne e sindacalismo" (Intersindacale
donne).
* Venerdi' 8 novembre, seminario su "Sfruttamento manodopera femminile nel
sud del mondo" (Sweated sisters).
* Venerdi' 8 novembre, seminario su "Identita' delle donne nei Balcani".
* Venerdi' 8 novembre, ore 17,30, seminario su "Che il futuro non ci sia
indifferente. Lesbiche, gay, transessuali nel progetto di un'Europa sociale"
(ArciLesbica).
* Sabato 9 novembre, ore 9,30, incontro su "Dopo la Marcia del 2000 quali
strategie per le lotte delle donne in Europa?" (Marcia delle donne).
* Inoltre (ma non conosciamo ancora le date): "Missing-links, femminismo e
resistenza globale" (Nextgenderation Network); Prospettive di genere di
Attac in Europa (Attac).
Vi invitiamo al nostro stand e a partecipare con noi alla manifestazione di
sabato.
Per contatti: e-mail: cirillo33@tiscali.it; marchfem@ras.eu.org; Sito della
Marcia mondiale delle donne: www.ffq.qc.ca/marche2000
7. DIGNITA'. DARIO FO E FRANCA RAME: APPELLO AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
AFFINCHE' NON FIRMI LA LEGGE CIRAMI
[Da Jacopo Fo (per contatti: jacopofo@alcatraz.it) riceviamo questo
comunicato diffuso il 4 novembre da Dario Fo e Franca Rame che sono tra i
promotori della petizione affinche' il Presidente della Repubblica non
avalli la scellerata legge Cirami]
Stamattina è stata inviata al Presidente della Repubblica Carlo Azeglio
Ciampi una petizione firmata da quasi diciottomila persone per chiedere al
Presidente di non firmare la legge Cirami che dovrebbe essere approvata dal
Senato domani.
Di seguito il testo della petizione:
Al Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi
Signor presidente,
vogliamo esprimerLe tutta la nostra preoccupazione per l'attuale situazione
del nostro paese.
In particolare siamo spaventati per gli effetti che la cosiddetta "Legge
Cirami" avrebbe sulla lotta contro il terrorismo e la criminalita'
organizzata.
Si tratta di una legge fatta su misura per salvare alcuni personaggi
dell'attuale governo. E gia' questo sarebbe scandaloso e vergognoso perche'
farebbe saltare il principio fondamentale della legalita' che vuole i
cittadini uguali davanti alla giustizia.
Ma una volta approvata questa legge avrebbe un effetto disastroso anche
sullo stato gia' precario della legalita' in Italia. Per salvare un gruppo
di potenti si stanno demolendo gli strumenti che lo stato democratico ha a
disposizione per proteggere i cittadini.
Lei, signor Presidente, e' l'unica autorita' dello Stato che oggi possa
impedire questo disastro rifiutandosi di convalidare con la Sua firma questa
legge. E speriamo che Lei voglia passare alla storia come l'uomo che ha
salvato la legalita' in Italia piuttosto di essere ricordato come un Ponzio
Pilato che si e' fatto indietro in un momento cosi' grave per la nostra
Repubblica.
8. MAESTRE. LALLA ROMANO: COME PRIGIONIERI STANCHI
[Da Lalla Romano, Poesie, Einaudi, Torino 2001, p. 93. Lalla Romano e' stata
una delle pittrici e delle scrittrici piu' grandi del Novecento]
Come prigionieri stanchi
trasciniamo le catene
con pesante dolore
Non cosi' amano i santi
dipinti sulle cattedrali
in un mite fulgore
non cosi' i liberi fiumi
i casti alberi i cieli
in tenero splendore
9. INIZIATIVE. GIULIO VITTORANGELI: SOSTENIAMO LA "CAMPAGNA BANANERAS"
[Giulio Vittorangeli (per contatti: giulio.vittorangeli@tin.it) e' uno dei
principali collaboratori di questo foglio, e una delle persone migliori di
questo mondo (degli altri mondi non sapremmo dire, ma di questo si')]
Nel 1977 l'Agenzia Federale della Protezione dell'Ambiente degli Stati Uniti
proibisce l'uso di un pesticida chiamato Nemagon, considerando i suoi
componenti chimici altamente tossici.
Nonostante cio', per piu' di dieci anni, il Nemagon, continua ad essere
esportato ed utilizzato nelle piantagioni di banane del Centro e Sud
America, Africa e Asia. Questo veleno, oltre ad essere altamente tossico per
l'ambiente, ha causato centinaia di morti e prodotto nei sopravvissuti danni
gravissimi e permanenti: malformazioni, sterilita', tumori, malattie della
pelle, disturbi alla vista...
Il tutto e' iniziato circa 40 anni fa, quando il Centroamerica era un gran
feudo bananero, piegato agli interessi delle multinazionali del settore
frutta. Quando i governanti delle "Repubbliche delle Banane" non erano altro
che note musicali all'interno della sinfonia che suonavano dagli
altoparlanti di Wall Street, del pentagono, della Casa Bianca e della Cia.
L'unico dio era il dollaro. L'unica legge la repressione ed il silenzio. La
patria era in svendita ed in mano straniera. La democrazia era una parola
che appariva sui libri e sull'enciclopedia. I diritti umani e dei lavoratori
soccombevano davanti alle leggi immorali del capitale. Bisogna riconoscere
che le cose non sono cambiate molto negli ultimi anni.
In Nicaragua le bananeras sono concentrate nel dipartimento di Chinandega,
nella parte occidentale del paese. Per una giornata di lavoro il salario e'
di un dollaro. Si contano almeno quattrocento morti e ottomila persone
contaminate. Finalmente, nel gennaio del 2001, dopo due anni di lotte
durissime, un'associazione composta da circa 4000 ex lavoratrici e
lavoratori delle bananiere (Asotraexdan), tutti ammalati, riesce a fare
approvare al Parlamento nicaraguense la Legge 364, "Legge Speciale per
promuovere processi richiesti dalle persone colpite dall'uso di pesticidi
fabbricati a base di DBCP". Questa legge, unica al mondo, consente ai
lavoratori di muovere causa legale alle sette multinazionali responsabili di
avere prodotto, distribuito e utilizzato il Nemagon: Dow Chemical Corp.;
Shell Oil Company; Standard Fruit Company; Standard Fruit and Steamship;
Dole Fruit Company; Chiquita Brand Inc e Del Monte Tropical Fruit
Corporation. La causa legale che doveva chiudersi con una sentenza in
agosto, e' stata sospesa in seguito alle fortissime pressioni esercitate dal
governo nordamericano sul governo del Nicaragua, attraverso l'ex
ambasciatore Oliver Garza, affinche' la legge 364 sia dichiarata
incostituzionale.
La grande marcia in difesa della legge di domenica 20 ottobre 2002 (i
bananeros hanno conteggiato piu' di diecimila persone) a Chinandega, la
pressione dei mezzi d'informazione nazionali e la grande risonanza che ha
avuto il caso sul territorio nazionale, ma anche all'estero, hanno spinto il
governo del Nicaragua a ritrattare le azioni che aveva intrapreso per far
dichiarare incostituzionale la Legge 364. L'intenzione della Asotraexdan e'
ora, chiaramente, di non ritirare il piano di lotta e di continuare a
rimanere all'erta per verificare se veramente il governo sia intenzionato a
rispettare gli accordi presi. Sicuramente quello ottenuto e' un gran
risultato, ma il cammino e' ancora molto lungo.
Victorino Espinales (Presidente della Asotraexdan) commentava che l'attuale
governo nicaraguense di Balanos, e' molto piu' pericoloso di quello
precedente di Aleman. Balnos e' molto piu' sottile ed agisce di nascosto
senza quasi farsi accorgere e sta riuscendo a far convergere su di se' i
favori di grandi strati della popolazione. Per cui si puo' collaborare con
il governo, ma facendo molta attenzione e mantenendo la pressione anche a
livello internazionale.
L'Associazione Italia-Nicaragua che da due anni sostiene questi lavoratori
finanziando le spese mediche per le operazioni piu' urgenti, a luglio,
insieme a molti altri gruppi e singoli, ha lanciato la Campagna di pressione
"No more chemicals" rivolta alle multinazionali incriminate. Migliaia di
cartoline ed e-mail sono state inviate da tutta l'Italia. Nella fase attuale
ha lanciato un nuovo appello per intensificare gli sforzi e appoggiare i
lavoratori in lotta, l'iniziativa consiste nel fare un piccolo gesto di
solidarieta' spedendo una e-mail al Presidente del Nicaragua. Il testo della
e-mail e delle informazioni sulla campagna si trovano sul sito
www.itanica.org. E' importante sostenere questa battaglia non solo per il
diritto al risarcimento dei danni inflitti da multinazionali che fanno del
profitto l'unica ragion d'essere; ma anche perche', se fosse vincente, puo'
diventare una luce di speranza per milioni di lavoratori costretti a morire
per lavorare.
10. INFORMAZIONE E FORMAZIONE. AGGIORNATO IL SITO DEL "COS IN RETE"
[Dall'Associazione amici di Aldo Capitini, animata dall'infaticabile
Lanfranco Mencaroni che salutiamo con affetto e gratitudine grandi (per
contatti: capitini@tiscalinet.it), riceviamo e diffondiamo; ed a tutti i
nostri interlocutori rivolgiamo un caldo invito a visitare il sito
www.cosinrete.it ed a leggere ivi almeno alcuni ampi e fondamentali scritti
di Aldo Capitini, l'indimenticabile apostolo della nonviolenza nel nostro
paese]
Vi segnaliamo nell'ultimo aggiornamento di novembre 2002 del "C.O.S. in
rete", www.cosinrete.it, una selezione critica di alcuni riferimenti trovati
sulla stampa italiana ai temi capitiniani: nonviolenza, difesa della pace,
partecipazione al potere di tutti, controllo dal basso, religione aperta,
educazione aperta, antifascismo; tra cui: Premi di laurea Aldo Capitini;
Tecniche del terrorismo e della nonviolenza; OGM e controllo dal basso; Gli
stupri ignorati; Partigiani nordisti; Robin Hood alla rovescia; Sesso e
nonviolenza; Lo sciopero inutile; Fiat e nonviolenza; Don Abbondio a
Firenze; Le resistibili ascese; Un fulmine bigotto; Idrogeno democratico; Il
liberalsocialismo ad Harward; ed altro ancora. Piu' scritti di e su Aldo
Capitini utili secondo noi alla riflessione attuale sugli stessi temi.
Ricordiamo che sui temi capitiniani sopra citati la partecipazione al
"C.O.S. in rete" e' libera e aperta a tutti.
11. LETTURE. TAHAR BEN JELLOUN: JENIN, UN CAMPO PALESTINESE
Tahar Ben Jelloun, Jenin, un campo palestinese, Bompiani, Milano 2002, pp.
80, euro 5,50. In versi e in prosa, una commovente testimonianza del grande
scrittore.
12. RILETTURE. AA. VV.: KINOMATA. LA DONNA NEL CINEMA
AA. VV., Kinomata. La donna nel cinema, Dedalo, Bari 1980, pp. 344. Ad una
prima parte di perspicui saggi fa seguito una vasta, accurata e utilissima
filmografia di registe e sceneggiatrici a cura di Judita Hribal.
13. RILETTURE. NORBERTO BOBBIO: TEORIA GENERALE DEL DIRITTO
Norberto Bobbio, Teoria generale del diritto, Giappichelli, Torino 1993, pp.
X + 302, lire 38.000. Questa raccolta delle dispense di due corsi
dell'insegnamento universitario di Bobbio di molti anni fa ci sentiamo di
raccomandare agli studenti e ad ogni persona che vuol vederci chiaro nella
riflessione e nella realta' giuridica.
14. RILETTURE. MARIATERESA FUMAGALLI BEONIO BROCCHIERI: LE BUGIE DI ISOTTA.
IMMAGINI DELLA MENTE MEDIEVALE
Mariateresa Fumagalli Beonio Brocchieri, Le bugie di Isotta. Immagini della
mente medievale, Laterza, Roma-Bari 1987, 2002, pp. VIII + 216, euro 6,50.
Uno dei sempre pungenti e felici libri dell'illustre studiosa della cultura
e del pensiero del Medioevo.
15. RILETTURE. PAUL RICOEUR: PERSONA, COMUNITA' E ISTITUZIONI
Paul Ricoeur, Persona, comunita' e istituzioni, Edizioni cultura della pace,
S. Domenico di Fiesole (Fi) 1994, pp. 224, lire 22.000. Una bella raccolta
di saggi di Ricoeur, un autentico maestro.
16. RILETTURE. MARIA ZAMBRANO: VERSO UN SAPERE DELL'ANIMA
Maria Zambrano, Verso un sapere dell'anima, Raffaello Cortina Editore,
Milano 1996, pp. XXIV + 192, lire 24.000. Una raccolta di saggi, sempre
finissimi, della grande pensatrice spagnola scomparsa nel 1991.
17. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.
18. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: http://www.nonviolenti.org;
per contatti, la e-mail e': azionenonviolenta@sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
http://www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben@libero.it;
angelaebeppe@libero.it; mir@peacelink.it, sudest@iol.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: http://www.peacelink.it. Per
contatti: info@peacelink.it
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO
Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it
Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio
con richiesta di rimozione a: nbawac@tin.it
Numero 406 del 5 novembre 2002