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La nonviolenza e' in cammino. 392



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it

Numero 392 del 22 ottobre 2002

Sommario di questo numero:
1. Enrico Peyretti, una lettera al Presidente della Repubblica
2. Lidia Menapace, chiamare il 113
3. Giulio Vittorangeli, Savoia
4. Una esperienza di addestramento alla nonviolenza ad Amelia
5. Augusto Cavadi, il genitore con l'ascia in pugno
6. Isidoro Mortellaro, chi sta modificando l'articolo 11 della Costituzione?
7. Un incontro a Lugano per ricordare Aldo Capitini
8. Il 23 novembre giornata nazionale della finanza etica
9. Un libro di Anna Belpiede sulla mediazione culturale
10. Riletture: AA. VV., La rete di Lilliput
11. Riletture: Comunita' papa Giovanni XXIII, Operazione Colomba. Abitare il
conflitto
12. Riletture: Juliet Mitchell, La condizione della donna
13. Riletture: Gitta Sereny, Bambini invisibili
14. Riletture: Susan Sontag, Stili di volonta' radicale
15. Riletture: Francesco Tullio (a cura di), Una forza nonarmata dell'Onu:
utopia o necessita'
16. La "Carta" del Movimento Nonviolento
17. Per saperne di piu'

1. CIO' CHE VA DETTO. ENRICO PEYRETTI: UNA LETTERA AL PRESIDENTE DELLA
REPUBBLICA
[Ringraziamo Enrico Peyretti (per contatti: peyretti@tiscalinet.it) per
averci messo a disposizione questa sua lettera aperta inviata oggi al
Presidente della Repubblica su El Alamein e la guerra. Enrico Peyretti e'
una delle figure piu' nitide e prestigiose della cultura della pace]
Signor Presidente della Repubblica,
la guerra voluta da Mussolini fu assolutamente criminale, senza possibile
dubbio. Quell'uomo violento fu dittatore e traditore della nostra Italia,
mandante dell'assassinio di tanti italiani e di tanti altri esseri umani
aggrediti da noi italiani.
Gli italiani che combatterono e morirono in quella guerra furono, in tanti
casi, certamente in buona fede, ma uccidevano e morivano per una causa
barbara e omicida, indegna del sacrificio di una sola vita umana. Erano in
buona fede perche' erano ingannati, perche' non trovarono maestri adeguati,
pochi e impediti sotto la dittatura fascista.
Chi combatte e mori' con coraggio in quella guerra, anche in battaglie come
El-Alamein, sprecava la forza del suo animo e del suo corpo, perche'
regalava la sua vita all'ingiustizia. I piu' non lo sapevano, ma questo e'
tutto cio' che in realta' facevano. Noi lo sappiamo.
Credevano di morire per l'Italia, ma morivano per chi uccideva l'Italia, che
non erano tanto i "nemici" di quel momento, quanto Musssolini e tutti i
fascisti suoi complici.
Se quei morti furono eroi, allora sono eroi anche i terroristi suicidi, che
credono di promuovere cosi' una causa giusta. Gli uni e gli altri ingannati
e ingannatisi, per carenza di quella libera discussione e confronto
ragionevole che illumina le coscienze e le libera dall'obbedienza fanatica e
disonorevole.
Gli eroi da onorare oggi sono coloro che videro chiaro e disobbedirono al
comando omicida. Ce ne furono, persino sotto il Reich nazista, razzista,
antiumano.
E' eroismo donare la vita per una causa giusta, donarla per una causa
criminale e' errore da compiangere. Il coraggio mal impiegato e' da
compiangere piu' che da onorare.
Ad El-Alamein, dove - dicono i giornali - erano presenti sul palco anche
alcuni reduci, coi capelli bianchi, il fez e il gagliardetto decorati dal
fascio, le cose da dire erano queste.
Noi compiangiamo chi mori' trascinato per inganno in un crimine, rispettiamo
la sua coscienza ingannata ed erronea, ma soprattutto giudichiamo l'inganno
e il crimine, per la nostra istruzione odierna.
Di quegli uomini ammazzati dalla guerra noi oggi ascoltiamo il grido, la
lezione che ci trasmettono.
Se vogliamo davvero rispettarli dobbiamo interpretare la loro voce
soffocata: "cittadini di tutti i paesi, non fatevi mai piu' ingannare da chi
per ossessione di potere vi usa in guerra! ribellatevi e rifiutatevi ad ogni
guerra! ogni guerra e' tradimento delle vie umane e ragionevoli per
risolvere i conflitti, e' distruzione della politica umana, libera dalla
logica di dominio! Chi oggi rispetta la guerra e l'ideologia violenta che ci
inganno' non rispetta noi! Chi oggi preventiva nuovamente la guerra,
aggiungendo violenza a violenza, invece di cercare la giustizia, ripete il
crimine di Mussolini!".
Perche' mai, signor Presidente, Lei che e' saggio, e incaricato di parlare
con saggezza civile a tutti noi, non puo' dire sempre piu' forte queste
modeste irrinunciabili verita'?
La saluto con rispetto e fiducia, perche' alla Sua parola e alle Sue
decisioni e' oggi affidata gran parte della difesa della nostra
Costituzione, minacciata nello spirito e nella lettera.

2. CIO' CHE VA DETTO. LIDIA MENAPACE: CHIAMARE IL 113
[Ringraziamo Lidia Menapace (per contatti: menapace@tin.it) per questo
vivacissimo intervento che riflettendo sulle miserie e le infamie
dell'informazione e delle retoriche dominanti sviluppa ed amplia la
riflessione di un articolo apparso nel notiziario di ieri (e che era stato
prima diffuso a se' col titolo "Chiamiamo il 113" con riferimento alla
necessita' di difendere la Costituzione dai golpisti che sempre piu'
spudoratamente vogliono distruggere l'ordinamento giuridico democratico del
nostro paese). Lidia Menapace, che prese parte alla Resistenza che salvo'
l'umanita' dal nazifascismo, ed e' la voce piu' ascoltata del movimento
delle donne nel nostro paese, e' - ci si permetta di scriverlo senza
magniloquenza ma con tenace convincimento - una delle persone piu' belle e
luminose che abbiamo avuto la fortuna di conoscere]
Non faccio altro che chiamare il 113, dire parolacce e mangiarmi le mani
dalla rabbia: le rimembranze belliche su El-Alamein senza una parola del
perche' sono stati mandati al massacro, e da chi, migliaia di giovani:
perche' chiamare "caduti" gli assassinati? perche' nessuno svergogna i
generali?
Montgomery in Inghilterra e' ricordato solo per il famoso cappotto da lui
inventato e si sa che era una sciagura come generale e comandava solo
perche' era cugino della regina.
Lodi a Rommel, la volpe del deserto, ma Hitler lo fece uccidere perche' era
uno dei pochi che cospirava contro di lui.
Lodi e "onore delle armi" ai "caduti": la parola "onore" ha una triste
sorte, le e' capitato di essere associata al "delitto d'onore" e all'"onore
delle armi".
Non si puo' piu' guardare la tv pubblica: il resoconto dello sciopero del
18, i servizi su El-Alamein, davvero e' cosa da minculpop e veline varie.
Davvero mandiamo a casa dei golpisti telefonate al 113 in continuazione.
Sempre per ricordare la storia delle donne diro' che vi e' un illustre
precedente di campagna contro i comandanti militari irresponsabili delle
vite altrui: durante la guerra di Crimea (quella che ancora illustri
politici italiani - che persino si credono di sinistra - magnificano perche'
prendendovi parte l'Italia sarebbe entrata nel "concerto delle nazioni")
Florence Nightingale, che invento' le infermiere professionali e dette loro
una vera preparazione generale, anche di comportamento e non solo tecnica,
mando' un certo numero di esse a curare i feriti e vide e senti' raccontare
tali massacri dissennati che fece una tenace continua campagna contro i
generali, ottenendo davvero per loro una sorta di "damnatio memoriae".
C'e' sempre un precedente nonviolento, solo che ci raccontano solo dei
bersaglieri, poveretti!

3. CIO' CHE VA DETTO. GIULIO VITTORANGELI: SAVOIA
[Giulio Vittorangeli (per contatti: giulio.vittorangeli@tin.it) e' uno dei
principali collaboratori di questo foglio, ma e' soprattuto un esempio di
vita per tutti coloro che vogliono non solo fare ma vivere la solidarieta'
con gli oppressi in lotta per la liberazione]
I Savoia stanno per rientrare, "da semplici cittadini", in Italia dopo 46
anni di esilio.
I mezzi d'informazione riportano la notizia che avrebbero chiesto al governo
un aereo privato e una scorta motorizzata per il loro rientro, come
"parziale risarcimento" di cio' che e' stato sottratto alla dinastia nel
dopoguerra.
Sia la ex casa reale, sia il governo italiano hanno smentito la notizia; ma
non cambia minimamente la sostanza politica del loro rientro e tanto meno il
giudizio storico su Vittorio Emanuele III.
Nel ventennio fascista Vittorio Emanuele accetto' senza fiatare tutto quello
che Mussolini decideva: il regime totalitario che poneva fine all'Italia
liberale, l'aggressione all'Etiopia e poi al governo legittimo della Spagna,
la persecuzione degli ebrei, l'alleanza con la Germania nazista, l'invasione
dell'Albania. Accetto' anche di essere messo in seconda fila dietro al duce
trionfante e onnipotente. Fu pero' adeguatamente ricompensato con la corona
d'imperatore d'Etiopia e poi con quella di re d'Albania. Quindi accetto'
anche l'intervento nella guerra mondiale a fianco di Hitler, l'aggressione
alla Francia, poi alla Grecia, alla Jugoslavia e alla Russia.
Vittorio Emanuele torno' sulla scena politica nel 1943, quando la sconfitta
ormai evidente, la ripresa dei grandi scioperi operai, lo sbarco
anglo-americano in Sicilia, misero in pericolo la sua corona. Il 25 luglio,
con l'appoggio dei generali, degli industriali e dei gerarchi fascisti meno
ottusi, licenzio' Mussolini e mise a capo del governo il maresciallo
Badoglio, che era stato il simbolo dell'alleanza tra forze armate e regime
fascista. Liquidare Mussolini era necessario per arrendersi agli
anglo-americani e salvare la continuita' della monarchia, ma per il re
questa non doveva essere un'apertura democratica: le agitazioni popolari
furono represse col fuoco e con i tribunali militari e il re disapprovo' le
prudenti trattative di Badoglio con i partiti antifascisti.
Poi l'8 settembre: la firma della resa senza condizioni, in cui l'unica cosa
che contava era salvare se stessi dai tedeschi per garantire la continuita'
della monarchia e del suo governo. Quindi la fuga vergognosa del re e dei
suoi generali verso Pescara e Brindisi, che gli salva testa e corona;
dimenticando di lasciare ordini chiari alle tante divisioni poste intorno a
Roma, che furono facilmente sopraffatte dai tedeschi. Lo stesso accadde alle
truppe italiane nell'Italia settentrionale e nei Balcani, soldati lasciati
senza ordini dinanzi all'aggressione tedesca, costretti a decidere
all'istante se sparare sugli alleati del giorno prima oppure arrendersi.
Certo, Vittorio Emanuele fu - a modo suo - coerente: in tutta la sua vita
non aveva mai sentito la responsabilita' verso i cittadini, continuo' a
ignorarli anche nel momento del crollo dello stato. Cosi' l'8 settembre
finiva la monarchia.
Ha scritto Luigi Pintor (su "Il manifesto" del 31 gennaio 2001): "Da questo
abisso spunto' la guerra di liberazione e poi la Repubblica e la
Costituzione. Una rottura, una cesura, un nuovo Stato: in discontinuita', si
direbbe oggi. Quelle norme costituzionali che esecrano la monarchia come il
fascismo hanno questa origine e significano questo. Possono essere
giuridicamente transitorie ma sono per noi, e dovrebbero essere per tutti,
ben altrimenti permanenti. La clemenza e la liberalita' sono sempre
possibili. Ma non e' questo lo spirito che sentiamo aleggiare. La sinistra
e' sempre in cerca di una legittimazione in piu', il revisionismo a buon
mercato e' diventato un vizio. La destra fa il suo mestiere, e' liberale con
i suoi simili. O forse Fini e' grato al re perche' chiuse in ambulanza il
duce. Sul 25 luglio e sull'8 settembre del '43 c'e' un saggio di Giaime
Pintor, pubblicato postumo, dov'e' descritto lo spettacolo offerto dalla
classe dirigente. E' una descrizione dal vivo, che oggi si direbbe in
diretta. Se a qualcuno capita in mano lo legga, e' ancora molto istruttivo.
Nel nome della memoria".

4. FORMAZIONE. UNA ESPERIENZA DI ADDESTRAMENTO ALLA NONVIOLENZA AD AMELIA
Il 13 ottobre 2002 si e' svolto un incontro di addestramento alla
nonviolenza ad Amelia, in provincia di Terni.
Dallo scorso anno periodicamente un gruppo di persone impegnate in varie
esperienze di pace e di solidarieta' ed in legami di amicizia tra loro, si
incontrano per riflettere sulla nonviolenza (dopo un primo incontro nel
dicembre 2001, si e' tenuto un ciclo di incontri dal febbraio al giugno
2002; un nuovo incontro, propedeutico ad un nuovo ciclo, si e' svolto il 29
settembre scorso); gli incontri sono aperti a tutte le persone interessate e
si tengono presso la "casa del sole" di Amelia, gentilmente messa a
disposizione.
Domenica 13 ottobre e' stato avviato il secondo ciclo ed e' stata effettuata
un'esercitazione, di cui qui di seguito si offre uno schematico resoconto
basato sul canovaccio di lavoro proposto dal facilitatore, sui ricordi - non
sempre chiarissimi - dello stesso, e sui sintetici appunti messi a verbale.
In questo resoconto si e' preferito indicare solo il canovaccio
dell'esercitazione, e dar conto di cio' che e' effettivamente accaduto
durante - diciamo cosi' - la recita a soggetto (sulla base del minimo
canovaccio proposto, agli interpreti era richiesto di agire per
improvvisazione) soltanto per quegli accadimenti la cui conoscenza e'
indispensabile per comprendere il successivo svolgimento dell'azione (le
parti in cui si riferisce di cio' recano a inizio di frase un asterisco).
Scopo di questo resoconto non e' infatti una descrizione completa delle
dinamiche agite, quanto di indicare la cornice dell'attivita' svolta.
*
1. Inizio dell'incontro. I partecipanti (12) si siedono tutti intorno a un
tavolo, e l'incontro si apre, come d'abitudine, con la firma del registro
delle presenze (che funge anche da verbale) da parte di tutti i
partecipanti.
2. Si effettua poi un giro di presentazione reciproca tra i partecipanti
(alcune persone partecipavano per la prima volta).
3. La persona cui e' attribuito il compito di facilitatore illustra la
proposta di lavoro della giornata: rappresentare con la tecnica del "gioco
di ruolo" una raccolta di firme in piazza contro la guerra, proposta
elaborata sulla base della decisione presa nel precedente incontro.
Il facilitatore illustra brevemente il senso di una esercitazione nella
forma del gioco di ruolo:
- esplorare conflitti esteriori ed interiori (dinamiche interpersonali ed
infrapsichiche): paure, processi escalativi e deescalativi
dell'aggressivita', meccanismi della menzogna, dell'obbedienza, della fuga,
etc.
- sperimentare altri punti di vista (ovvero, piu' precisamente, i propri
pre-giudizi - ovvero pre-concetti - su altri ruoli sociali e relazionali e
su altri punti di vista e modalita' di ragionamento e di comportamento);
- l'esercitazione e' un gioco e come tale deve essere considerata, partecipa
chi vuole (gli altri sono spettatori muti durante la recitazione, ma possono
anch'essi interromperla in ogni momento e naturalmente partecipano alla
discussione che segue ad ogni "scena" della recitazione), in ogni momento si
puo' interrompere, in ogni momento chi vuole puo' chiamarsi fuori, etc.;
- non si vince niente: vale a dire che non si tratta di trovare soluzioni e
"risposte esatte", ma di esplorare situazioni critiche e conflitti
complessi; e' un esperimento non competitivo, ed e' il contrario dei "quiz",
la cosa piu' interessante infatti e' proprio l'esplorazione di situazioni
esistenziali e relazionali che non ammettono risposte semplici e non hanno
svolgimenti obbligati;
- questo tipo di esercitazioni e' piu' proficuo, a parere del facilitatore,
se realizzato in condizioni di stanchezza e di stress, e se l'oggetto della
recitazione e' realistico e coinvolgente; per questo il facilitatore
proporra' durante la recitazione delle intensificazioni degli elementi
conflittuali che rendano piu' critica la situazione;
- Peraltro deve essere chiaro che questa non e' una simulazione verosimile
di situazioni reali, ma resta un esercizio fortemente stilizzato ed
astratto; cosicche' sia piu' agevole contenere e gestire gli elementi di
imbarazzo e di angoscia; ed evitare una eccessiva identificazione nel ruolo
del gioco.
Il facilitatore fornisce anche alcune indicazioni di condotta preliminari:
- controllare la tensione e percepire le dinamiche relazionali e i processi
escalativi e deescalativi;
- dedicare particolar cura alla respirazione: una consapevole ed efficace
respirazione e' di fondamentale importanza per affrontare situazioni di
difficolta';
- chiarezza nel comunicare: ergo cercar di parlare uno per volta, usare
frasi brevi, chiare, semplici, con un lessico comprensibile da tutti;
- consapevolezza nel comunicare: prestare attenzione sia agli aspetti
linguistici e fonetici (quindi anche al tono della voce e al ritmo del
discorso), sia agli elementi non verbali: postura, gesti, espressioni
facciali, contatto oculare - ovvero il guardarsi negli occhi -), sia alla
dinamica di feedback (la costante compresenza e il reciproco condizionamento
di azione e retroazione dell'interazione comunicativa);
- in qualunque momento chiunque (partecipanti e osservatori) puo' fermare il
gioco, alzando la mano e dicendo ad alta voce "stop al gioco"; fermato il
gioco si apre la discussione;
- ricordare che si tratta di una recitazione, e che quindi i partecipanti
mentre recitano improvvisando sui canovacci proposti dal facilitatore sono
solo delle "maschere", e quanto accade nella recitazione non e' "la
realta'", ma solo un esperimento molto stilizzato la cui utilita' non e' di
trarne indicazioni per l'azione, ma di far emergere conflitti, difficolta',
contraddizioni, ambiguita' che successivamente verranno esaminati durante la
discussione tra una scena e l'altra della rappresentazione ed in una
discussione per cosi' dire "a mente fredda" in un incontro successivo.
Il facilitatore propone anche di scandire il lavoro non soltanto attraverso
l'alternanza tra recitazione e discussione, ma inserendo degli intermezzi
distensivi tra le principali fasi in cui si articola il training, intermezzi
in cui si propone la lettura di alcune poesie di Franco Fortini.
La proposta ottiene il consenso di tutti i partecipanti.
*
4. costituzione dei gruppi (tre gruppi, due di quattro e uno di tre persone;
il facilitatore ovviamente non partecipa ai gruppi).
I gruppi vengono costituiti attraverso l'affinita': il facilitatore chiede
alle prime tre persone sedute alla sua sinistra di alzarsi e collocarsi in
tre angoli diversi della stanza dove ci si riunisce, e di dire quale musica
e quale cinema preferiscono; dopo che tutte e tre le persone si sono
espresse gli altri partecipanti si dislocano a seconda della condivisione
delle preferenze; con un minimo aggiustamento si ottengono i tre gruppi.
Formati i gruppi ognuno di essi si riunisce in una stanza diversa per cinque
minuti di conversazione libera in cui conoscersi meglio per incrementare
l'affinita'.
Ci si riunisce di nuovo tutti insieme, il facilitatore chiede ad ogni gruppo
di darsi un nome di animale, per il primo gruppo che inizi con la lettera A,
per il secondo con la lettera B, per il terzo con la lettera C. Dopo breve
riunione ogni gruppo decide la propria denominazione col metodo del consenso
(il gruppo A opta per Alce, B per Bassotto, C per Cammello) [di seguito, in
questo resoconto, si usera' tuttavia la sola lettera iniziale].
Il facilitatore attribuisce ad ogni gruppo un contrassegno (al gruppo A un
adesivo con un disegno, al gruppo B un foglietto di carta colorata - di
quella parzialmente adesiva da ufficio -, al gruppo C nessun contrassegno. I
contrassegni, collocati sul petto, servono per poter identificare in ogni
fase dell'esercitazione a quale gruppo appartengano i personaggi.
Per aiutare ancora l'individuazione dei gruppi e dei ruoli durante
l'esercitazione ci si avvarra' anche di una collocazione spaziale
relativamente stabile (dietro o davanti il tavolo della raccolta delle firme
contro la guerra, intorno a cui si sviluppa la prima e piu' ampia fase
dell'azione).
*
5. lavoro per gruppi preliminare
5. 1. Al gruppo A viene proposto di impersonare i pacifisti che devono
realizzare l'iniziativa pubblica di raccolta delle firme contro la guerra.
Si danno 5 minuti affinche' loro:
a) stendano un elenco di tutti i passaggi organizzativi da compiere e del
materiale da procurare;
b) stabiliscano come presentarsi quando realizzeranno l'iniziativa della
raccolta pubblica delle firme contro la guerra (comitato, insieme di sigle,
singoli, etc.);
- elaborare cinque argomenti forti per convincere i passanti a firmare, e
metterli per iscritto in un cartello.
Mentre il gruppo A fa questo, tutti gli altri assistono in silenzio.
5. 2. Al gruppo B viene proposto di impersonare i passanti avversi ai
pacifisti e favorevoli alla guerra. Si danno 5 minuti per:
- elaborare cinque argomenti forti a favore della guerra o comunque contro i
pacifisti, e metterli per iscritto in un cartello.
Mentre il gruppo B fa questo, tutti gli altri assistono in silenzio.
5. 3. Al gruppo C viene proposto di impersonare le forze dell'ordine che
dovranno occuparsi della tutela dell'ordine pubblico durante l'iniziativa.
Si danno 5 minuti per:
- elaborare cinque regole di condotta cui attenersi nel loro servizio, e
metterle per iscritto in un cartello.
Mentre il gruppo C fa questo, tutti gli altri assistono in silenzio.
Si evita di aprire il dibattito sugli argomenti annotati nei tre cartelloni;
solo il facilitatore formula alcune possibili argomentazioni ulteriori per i
tre cartelli.
*
6. Preparazione della scena.
Si cambia stanza, e di qui in poi si restera' sempre tutti in piedi durante
la recitazione fino all'ultima fase del lavoro.
Si dispone al centro della stanza un tavolo, e si realizzano con il
contributo di tutti i partecipanti i materiali necessari: si procurano delle
penne; si preparano alcuni moduli per raccogliere le firme; si preparano
alcuni volantini (manoscritti, composti ciascuno di una sola frase ideata
spontaneamente dai singoli partecipanti e se ne preparano cosi' qualche
decina; si preparano alcuni "libri", realizzati piegando in due un foglio di
formato A4 e scrivendo sulla prima facciata il nome di un autore e il titolo
del libro (anche a questo riguardo ogni partecipante spontaneamente scrive
autori e titoli che vuole, sia veri che inventati); si preparano degli
"stracci di pace" con delle striscie di carta; si predispone una scatola per
raccogliere fondi con la scritta: "a sostegno di Emergency"; uno dei
partecipanti scrive l'autorizzazione rilasciata dal Comune all'occupazione
del suolo pubblico ed anch'essa e' sistemata sul tavolo insieme all'altro
materiale.
Si leggono tutti i testi scritti.
Concluso questo lavoro, la scena e' pronta e la recitazione puo' iniziare.
Si legge un testo di Franco Fortini, ci si rilassa un po'.
*
7. Scena prima: pacifisti e passanti avversi
Il gruppo B fa la parte dei pacifisti; il gruppo A fa la parte dei passanti
avversi; il gruppo C fa da osservatore esterno che non partecipa alla
rappresentazione.
Stop al gioco e discussione.
8. Scena seconda: pacifisti, passanti avversi e passanti neutrali
Il gruppo C fa la parte dei pacifisti; il gruppo B fa la parte dei passanti
avversi; il gruppo A fa la parte dei passanti neutrali.
Stop al gioco e discussione.
9. Scena terza: pacifisti e forze dell'ordine
Il gruppo A fa la parte dei pacifisti; il gruppo C fa la parte delle forze
dell'ordine; il gruppo B fa da osservatore esterno che non partecipa alla
rappresentazione.
* In questa scena e'avvenuto il sequestro dei volantini che non erano stati
depositati preliminarmente e non recavano l'indicazione del responsabile,
del luogo della stampa e della data.
Stop al gioco e discussione.
10. Scena quarta: pacifisti, passanti avversi e forze dell'ordine
Il gruppo C fa la parte dei pacifisti; il gruppo A fa la parte dei passanti
avversi, il gruppo B fa la parte delle forze dell'ordine.
Stop al gioco e discussione.
11. Scena quinta: intervento di un provocatore
Il gruppo C fa la parte dei pacifisti; un singolo (accompagnato da due altre
persone) fa la parte del provocatore con particolare violenza sia verbale
verso le persone che fisica sugli oggetti (a piu' riprese afferra e getta in
terra i materiali che erano sul tavolo).
Tutti gli altri assistono da osservatori esterni che non partecipano alla
rappresentazione.
Stop al gioco e discussione.
12. Pausa, lettura di una poesia di Franco Fortini, momento di convivialita'
con dolciumi portati da alcuni partecipanti e da loro stessi cucinati, e
distensione.
*
13. Preparazione della scena sesta: preparazione dell'intervento per far
cessare l'iniziativa pacifista
Dopo l'accaduto (l'azione del provocatore) si assume che le autorita' hanno
deciso che per evitare piu' gravi avvenimenti l'iniziativa sia sospesa per
motivi di ordine pubblico, e le forze dell'ordine sono incaricate di
intervenire a tal fine
14. Scena sesta, parte prima: gli appartenenti alle forze dell'ordine che
hanno il compito di far cessare la raccolta delle firme, di sequestrare il
materiale, di identificare i pacifisti e di fermare chi oppone resistenza,
decidono come agire.
Il gruppo B impersonale gli appartenenti alle forze dell'ordine.
Tutti gli altri assistono da osservatori esterni che non partecipano alla
rappresentazione.
* Il facilitatore fa passare un lungo lasso di tempo prima di dichiarare
conclusa la scena, cosicche' gli "attori" dopo un primo abbastanza ovvio
scambio di opinioni si trovano a dover affrontare un prolungato periodo di
silenzio ed imbarazzo, cui fa seguito un alternarsi di dialoghi e silenzi.
Stop al gioco e discussione.
15. Scena sesta, parte seconda: i pacifisti decidono la condotta da adottare
Il gruppo C impersona i pacifisti.
Tutti gli altri assistono da osservatori esterni che non partecipano alla
rappresentazione.
Stop al gioco e discussione
16. Scena settima: lo sgombero, parte prima: pacifisti e forze dell'ordine
Il gruppo B impersona i pacifisti; il gruppo A impersona le forze
dell'ordine; il gruppo C fa da osservatore esterno che non partecipa alla
rappresentazione.
Stop al gioco e immediato passaggio alla scena successiva.
17. Scena ottava: lo sgombero, parte seconda: pacifisti, forze dell'ordine,
passanti avversi
Il gruppo A impersona i pacifisti, il gruppo B i passanti avversi, il gruppo
C le forze dell'ordine.
Stop al gioco e discussione.
18. Scena nona: lo sgombero, parte terza: pacifisti, forze dell'ordine,
passanti neutrali
Il gruppo B impersona i pacifisti; il gruppo C i passanti neutrali; il
gruppo A le forze dell'ordine.
* In questa fase cogliendo l'occasione dell'intervento a favore dei
pacifisti di alcuni passanti neutrali il facilitatore stabilisce che sia
giunto alle forze dell'ordine presenti la disposizione, recata da un
dirigente autoritario e particolarmente maldisposto, di procedere al fermo
di uno dei passanti e portarlo presso la sede delle forze dell'ordine;
questo provoca un diffuso sentimento di dispiacere e di solidarieta' tale
per cui altre persone, tra pacifisti e passanti neutrali, chiedono di essere
fermate anch'esse; la scena si conclude con il fermo e l'accompagnamento
presso la sede delle forze dell'ordine di quattro persone.
Stop al gioco e discussione.
*
19. Esercizi di presa rapida delle decisioni
Giunti a questo punto si passa a un diverso tipo di esercitazione: la presa
rapida di decisioni. In un tempo molto limitato viene chiesto agli attori di
prendere decisioni non semplici in situazioni critiche e fortemente
conflittuali.
20. Scena decima: primo esercizio di presa rapida delle decisioni: mentre si
attende l'arrivo delle forze dell'ordine di cui si sa che procederanno a far
cessare l'iniziativa pacifista, uno dei pacifisti rivela agli altri di di
non essere cittadino italiano e di essere senza permesso di soggiorno
Un gruppo impersona i pacifisti.
Tutti gli altri assistono da osservatori esterni che non partecipano alla
rappresentazione.
Stop al gioco e discussione.
* Durante la dicussione si svolge una intensa riflessione sul "metodo del
consenso", una delle fondamentali tecniche deliberative nonviolente.
21. Scena undicesima: stessa situazione, con arrivo delle forze dell'ordine
e decisione da parte loro
Un gruppo impersona i pacifisti, un gruppo impersona le forze dell'ordine;
un gruppo fa da osservatore esterno che non partecipa alla rappresentazione.
* Poche' i pacifisti avevano deciso di chiedere alla persona senza permesso
di soggiorno di allontanarsi, mentre questi lo fa, le forze dell'ordine che
pure hanno notato la manovra, decidono di lasciarlo allontanare.
Stop al gioco e discussione.
22. Scena dodicesima: secondo esercizio di presa rapida delle decisioni:
mentre si attende l'arrivo delle forze dell'ordine di cui si sa che
procederanno a far cessare l'iniziativa pacifista, uno dei pacifisti rivela
agli altri di avere con se' una quantita' di una sostanza psicotropa per uso
personale
Un gruppo impersona i pacifisti.
Tutti gli altri assistono da osservatori esterni che non partecipano alla
rappresentazione.
Stop al gioco e discussione.
23. Scena tredicesima: stessa situazione, con arrivo delle forze dell'ordine
e decisione da parte loro
Un gruppo impersona i pacifisti, un gruppo impersona le forze dell'ordine;
un gruppo fa da osservatore esterno che non partecipa alla rappresentazione.
* Poche' i pacifisti avevano deciso di chiedere di allontanarsi alla persona
che aveva con se' una quantita' di una sostanza psicotropa per uso
personale, questi si allontana. Ma le forze dell'ordine avendo notato la
manovra, e ritenendo (su specifica indicazione del facilitatore) che il
personaggio sia uno spacciatore, intervengono per arrestarlo.
Stop al gioco e immediato passaggio alla scena sucessiva.
24. Scena quattordicesima: stessa situazione, con arrivo di passanti
Un gruppo impersona i pacifisti; un gruppo impersona le forze dell'ordine;
un gruppo impersona i passanti.
* Si crea una situazione piuttosto confusa, nella quale la persona accusata
di essere uno spacciatore e dapprima trattenuta dalle forze dell'ordine
riesce comunque ad allontanarsi.
Stop al gioco e discussione.
25. Pausa e distensione.
*
26. Scena quindicesima: interrogatorio nella sede delle forze dell'ordine di
una persona fermata
Cambia lo scenario, non si e' piu' nella piazza, ma nella sede delle forze
dell'ordine (scenografia: una scrivania, due sedie da un lato, una sedia dal
lato opposto).
Una persona rappresenta una persona fermata; due persone rappresentano i
pubblici ufficiali che conducono l'interrogatorio; tutti gli altri assistono
da osservatori esterni che non partecipano alla rappresentazione.
Strop al gioco e discussione.
* Emerge l'esigenza di avere una seppur minima conoscenza delle disposizioni
di legge e degli aspetti procedurali di una situazione come questa.
27. Scena sedicesima: i pacifisti che non sono stati fermati, ed altri
pacifisti che non erano presenti ma sono stati chiamati telefonicamente, si
riuniscono per decidere cosa fare dopo quanto accaduto
Si torna a sedersi tutti intorno a un tavolo (il tavolo di grandi
dimensioni, in una diversa stanza, quella in cui si e' svolta la fase
preliminare dell'incontro di cui si e' riferito ai punti 1-5), tutti
partecipano alla discussione, una meta' dei partecipanti impersona i
pacifisti che erano presenti quando e' stata interrotta l'iniziativa
pacifista e sono stati eseguiti i fermi; un'altra meta' dei partecipanti
rappresenta i pacifisti che non erano presenti ma sono stati chiamati
telefonicamente.
Stop al gioco e discussione.
* Emerge l'esigenza di chiamare subito un avvocato che intervenga
tempestivamente a tutela delle persone fermate; di chiedere a un
rappresentante del Comune (che aveva autorizzato l'occupazione di suolo
pubblico dell'iniziativa pacifista) di intervenire a sua volta a tutela
delle persone fermate; di recarsi presso la sede delle forze dell'ordine, e
con la massima civilta' ed il massimo garbo informarsi della situazione dei
fermati, chiedere un colloquio sia con i fermati che con qualche
responsabile delle forze dell'ordine, e dichiarare la propria intenzione di
restare li' finche' la situazione non si sia chiarita con piena
soddisfazione di tutti e nel rispetto piu' rigoroso di quanto stabilito
dalla legge.
28. Fine dell'attivita' di rappresentazione; attivita' distensive: canto di
alcune canzoni in coro, lettura di una poesia di Franco Fortini.
*
29. Giro di opinioni sull'esercitazione svolta.
30. Scambio informale di informazioni e congedo dei partecipanti.

5. RIFLESSIONE. AUGUSTO CAVADI: IL GENITORE CON L'ASCIA IN PUGNO
[Ringraziamo Augusto Cavadi (per contatti: e-mail: acavadi@lycos.com) per
averci messo a  disposizione questo suo intervento gia' apparso
nell'edizione palermitana del quotidiano "La repubblica". Augusto Cavadi e'
educatore e saggista, impegnato nei movimenti antimafia e per i diritti
umani a Palermo]
Che c'e' di piu' disastroso di un genitore disattento, indifferente rispetto
alle problematiche dei propri figliuoli, tutto preso dai propri impegni
extra-familiari?
Prima di rispondere, concediamoci una pausa di due minuti. E in questo breve
lasso di tempo diamo un'occhiata a una notizietta di cronaca della settimana
scorsa: a Messina un padre  - preoccupato del fatto che il figlio non
studiasse abbastanza e  avvertendo la responsabilita' pedagogica in misura
un po' accentuata - afferra un'ascia, sale nella stanza del ragazzo e lo
colpisce piu' volte nel sonno. Se non ci fosse da piangere (a proposito: che
fine ha fatto, dal punto di vista clinico, il povero adolescente?) ci
sarebbe da sorridere. In ogni caso c'e' da riflettere.
Certo, alcuni - chiamiamoli cosi' - eccessi di zelo paterno s'intrecciano
con complicazioni psicopatiche strettamente circoscritte alle biografie
individuali. Ma nel singolo atto di follia diventano evidenti, in forma
plastica ed enfatica, degli atteggiamenti quotidiani che, ordinariamente,
rimangono nascosti.
Chi per mestiere incontra ogni anno centinaia di genitori si rende conto
della saggezza del consiglio di Sigmud Freud alla signora che lo aveva
consultato per chiedere indicazioni sul modo migliore di educare i figli:
"Non si preoccupi. Qualsiasi metodo scegliera', sara' sbagliato". Ma di
fronte alla oggettiva difficolta' del compito pochissimi accettano con
realismo i propri limiti: di norma, padri e madri ostentano molta sicurezza.
E meno ne capiscono, piu' sono determinati. Sanno con puntigliosa esattezza
che cosa i ragazzi debbano fare, che cosa possano consentirsi, che cosa
debbano assolutamente evitare. Con (almeno) due piccole pecche.
Prima: si imbarazzano terribilmente quando debbono rispondere alla domanda
spontanea, elementare, sul "perche'" ci si debba comportare in un modo
piuttosto che in un altro. La richiesta di spiegazioni equivale per molti,
gia' in se stessa, a mancanza di rispetto: "Ma se si e' sempre fatto cosi',
se tutti fanno cosi', che ragioni ancora vai chiedendo? Te lo dico io, che
sono tuo padre, e dunque parlo per il tuo bene". Tradizionalismo e
conformismo possono valere solo per le coscienze meno critiche, meno
sveglie: i ragazzi migliori hanno bisogno di cercare insieme, di capire.
Ammesso che qualche padre o qualche madre accetti il confronto e dia qualche
straccio di motivo per legittimare i suoi consigli e i suoi ordini, e' anche
disposto alla testimonianza personale?
Qui scatta il secondo difetto della pratica educativa abituale. Ci si illude
che i minori subiscano una sorta di doppia morale: una per gli adulti (cui
e' lecito fumare, inseguire gli status simbol imposti dalla pubblicita',
trascorrere ore al cellulare per chiacchiere insulse, posteggiare in terza
fila, evadere le tasse, comprare sesso purche' si ostenti armonia
coniugale...), una per i giovani (cui e' abitualmente vietato cio' che la
sola crescita anagrafica rendera' tollerabile). Quanti libri all'anno legge,
in media, il genitore che - ipocritamente ma talora, cosa ancor piu'
preoccupante, sinceramente - lamenta nei figli eccesso di teledipendenza e
mancanza di amore per lo studio? Certo, per fortuna non tutti imbracciano
l'ascia in senso fisico, materiale: ma quanti non devastano nei figli - con
la propria ristrettezza mentale e la propria  incoerenza esistenziale - il
senso critico, l'autostima, l'esigenza di una graduale autonomia nelle
scelte personali?
Due minuti sono gia' trascorsi. Torniamo alla domanda di partenza: che c'e'
di piu' disastroso di un genitore disattento, indifferente, estraneo? Nulla,
tranne che un genitore presente con l'ascia in pugno. Al punto da togliere
ai figli il diritto di pensare, magari di sbagliare e di imparare dai propri
sbagli. In una parola, il diritto di crescere.

6. RIFLESSIONE. ISIDORO MORTELLARO: CHI STA MODIFICANDO L'ARTICOLO 11 DELLA
COSTITUZIONE?
[Questo articolo abbiamo tratto dal quotidiano "Il manifesto" del 18 ottobre
2002. Per contattare l'autore, illustre studioso fortemente impegnato contro
la guerra ed autore di densi ed acuti volumi, e-mail:
isidoro.mortellaro@tin.it]
Quando il 3 dicembre 1946, nella prima sottocommissione dell'Assemblea
Costituente, iniziarono l'esame e la discussione di quello che sarebbe
divenuto l'articolo 11 della Costituzione, da alcuni settori si mise in
dubbio l'opportunita' di solennizzare nella Carta scelte e principi quali
quelli relativi a limitazioni di sovranita' a favore di ordinamenti
sovranazionali. Alcuni Costituenti li ritenevano piu' propri dei classici
trattati internazionali. Quelle obiezioni furono esaminate e respinte. E
sull'onda della Carta delle Nationi Unite, in concerto con scelte analoghe
compiute in quel torno di tempo in tanti altri paesi, si ando' avanti nella
formulazione e nell'approvazione di quell'articolo. Fu una rivoluzione. Si
affermo' allora un'altra idea della sovranita'. Non piu' chiusa in una
illusoria onnipotenza, al di qua dei propri confini, dietro frontiere
nazionali frantumate piu' volte da catastrofi mondiali e dissolte
definitivamente dall'atomica. Ci si affaccio' al mondo, provando, assieme ad
altri, a metter mano ad un progetto di trasformazione su scala globale.
Un'altra Italia, "fondata sul lavoro" e sulla "effettiva partecipazione di
tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del
paese" (articoli 1 e 3), veniva indissolubilmente legata al tentativo di
rimetter mano al mondo, ad "un ordinamento che assicuri la pace e la
giustizia tra le nazioni" (articolo 11). Per rifare gli italiani si
affermava il bisogno di muoversi al di la' dei confini abituali del paese e
della politica, grazie a nuove "organizzazioni internazionali". Su questo
nuovo cardine veniva poggiata tutta la Carta e muoveva allora i primi passi
un'altra idea della sovranita'. Condivisa, esercitata in piu' sedi:
multilivello, come si dice ora. Si poteva progettare un altro mondo grazie
alla scelta di rinunciare alla guerra, al suo ripudio come strumento
abituale della potenza sulla scena internazionale. Nasceva la
sovranazionalita'. Ne sarebbero usciti un altro mondo e un'altra Europa.
Adesso Massimo D'Alema teorizza - dopo l'innovativa stagione del nuovo
atlantismo scolpito nelle Carte del Nuovo Concetto Strategico della Nato e a
suon di bombe sui Balcani - l'inattualita' dell'articolo 11 della
Costituzione. Stando a svariati ed univoci resoconti giornalistici, quelle
formulazioni sarebbero frutto di un'altra eta', in cui i conflitti venivano
scatenati "tra stati e non per la sicurezza degli individui". Analoghi e
piu' generali presupposti - fine del bipolarismo e della deterrenza -
nutrono la teorizzazione della "guerra preventiva" sostenuta dalla nuova
amministrazione americana capitanata da Bush II. E il senso preciso della
battaglia in corso in questi giorni al Consiglio di sicurezza dell'Onu e'
non gia' la contrapposizione tra queste posizioni e il ricorso alla forza
amministrata secondo le formulazioni contenute nel capitolo VII della Carta
delle Nazioni Unite. La questione vera aperta dalla nuova dottrina
strategica statunitense e dall'intervento pronunciato da Bush all'assemblea
dell'Onu nel primo anniversario dell'11 settembre e' se, nel risolversi
all'intervento contro l'Irak, tutta l'Onu non debba in realta' convertirsi
alla "guerra preventiva", all'intervento armato per azzerare una minaccia
supposta o futura: insomma ad una radicale riscrittura delle regole che dal
secondo dopoguerra ad oggi hanno provato a reggere le sorti del mondo e i
rapporti tra le nazioni. Quel che in realta' e' in ballo in queste ore al
Consiglio di sicurezza dell'Onu e' se tutta l'organizzazione non debba
convertirsi al principio, affermato letteralmente nella nuova dottrina
strategica statunitense, secondo cui "la migliore difesa e' un buon
attacco". Ovvero se, di fronte al terrorismo, non debba divenire norma
internazionale il principio rivendicato dalla destra americana circa il
diritto di ognuno negli Usa a portare armi: "spara per primo, se ti guarda
storto, se sospetti possa farti del male".
Massimo D'Alema non puo' non sapere - come ha gia' evidenziato Pietro
Ingrao - che il suo intervento si inscrive in realta' in questo orizzonte.
In una agenda che gia' prevede, per il prossimo summit della Nato a Praga
del 21 e 22 novembre, la riformulazione del gia' vecchio "Nuovo Concetto
Strategico", con la costituzione di un Corpo di intervento rapido per
volare - come recentemente illustrato dal ministro della difesa Usa
Rumsfeld - ovunque nel mondo contro il terrorismo, ovvero in azioni di
guerra preventiva. Anche per queste progettate innovazioni varrebbe la
regola fatta valere per il Nuovo Concetto Strategico del 1999 e per le
cosiddettte operazioni "non articolo 5" ovvero al di fuori dell'area
atlantica? Anche per queste innovazioni si negherebbe che si tratta di
modifiche ai trattati istitutivi della Nato - oltre che di un vulnus
all'articolo 11 della Costituzione - da non sottoporre percio' all'esame
sovrano del Parlamento?
Infine, l'on. D'Alema, membro della commissione affari costituzionali della
Camera, non puo' non sapere che presso quella commissione e' gia' iniziato
l'esame di una proposta di riforma dell'articolo 11 della Costituzione,
avanzata dai deputati della Lega e promossa da Bossi all'indomani della
recalcitrante approvazione del trattato di Nizza. In questa proposta - in
verita' alquanto informe - si ipotizza che "ulteriori limitazioni di
sovranita'" dovranno essere "approvate a maggioranza assoluta dei componenti
di ciascuna Camera" e sottoposte automaticamente, anche laddove non vi fosse
conflitto, mobilitazione o dibattito, a referendum confermativo, validato
dalla "maggioranza degli aventi diritto". Ovvero, referendum obbligatori che
in assenza di quorum porterebbero alla mancata ratifica di trattati europei
e internazionali, o magari al mancato recepimento di direttive comunitarie o
sovranazionali ecc. Laddove si accedesse a questo nuovo ordito normativo,
non e' irrealistico prevedere una parossistica accelerazione di un generale
processo di delegittimazione, quando non una sostanziale secessione
dell'Italia dal mondo, un anacronistico rinchiudersi in vecchi confini.
Proprio mentre il globo diventa pane e companatico di vita e politica.
Per ora la proposta della Lega va avanti nel silenzio e nell'imbarazzo di
tutte le altre forze politiche. Intanto, per altri canti e su ben piu' serie
ed epocali emergenze, altre voci, tra cui quella di Massimo D'Alema,
s'aggiungono a quanti hanno posto nel "mirino" l'articolo 11 della
Costituzione.
Chissa' chi fa da apripista. Forse e' il caso - viste le esperienze
passate - di premunirsi per tempo nei confronti degli apprendisti stregoni
di turno.

7. INCONTRI. UN INCONTRO A LUGANO PER RICORDARE ALDO CAPITINI
[Riceviamo e diffondiamo; per ulteriori informazioni:
azionenonviolenta@sis.it]
Il secondo incontro del ciclo "La forza della nonviolenza" promosso per il
venticinquesimo anno del Gruppo ticinese per il servizio civile vedra' la
partecipazione di Mao Valpiana, direttore di "Azione Nonviolenta", ed avra'
per tema: "La figura di Aldo Capitini". L'incontro si svolgera' venerdi' 25
ottobre alle ore 20,30 presso la sala conferenze in via Simen 14/b a Lugano.

8. INIZIATIVE. IL 23 NOVEMBRE GIORNATA NAZIONALE DELLA FINANZA ETICA
[Riceviamo e diffondiamo; per contatti: sito: www.finanza-etica.org; e-mail:
giornatanazionale@finanza-etica.org]
Torna a Bologna la Giornata nazionale della Finanza Etica e Solidale,
organizzata dall'Associazione Finanza Etica e dalla Regione Emilia Romagna.
Sabato 23 novembre si terra' a Bologna, nei locali del teatro Arena del
Sole, la seconda giornata nazionale della finanza etica; un anno fa, alla
sua prima edizione, l'iniziativa registro' un successo oltre tutte le
aspettative, con un teatro gremito di pubblico ed operatori (quasi un
migliaio), di risparmiatori, studiosi e semplici curiosi.
Un mondo - quello della finanza etica - che promuove una maggiore
responsabilita' quotidiana dei cittadini nelle scelte e nella gestione del
denaro. Ognuno, anche come semplice risparmiatore, puo' riscoprirsi cosi'
partecipe del futuro di tutti.
Anche in Italia l'economia solidale va prendendo piede attraverso le piu'
svariate forme: dai prodotti di finanza etica al risparmio diretto delle
cooperative di consumatori, dalla finanza socialmente responsabile alla
finanza caritativa. Nel 2001, l'insieme degli operatori ha impiegato,
secondo le stime dell'associazione (che li ha censiti nel suo periodico
"Manuale del risparmiatore etico e solidale"), fondi per complessivi
2.790.070.000 di euro.
"Il punto di vista dal quale affronteremo la discussione in questa seconda
edizione - afferma Marco Gallicani, direttore dell'Associazione - sara'
essenzialmente quello dei molteplici "sud del mondo"; una definizione che
nel tempo ha superato i propri confini geografici e si sta caratterizzando
come raffigurazione semantica soprattutto sociologica, proliferando nelle
strutture del nord e nei sistemi culturali che lo dominano.
Se nei paesi in via di sviluppo la finanza etica e' infatti da tempo
considerata interlocutore privilegiato (basti pensare al microcredito di
Mohammed Yunus e all'interesse dimostrato dalla stessa Onu), ora e' maturo
il tempo perche' il problema del riequilibrio della giustizia economica
venga affrontato in maniera globale, perche' la pace e' nei gesti
quotidiani, oltre che nelle manifestazioni".
Da segnalare, nel fitto programma, un ospite d'eccezione per l'Italia: il
celebre economista gandhiano Romesh Diwan, in un colloquio con Francuccio
Gesualdi, coordinatore del Centro Nuovo Modello di Sviluppo, e Wolfgang
Sachs, del Wuppertal Institute. Il compito di concludere i lavori spettera'
a due grandi "padri spirituali" quali don Luigi Ciotti, fondatore di
"Libera" (associazione di associazioni contro le mafie), e padre Alex
Zanotelli, missionario comboniano.
La seconda edizione della Giornata nazionale della finanza etica vive grazie
alla fiducia che la Regione Emilia Romagna ha voluto confermare allo staff e
al suo progetto, un idea che ha raccolto l'adesione di tutti i suoi soci, di
importanti compagni di strada, come Banca Etica, Banca popolare dell'Emilia
Romagna, Federcasse - Credito cooperativo, Ctm altromercato, Legacoop e Coop
Italia, Fiba cisl brianza ed Emi editrice, e il patrocinio di importanti
istituzioni e organizzazioni dell'economia civile, quali Aiccon, Assif,
Circuito Civitas, Fondazione Giordano dell'Amore, Forum del Terzo Settore,
Libera, Provincia di Bologna e Unimondo.
Segreteria Organizzativa: Associazione Finanza Etica, via De Gasperi 13,
43036 Fidenza (Pr), sito: www.finanza-etica.org; e-mail:
giornatanazionale@finanza-etica.org; ufficio atampa: Maddalena Bonicelli,
tel 3356857707, e-mail: maddibon@tiscalinet.it

9. SEGNALAZIONI. UN LIBRO DI ANNA BELPIEDE SULLA MEDIAZIONE CULTURALE
[Riceviamo e diffondiamo. Anna Belpiede, l'autrice del libro, e' una nostra
interlocutrice, per contatti: annabelpiede@libero.it]
La casa editrice Utet ha appena pubblicato il libro di Anna Belpiede (a cura
di), Mediazione culturale. Esperienze e percorsi formativi; per informazioni
e richieste: Utet, via Ormea 75, 10125 Torino, tel. 0112099551.
I recenti processi migratori ci pongono di fronte alla stimolante e
difficile sfida dell'incontro, dello scambio con l'altro: una sfida a cui
tutti siamo chiamati in nome di un futuro di prosperita' e di pace. E' in
questo contesto di cambiamento e di presenza quotidiana di culture e lingue
diverse che nasce la necessita' della mediazione culturale. Inoltre le
recenti modifiche legislative in tema di immigrazione, prevedono
l'inserimento nella scuola e nei servizi pubblici della figura del mediatore
culturale.
Partendo dall'analisi dei flussi migratori europei, dei processi e degli
ambiti che definiscono la mediazione culturale, il volume curato da Anna
Belpiede ripercorre l'evoluzione della professione di mediatore culturale,
descrivendone i profili, le funzioni, le competenze, la deontologia, la
collocazione nell'ambito scolastico, sanitario, giudiziario e sociale.
Grazie ai contributi di professionisti impegnati da anni sul campo, il libro
non solo ricostruisce le esperienze piu' significative di alcune delle piu'
note associazioni italiane (quali la cooperativa Kantara, l'associazione
Crinali, il Cies di Roma, i centri Alma Mater Torino e il Come di Milano),
ma fornisce anche tutti quegli strumenti necessari (quadri normativi, dove e
come trovare i finanziamenti, l'organizzazione di un servizio di mediazione
culturale, etc.) per chi desidera esercitare questa complessa e delicata
professione.
Anna Belpiede, sociologa, formatrice, e' responsabile del centro
interculturale Alouan di Torino. Svolge attivita' di formazione e ricerca
nel campo dell'intercultura e delle migrazioni, e' autrice di numerose
pubblicazioni su mediazione interculturale, minori e giovani in migrazione,
e responsabile di progetti finanziati dalla Comunita' europea e del Centro
interculturale giovani migranti e nativi Alouan, Comune di Torino, settore
gioventu'.

10. RILETTURE. AA. VV.: LA RETE DI LILLIPUT
AA. VV., La rete di Lilliput, Emi, Bologna 2001, pp. 240, euro 10,33.
Materiali per la e della assemblea nazionale dell'ottobre 2000 della Rete di
Lilliput.

11. RILETTURE. COMUNITA' PAPA GIOVANNI XXIII: OPERAZIONE COLOMBA. ABITARE IL
CONFLITTO
Comunita' papa Giovanni XXIII, Operazione Colomba. Abitare il conflitto,
Alfazeta, Parma 1994, pp. 144, lire 18.000. Una delle piu' rilevanti
esperienze di intervento nonviolento in zone di guerra.

12. RILETTURE. JULIET MITCHELL: LA CONDIZIONE DELLA DONNA
Juliet Mitchell, La condizione della donna, Einaudi, Torino 1972, 1978, pp.
208. Un piccolo classico di una delle piu' rilevanti pensatrici femministe.

13. RILETTURE. GITTA SERENY: BAMBINI INVISIBILI
Gitta Sereny, Bambini invisibili, Mondadori, Milano 1986, pp. 358. Una
inchiesta sul dramma della prostituzione infantile scritta dalla nota
giornalista e saggista.

14. RILETTURE. SUSAN SONTAG: STILI DI VOLONTA' RADICALE
Susan Sontag, Stili di volonta' radicale, Mondadori, Milano 1999, pp. 354,
euro 7,23. Una raccolta di acuti saggi di cultura e politica apparsa in
edizione originale nel 1969; Susan Sontag e' una delle piu' lucide
intellettuali contemporanee.

15. RILETTURE. FRANCESCO TULLIO (A CURA DI): UNA FORZA NONARMATA DELL'ONU:
UTOPIA O NECESSITA'
Francesco Tullio (a cura di), Una forza nonarmata dell'Onu: utopia o
necessita', Casa editrice Formazione e Lavoro, Roma 1989, pp. 240. Gli atti
di un importante convegno sulla proposta di Ramsahai Purohit di una forza
permanente nonarmata e nonviolenta delle Nazioni Unite per il mantenimento e
la costruzione della pace.

16. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

17. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: http://www.nonviolenti.org;
per contatti, la e-mail e': azionenonviolenta@sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
http://www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben@libero.it;
angelaebeppe@libero.it; mir@peacelink.it, sudest@iol.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: http://www.peacelink.it. Per
contatti: info@peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it

Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio
con richiesta di rimozione a: nbawac@tin.it

Numero 392 del 22 ottobre 2002