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La tragica normalita' di Gaza Strip



La tragica normalita' di Gaza Strip

Il check point di Abu Holi divide l'area di Gaza City da quella di Khan 
Younis. I soldati israeliani barricati nella torretta sparano in aria per 
avvertire quando e' aperto o chiuso. Martedi' scorso e' rimasto chiuso nove 
ore, praticamente tutto il giorno. La fila di macchine in attesa era lunga 
diversi chilometri. Le persone aspettavano buttate a terra, tra nuvole di 
polvere, in un'attesa di stanca rassegnazione. C'erano tanti studenti dei 
villaggi del sud che frequentano l'Universita' a Gaza City. Molti sono 
tornati indietro alla ricerca di un letto per la notte in citta'. Hanna mi 
racconta che questo succede ormai almeno due volte alla settimana.

Il check point di Abu Holi e' a protezione della Kussufim Road, la strada 
dei coloni che collega Israele agli insediamenti a Sud della Striscia. Il 
42% della Striscia e' sotto controllo israeliano, abitato da circa 6000 
coloni e 8000 militari. Nel restante 68% vivono 1.250.000 palestinesi 
stipati come topi. La Striscia da nord a sud e' lunga 43 km ed e' larga dai 
13 ai 15 km.

La notte in tutta l'area c'e' il coprifuoco. Ogni notte si sente sparare, 
si sente il passaggio dei carri armati e dei buldozer e io nonostante tutto 
dormo. Mi sono abituata. Tutto questo rumore e' in genere dovuto al fatto 
che l'esercito d'Israele sta demolendo l'ennesima casa palestinese 
nell'area piu' vicina agli insediamenti. Fatma ha sessant'anni e da venti 
mesi vive sotto una tenda appoggiata agli alberi d'ulivo. Anche la tenda e' 
stata demolita tre volte, ma lei e sua famiglia l'hanno sempre 
"ricostruita". Sotto la tenda c'e' anche la televisione e una cucina. Il 
suo te' e' buono, ha il sapore della salvia. Quando la saluto mi fa 
promettere che tornero' a trovarla. Quando le hanno demolito la casa, i 
soldati hanno urlato con il megafono agli abitanti che avevano solo 10 
minuti per uscire. Il giorno dopo e' andata a guardare da lontano le 
macerie della sua casa. Tutta la sua vita era li' sotto, tutte le foto dei 
suoi figli.

"Lo stato d'Israele spesso dichiara che i palestinesi usano abitazioni e 
terre come basi dalle quali attaccare avamposti militari israeliani e gli 
insediamenti. Cio' nonostante, la maggior parte delle demolizioni di 
proprietą nella Striscia di Gaza avvengono senza alcun processo 
giudiziario, inclusi la presentazione di prove, avvertimenti adeguati od 
opportunitą di appello. In alcuni campi di rifugiati, fasce intere di case 
sono state distrutte per la creazione di 'zone cuscinetto' tra le posizioni 
militari israeliane e le aree palestinesi". [Fonte: Palestinian Centre for 
Human Rights - www.pchrgaza.org]

Dal Sud della Striscia di Gaza a volte riesco anche sentire l'odore del 
mare, ma non si puo' andare a correre sulla spiaggia. Il mare lo si puo' 
guardare solo da lontano, oltre le linde case bianche degli insediamenti 
israeliani. Ogni tanto vado a sedermi prima del check point di Tufah, che 
e' chiuso per interi giorni. Arrivano orde di ragazzini, mi mostrano le 
cicatrici dei proiettili sui loro corpi e sghignazzando mimano l'atto di 
farsi esplodere. Il check point di Tufah e' l'unico accesso ad Al-Mawasi, 
un'area particolarmente fertile dove ci sono tre villaggi palestinesi per 
un totale di circa quattromila abitanti. Quest'area e' completamente 
circondata dagli insediamenti israeliani. Quando il check point e' aperto 
posono passare solo i residenti, che ora hanno delle tessere magnetiche di 
riconoscimento.

I muri di Jabalia sono ricoperti di scritte e disegni tricolori, rossi 
verdi e neri come la bandiera palestinese. Le strade per la maggior parte 
non sono larghe piu' di due metri, come in tutti i campi rifugiati della 
Palestina. I bimbi giocano tra la polvere, le mosche, i vetri e 
l'immondizia, scalzi e sudici. La puzza a volte e' insopportabile, le fogne 
sono a cielo aperto, eppure mi sono innamorata di questo campo profughi, 
delle sue case base di mattoni, senza arredamento se non i materassi 
buttati a terra e la poche stanze divise da coperte.

Namsawi e' un piccolo quartiere di Tufah costruito con i soldi della 
cooperazione austriaca. E' proprio di fronte all'insediamento di Neve 
Dekalim, e sulla collinetta ci sono sempre di guardia i tanks. Le facciate 
dei palazzi che danno verso l'insediamento sono completamente crivellate di 
colpi e di grossi buchi. Nonostante tutto la gente vi abita, mediamente 15 
persone in un appartamento di due stanze. La famiglia di Adel e' profuga 
tre volte, e' originaria di Lubia, vicino Tiberiade, poi sono passati ad 
Aschelon, infine a Rafah e da li' scappati a Namsawi. La sua nipotina Iman 
e' stata ammazzata dentro casa da una raffica un anno fa. Era in braccio 
alla madre e aveva solo otto mesi.

Potrei andare avanti all'infinito con queste storie, le storie della 
quotidianita' di Gaza Strips, storie che non fanno notizia e che non sono 
degne di entrare nell'agenda dei nostri media. Storie che nel nostro mondo 
non esistono perche' abbiamo deciso di non raccontarle, perche' preferiamo 
non vedere, non sapere.

F.C.

"Ma anche se voi vi credete assolti, siete lo stesso coinvolti"
(Fabrizio De Andre')