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L'INSABBIAMENTO DELLA FUSIONE FREDDA
From: "Mauro Quagliati" <quaglioz@inwind.it>
Date: Wed, 30 Oct 2002 00:06:32 +0100
Subject: [culturaviva] Fusione fredda
Reply-To: culturaviva@yahoogroups.com
L'INSABBIAMENTO DELLA FUSIONE FREDDA
La storia che sto per scrivervi è veramente molto interessante, quindi
concentratevi. L'ha raccontata al convegno di Nexus il prof. Emilio Del
Giudice ricercatore di fisica teorica dell'INFM.
Ricorderete la faccenda della fusione fredda: nel 1989 due scienziati
sfigati, Fleishman e Pons danno l'annuncio del fenomeno, salvo poi
essere derisi dai fisici teorici della comunità internazionale, primo
tra tutti Rubbia, perché il processo non produceva l'emissione di
particelle previste dalla teoria (nel caso specifico neutroni, emessi
dalla fusione di 2 atomi di deuterio, isotopo dell'idrogeno).
Nel giro di pochi anni le condizioni dell'esperimento originale dei due
scopritori vengono riprodotte correttamente dai prof. Emilio del
Giudice e Giuliano Preparata, il quale, morto di tumore 2 anni fa,
perse il Nobel per la fisica in "elettrodinamica quantistica", a causa
di questo suo sconveniente interesse. Praticamente del Palladio, un
metallo dalle peculiari caratteristiche, viene caricato con idrogeno
gassoso fino ad un limite di saturazione prestabilito, oltre il quale
si rileva una produzione di energia in eccesso tipica di una reazione
nucleare. I nostri due scienziati non solo dimostrano la realtà del
fenomeno con l'esperimento, ma forniscono anche un nuovo modello
teorico che dà spiegazione dei fenomeni misteriosi che fino a 10 anni
fa non erano comprensibili con la teoria delle forze nucleari.
Mi spiego: fino a ieri si pensava che l'unico modo per fare avvicinare
2 protoni tanto da vincere la repulsione elettromagnetica e fare agire
il campo delle forze nucleari che innescano la fusione, con produzione
di una quantità enorme di energia, fosse il metodo dell'acceleratore,
che lavora a 100 milioni di °C (ben inteso nel nostro sole la
temperatura è 2 milioni di °C !). Oggi invece, grazie a queste ricerche
svolte dall'INFM e dall'ENEA (nel frattempo Rubbia rinsavito, si è
accorto della bontà della cosa e ha appoggiato i nostri due), è
possibile ottenere la fusione a temperatura ambiente! Dentro al
cristallo di Palladio le molecole di idrogeno, in quelle particolari
condizioni di "saturazione", si comportano un po' come la struttura
solida circostante e, avvicinandosi molto, grazie ad una
provvidenziale "buca di potenziale", producono una particolare fusione,
senza emissioni radioattive, con produzione di elio (misurato
nell'esperimento) e di un eccesso di energia mai visto fino ad oggi in
una reazione (se non ho capito male 2 ordini di grandezza superiore
all'energia in entrata, necessaria a preparare le condizioni della
reazione). Per completezza, si produce anche la fissione del Palladio.
Quindi abbiamo già a disposizione un generatore di energia praticamente
illimitata e a costi contenutissimi; rimane solo da risolvere il
problema dell'intercettazione opportuna di questo surplus di energia.
Nonostante questa pazzesca rivoluzione, ad oggi, il prof. Del Giudice
non è ancora riuscito a farsi pubblicare la ricerca da una rivista
scientifica (ad es.: Science ha rifiutato perché "l'argomento è troppo
tecnico").
Ma il bello viene adesso. E' ovvio capire i motivi economici alla base
della soppressione di una tecnologia quasi "free-energy". Ma non ci
sono solo quelli. Del Giudice ha formulato un'ipotesi inquietante.
Tutta la faccenda è partita da uno studio commissionato dalla Marina
Militare Inglese a Fleishman per indagare sui metalli più idonei ad
immagazzinare l'idrogeno. I migliori risultarono essere il Palladio e
l'Uranio. Lo scienziato ovviamente sperimentò sul Palladio, la cui
fissione non produce danni; ma qualcuno era molto più interessato
all'Uranio. Immaginate cosa succederebbe se la matrice solida in cui
avviene la fusione fosse Uranio: si innescherebbe la fissione, e quindi
una esplosione atomica, anche con quantità molto inferiori alla
necessaria "massa critica" (che è qualche kg), date le nuove
sorprendenti condizioni di reazione. Si possono così fare esplodere
delle micro-bombe atomiche di potenza controllata (armi chirurgiche..)
capaci per esempio di abbattere un singolo palazzo invece di una città
intera. Ecco così trovato un modo per utilizzare utilmente tutto
quell'Uranio che giace inutilizzato nelle testate tattiche (a meno di
non scatenare la guerra termonucleare globale, s'intende), che, con il
disarmo, va smantellato.
Fanta-politica? Forse invece è già realtà. Consideriamo i proiettili
rivestiti con quello che ci viene venduto come "uranio impoverito".
Guardiamo le foto dei carri armati iracheni distrutti nella guerra del
golfo: un foro di entrata, una carcassa di acciaio fusa (dal calore!) e
i cadaveri dei soldati anneriti (non carbonizzati, ma irradiati da una
esplosione fortissima e localizzata di raggi gamma). Non ci sarebbe
niente di più facile, sostiene Del Giudice, nel rivestire un proiettile
di cannone o un missile con un strato di uranio caricato da idrogeno
fino quasi al limite critico. L'impatto con il bersaglio e la
sovrapressione sarebbero sufficienti a innescare la fusione fredda e la
conseguente fissione dell'uranio, con annessa esplosione atomica.
Incredibile! La fonte ideale di energia pulita per tutta l'umanità
usata come spoletta per l'innesco di una bombetta atomica! (il
contrario di quello che avviene con la bomba H, in cui una fissione
innesca la fusione distruttiva dell'idrogeno).
Inoltre spot di altissima radioattività localizzati nei campi di
battaglia sono la spiegazione ideale per i sintomi della sindrome del
Golfo e quella dei Balcani: la prima riscontrata esclusivamente tra i
soldati anglo-americani (i primi a raggiungere le zone bombardate
durante le operazioni in Iraq), la seconda invece osservata solo su
italiani e tedeschi, a cui sono state destinate le zone bombardate in
Bosnia e Kosovo dal vertice NATO, dopo aver fatto l'esperienza nel
Golfo.
Cordiali saluti
Mauro Quagliati