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La nonviolenza e' in cammino. 393
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO
Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it
Numero 393 del 23 ottobre 2002
Sommario di questo numero:
1. Il 4 novembre in piazza per la pace
2. Alcuni siti di strutture israeliane impegnate contro l'occupazione dei
territori palestinesi
3. Sean Penn, un padre di famiglia americano contro la guerra
4. Daniela Binello, l'ombra del burqua
5. Tommaso Di Francesco, un incontro di poesia in ricordo di Izet Sarajlic
6. Augusto Cavadi, una domenica con Alex Zanotelli
7. Verbale dell'incontro del Comitato di coordinamento del Movimento
Nonviolento del 14-15 settembre
8. Il secondo salone dell'editoria per la pace a Venezia
9. Cristina Papa, aggiornamento del sito de "Il paese delle donne"
10. Riletture: Luisella Battaglia, Etica e diritti degli animali
11. Riletture: Ursula K. Le Guin, I reietti dell'altro pianeta
12. Riletture: Alfredo Carlo Moro, Erode fra noi
13. Riletture: Sylvia Plath, Lady Lazarus e altre poesie
14. Riletture: Gianni Rodari, Grammatica della fantasia
15. Riletture: Simonetta Tabboni, Norbert Elias
16. La "Carta" del Movimento Nonviolento
17. Per saperne di piu'
1. APPELLI. IL 4 NOVEMBRE IN PIAZZA PER LA PACE
[Riportiamo un comunicato diffuso ieri dal "Centro di ricerca per la pace"
di Viterbo, che aggiunge argomenti alla proposta dell'iniziativa "Ogni
vittima ha il volto di Abele" da tenersi il 4 novembre ovunque possibile]
"Ogni vittima ha il volto di Abele" (Heinrich Boell)
Abbiamo promosso l'idea che il 4 novembre in tutta Italia si realizzino
cerimonie di commemorazione per le vittime di tutte le guerre da parte delle
istituzioni, delle associazioni e delle persone impegnate per la pace e la
nonviolenza.
Cerimonie semplici e silenziose, di cordoglio sincero, di profonda
austerita' e di rigoroso impegno al rispetto e alla promozione della
dignita' umana di tutti gli esseri umani. Di solidarieta' dell'umanita'
intera contro la violenza e la morte. Di opposizione alla guerra e ai suoi
apparati.
Un 4 novembre che nel ricordo di tutte le vittime delle guerre sia anche
monito ed impegno contro le guerre presenti e future, contro tutte le
violenze e contro tutti gli strumenti di morte.
Un 4 novembre che non deve piu' essere strumentalizzato dai comandi militari
che con il loro lavorare per la guerra e inneggiare alla guerra irridono
oscenamente le vittime delle guerre; ma divenire giornata di lutto e di
memoria, e di solenne impegno affinche' mai piu' degli esseri umani perdano
la vita a causa di guerre, affinche' mai piu' si facciano guerre.
*
Alcune riflessioni ulteriori:
- Il 4 novembre e' un giorno di lutto, e nelle vicende umane anche
l'elaborazione del lutto per coloro che non solo piu' conta. E conta
altresi' il ricordo di coloro cui e' stata tolta la vita con la violenza.
Non ricordarli sarebbe come volerli cancellare, quasi ucciderli una seconda
volta.
Chi defini' la prima guerra mondiale con la formula lapidaria "inutile
strage" colse un punto decisivo: fu una orribile strage; e - di contro alle
retoriche dei potenti che mandarono al macello tanta povera gente - non ebbe
alcuna ammissibile utilita', poiche' le stragi non sono mai utili (se non al
trionfo del male ed alla sofferenza dell'umanita'), sono stragi e basta, e
tutti quelli che pensano che si possa costruire qualcosa dando ad altri la
morte commettono uno sciaguratissimo e infame errore di ragionamento, oltre
che un abominio morale, che li rende promotori o complici del piu' orrendo
dei crimini.
La memoria delle vittime e' uno degli elementi su cui e con cui costruire
l'impegno per la difesa e la promozione dei diritti umani di tutti gli
esseri umani (sulla memoria delle vittime ed anche sui possibili rischi di
un uso distorto e strumentale di essa ha scritto pagine indimenticabili
Tzvetan Todorov, ad esempio in Memoria del male, tentazione del bene).
- Ebbene, la ricorrenza del 4 novembre, fine della prima guerra modiale (per
l'Italia), e' stata fin qui strumentalizzata proprio dai poteri militari,
che in questa giornata, loro si', "festeggiano" le forze armate, cioe'
scherniscono quei poveri morti che loro stessi comandi militari hanno fatto
morire. Lo troviamo ripugnante.
- Sic stantibus rebus, non convincono le iniziative subalterne, e non
convince il lasciar stare, il far finta di niente. Cosicche' abbiamo pensato
(anche sulla base di esperienze del passato) che il 4 novembre non debba
essere lasciato come irridente e iniquo monopolio delle gerarchie militari e
di quella retorica pseudopatriottica che il dottor Johnson qualche secolo fa
definiva "l'ultimo rifugio delle canaglie"; non debba essere lasciato alle
loro menzogne ed alla loro propaganda necrofila.
- Di qui la proposta: in quella data le persone e le istituzioni amanti
della pace e fedeli al diritto internazionale e alla legalita'
costituzionale non permettano che prevalga la sciagurata finzione che la
guerra sia bella e che le vittime debbano essere contente di essere state
trucidate, ma oppongano alla menzogna la verita', e all'ipocrisia la pieta'.
In quella data si ricordino le vittime per affermare che la guerra, del cui
orrore la loro morte testimonia, ebbene, la guerra e' un crimine che mai
piu' deve darsi.
"Ogni vittima ha il volto di Abele".
2. RIFERIMENTI. ALCUNI SITI DI STRUTTURE ISRAELIANE IMPEGNATE CONTRO
L'OCCUPAZIONE DEI TERRITORI PALESTINESI
[Dalla mailing list "Scienza e pace" (per contatti: e-mail:
Scienzaepace@area.bo.cnr.it; sito:
www.bo.cnr.it/mailman/listinfo/scienzaepace) riprendiamo questo elenco di
alcuni siti di strutture israeliane impegnate contro l'occupazione dei
territori palestinesi. Ringraziamo Gabriele Aquilina (per contatti:
gabaq@libero.it) per la segnalazione]
1) Jews Against Occupation, www.angelcities.com/members/jato
2) Jewish Peace Fellowship, www.jewishpeacefellowship.org
3) Neturei Karta, www.geocities.com/Pentagon/Bunker/5750/home.html
4) Jews not Zionists www.jewsnotzionists.org
5) Yesh Gvul, The movement for IDF men refusing to serve in the O. T.,
www.diak.org/Haayesh-gvul.htm
6) Israeli Committee Against Home Demolitions,
www.salam.org/activism/home_demolitions.html
7) B'Tselem (Israeli Human Rights Group), www.btselem.org
8) Bat Shalom, Israeli Women for Peace, www.batshalom.org
9) "Occupied Territory", www.occupied.org
10) Rabbis for Human Rights, www.rhr.israel.net
11) Not in Our Name Coalition, www.nimn.org
12) Oz v'Shalom - Netivot Shalom (religious Zionist anti-Occupation),
www.ariga.com/ozveshalom.index.asp
13) Jewish Alliance Against the Occupation, www.opentent.org/jews.html
14) Association for Civil Rights in Israel, www.nif.org/acri
15) Prominent Jews writing articles in Haaretz, www.haaretzdaily.com
16) Alliance of Middle East Scientists & Physicians,
www.keck.ucsf.edu/~yoram/amesp.html
17) Visions for peace with justice in Israel/Palestine,
www.keck.ucsf.edu/~yoram/amesp.html
18) Middle East Crisis Committee, www.thestruggle.org
19) Search for justice and equality http://www.searchforjustice.org
20) Jewish Voices Against the Occupation, jvao.org
21) Jews for Peace in Palestine and Israel (JPPI), jppi.org
22) Tikkun Magazine, www.tikkun.org
3. LETTERE. SEAN PENN: UN PADRE DI FAMIGLIA AMERICANO CONTRO LA GUERRA
[Questo intervento del noto attore cinematografico americano e' apparso come
inserzione a pagamento sul "Washington Post"; lo riprendiamo nella
traduzione italiana apparsa sul quotidiano "Il manifesto" del 19 ottobre
2002]
Buongiorno, Mr Bush.
Sono un padre di famiglia americano.
Come lei, mi ritengo un buon patriota. Come lei, sono rimasto inorridito
dagli eventi dell'anno scorso, preoccupato per la mia famiglia e il mio
paese. Tuttavia, non credo in una opposizione semplicistica e incendiaria
tra bene e male. Credo che il nostro e' un grande mondo pieno di uomini,
donne, bambini che lottano per mangiare, amare, lavorare, proteggere le
proprie famiglie, le proprie convinzioni e i propri sogni.
Mio padre, come il suo, e' stato decorato nella seconda guerra mondiale. Mi
ha insegnato a credere profondamente nella Costituzione e nel Bill of
rights, che dovrebbero essere applicati a tutti quegli americani che si
sacrificano per mantenerli vivi, e in linea di principio a tutti gli esseri
umani.
Molte delle azioni da lei compiute e da lei proposte sembrano violare ogni
principio fondante di questo paese di cui lei e' presidente: l'intolleranza
del dibattito ("o con noi o contro di noi"), l'emarginazione delle voci
critiche, la diffusione della paura attraverso una vuota retorica, la
manipolazione dei media e il ruolo della sua amministrazione nella
distruzione delle liberta' civili, tutte queste cose contraddicono il fulcro
stesso di quel patriottismo a cui lei si richiama.
Guardi da vicino i suoi piu' accesi sostenitori sui media. Osservi la paura
nei loro occhi quando le loro voci urlanti di appoggio fanno riecheggiare
quella sottocorrente di rabbia e panico, storicamente disastrosa, che si
cela dietro un "discorso forte e chiaro". Quanto lontani siamo ormai dal
capire cosa vuol dire uccidere un uomo, una donna, un bambino, tanto lontani
siamo dal comprendere il significato dei "danni collaterali" inflitti a
centinaia di migliaia di esseri umani.
Il suo uso delle parole, "questa e' una guerra di tipo nuovo", e' spesso
accompagnato da un sorriso strano. Mi preoccupa il fatto che lei ci stia
chiedendo di dimenticare tutte le precedenti lezioni di storia e di seguirla
in futuro ciecamente. Mi preoccupa perche', nonostante tutte le sue migliori
intenzioni, un enorme surplus economico e' stato dissipato.
La sua amministrazione ha praticamente accantonato tutte le principali
preoccupazioni di natura ambientale e di conseguenza il messaggio che
cogliamo e' che, poiche' lei sembra voler sacrificare i bambini del mondo,
vorrebbe sacrificare anche i nostri. So che questo potrebbe non essere il
suo scopo ma la prego, signor Presidente, ascolti Gershwin, legga Stegner,
Saroyan, i discorsi di Martin Luther King. Si ricordi dell'America. Si
ricordi dei bambini iracheni, dei nostri bambini e dei suoi.
Non ci puo' essere giustificazione per le azioni di al Qaeda. Mai.
Ne' benevolenza per la depravazione criminale del tiranno Saddam Hussein.
Certo, solo un grande paese come il nostro puo' porre fine a un modello
secondo cui alle bombe si risponde con le bombe, alle mutilazioni con le
mutilazioni, all'assassinio con l'assassinio.
Ma i principi non possono essere incautamente o avidamente abbandonati
facendo finta di difenderli.
Non e' facile evitare la guerra garantendo al contempo la sicurezza
nazionale. Ma lei si ricordera' che noi americani abbiamo una volta avuto un
piccolo problema missilistico con Cuba. La cautela del presidente Kennedy (e
quella del comandante del sottomarino nucleare, Arkhipov) sono esempi da
seguire. Le armi di distruzioni di massa sono chiaramente una minaccia al
mondo intero in qualsiasi mano esse si trovino. Ma come americani, dobbiamo
chiederci, dal momento che la capacita' di sviluppare tali armi da parte di
Saddam Hussein non minaccia solo il nostro paese (e in realta' la sua
tecnologia non sembra in grado di arrivare ad un tale livello di
sofisticatezza), come mai allora gli Stati Uniti, guidata dalla sua
amministrazione, sono in schiacciante minoranza tra le nazioni del mondo a
predisporre un attacco preventivo contro l'Iraq?
Detto semplicemente, signor presidente, lasciamo rientrare gli ispettori,
che sono in grado di annullare ogni capacita' offensiva dell'Iraq.
Guadagniamo tempo, garantiamo i nostri principi sia all'interno che
all'esterno dei nostri confini e domandiamo a noi stessi l'ingegnosita' di
essere la piu' grande forza diplomatica del pianeta, forse della storia del
pianeta.
La risposta verra'. Lei e' un uomo di fede, ma la sua sciabola sta scuotendo
la fiducia che molti americani hanno di lei.
Capisco che deve essere tremendo e sconcertante essere nei suoi panni in
questo momento. Come padre di due bambini che vivranno in un mondo il cui
futuro dipende anche dalle scelte di oggi, non ho altra scelta che credere
che lei alla fine si distinguera' per essere un gran presidente. La storia
le ha offerto questa opportunita'.
Per cui la prego, signor presidente, risparmi all'America un retaggio di
vergogna e terrore. Non distrugga il futuro dei nostri bambini. Noi la
sosterremo. Lei deve sostenere noi, i suoi concittadini americani e
l'umanita' intera.
Ci difenda dal fondamentalismo all'estero, ma non finga di non vedere il
fondamentalismo della limitazione delle liberta' civili, dell'eccessiva e
pericolosa liberta' d'azione del presidente attraverso gli atti del
Congresso, e della convinzione erronea e pervasiva che questo paese abbia il
"destino manifesto" di essere il gendarme del mondo.
Sappiamo che gli americani sono impauriti e arrabbiati. Tuttavia,
sacrificare soldati americani o civili innocenti in un attacco preventivo
senza precedenti contro una nazione sovrana, puo' essere una terapia
temporanea. Dall'altra parte, se lei avra' fiducia nel meglio del nostro
paese e riuscira' a rappresentare gli Stati Uniti come un potente e
coscienzioso paese, lei potra' trionfare sul lungo periodo.
Ci porti su questa strada, signor presidente, e saremo con lei.
Sinceramente suo
Sean Penn
4. TESTIMONIANZE. DANIELA BINELLO: L'OMBRA DEL BURQUA
[Ringraziamo Daniela Binello (per contatti: blusole.db@flashnet.it) per
averci messo a disposizione questo suo reportage da Kabul, gia' apparso su
"La Rinascita della sinistra" dell'11 ottobre 2002. Daniela Binello e' una
giornalista fortemente impegnata sui temi della pace e dei diritti umani]
Kabul. Nascere donna in Afghanistan e' piu' o meno la sintesi di una copiosa
lista di perche' senza risposta che, senza dubbio, nulla hanno in comune con
i problemi, pesanti e odiosi, che pure angosciano tante donne occidentali.
Tuttavia non ci sono confronti. L'Islam afghano e' un sistema di regole
molto rigide, anche adesso che non sono piu' al governo i Taliban. E se si
smettesse di volere dimostrare che le donne di Kabul si sono levate il
burqa, portando in luce rarefatti episodi di appartenenti a ranghi
privilegiati, si potrebbe tentare seriamente di fare il punto della
situazione sulle reali condizioni della parte femminile della societa' che
viene strumentalizzata soltanto per dire che il Paese e' sulla via di
Damasco. Grazie a noi.
"Elle", il periodico francese, da aprile pubblica "Roz" (Il Giorno), un
mensile in duemila copie teoricamente destinato alle donne afghane in due
lingue locali. Il gruppo editoriale Hachette ha stanziato ottantamila euro
per questa iniziativa che si avvale di un piccolo staff di redattrici a
Kabul. All'obiezione che nove afghane su dieci non sanno leggere, hanno
risposto che una afghana puo' quindi leggere la rivista alle altre nove.
Perche' no? Pero', quando udiamo di universita' e scuole per sole ragazze in
Afghanistan o di giornaliste nella neonata tv pubblica non lasciamo
confonderci le idee: in questo Islam un po' piu' integralista degli altri e'
normale che le aule non siano miste e, quindi, che vi siano scuole
"femminili" e due o tre giornaliste non significano una presa di coscienza
sui diritti umani.
Il problema risiede nella mentalita' degli uomini afghani, che non vogliono
cambiare abitudini, non in quella delle donne, che lo vorrebbero. Tutte le
ragazze sognano di affrancarsi da un ruolo non solo marginale, ma anche
rischioso - corre il detto che in Afghanistan per le donne c'e' posto solo
nella casa del marito o al cimitero - per andare ad alfabetizzarsi e trovare
un lavoro. Il problema e' che gli uomini non glielo lasciano fare, salvo in
quelle fasce sociali medio-alte che anche in Afghanistan, come in tutti i
paesi del mondo, esistono. Ma quelle donne non stanno piu' a Kabul da
decenni. Le afghane d'elite si sono gia' laureate alla Sorbona o negli
atenei angloamericani.
Costretta all'esilio sull'orlo della crisi degli anni Ottanta, la "regina di
Radio Afghanistan" Farida Mahvash, la piu' famosa cantante afghana
contemporanea, si rifugia prima in Pakistan e poi in California, dove vive
tuttora. Col suo Kabul Ensemble porta in tutto il mondo i ritmi delle tablas
(percussioni) del suo repertorio folk formato da oltre cinquecento brani.
Mahvash ammette: "Il mio sogno e' quello di rientrare nel mio Paese, ma il
pericolo e' ancora troppo forte". In agosto, intanto, e' saltata in aria con
una carica d'esplosivo la scuola femminile "Jaan Maliks" di Gahzni, a meta'
strada fra Kabul e Kandahar. L'attentato e' avvenuto di notte, per cui non
ci sono state vittime. Su alcuni volantini apparsi subito dopo, pero', era
scritto che "se le donne torneranno a scuola, le uccideremo".
Nazifa Khochnassib, medico di professione, ma poetessa per diletto, e sua
sorella, ex docente di fisica, hanno resistito ai Taliban e non hanno mai
lasciato il Paese, pur sapendo che avrebbero potuto pagare con la vita la
loro preparazione culturale.
In Afghanistan, il novanta per cento delle donne (piu' o meno dieci milioni
su una popolazione di 22) sono analfabete perche' e' cosi' che doveva
essere. Sul foglio "Sar Zamin-e Man" (Il mio paese, apparso subito dopo la
cacciata dei Taliban) e' stata pubblicata una vignetta che raffigura una
donna segregata in prigione, come un uccellino in gabbia. Dalle sbarre una
mano le porgeva le chiavi per uscire, ma lei non le prendeva.
"La situazione per le donne sta lentamente migliorando - chiarisce la
viceministra afghana per gli affari femminili Shafika Yakim -, ma
sicuramente le donne non godono della stessa possibilita' di espressione
degli uomini. Soltanto il due per cento delle ragazze puo' lavorare fuori
casa e solo il 6 per cento di loro sanno leggere e scrivere".
Rawa (Revolutionary Association of Women of Afghanistan), un'associazione
fondata nel 1977 per promuovere l'uguaglianza delle donne e per un
Afghanistan democratico, e' composta di militanti che lavorano in
semiclandestinita' nei campi profughi del Pakistan, nelle scuole per i
rifugiati di Islamabad, Quetta e Peshawar, negli orfanotrofi dove alcune
migliaia di bimbe e bimbi forse non troveranno mai una famiglia disposta ad
accoglierli.
Zoya, oggi militante di Rawa, aveva 14 anni nel 1992 quando i mujahidin
occuparono Kabul, dopo la disfatta russa. La sua adolescenza Ë trascorsa fra
mille peripezie e violenze narrate nel libro ìZoya, la mia storiaî (a cura
di John Follain e Rita Cristofari per Sperling e Kupfer).
Ancora adesso le attiviste di Rawa, che operano perlopiu' dal Pakistan,
rischiano la pelle per quello che fanno. Per contattarle, infatti, bisogna
accedere a una complessa selezione di scambi di e-mail e di appuntamenti "al
buio" che concedono volentieri ai media, dopo un accurato controllo. Il
rituale dell'acidificazione e' ancora molto diffuso in Pakistan: sfigurare
un volto femminile significa anche ferire profondamente la sua anima.
Che si fa, allora, quando nasci donna in un Paese dove vieni cresciuta solo
per servire a soddisfare l'istinto sessuale di un marito che ti
affibbieranno fin da ragazzina per mettergli al mondo i suoi figli? E se
poi, vista la lunga tradizione di scannarsi uno con l'altro, rimani vedova,
cioe' senza un marito come sostentamento e senza piu' nessuno della famiglia
che ti riapra le porte di casa? E se in quella situazione non ci sei solo
tu, ma anche i bambini che hai messo al mondo finche' avevi quella specie di
marito-risorsa? Allah, Dio, non e' mica obbligato a venirti incontro, per
parafrasare il titolo del romanzo di Ahmadou Kouroma.
5. INCONTRI. TOMMASO DI FRANCESCO: UN INCONTRO DI POESIA IN RICORDO DI IZET
SARAJLIC
[Questo articolo abbiamo ripreso dal quotidiano "Il manifesto" del 19
ottobre 2002. Tommaso Di Francesco e' giornalista, saggista, poeta, e un
vecchio e caro amico e compagno di lotte]
Sarajevo. "Noi che abbiamo vissuto l'assedio di Sarajevo,/ di tutto cio'
certamente non avremo nulla da guadagnare...". Lo scrittore e poeta
sarajevese Marko Vesovic legge con aria disincantata e amara i suoi versi.
Siamo nel Kamerni Teatar 55, nella Galerija Gabrijel, sulla Marsala Tita
della capitale della Federazione croato-musulmana. E' il secondo giorno
degli "Incontri internazionali di poesia" curati da Multimedia edizioni/Casa
della poesia e della mostra fotografica "... Che ci perdoni l'erba" di Mario
Boccia, per ricordare la "voce di Sarajevo", il poeta Izet Sarajlic,
scomparso il 2 maggio di quest'anno che mai aveva voluto lasciare la citta',
nemmeno durante l'assedio, e che negli ultimi anni dopo la guerra aveva
ripreso quel suo straordinario lavoro cosmopolita di raccordo tra poeti del
mondo, ritessendo i rapporti con l'Italia, con Salerno e Baronissi in
particolare, sede della Casa della poesia.
Izet Sarajlic - che nel 2001 ha ricevuto in Italia il premio Moravia per
Qualcuno ha suonato, Multimedia - e' il poeta di lingua serbo-croata piu'
tradotto al mondo, soprattutto da altri poeti come Brodskij, Evtushenko,
Enzesberger, Retamar e Charles Simic negli Stati Uniti; oltre ad essere
stato amico fraterno di Alfonso Gatto del quale la sorella di Izet, Raza -
morta nell'assedio - ha tradotto le opere in serbo-croato. E sempre
mono-tonico Marko Vesovic legge: "Quell'esperienza non ci servira' a nulla/
come se avessimo perso il violino e guadagnato le mani...".
Anche stavolta per stare vicino ad Izet, incontrare la figlia Tamara - il
Comune di Salerno le dara' la cittadinanza onoraria - sono venuti tanti
poeti a leggere versi in sua memoria: Alberto Masala dall'Italia, Carmen
Yanez dal Cile, dalla Spagna Juan Vicente Piqueras e Eloy Jose' Santos, Judi
Benson e Ken Smith dalla Gran Bretagna, Louis-Philippe Dalembert da Haiti,
il performer Serge Pey dalla Francia e, tra tutti, un pezzo di storia della
letteratura americana degli anni beat, Jack Hirschman che leggera' per la
prima volta la splendida fonia del suo nuovo poema sull'11 settembre.
Mancava Erri De Luca, lo scrittore italiano che con lui ha intessuto un
lungo epistolario e che lo ha conosciuto, nei suoi "trasporti" balcanici, a
Sarajevo sotto le bombe. Mancava forse perche' non si torna volentieri in
una citta' che si e' vista dilaniata. Tanti anche i poeti di Sarajevo che
sono venuti a ricordare Izet e l'assedio, come Farida Durakovic, Josip Osti
e il solipsista Velimir Milosevic.
Anche la parte piu' ufficiale dell'iniziativa e' stata decisiva. La lettura
internazionale di poesia e la mostra sono state inaugurate dal sindaco di
Sarajevo, Muhidin Hamamdzic, dall'ambasciatore italiano, dall'assessore alla
cultura del Comune di Salerno - tutti organismi che hanno promosso
l'iniziativa - e dal fotografo Mario Boccia, sotto lo sguardo spiritato e
sorridente, beffardo e amoroso, delle grandi gigantografie di Izet Sarajlic.
Una mostra quella di Boccia - si e' conclusa ieri e "Che ci perdoni l'erba"
e' proprio un verso di Izet - che, pure composta per la maggior parte da una
intimita' di ritratti del poeta, ha voluto offrire in una "parete buia"
l'intero spettro della tragedia della guerra balcanica, con immagini che
vanno infatti dalle uccisioni in Slovenia nel 1991, fino alle milizie
dell'Uck in Macedonia nel febbraio di quest'anno, e con una sequenza di
"pulizie etniche" che vedono albanesi cacciati dai serbi, serbi e rom dagli
albanesi, musulmani dai croati, croati dai serbi e serbi dai musulmani e...
E Izet Sarajilic a questa verita' si e' sempre adoperato, lui che era un
musulmano di Doboj, sposato con una cattolica e con un genero di religione
ortodossa, ha militato nel "Circolo 99" di Sarajevo, sempre contrario alle
mafie che hanno voluto la guerra, e ha lottato fino alla fine dei suoi
giorni per il mantenimento di quella cultura bosniaco-jugoslava laica della
pluralita' e della convivenza della quale, prima della guerra, Sarajevo era
un simbolo per tutto il mondo.
Intanto Marko Vesovic non smette la sua lamentazione critica: "... Bisogna
dimenticare tutto/ e poi dimenticare il dimenticato. Ma d'ora in poi,
spero,/ che noi avremo un po' piu' di rispetto verso noi stessi,/ come un
pugile che riceve un milione di pugni/ e rimane in piedi/ e la sua faccia
massacrata nello specchio gli dice nello specchio/ chi e' lui in verita'/
(...) Abbiamo conosciuto i nostri limiti./ Perche' sapere chi sei e' sempre
stato/ il privilegio della vittima...". Legge mentre la traduzione appare
stampigliata grande sul telo di fondo. L'hanno fatta Raffaella Marzano e il
poeta Sinan Guzdevic, l'unico che ha avuto il coraggio di denunciare che la
guerra nell'ex Jugoslavia e' stata anche contro una lingua unitaria e
bellissima, il serbo-croato, per arrivare a pseudo invenzioni linguistiche
come il "croato" ufficiale o la "parlata" bosniaca.
Legge Marko Vesovic e fuori Sarajevo aspetta. E' arrivato il primo freddo,
piove in continuazione da giorni, da settimane, la Miljacka, che d'estate e'
quasi un rigagnolo inesistente, e' gonfia d'acqua terragna: nessuno da tempo
ha piu' curato a monte e a valle opere di bonifica. Livida la citta' rimane
appesa, come l'odio rimasto che vede la citta' e la Bosnia Erzegovina divisa
in cantoni e "stati", quello della Federazione croato-musulmana e la
Repubblica serba.
Tutti i poeti poi sono andati al Cimitero del Leone, a trovare Izet. Il
monumento del Leone era ancora la' mezzo devastato dalle bombe. Li' Izet li
ha accolti con una pioggerellina fastidiosa, appena il tempo di mettere un
carillon di uccellini di lacca cinguettanti sulla tomba bruna. Intorno,
guardavamo che alla fine serbi e musulmani - ma anche le stelle rosse degli
jugoslavi - stavano insieme, finalmente: da morti.
"Poi che dirti/ nessuna guerra ha fatto mai/ ridere una madre", ci saluta
Marko Vesovic dai microfoni del Camerni Teatar. Per strada, arde ancora il
monumento della "fiaccola", splende e fa luce e fuoco. E' sempre rimasta
accesa anche durante l'assedio: ricorda la liberazione della citta' il 6
aprile del 1945 da parte dell'armata popolare jugoslava.
Perche' arde ancora?
6. INCONTRI. AUGUSTO CAVADI: UNA DOMENICA CON ALEX ZANOTELLI
[Ringraziamo Augusto Cavadi (per contatti: acavadi@lycos.com) per averci
messo a disposizione questo suo articolo apparso ieri sull'edizione
palermitana del quotidiano "La repubblica". Augusto Cavadi, educatore,
saggista, e' impegnato a Palermo nei movimenti antimafia e di solidarieta']
Per molti lettori domenica e' stata una giornata qualsiasi. Ma per un centin
aio di persone, radunetisi a Casa Professa un po' da tutta la Sicilia, e'
stata una giornata speciale.
L'hanno condivisa, infatti, con Alex Zanotelli, il missionario -
giornalista, per anni direttore di "Nigrizia", che prominenti uomini di
governo di allora si preoccuparono di far allontanare e che, dopo molti anni
trascorsi in una baraccopoli a Nairobi, e' tornato in Italia.
In mattinata c'e' stato il momento pubblico per discutere dei crimini della
globalizzazione con Marco Pirrone e Salvo Vaccaro, curatori di un omonimo
volume che raccoglie gli atti di un seminario organizzato a Palermo negli
stessi giorni del vertice Onu contro la criminalita' transnazionale; dopo il
pranzo a sacco, invece, e' stato il momento di una toccante e
partecipatissima celebrazione eucaristica. "Non si puo' annunziare la buona
novella se non si parte dalla denunzia delle cattive novelle che ci arrivano
ogni giorno da ogni parte del pianeta": da qui l'importanza di conoscere, e
di far conoscere, i dati "oggettivi", "ufficiali", sulle prepotenze e le
ingiustizie sistemiche che il 20% dell'umanita' perpetra contro l'80%; sulle
quaranta guerre in atto gia' prima dell'11 settembre 2001; sulle tre
famiglie americane il cui reddito complessivo supera la somma dei PIL dei
480 paesi piu' poveri della Terra; sul processo di privatizzazione non solo
dei beni elementari (come l'acqua) ma anche dei servizi sociali essenziali
(come la sanita' e l'istruzione).
Le informazioni si basano tutte e solo su fonti degli Organismi
internazionali meno sospettabili di partigianeria, dal Fondo Monetario
Internazionale alla Banca Mondiale: ma e' chiaro che l'interpretazione dei
dati "scientifici", e soprattutto la deduzione di alcune conseguenze
operative, non sono per nulla "neutrali".
"Non sono equidistante, lo confesso: in quanto prete sono di parte. Sono
dalla parte del Dio di Abramo, di Mose' e di Gesu': dunque dalla parte del
Dio che ha a cuore la sorte degli impoveriti. Questo e' il cuore della fede
biblica: credere che, nonostante le apparenze, il vero Dio non e' il Dio
delle guerre e dell'affamamento, il Dio di Bush e di Berlusconi, ma il Dio
che vuole un mondo altro rispetto a questo in cui riusciamo a vivere solo
tappandoci gli occhi".
Si potrebbero moltiplicare le citazioni, piu' o meno fedeli, dall'intervento
di padre Zanotelli alla tavola rotonda del mattino e dalla sua omelia
pomeridiana: ma sarebbe impossibile restituire, al di la' delle espressioni
verbali, l'accento di autenticita' esistenziale della sua testimonianza ed
il clima di serena determinazione che egli ha saputo creare anche con gesti
essenziali, con il linguaggio del corpo.
Sino al congedo finale, dopo aver raccolto i fogli in cui decine di persone
avevano apposto la propria impronta digitale da spedire, in segno di
solidarieta' con gli immigrati, al Vicepresidente del Consiglio e/o al
Ministro per le Riforme istituzionali e Devoluzione: "La Messa e' finita.
Qualcuno di voi ha ricordato che anche Palermo, per certi versi, e' Sud del
mondo e che almeno un 30% dei cittadini stenta ad arrivare dignitosamente
alla fine del mese. Andate, dunque, per le strade di questa difficile citta'
facendovi parola e pane per quanti ne hanno bisogno".
Nel corso della celebrazione liturgica, svoltasi peraltro non in chiesa ma
attorno alla mensa in cui molti avevano consumato il pasto frugale portato
da casa, un ragazzo aveva confidato la gioia interiore provata: "Era da
molto tempo che non partecipavo piu' a momenti liturgici perche' le solite
messe in parrocchia mi annoiavano". E una ragazza proveniente da un piccolo
Comune dell'agrigentino gli ha fatto eco sottovoce: "Anch'io ho un ricordo
repellente delle funzioni religiose cui partecipavo da bambina, per non
parlare del catechismo tutto proibizioni e divieti, al punto da provare
disagio solo a pronunziare il nome di Dio. E mi chiedo se il cristianesimo
di certe nostre parrocchie e il cristianesimo di queste assemblee siano
davvero la stessa religione".
7. MATERIALI. VERBALE DELL'INCONTRO DEL COMITATO DI COORDINAMENTO DEL
MOVIMENTO NONVIOLENTO DEL 14-15 SETTEMBRE
[Dal sito del Movimento Nonviolento (www.nonviolenti.org) riprendiamo e
diffondiamo]
Coordinamento nazionale del Movimento Nonviolento. Verbale dell'incontro del
14-15 settembre 2002 a Montevaso.
Presenti: Claudia Pallottino, Renato Solmi, Enrico Peyretti, Adriano
Moratto, Daniele Lugli, Piercarlo Racca, Mao Valpiana, Rocco Pompeo, Luciano
Capitini, Marco Bandini, Luca Giusti, Elena Buccoliero, Matteo Soccio,
Filippo Ciardi, Massimiliano Pilati, Marco Siino, Luciano Bertoldi, Patrizio
Loprete, Giovanni Mandorino, Rocco Altieri.
Assenti giustificati: Alberto Trevisan, Pasquale Pugliese, Flavia Rizzi,
Angela Dogliotti, Francesco Lo Cascio.
Ordine del giorno:
1. approvazione del verbale precedente;
2. di fronte alla possibilita' di una guerra in Iraq;
3. aggiornamento sulla marcia Assisi-Gubbio;
4. la formazione delle forze dell'ordine alla nonviolenza;
5. la manifestazione di Roma del 15 settembre;
6. le dieci parole in preparazione al cammino Assisi-Gubbio;
7. i Corpi Civili di Pace.
*
1.Approvazione del verbale precedente
Il verbale viene approvato all'unanimita', nella versione corretta da
Daniele.
*
2. di fronte alla possibilita' di una guerra in Iraq
Giovanni stimola il coordinamento a preparare una forma di mobilitazione
nonviolenta contro la guerra in Iraq e fa due esempi di azione concreta: la
richiesta, da parte del segretario del Movimento Nonviolento, di un incontro
con il Presidente del Consiglio, e la diffusione di un ordine del giorno
contro la guerra in tutti i Comuni italiani.
Si succedono opinioni diverse.
Secondo Luciano C. e Massimiliano la campagna di obiezione del cittadino e'
la risposta piu' valida alla guerra in Iraq: nata non sull'urgenza, ricca e
meditata, e' una risposta complessiva all'apparato di preparazione della
guerra. Massimiliano aggiunge che sul sito web di Lilliput si trovera'
presto un kit di azione per tutti i nodi, per avviare la campagna di
obiezione del cittadino.
Daniele invita a verificare se, tra gli appelli contro la guerra gia'
formulati, ce n'e' uno che ci convince per dare una adesione convinta, e
richiama l'esperienza del manifesto contro la guerra nelle citta'.
Marco S. propone una versione della campagna piu' mirata sull'Iraq e ricorda
l'efficacia, almeno per la sua citta', dei manifesti nella citta',
realizzati durante la guerra in Kossovo.
Luciano B. richiama all'importanza di promuovere una cultura complessiva di
nonviolenza, senza dimenticare che oltre all'Iraq, proposto dai media con
maggiore insistenza, esistono anche molti altri focolai di guerra.
Mao si chiede quale sia il nostro livello di azione. "Forse Zanotelli ha
ragione quando chiede di rispondere rapidamente agli eventi, ma se
riusciremo a pensarci piu' profondamente, saremo piu' coerenti e diremo
davvero qualcosa di nostro. C'e' guerra in tutto il mondo, stiamo attenti a
non entrare nel gioco delle parti".
*
3. aggiornamento sulla marcia Assisi-Gubbio
Mao presenta i primi risultati del primo sopralluogo in Umbria (Mao,
Daniele, Elena): da quattro anni il Cai, la Provincia di Perugia, il Comune
di Gubbio ecc. hano ripristinato il sentiero Assisi-Gubbio originario,
seguito da Francesco nel suo cammino. E' lungo 49 km e richiede, ai gruppi
meglio allenati del Cai, 9 ore di cammino. Il sentiero in alcuni tratti
coincide con la strada carrozzabile e puo' essere suddiviso in tappe,
approfittando di luoghi che possono diventare punti di appoggio per la notte
o per i pasti. L'Amministrazione e l'Apt di Gubbio sono disponibili a
sostenere l'iniziativa, ma il percorso di contatto con le istituzioni e'
tutto da fare.
L'iniziativa potrebbe sostanziarsi non in una marcia (troppo lunga e
faticosa per un pubblico di famiglie e di persone non allenatissime) ma in
un cammino di tre giorni, una sorta di campo itinerante di circa 120
persone, ad iscrizione, tenendo per l'ultimo giorno gli ultimi cinque
chilometri, dalla Vittorina a Gubbio, e poi l'arrivo ed il convegno finale,
in modo da rendere possibili diversi tipi e livelli di partecipazione.
Giovanni propone che questa sia la festa annuale della nonviolenza per il
2003, secondo la proposta di Pasquale alla conferenza di organizzazione, e
incontra l'accordo generale.
*
4. la formazione delle forze dell'ordine alla nonviolenza
Patrizio Loprete, del sindacato CGIL di polizia di Livorno, chiede al
Movimento Nonviolento una collaborazione rispetto alla formazione della
polizia alla nonviolenza. Soprattutto dopo il G8 di Genova sente la
necessita' che le forze dell'ordine riflettano sulle loro modalita' di
azione. Richiama l'importanza di dare contenuto alla proposta di legge
Occhetto, perche' "il poliziotto vede il nonviolento come un altro mondo,
da' per scontata la violenza. La nonviolenza non e' tra le materie di studio
del poliziotto, per professione costretto a ricorrere, anche improvvisando,
a metodi che fanno piu' male che bene".
La proposta di Patrizio e' accolta con entusiasmo da tutto il coordinamento,
che da' la propria disponibilita' a collaborare.
Decisione: Viene incaricato Rocco Pompeo, gia' coinvolto sul tema della
formazione, per seguire il contatto con il sindacato di polizia. Si
ripromette di mantenere il contatto anche con la Pubblica Amministrazione e
di raccogliere il progetto di Angela Marasso sulla violenza negli stadi, per
prendere visione di esperienze diverse.
*
5. la manifestazione di Roma del 15 settembre
Di ritorno dalla manifestazione di Roma, Enrico Peyretti e Renato Solmi ne
riferiscono l'entusiasmo, la partecipazione e i contenuti.
Enrico: il problema della giustizia e' centrale per la nonviolenza. Abbiamo
il dovere di difendere la legalita', di ridurre la violenza. Viviamo un
deficit di cultura giuridica e di senso dello Stato, che va recuperato. Il
movimento di protesta oggi non e' nonviolento ma condivide una cultura
democratica. Il tema della democrazia e' centrale per noi, perche' la
violenza strutturale e' piu' grave, profonda ed accettata di quella diretta,
per esempio della guerra. Il Movimento Nonviolento dovrebbe coinvolgersi in
questo, consapevole che non e' esclusa una degenerazione, anche provocata.
Renato ripercorre alcune tappe. 7000 persone avevano partecipato
all'iniziativa "Una domenica senza", 600 a "Un mese senza", solo 60 hanno
risposto all'invito a continuare. Chiede al Movimento Nonviolento di farsi
carico di questi temi, per un lavoro ampio contro il monopolio
dellíinformazione, la guerra, la messa in discussione dell'articolo 18, gli
attacchi alla Magistratura. Propone un testo da lui preparato, che Enrico
suggerisce di inviare a "Micromega" a nome del Movimento Nonviolento. Il
testo chiede, tra l'altro, la nazionalizzazione di Mediaset e l'affidamento
a gruppi di regioni, insieme ad una rete Rai e a La 7.
La discussione che si sviluppa mette a confronto punti di vista molto
diversi.
Piercarlo e' d'accordo con Enrico e aggiunge la pubblicazione del testo su
"Azione Nonviolenta".
Luca: puo' essere un modo per proporre il discorso della nonviolenza al
movimento dei girotondini che, senza aver compiuto scelte precise, mostra
una certa sensibilita' al riguardo.
Mao: non siamo pronti per accettare un documento che di base e' sicuramente
condivisibili, ma interviene su molti passaggi senza che vi sia un sentire
comune maturato nella discussione interna al coordinamento.
Rocco: rileggiamo nei documenti congressuali le indicazioni emerse su questo
tema.
Matteo: costruiamo una campagna attenta, condividiamola con altri, con
esperti che gia' hanno cominciato a lavorare. Ci serve di piu' preparare la
Difesa Popolare Nonviolenta al tiranno di turno, che far sentire la voce del
Movimento Nonviolento di per se', solo per un fatto di visibilita'.
Marco S.: mi sgomenta sottoscrivere impegni che forse non abbiamo le forze
per mantenere.
Claudia: sono díaccordo con Mao.
Luciano B.: sono complessivamente d'accordo col testo, anche se dovrei
capire meglio molte cose. Credo che dovremmo valorizzare i contributi dei
pii' esperti. Vedo molte resistenze verso tante proposte valide, perche'
invece non le divulghiamo, con i mezzi che abbiamo?
Adriano: le mie resistenze non riguardano solo Mediaset ma la tv nel suo
insieme, come strumento di potere.
Massimiliano: non sono d'accordo che il documento passi come espressione del
Movimento Nonviolento. La proposta delle macroregioni non la condivido, ne'
puntare líindice solo su Mediaset mantenendo la Rai cosi' com'e'.
Luciano C.: questa operazione, anche se non e' esattamente quella che
cerchiamo, e' nello spirito del congresso. La legge Frattini consolida il
monopolio, dobbiamo reagire, ma come? Qualcuno lavora gia' su questi temi?
L'Auditel per esempio non e' di vera rappresentanza popolare ed e' costruito
secondo i criteri dei pubblicitari. E' in corso la creazione di un organismo
alternativo all'Auditel, e mi sembra un impegno serio e di sostanza. Il
documento forse e' da correggere, ma sono per passarlo.
Daniele: non c'e' una convinzione totale del comitato di coordinamento.
Apprezziamo tutti che su questo ci sia una mobilitazione collettiva con
modalita' nonviolente, e troviamo il modo per dire questo pubblicamente.
Mettiamo a verbale il documento di Renato e pubblichiamolo sul sito, perche'
sia proposto alla discussione. Affidiamo ad un gruppo composto da Mao,
Renato, Enrico, Rocco, Matteo e Piercarlo il compito di stendere una
comunicazione condivisa da inviare a "Micromega".
Matteo: proponiamo al gruppo di Torino di preparare un seminario su
comunicazione e democrazia.
Rocco propone un titolo: "Telecrazia e democrazia nella prospettiva della
nonviolenza".
Enrico: facciamo tutto questo e poi inviamo il documento di Renato a
"Micromega" come segnalato dal Movimento Nonviolento. Attenti allo sbaglio
del massimalismo, il meglio e' nemico del bene.
Mao: il comitato decide il gruppo che preparera' il seminario.
Matteo invita tutti a inviargli contributi, materiale, idee e proposte per
una mini-guida sul consumo critico della televisione.
Decisioni:
- il testo di Renato viene pubblicato sul sito del Movimento Nonviolento;
- contributi sul tema dell'uso della tv sono da inviare a Matteo Soccio;
- il gruppo composto da Mao, Renato, Enrico, Rocco, Matteo e Piercarlo ha il
compito di stendere un eventuale documento condiviso (da inviare, fra gli
altri, a "Micromega").
*
6. le dieci parole in preparazione al cammino Assisi-Gubbio
Ci si confronta su come promuovere "le 10 parole". Prima risorsa e'
certamente la rivista, che in ogni numero dedichera' almeno due pagine al
tema del mese, con un articolo di inquadramento del tema, riferimenti
bibliografici e citazioni, e talvolta anche interviste e contributi esterni.
In questo modo si cerchera' di mettere a punto materiale che possa essere
utilizzato nei gruppi locali per promuovere manifestazioni e momenti
pubblici.
Daniele invita a proporre le 10 parole ad altri ambienti o organi di stampa
(Lilliput, Arci, "Il foglio" mensile, "Mosaico di pace", "Nigrizia").
Mao sottolinea che "il successo dell'iniziativa e' nelle nostre mani, deve
partire da noi, dai gruppi locali, dalle citta', con iniziative anche
piccole". Si invitano i gruppi a segnalare le loro attivita' al sito del
Movimento Nonviolento, dove troveranno uno spazio dedicato.
Enrico suggerisce di coinvolgere le altre riviste di pace e poi personalita'
che possano scrivere per "Azione Nonviolenta", per es. scrittori che
collaborano con quotidiani, ma dice di non essere personalmente in grado di
occuparsene.
Marco osserva la coincidenza della seconda parola con l'11 dicembre, che e'
anche giornata dei diritti umani, e apprezza la possibilita' di agire
simultaneamente in citta' diverse.
Patrizio e' affascinato dall'idea delle "10 parole" e, data la difficolta'
che tutti possano riflettere e organizzare iniziative su tutto, propone che
i gruppi locali "adottino" una parola in particolare e costruiscano una
mobilitazione su quella.
Mao comunica che sulla rivista di novembre, sul tema coscienza, sara'
pubblicata una intervista a obiettori di coscienza vecchi e nuovi, mentre
Matteo preparera' una bibliografia.
*
7. i Corpi Civili di Pace
Claudia e Mao hanno partecipato all'incontro del coordinamento, il 14 luglio
scorso. E' confermato l'impegno del gruppo di organizzare un forum sui corpi
civili di pace a Bologna entro dicembre 2002. Il prossimo appuntamento e' a
Bologna in ottobre per raccogliere i temi da approfondire nel forum.
Marco S. chiede alla segreteria una attenzione verso i gruppi locali, che
sono disposti a lavorare sul tema ma hanno la necessita' di materiale
aggiornato e coordinato.
8. INIZIATIVE. IL SECONDO SALONE DELL'EDITORIA PER LA PACE A VENEZIA
Si svolgera' dal 6 all'8 dicembre a Venezia il secondo salone dell'editoria
per la pace, il piu' importante appuntamento annuale in Italia di quanti
fanno informazione, studiano, documentano, riflettono sui temi della pace,
della dignita' umana, della nonviolenza. Per ulteriori informazioni:
Giovanni Benzoni, e-mail: gbenzoni@tin.it
9. SITI. CRISTINA PAPA: AGGIORNAMENTO DEL SITO DE "IL PAESE DELLE DONNE"
[Da Cristina Papa, una delle animatrici dell'ottimo sito femminista e
pacifista "il paese delle donne" (per contatti: e-mail:
womenews@www.womenews.net; sito: www.womensnews.net) riceviamo e
diffondiamo]
In questo numero:
- Verso il social forum europeo: Le "nostre" parole: per una pratica
femminista contro la guerra - "Associazione Rosa Luxemburg della Convenzione
permanente di donne contro le guerre";
- Resistenza - Alidina Marchettini;
- Ordine/disordine - Maria Grazia Campari;
- Estraneita'/infedelta' - Clotilde Barbarulli;
- Complicita'/Responsabilita' - Marisa La Malfa;
- Rappresentanza e rappresentazione;
- Contro un'uguaglianza solo a parole;
- Native/migranti: Un punto di partenza;
- Voci di donne contro le guerre:
- L'Associazione Rosa Luxemburg verso il Forum sociale europeo;
- Dopo l'Afghanistan l'Iraq?
- La partita che si gioca in Afghanistan;
- Io andro' anche in Iraq - Intervista a Luisa Morgantini;
- Se parto dall'Europa;
- Iran: una crescente ondata di violazioni dei diritti umani;
- Nemici fondamentalisti;
- Per una pace giusta e degna;
- Fermare l'Alca;
- Italia Svezia;
- Per un nido accogliente;
- Pratiche economiche;
- Piano Regolatore - Parola d'ordine: Uccidere le differenze.
Presso la nostra redazione potete richiedere il volume L'eredita' del
femminismo per una lettura del presente, Atti del ciclo di seminari curati
da Associazione libera universita' delle donne, Crinali, Fondazione Elvira
Badaracco, Unione femminile italiana. Edizioni Il Paese delle Donne, costo 8
euro + spese di spedizione da versarsi sul c/c postale 69515005 intestato a
"Associazione il Paese delle donne", via Matteo Boiardo 12, 00185 Roma.
10. RILETTURE. LUISELLA BATTAGLIA: ETICA E DIRITTI DEGLI ANIMALI
Luisella Battaglia, Etica e diritti degli animali, Laterza, Roma-Bari 1997,
pp. XVI + 192, lire 15.000. Dedicato ad Alexander Langer, un saggio di una
delle piu' acute studiose dell'argomento.
11. RILETTURE. URSULA K. LE GUIN: I REIETTI DELL'ALTRO PIANETA
Ursula K. Le Guin, I reietti dell'altro pianeta, Editrice Nord, Milano 1976,
1982, pp. XII + 334. Non solo un classico della narrativa d'anticipazione,
ma una profonda riflessione di una grande intellettuale.
12. RILETTURE. ALFREDO CARLO MORO: ERODE FRA NOI
Alfredo Carlo Moro, Erode fra noi, Mursia, Milano 1989, pp. 288, lire
18.000. L'orrore della violenza sui bambini in un libro di riflessione e
denuncia scritto da un illustre magistrato e giurista.
13. RILETTURE. SYLVIA PLATH: LADY LAZARUS E ALTRE POESIE
Sylvia Plath, Lady Lazarus e altre poesie, Mondadori, Milano 1976, 1998, pp.
208, lire 12.000. Nella traduzione di Giovanni Giudici e con testo originale
a fronte una silloge delle liriche della grandissima poetessa.
14. RILETTURE. GIANNI RODARI: GRAMMATICA DELLA FANTASIA
Gianni Rodari, Grammatica della fantasia, Einaudi, Torino 1973 e piu' volte
ristampato, pp. VIII + 196 (nell'edizione di cui disponiamo, del 1981). Un
libro fondamentale per chiunque si occupi di educazione, di diritti umani,
di nonviolenza.
15. RILETTURE. SIMONETTA TABBONI: NORBERT ELIAS
Simonetta Tabboni, Norbert Elias, Il Mulino, Bologna 1993, pp. 314, lire
36.000. Una assai utile monografia sul grande studioso.
16. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.
17. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: http://www.nonviolenti.org;
per contatti, la e-mail e': azionenonviolenta@sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
http://www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben@libero.it;
angelaebeppe@libero.it; mir@peacelink.it, sudest@iol.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: http://www.peacelink.it. Per
contatti: info@peacelink.it
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO
Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it
Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio
con richiesta di rimozione a: nbawac@tin.it
Numero 393 del 23 ottobre 2002