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Un intervento



Ad alcuni mezzi d'informazione e ad alcuni amici

 

Inviamo come anticipazione un intervento che comparira' nel notiziario "La nonviolenza e' in cammino" di domani.

 

Centro di ricerca per la pace

strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo

tel. 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it

 

Viterbo, 9 ottobre 2002

 

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RIFLESSIONE. PEPPE SINI E TOMAS STOCKMANN: SULLA SCIAGURATA PERSISTENZA DI ALCUNI TRATTI DI PREGIUDIZIO ANTIEBRAICO CHE PURTROPPO SI PRESENTANO ANCHE NELLA SINISTRA ITALIANA

 

Un cosi' lungo titolo e' indice di un'angoscia, osservo' uno che passava di la'. E diceva bene. Anche l'organizzazione formale di questo articolo ha funzione di difesa dello sguardo dinanzi a una materia incandescente. Si vede. Lo diciamo.

 

* Primo: Andante con moto

Troviamo necessario condannare la politica di Sharon. Ma vogliamo farlo con le parole luminose di Primo Levi, non con l'iconografia infame de "La difesa della razza".

Troviamo necessario sostenere il popolo palestinese, ma vogliamo farlo sulle posizioni di Ali Rashid o di Edward Said, non del fondamentalismo terrorista.

Troviamo necessario contrastare la destra razzista al potere (in Israele, come in Italia), ma vogliamo farlo senza dire idiozie e senza commettere orrori.

Troviamo necessario il rispetto di tutte le opinioni, tranne quelle opinioni che negano ad altri esseri umani il diritto di esistere.

Troviamo che il modo migliore di aiutare gli esseri umani che sbagliano e' di denunciare e combattere i loro errori.

E questo per cominciare.

 

* Secondo: Minuetto

Che la destra italiana al potere sia connotata dal razzismo e' un dato di fatto.

La legge Bossi-Fini e' solo l'ultimo atto di un'azione ideologica e pratica che per alcuni partiti al potere e' addirittura costitutiva (il fenomeno leghista), per altri e' identita' di lungo periodo e profonda (pochi ricordano che il basamento della fiamma del simbolo dell'Msi - che ancora fa bella mostra nel simbolo di An - rappresentava per convinzione comune dei fascisti che in quel partito si riunirono la tomba di Mussolini da cui scaturisce la fiamma dell'identita' nazionale), per altri ancora e' richiamo a quanto vi e' di peggio nella tradizione di potere cattolica (quella parte peggiore contro di cui anche tanti cattolici si sono battuti, e tra essi primo e principe l'indimenticabile papa Giovanni XXIII), ed infine per il partito del presidente dubbio non v'e' che chi aderisce a un movimento fondato sul "fuhrerprinzip", un residuo di ideologia propria dei movimenti autoritari indagati da Hannah Arendt ne Le origini del totalitarismo e' pressoche' di prammatica (quali fantasmi si agitano nell'inconscio individuale e collettivo di quanti ritengono che il loro scopo nella vita sia l'identificazione con l'attuale capo del governo? Misteri della psiche umana, e come diceva Thomas Mann: profondo e' il pozzo dell'animo umano).

E non v'e' dubbio che la destra razzista al governo va contrastata nel modo piu' limpido ed intransigente, per difendere i dirtti umani di tutti gli esseri umani, per difendere la democrazia e la civile convivenza.

Ma qui e' della sinistra italiana che vogliamo dire, e di noi stessi in quanto in questo schieramento ci collochiamo.

Dobbiamo avere da qualche parte una vecchia lettera di Livia Turco, all'epoca ministro, che rispondeva all'incirca a una nostra in cui se la memoria non ci inganna le chiedevamo conto di cio' che il governo di cui era membro aveva fatto e non fatto in relazione alla sorte degli esseri umani che in fuga dalla fame e dalla morte arrivavano in Italia. Livia Turco e' persona d'onore. Ma quella legge che porta anche il suo nome (la cosiddetta "Turco-Napolitano"), ha riaperto i campi di concentramento in Italia.

Se la condizione fatta ai fratelli e alle sorelle immigrate e' oggi cosi' turpe, tale che noi - che pur abbiamo cercato nella poverta' dei nostri mezzi e nella pochezza delle nostre persone di fare qualcosa - proviamo vergogna di noi stessi in quanto cittadini di questo paese che imbarbarisce, ebbene, e' anche perche' le rappresentanze politiche della sinistra italiana, quando erano al governo, hanno ceduto al razzismo. Certo, una parte della sinistra: un'altra - pensiamo al movimento anarchico in primo luogo, a istituzioni e movimenti d'ispirazione religiosa, ed a tante esperienze di solidarieta' capillarmente diffuse ancorche' prepolitiche o di una politica con molti aspetti purtroppo ambigui - non ha ceduto, e li ammiriamo per questo e li sentiamo piu' vicini al nostro cuore.

Son cose tristi, ma dobbiamo pur dircele.

Ma e' di altro che qui vogliamo dire.

 

* Terzo: Farandola

Crediamo che non aiutino il popolo palestinese quanti pensando di esprimere ad esso solidarieta' si abbandonano a ragionamenti, atteggiamenti e gesti di effettuale antisemitismo che quanto piu' sono inconsapevoli, tanto piu' sono gravi  e inquietanti.

Lo diciamo con strazio: nel corso della nostra vita abbiamo conosciuto amici palestinesi, militanti politici della Resistenza palestinese, che annoveriamo tra le persone che ammiriamo di piu' e per la cui sorte trepidiamo e la cui parola conta per noi come e' giusto che conti la parola dei buoni e dei saggi. Non abbiamo mai avuto dubbi sul fatto che il popolo palestinese avesse ed abbia diritto a un paese in cui vivere libero e solidale.

Ma non abbiamo mai ammesso la falsificazione delle vicende storiche che per comodita' di propaganda certi personaggi nostrani compiono credendo di aiutare di piu' la causa palestinese con qualche penosa menzogna, ed invece danneggiandola molto.

E sarebbe interessante ricostruire la storia delle posizioni che le sinistre di palazzo e quelle di piazza hanno avuto nel corso dei decenni sulla situazione mediorientale per scoprirne, ahinoi, delle belle. Sono cose che chi ha la nostra eta' ricorda, ma che un po' tutti fanno finta di non ricordare, col risultato che i piu' giovani che oggi si affacciano all'impegno politico ricevono idee false e crescono in un brodo di coltura che agevola il ritorno dell'antisemitismo come tratto ricorrente in diversi movimenti sociali radicali europei.

Il popolo palestinese merita la nostra solidarieta' piu' profonda e nitida. La sua sorte e' figura della nostra, di quella dell'intera umanita'. In questo senso cosi' come Dietrich Bonhoeffer seppe dire che chi non aiutava il popolo ebraico perseguitato dal nazismo non aveva diritto di cantare il gregoriano, noi dobbiamo dire che chi non aiuta il popolo palestinese non ha diritto di chiamarsi amico della nonviolenza.

Si', Il popolo palestinese merita la nostra solidarieta' piu' profonda e nitida. Invece certi sedicenti amici del popolo palestinese non meritano rispetto alcuno.

E vanno smascherati. E dobbiamo smascherarli noi, e non permettere che le loro sconcezze diventino arma nelle mani delle destre razziste come quella oggi al potere nei palazzi della politica e della comunicazione in Italia (in tutti: noi non siamo di quelli che pensano che la democrazia consista nel difendere sempre e solo i boiardi entrati alla Rai con le lottizzazioni pregresse).

Certi slogan, striscioni, vignette, che riciclano il piu' infame armamentario dell'antisemitismo europeo, e che fanno disgustosa mostra di se' in tante manifestazioni odierne, ebbene, rivelano quanto persistente e pervasiva sia la tradizione dell'antsemitismo nel continente in cui e' avvenuta la Shoah. E il fatto che chi quegli slogan esibisce e propala non se ne accorga, ebbene, rivela la profondita' - diremmo: la radicalita' - di questa inquietante presenza all'interno di esperienze, culture e ragionamenti che pure a livello conscio sono del tutto nemiche dell'hitlerismo, ma forse non abbastanza della bimillenaria tradizione di pregiudizio e persecuzione antiebraica in Europa.

E qui le ideologie islamiste non c'entrano un bel niente: e' l'antisemitismo (per usare questa definizione - che sappiamo imprecisa e inadeguata - per descrivere la persecuzione antiebraica) europeo: romano prima, cristiano poi, quindi scientista e reazionario, ed infine nazista; l'antisemitismo europeo contro cui la lotta e' ancora aperta, e nessuno puo' illudersi che sia un rudere di un immondo passato che non potra' tornare mai piu'.

Sentire un segretario di partito (di un partito che ha anche meriti grandi e militanti valorosi) che in una massima assise della sua organizzazione urla orwellianamente all'incirca "noi siamo ebrei, noi siamo palestinesi, noi siamo questo e quello" (e "noi", naturalmente, e' il Partito, che si pretende totalita' e nega cosi' la concreta esistenza delle diversita' e il loro diritto a persistere come tali) significa l'esposizione di un totalitarismo mentale che pretende di tutto divorare ed a tutto sostituirsi, negando l'identita' altrui nella pretesa di partecipare di tutto, di tutto sussumere a se', di rappresentare tutto, anzi di "essere" tutto, cosi' facendo la stessa operazione di chi pensava di essere la classe, la storia, eccetera, ed usava i gulag per chi non si sentiva rappresentato dal partito che e' tutto e ne stava al di fuori (ed in effetti secondo questo ragionamento se il partito e' tutto e tutti, chi e' al di fuori non esiste: ergo i gulag).

Una cosa e' il motto "siamo tutti ebrei polacchi" detto dai giovani piu' generosi in solidarieta' con una persona perseguitata; una cosa e' dire che "Marcos" e' gay a S. Francisco, nero in Sudafrica e asiatico in Europa per dire che tutti gli oppressi del mondo subiscono una sostanzialmente analoga denegazione di umanita' ed aspirano tutti ad una umanita' di liberi ed eguali nel rispetto della diversita' di ognuno; e una cosa di segno opposto e' un prominente personaggio del panorama politico italiano che ricicla e degrada uno schema retorico senza avvedersene metamorfosandolo in totalitario.

Leggere di Israele definito come "mostro americano" da parte di un vecchio amico e compagno (anche di partito, un partito che si suicido' un paio di decenni fa) sul giornale cui piu' siamo legati (sebbene assistiamo con pena a come sia stato pervaso di volgarita' e irresponsabilita') ci rattrista e incupisce.

Leggere nei notiziari di certe ong (che pure fanno un lavoro grande di solidarieta' concreta e di riflessione critica; beninteso: largamente usando di soldi pubblici, ed e' bene non dimenticarlo) la definizione di "martiri" per i terroristi suicidi, e' peggio che un errore di traduzione, e' la riproduzione di un'ideologia.

Leggere certe giustificazioni che in guisa di "excusatio non petita" taluni intellettuali e militanti si sentono in dovere di addurre, e nelle quali cio' che emerge accecante e' ancora una volta il non rendersi conto di quanto sia privo di rispetto per l'altrui dolore il riempirsi la bocca di proclami secondo cui ai figli delle vittime dei campi neppure il diritto di rivendicare la loro condizione di addolorati resta, poiche' essa stessa si pretende di loro sottrarre come peculiarmente sentita (ancora per il vizio di fondo di essere la sinistra che rappresenta la totalita' e chi non si sente rappresentato e' un eretico o peggio un nemico del popolo); e si sorvola frattanto sul fatto che Israele - e non solo nella percezione dei superstiti dei campi di sterminio -  e' anche, oltre che tante altre cose su cui discutere e' piu' che lecito doveroso, l'ultimo rifugio per i sopravvissuti dell'episodio piu' satanico della storia dell'umanita', quella Shoah di cui intera e ineludibile la responsabilita' grava sull'Europa; ebbene, tutto questo non ci dice nulla di terribile su noi stessi?

Non sara' necessario rifletterci sopra, discuterne apertamente, smascherare pregiudizi e ipocrisie?

E naturalmente non parliamo neppure di chi sistematicamente agisce la provocazione per comparire in tivu': non a caso finisce in tivu', poiche' e' il prediletto dei potenti che allo scardinamento dello stato di diritto sovrintendono e che a tal fine sono ben lieti di servirsi di personaggi che non degli "utili idioti" ma dei furbastri di tre cotte sono, e che ai piani berlusconiani cooperano con la massima alacrita' mentre proclamano di essere il rappresentante designato di tot miliardi di esseri umani che non hanno mai dato loro alcuna delega (noi almeno non gliela abbiamo mai data).

 

* Quarto: Presto con fuoco

L'aiuto che possiamo e dobbiamo dare al popolo palestinese e' anche questo: combattere l'antisemitismo che e' in noi, perche' solo cosi' il nostro aiuto sara' comprensibile ed efficace. E non per equilibrismo, ma per dovere morale ed anche per necessita' pratica.

Solidali col popolo palestinese e il suo diritto alla vita e a uno stato; solidali col popolo israeliano e il suo diritto alla vita e a uno stato. Su questa base si potra' costruire poi una societa' senza stati e senza classi nel mondo intero, ma frattanto questi diritti minimi esatti da popoli che hanno subito persecuzioni immani nessuno deve negarli.

Una sinistra che tollera o promuove espressioni di antisemitismo non e' degna del nome che reca. E' solo un'estrema propaggine di quel totalitarismo contro cui un'altra sinistra, quella dei resistenti e dei fucilati, ha combattuto e dovra' combattere ancora e ancora.

Ha scritto all'incirca Primo Levi che la lotta contro l'oppressione e' senza fine: e proprio per questo e' compito della persona di volonta' buona condurla adesso e sempre. "Ora e sempre", sono le ultime parole di una delle lapidi che Piero Calamandrei ebbe a dettare, e che finisce con una parola ancora, magnifica, e che non puoi pronunciare se non tra le lacrime: Resistenza.

Quando parliamo di nonviolenza parliamo anche di questo, parliamo essenzialmente di questo.

 

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