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IL MOVIMENTO ANTI LIBERISTA E LA SCELTA NON VIOLENTA
Partito Umanista
IL MOVIMENTO ANTI LIBERISTA E LA SCELTA NON VIOLENTA
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in allegato vi invio: l'appello alla non-violenza relativo alla
manifestazione del 9 novembre a Firenze.
il centro di ricerche per la pace di Viterbo lo ha inserito nel suo
notiziario
"La non violenza è in cammino", chiedendo di sottoscriverlo.
Ufficio Stampa del Partito Umanista - Franca Banti 3289112042/0275423259
Milano,
29 ottobre 2002
IL MOVIMENTO ANTI LIBERISTA E LA SCELTA NON VIOLENTA
Il Social Forum di Firenze e la manifestazione del 9 novembre contro la
guerra offrono ancora una volta l'occasione ad un movimento ampio e
variegato come quello antiliberista di definirsi rispetto a un tema
centrale: violenza o non violenza.
Dopo Genova, non c'e' stata alcun "esame di coscienza", alcuna ammissione
di responsabilita' o messa in discussione delle proprie scelte, da parte di
portavoce e dirigenti riguardo ai rapporti ambigui e complici con una
minoranza violenta. Eppure e' stata proprio questa resistenza a definirsi,
questo rifiuto di isolare i violenti in nome di una supposta unita' del
movimento, a creare le condizioni perche' poi si scatenasse la bestiale
violenza poliziesca.
Non stiamo parlando solo dei famigerati black block, sui quali sussistono
seri dubbi di connivenza con la polizia e ai quali sarebbe comunque ingenuo
pensare di lanciare appelli non violenti, ma di frange consistenti, anche
se ancora, per fortuna, minoritarie, che rimangono all'interno del
movimento: dai centri sociali piu' radicali, a Ya basta, ai Disubbidienti
di Casarini e compagni.
Gia' molte volte questi prepotenti hanno imposto ad una maggioranza di
tutt'altro avviso le loro scelte violente, spesso dettate semplicemente
dalla volonta' di protagonismo e dalla speranza di ottenere visibilita' sui
mass media, esponendo gli altri manifestanti al rischio di cariche e
pestaggi. Sono bravissimi a presentarsi come i piu' rivoluzionari, a
travestire le loro provocazioni da denuncia coraggiosa e a tacciare di
codardia chiunque non accetti di venire coinvolto nelle loro guerre private
contro la polizia, le "banche armate" o la Croce Rossa.
Peccato che non li si veda mai quando si tratta per esempio di condurre un
lavoro difficile, umile e continuativo, lontano dalla luce dei riflettori,
a sostegno dei diritti degli immigrati, in particolare quelli rinchiusi nei
lager come quello di via Corelli a Milano.
Cosi' pochi violenti rischiano di screditare un intero movimento, facendo
passare l'equazione antiliberista = spaccavetrine.
Tutto questo e' noto da tempo, eppure adesso, alla vigilia del Social Forum
di Firenze, ci troviamo ancora una volta nella stessa situazione ambigua
che ha portato ai tragici fatti di Genova.
Come umanisti, sosteniamo in tutto il mondo la necessita' di opporsi al
neoliberismo e di costruire un altro sistema, basato sui diritti umani e
non sul profitto. Ci sentiamo dunque, almeno idealmente, parte del
movimento che i mass media definiscono sbrigativamente "no-global", ma non
possiamo condividere l'ambiguita' che sta portando ad accettare la violenza
come un metodo di lotta.
Negli ultimi tempi, per fortuna, altre voci oltre alla nostra si sono
levate a denunciare questa situazione e a chiedere di isolare i violenti,
ma gli appelli non bastano: occorre una chiara scelta di campo, ponendo la
non violenza come discriminante e rifiutandosi di organizzare qualsiasi
iniziativa, dai dibattiti alle manifestazioni, insieme ai violenti.
Se Casarini e compagni vogliono insistere nelle loro bravate provocatorie,
che lo facciano per conto proprio, senza nascondersi dietro ad una
manifestazione pacifica come quella del 9 novembre a Firenze.
Chi sceglie la violenza non puo' parlare di diritti umani.
Chi sceglie la violenza non puo' far parte di un movimento che aspira a
costruire un nuovo mondo, opposto al sistema inumano oggi dominante.