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La nonviolenza e' in cammino. 371
- To: news@peacelink.it
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 371
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac@tin.it>
- Date: Tue, 1 Oct 2002 00:32:56 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO
Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it
Numero 371 del I ottobre 2002
Sommario di questo numero:
1. Una lettera aperta al Presidente della Repubblica
2. Rete Lilliput: una proposta di Alex Zanotelli
3. Giobbe Santabarbara: otto cose da fare contro la guerra, che puo' essere
impedita
4. Renato Solmi, la violenza del monopolio televisivo
5. Giulio Vittorangeli: Palestina, il diritto a vivere
6. Maria Antonietta Saracino intervista Amelia Boynton Robinson
7. Riletture: Rosanna Benzi, il mestiere di vivere
8. Riletture: Laura Boella, Hannah Arendt
9. Riletture: Adrienne Rich, Esplorando il relitto
10. Indice dei numeri 353-370 (settembre 2002) de "La nonviolenza e' in
cammino"
11. La "Carta" del Movimento Nonviolento
12. Per saperne di piu'
1. APPELLI. UNA LETTERA APERTA AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
[Questa lettera aperta al Presidente della Repubblica e' stata inviata dal
"Centro di ricerca per la pace" di Viterbo il 29 settembre]
Signor Presidente,
1. La guerra e' sempre omicidio di massa (Gandhi).
2. Di tutti gli atti volti a terrorizzare, ovvero terroristici, la guerra
e' il massimo.
3. Di tutti i crimini l'uccidere e' il piu' crudele, e la guerra e'
l'esecuzione di questo crimine nelle forme piu' ampie.
4. La guerra e' nemica dell'umanita' poiche' consistendo nell'annientare
vite umane essa minaccia e colpisce gli esseri umani tutti in cio' che
hanno di proprio e comune: la dignita' umana, l'appartenenza all'umanita',
il diritto a vivere.
5. Nell'epoca aperta dalla bomba di Hiroshima la guerra mette in pericolo
la sopravvivenza stessa della civilta' umana: "E noi stiamo qui a
questionare se al soldato sia lecito o no distruggere la specie umana?"
(don Milani).
6. Non ci si trastulli con macabri gioco di parole: la guerra non e' mai
"umanitaria" per le persone che da essa vengono assassinate, e la guerra
consiste appunto nell'assassinare delle persone; la guerra non e' mai
"preventiva", poiche "in lingua italiana lo sparare prima si chiama
aggressione e non difesa" (don Milani); la guerra non e' mai "necessaria",
sia perche' esistono sempre delle alternative ad essa, sia perche' essa non
puo' essere annoverata tra le alternative ammissibili a fronte di alcuna
situazione di crisi poiche' tutti i conflitti essa aggrava, e fa
seminagione di vittime, di devastazione, di odio, e corrode e distrugge il
passato con le distruzioni che compie, il presente con le uccisioni di cui
consiste, il futuro con i traumi, i rancori, le paure e le vendette che
provoca. E' incombente il pericolo di una catastrofe planetaria: se non per
saggezza e misericordia, almeno per istinto di sopravvivenza il ripudio
della guerra s'impone ad ogni persona ragionevole, ad ogni umano consorzio,
all'umanita' intera.
7. Per buona fortuna del nostro paese la legge fondamentale dello stato, la
Costituzione della Repubblica Italiana, tra i principi fondamentali
all'art. 11 recita: "L'italia ripudia la guerra come strumento di offesa
alla liberta' degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle
controversie internazionali". Per buona fortuna la nostra legge
fondamentale proibisce all'Italia di prendere parte alla guerra che va
profilandosi. E se il governo e il parlamento scelleratamente decidessero
l'avallo e la partecipazione italiana alla guerra sarebbero dei fuorilegge
e dei golpisti, le loro decisioni non sarebbero legittime ma criminali, e
coloro che avrebbero adottato e sostenuto decisioni assassine andrebbero
messi in condizione di non nuocere e puniti ai sensi di legge.
Lei non ignora tutto cio'.
Perche' allora non leva la sua voce in difesa della pace e della Costituzione?
Perche' permette che sia presentata come cosa in discussione una cosa che
la legge fondamentale del nostro ordinamento giuridico proibisce?
Perche' non invia un messaggio al parlamento e ai cittadini in cui
chiarisca, nella sua veste di supremo garante della Costituzione, che
l'Italia e' assolutamente contro la guerra, non vi prendera' parte ne'
l'appoggera', ed anzi e' impegnata affinche' la guerra non venga scatenata?
Sia difensore della legalita', sia presidente della repubblica, sia essere
umano tra esseri umani.
L'ora e' grave, atteggiamenti equivoci non sono ammissibili, autorevoli
personalita' del governo e del parlamento hanno detto cose sciagurate ed
espresso intenzioni criminali: il silenzio sarebbe complicita'. Lei non
puo' tacere.
2. INIZIATIVE. RETE LILLIPUT: UNA PROPOSTA DI ALEX ZANOTELLI
[Dalla Rete Lilliput (per contatti: ufficiostampa@retelilliput.org)
riceviamo e diffondiamo. Alessandro Zanotelli, missionario comboniano, e'
tra le figure piu' rappresentative dell'impegno per la pace. Opere di
Alessandro Zanotelli: La morte promessa. Armi, droga e fame nel terzo
mondo, Publiprint, Trento 1987; Il coraggio dellâutopia, Publiprint, Trento
1988; I poveri non ci lasceranno dormire, Monti, Saronno 1996; Leggere
lâimpero. Il potere tra lâApocalisse e lâEsodo, La meridiana, Molfetta
1996; Sulle strade di Pasqua, Emi, Bologna 1998; Inno alla vita, Emi,
Bologna 1998; Ti no ses mia nat par noi, Cum, Verona 1998; La solidariet
di Dio, Emi, Bologna 2000; R...esistenza e dialogo, Emi, Bologna 2001]
Berlusconi sappia che il popolo italiano e' contro la guerra.
Alex Zanotelli invita alla disobbedienza civile per contrastare l'attacco
alla popolazione irachena. Al via i Gruppi di azione nonviolenta e la
campagna "Pace da tutti i balconi".
"La guerra in Iraq va scongiurata a tutti i costi e se Berlusconi seguira'
George Bush nell'attacco alla popolazione irakena dovra' farlo contro
l'opinione pubblica italiana. La Rete Lilliput e la societa' civile
italiana devono muoversi compatti per esaltare il dissenso alla guerra
espresso dal 70% dei cittadini italiani". Si e' espresso cosi' il
missionario comboniano Alex Zanotelli nell'intervento che ha concluso il 29
settembre il seminario nazionale "La nonviolenza: attivarsi per un mondo
diverso", organizzato a Roma dalla Rete Lilliput e che ha visto nascere,
grazie all'impegno delle oltre 200 persone convenute, i "Gruppi di azione
nonviolenta" (GAN).
Un invito alla nonviolenza attiva che coinvolga tutti coloro che avversano
la guerra, la proposta lanciata dal seminario lillipuziano e' la campagna
"Pace da tutti i balconi" che invita ad esporre dalle abitazioni, dalle
automobili, nei luoghi di lavoro la bandiera arcobaleno della pace o un
lenzuolo bianco con su scritto "No alla guerra".
Ricordando il ruolo di Gesu', primo "disobbediente" della storia, Zanotelli
ha indicato nella costruzione di percorsi trasparenti, democratici e
nonviolenti il futuro della societa' civile italiana ed europea. E' anche
per questo che partecipera' ai lavori del Forum Sociale Europeo che si
terra' a Firenze dal 6 al 10 novembre prossimi. Nel merito si e' detto
pronto ad impegnarsi "affinche' la nonviolenza possa costituire il metodo
comune su cui far convergere le ricche ed eterogenee forme di lotta che
avversano il sistema economico capitalista e che devono trovare la loro
forma di espressione soprattutto nella ricerca di pratiche alternative a
partire dalle comunita' locali". Per Zanotelli "e' dalle piccole esperienze
alternative che puo' nascere l'utopia utile a sovvertire il neoliberismo".
3. RIFLESSIONE. GIOBBE SANTABARBARA: OTTO COSE DA FARE CONTRO LA GUERRA,CHE
PUO' ESSERE IMPEDITA
Tutti sembrano dar per scontato che la guerra si fara'. E invece no.
Dobbiamo impedirla. E possiamo impedirla. Se Bush e Blair sono cosi'
spasmodicamente alla ricerca di consensi e' perche' l'orientamento delle
altre potenze conta. E noi possiamo influire fortemente almeno su uno degli
stati su cui Bush e Blair vorrebbero poter contare, l'Italia.
Per questo la nostra azione per la pace non deve essere lagnosa e supina,
da reduci e prefiche, da dissenzienti e da sbandati. No. La nostra azione
per la pace deve essere persuasa e combattiva, convinta e convincente, deve
essere ispirata alla nonviolenza. Alla nonviolenza dei forti. E deve essere
ispirata alla Costituzione italiana. Che come legge proibisce la guerra.
E quindi non ci fasciamo la testa prima di esserci battuti; non
percepiamoci e non presentiamoci come sconfitti; non accontentiamoci di
testimoniare il nostro chiamarci fuori come se il governo fosse legittimato
a fare quel che vuole e noi potessimo solo rincantucciarci a esprimere un
"dissenso", una "disobbedienza". No. Dobbiamo impedire il golpe della
guerra; dobbiamo dir forte al governo, al parlamento, al presidente della
repubblica che non permetteremo loro di violare la Costituzione, che non
permetteremo loro di fare la guerra.
E dunque il dispiegarsi dell'azione del movimento pacifista hic et nunc non
deve essere meramente testimoniale ma volersi e sentirsi egemone e
decisivo, non lamentoso ma vigoroso: un movimento di massa consapevole di
star lottando per salvare vite umane, per il diritto internazionale, per la
democrazia e la legalita' costituzionale in Italia; erede della Resistenza
e della sua statuizione giuridica; consapevole e proclamatore della verita'
che chi volesse la guerra e' criminale, fedifrago e fuorilegge; e che
quanti investiti di pubblici poteri si adoperassero per la guerra
andrebbero perseguiti ai sensi di legge, dovranno renderne conto dinanzi
alla magistratura ordinaria, e vanno messi in condizione di non nuocere.
Se il governo, se il parlamento, se il capo dello stato dovessero esser
dominati dalla follia della guerra e della violazione della legalita'
costituzionale, sappiano fin d'ora che delle loro decisioni dovranno render
conto in tribunale, e che comunque quelle loro criminali e illegali
decisioni saranno rese inoperanti dall'opposizione delle leggi italiane e
del popolo italiano.
Per questo occorre agire subito, con la saldezza del diritto e della
fiducia che dobbiamo e quindi possiamo impedire l'avallo italiano alla
guerra, e cosi' contrastare con efficacia la sua preparazione, e cosi' fare
quanto in nostro potere perche' la guerra non sia scatenata.
Molte sono le cose da fare, non ve ne e' una sola. Molte sono le iniziative
utili, nessuna da sola e' dirimente. Quindi diamoci da fae nelle forme e
nelle direzioni ragionevoli che sappiamo e possiamo.
1. Gli appelli servono, serve farli circolare.
Serve scrivere direttamente ai parlamentari italiani, ma anche a quelli
americani e inglesi (molti appelli sono gia' stati diffusi in tal senso).
Serve scrivere all'Onu.
Serve chiedere pronunciamenti alle istituzioni (dal Comuni in su') ed alle
organizzazioni democratiche tutte (dai partiti ai sindacati, alle
associazioni tutte).
Serve scrivere ai mezzi d'informazione.
2. E naturalmente serve promuovere manifestazioni pubbliche, stare in
piazza, parlare e invitare a una riflessione condivisa, promuovere la presa
di coscienza, la partecipazione democratica, l'esercizio del fondamentale
diritto umano di capire e di esprimersi.
3. Ma perche' tutto cio' sia efficace occorre la scelta della nnviolenza.
Occorre l'opposizione integrale alla guerra, alle dittature, alle uccisioni.
Occorre essere onesti e leali nel parlare e nell'ascoltare, occorre
rinunciare alle semplificazioni, alle furbizie e alle bugie della
propaganda. Gia' molte sciocchezze (e non sempre in buona fede) sono state
dette, facciamola finita.
Ha scritto una volta Danilo Dolci: "Ciascuno umilmente s'informi". Noi per
primi dobbiamo farlo. L'opposizione alla guerra puo' vincere solo se
fondata sulla nonviolenza, sulla nonmenzogna, sulla forza della verita'.
Ma oltre agli appelli ed alle iniziative pubbliche di sensibilizzazione e
riflessione piu' semplici, occorre una strategia che abbia anche elementi
piu' qualificanti e articolati tra loro; lo diciamo ancora una volta:
4. occorre anche predisporsi all'azione diretta nonviolenta (vera, seria,
non le caricature di essa).
Prepararsi perche' non sara' cosa facile; ed occorre cominciare a pensare
alle sue possibili estrinsecazioni (nel '99 sapemmo pensarne una e una
sola, ma efficace - ed e' un rammarico grande non essere riusciti a
persuadere un ampio movimento ad impegnarsi ad essa, quella delle
mongolfiere della pace con cui bloccare i decolli dei bombardieri; ma
questa volta occorrera' pensare altre forme).
5. Occorre anche promuovere una campagna di disobbedienza civile di massa
qualora governo, parlamento e capo dello stato attuassero il golpe di
infrangere la Costituzione nell'art. 11 e precipitassero l'Italia
nell'avallo o peggio nella partecipazione alla guerra.
Ed anche questa campagna va pensata, programmata ed eseguita con piena
consapevolezza e preparazione (non talune irresponsabili follie o talune
ridicolaggini ad uso mass-mediatico che sovente ingenui sesquipedali o
piccoli avventurieri spacciano sotto questo nome).
6. Occorre anche avanzare la prospettiva dello sciopero generale contro la
guerra e in difesa della legalita' costituzionale.
Lo sciopero generale contro la guerra: e non per un afflato di tradizione e
identita', ma per la sua forza e la sua efficacia concrete, pedagogiche,
giuriscostituenti.
7. Ed occorre, ancora e innanzitutto, soccorrere le vittime (della guerra
che si prepara; e dell'embargo genocida tuttora in corso la cui abolizione
e' indispensabile).
8. Ed occorre, ancora, accogliere tutti i profughi. Accogliere tutti i
profughi. Accogliere tutti i profughi.
Tutti gli esseri umani in fuga dalla fame e la morte hanno il diritto di
essere accolti in qualunque area dell'unica terra che abbiamo: poiche'
siamo una sola umanita'.
Molto e' da fare. Ciascuno puo' fare qualcosa. La guerra puo' essere impedita.
4. DEMOCRAZIA. RENATO SOLMI: LA VIOLENZA DEL MONOPOLIO TELEVISIVO
[Il testo seguente (una proposta elaborata alla fine di luglio sulla quale
e' ancora aperta la discussione) abbiamo ripreso dal sito del Movimento
Nonviolento (www.nonviolenti.org), il cui coordinamento nazionale lo ha
discusso senza chiudere la riflessione con una decisione formale, e lo
propone alla riflessione e al dibattito "come un contributo utile alla
discussione su questo argomento (...) invitando [tutti i frequentatori del
sito] ad esprimere le loro opinioni e a formulare le loro riflessioni in
merito". L'estensore del testo e' una delle figure piu' autorevoli della
cultura e della vita civile del nostro paese (per contatti: rsolmi@tin.it),
ed uno dei nostri maestri maggiori e piu' cari]
Proposta: il coordinamento del Movimento Nonviolento, facendosi interprete
delle esigenze che si sono manifestate nel corso dello svolgimento del
congresso nazionale, e che sono gia' state oggetto di discussione nella sua
riunione della seconda meta' di maggio, e consapevole del fatto che il
compito di un movimento degno di questo nome non puo' consistere soltanto
nel dissociarsi da o nell'opporsi a una violenza gia' in atto, ma deve
consistere anche e soprattutto nel prevenirla, e cioe' nel contribuire a
rimuoverne per tempo le cause, si ritiene in dovere di prendere una
posizione chiara e precisa sulla legge che e' attualmente in discussione al
Senato e che dovra' ancora passare al vaglio definitivo della Camera dei
deputati, e che ha per oggetto la questione del conflitto di interessi (che
fa poi tutt'uno, nelle applicazioni che non potrebbero fare a meno di
derivarne, con quella della sistemazione delle comunicazioni televisive per
un periodo di tempo indeterminato, e certamente non inferiore alla durata
della presente legislatura).
La legge che prende il nome dal ministro Frattini, e che, invece di
sciogliere il gravissimo conflitto di interessi indubbiamente presente
nella situazione che si e' venuta a determinare nel nostro paese, si limita
a negarne semplicemente l'esistenza, assicurandone in tal modo la
perpetuazione indefinita, non puo' fare a meno di aggravare ulteriormente e
di esasperare al massimo grado la tensione gia' esistente, spingendola a un
limite di rottura che potrebbe essere piu' vicino di quanto non si pensi.
Una situazione in cui una buona meta' del paese sarebbe esclusa da
qualsiasi rappresentanza in questo campo, e avrebbe la possibilita' di
esprimersi solo in qualche nicchia residua, o per la graziosa concessione
della propria ospitalita' da parte del proprietario delle reti televisive
private (che e' poi lo stesso capo del governo che esercita un controllo
indiretto, ma tutt'altro che remissivo, sulla quasi totalita' di quelle
pubbliche), non potrebbe fare a meno di suscitare, in quella parte della
popolazione che non potrebbe mancare di sentirsi emarginata e messa in
disparte, un sentimento di ingiustizia e di ribellione che finirebbe
inevitabilmente per dare luogo (per quanto cio' possa essere deplorato e
scongiurato da noi e da tutte le persone ragionevoli) a manifestazioni di
carattere piu' o meno violento.
Consapevoli del fatto che, perche' cio' non avvenga, e' necessario chiamare
apertamente e pubblicamente le cose col loro nome, e mettere gli autori di
una violenza strutturale di questo genere di fronte alle loro precise e
ineludibili responsabilita', ci permettiamo quindi, forti della nostra
buona coscienza e della nostra fedelta' indefettibile ai nostri principi,
ma anche della nostra capacita' di prendere posizione tempestivamente su
questioni di importanza decisiva ai fini della salvaguardia della pace
interna e internazionale (che non possono essere certo assicurate dalla
vilta' e dalla debolezza, ma solo dalla forza e dal coraggio di guardare in
faccia la verita'), di invitare il governo e la maggioranza governativa a
soprassedere alla soluzione prematura e del tutto apparente, e per cio'
stesso foriera di assai piu' gravi pericoli, della questione del conflitto
di interessi, e ad accantonare, pertanto, almeno temporaneamente, la legge
Frattini, la cui approvazione forzata e violenta avrebbe l'effetto di
spaccare irrimediabilmente, in due parti irriducibili e inconciliabili, la
societa' italiana; e a cercare piuttosto, con umilta' e pazienza, una via
d'uscita da questo dilemma, che potrebbe forse delinearsi dopo un periodo
di armistizio e di tregua e sulla base di prospettive completamente diverse
maturate a poco a poco nel frattempo in condizioni di spirito ugualmente
mutate.
Quali potrebbero essere le linee di una soluzione ragionevole del problema
(a cui si potrebbe giungere anche lentamente e a piccoli passi, evitando
ogni scontro frontale come quello che sarebbe inevitabilmente provocato da
un'imposizione forzata della legge da parte di una maggioranza tutt'altro
che sicura delle sue ragioni)? A noi sembra che il monopolio della
televisione privata, che e' all'origine di tutto il problema, debba essere
risolto nel modo piu' chiaro e rigoroso possibile, e cioe' attraverso lo
smembramento di tutto il complesso Mediaset e attraverso la sua
dissociazione da ogni legame con un determinato uomo politico, partito o
governo; e che cio' potrebbe avere luogo, assai meglio che con la vendita o
la cessione a potentati stranieri, con la nazionalizzazione o, per dir
meglio, con la pubblicizzazione di quelle reti, la cui gestione, come
quella della "7", e forse anche di una delle reti pubbliche, dovrebbe
essere affidata, come in Germania, a un insieme di megaregioni (o, per dir
meglio, a gruppi di regioni vicine e strettamente complementari, che ne
sarebbero responsabili nei confronti dei loro cittadini e che dovrebbero
fare in modo che, nella loro direzione e amministrazione, potessero avere
parte e voce in capitolo tutte le classi e i gruppi sociali presenti
all'interno di esse). Se il loro proprietario attuale si mostrasse disposto
a prendere in considerazione una proposta di questo genere, si renderebbe
certamente benemerito nei confronti di tutto il paese, e si procurerebbe
anche i margini di tempo e di tranquillita' che gli potrebbero consentire
di avviare progressivamente a soluzione, insieme a questo, molti altri
problemi.
Una volta svanito l'incubo di una dittatura telecratica che non potrebbe
fare a meno di provocare la sollevazione della parte migliore del nostro
paese (con cui non intendiamo certamente riferirci alla sola sinistra, ben
sapendo come anche moltissimi esponenti di una cultura conservatrice e
genuinamente liberale saluterebbero con favore, per non dire addirittura
con entusiasmo, una soluzione di questo genere), anche molti altri problemi
che oggi sono resi piu' acuti dalla presenza incombente di questa minaccia
potrebbero essere sveleniti o disinnescati, e trovare piu' facilmente una
soluzione temporanea, ma comunque indolore e pacifica.
Si dira' che tutto cio' e' frutto della nostra fantasia, e che non ha la
minima possibilita' di realizzarsi? Puo' darsi, ma riteniamo che, in una
situazione gravida di pericoli e di tensioni potenzialmente estreme come
quelle che caratterizzano il mondo di oggi, il compito di un movimento
nonviolento sia proprio quello di cercare e di liberare le vie che possono
assicurare il conseguimento del risultato migliore e piu' valido (che non
puo' essere mai quello ideale), evitando al contempo le conseguenze
disastrose e catastrofiche che qualsiasi genere di ostinazione, di miopia o
di indifferenza (tre espressioni che si riferiscono, in ultima istanza, a
una stessa realta') non potrebbe fare a meno di generare in tempi piu' o
meno brevi.
5. RIFLESSIONE. GIULIO VITTORANGELI: PALESTINA, IL DIRITTO A VIVERE
[Giulio Vittorangeli (per contatti: giulio.vittorangeli@tin.it) e' da
sempre impegnato nella solidarieta' internazionale, per la pace, contro il
razzismo. Ed e' tra i principali collaboratori di questo notiziario]
Il secondo anniversario dell'inizio dell'intifada palestinese (la rivolta
innescata il 28 settembre 2000, da una "visita" di Ariel Sharon - allora
leader del partito Likud - alla Spianata delle moschee), pone un
interrogativo di non facile soluzione: perche' storicamente ai popoli e'
stata negata la possibilita' di costruire le proprie alternative? Le
proposte alternative sono sempre esistite nella storia dell'umanita'; solo
che il potere non ha mai permesso che si sviluppassero e che potessero
provare la loro realizzazione.
Senza andare molto lontano, i tentativi all'inizio del secolo scorso in
America Latina (Sandino, Farbundo Marti', ed altri) gia' divulgavano
modelli diversi da quelli proposti da Washington. La risposta: invasioni e
occupazioni militari. Anni dopo, nello stesso continente, nuove ondate
rinnovatrici, sia nella Cuba del Che Guevara (1959), nel Cile di Salvador
Allende (1970) o in Nicaragua (1979-1990), furono bloccate, ci furono
interventi, aggressioni o deterioramenti con tutti i mezzi possibili.
Negli anni '80, in particolare, la rivoluzione popolare sandinista con i
suoi quattro principi marco' quel momento storico: non allineamento
internazionale, pluralismo politico, economia mista e decisiva
partecipazione popolare (con il decisivo ingrediente di "tra cristianesimo
e rivoluzione non c'e' contraddizione"). Modello contagioso che fu bloccato
dagli Usa per la preoccupazione che potesse espandersi ad altri paesi (El
Salvador, Guatemala, etc.): "Il Nicaragua e' pericoloso perche' esporta un
esempio... non si attacca il Nicaragua perche' non e' democratico ma
affinche' non lo sia (dal messaggio del Tribunale dei popoli).
E ancora, nel decennio scorso, l'innovazione zapatista del Chiapas di
riformulare la politica a partire dai settori indigeni e dalla societa'
civile fu bloccata dal potere dominante.
Oggi e' la drammatica e dolorosa attualita' del Medio Oriente, con la
Palestina e la sua smisurata tragedia politica e umana. Perche' si e'
negato, e si continua a negare, la nascita dello stato palestinese? Lo
stato palestinese che non c'e' ha dalla sua parte la ragione di voler
esserci, una ragione semplice. Ma non gli viene riconosciuta da nessuno e
il suo popolo agisce nella disperazione e con la disperazione. La sua
ragione si suicida. Di quello che era il popolo piu' laico e colto del
mondo arabo: la Palestina delle decine di etnie, religioni e chiese. Ha
scritto Ali Rashid (primo segretario della Delegazione generale palestinese
in Italia), uomo colto e saggio: "Ci vorranno generazioni prima di
rimediare ai danni inflitti a quello che fu il colto ed istruito popolo
palestinese, in termini di ricchezza culturale, spirituale e materiale".
Allo stesso tempo, la condotta dei governi di Israele e' del tutto
irrazionale. Non puo' essere compresa con criteri di valutazioni normali.
Hanno la forza dalla loro parte e il sostegno del mondo ma agiscono mossi
da una paura ancestrale e da una memoria devastata. Opprimono un altro
popolo esponendo il loro stesso a una condizione invivibile e cieca. Non
concedono e non trovano pace. Ultimo episodio, in ordine di tempo,
l'assedio e la distruzione di parte della Muqataa (quartier generale del
presidente palestinese Yasser Arafat a Ramallah).
Il problema e' il groviglio di dolore passato e presente, di ingiustizie
passate e presenti che fanno della questione Israele-Palestina un problema
internazionale diverso da tutti gli altri. Di cui il mondo occidentale
porta una grave responsabilita', quando con la nascita dello stato di
Israele (dopo la scoperta dell'immenso orrore dei campi di sterminio e
l'urgenza di dare una soluzione al problema degli scampati che erravano per
l'Europa) scaraventavano in una tragedia l'intero popolo palestinese. Cosi'
come una responsabilita' pesa anche sul mondo arabo, sui regimi arabi (di
ieri e di oggi) che temono (da sempre) che dietro il sostegno popolare alla
lotta palestinese, cominci a crescere la societa' civile che reclama
maggiore liberta' e democrazia e diritti umani. Non a caso, mentre migliaia
di palestinesi hanno sfidato il coprifuoco a Gaza e in diverse citta' della
Cisgiordania per scendere in piazza a sostegno del loro leader assediato
(ogni palestinese vede l'umiliazione inflitta ad Arafat come una crudelta'
senza alcuno scopo politico o militare, se non la punizione pura e
semplice); i leader arabi sono rimasti silenziosi o impotenti o entrambi le
cose. Semplificando molto, vorremmo che si rispondesse a questo
interrogativi: se si e' d'accordo con la politica di Sharon o no, se si
pensa che si debbano restituire i territori occupati o no, se si capisce
che la rivolta palestinese anche negli attentati dei kamikaze (che
fermamente condanniamo) e' una rivolta politica disperata, che si puo' far
cessare solo ricostituendo uno stato di giustizia fra due nazioni o no,
insomma se debbano esistere o no due stati con reciproche e ferme garanzie.
Tutto qui. Perche' tra uccidere e morire c'e' una terza via: vivere, anche
per la Palestina.
6. TESTIMONIANZE. MARIA ANTONIETTA SARACINO INTERVISTA AMELIA BOYNTON ROBINSON
[Questo articolo abbiamo ripreso dal quotidiano "Il manifesto" del 27
settembre 2002]
Alta e magra, tailleur di seta fucsia e viola, grandi orecchini d'argento e
un viso sorridente e aperto. Amelia Boynton Robinson, leader nella lotta
dei diritti civili degli afroamericani, collaboratrice e amica di Martin
Luther King, e' in Italia per una serie di incontri pubblici (domani, alle
17,30, sara' presso la libreria Paesi Nuovi, a piazza Montecitorio) che
oggi la vede a Roma, alla Casa delle Letterature, ospite dell'assessorato
alla cultura del Comune di Roma e del movimento internazionale per i
diritti civili "Solidarieta'" con cui collabora da tempo. E' alla vigilia
di questo appuntamento che la incontriamo per parlare di lei, del suo
impegno politico e di una vita intensamente spesa nella lotta a difesa dei
diritti dei popoli, una vita toccata per molti versi dal dono della
eccezionalita'. A cominciare dal fatto che la bella signora, sul cui volto
di afro-americana si intrecciano i tratti cherooke ereditati per via
paterna e anche una lontana ascendenza tedesca, il 18 agosto scorso ha
compiuto la rispettabile eta' di novantuno anni. E se non molti, qui da
noi, conoscono il nome di Amelia Boynton Robinson, la sua immagine, in anni
lontani, fece il giro del mondo in occasione di una famosa marcia per i
diritti civili organizzata a Montgomery, Alabama, da Martin Luther King il
7 marzo del 1965, presto repressa con tale violenza dalla polizia, da far
passare alla storia quel giorno come Bloody Sunday, ossia la domenica di
sangue.
Fu a seguito di quella marcia e del clamore suscitato, che alla fine dello
stesso anno il presidente Johnson firmo' il decreto che sanciva il Voting
Right Act, ossia il diritto di voto per la gente di colore, e che
consentiva a molte persone di registrarsi come elettori. Ma questo non e'
che uno dei molti episodi importanti che costellano la lunga esistenza di
Amelia, e dei quali diffusamente parla nella sua autobiografia, Bridge
Across Jordan (Un ponte sul Giordano), che in America e' stato a lungo un
best-seller. E quando le faccio notare che a leggere quelle pagine si ha
l'impressione che la sua vicenda personale riassuma quasi un secolo di
storia americana, ride compiaciuta. "Si', sono una donna molto fortunata",
risponde con voce profonda, voce che sarebbe stata quella di una cantante
blues se i gas della polizia, in quella famosa domenica del 1965, non le
avessero danneggiato irreversibilmente i polmoni, costringendola a cambiare
progetti, "ma fortunata soprattutto per essere arrivata ad avere una vita
cosi' piena e intensa alla mia eta'. Perche' non e' da tutti. I miei
coetanei, in generale, arrivano a questa eta' con molti problemi fisici e
mentali; e' per questo che quando vado a parlare nelle scuole, mi piace far
sapere quanti anni ho. I giovani debbono capire che il corpo, come la vita
stessa, ci e' dato in prestito per farne buon uso, e se possibile qualcosa
di utile, perche' ci viene da Dio. Si', sono stata eccezionalmente
fortunata".
E a chi le chiedesse il segreto di questa longevita' cosi' attiva, a
partire dalla sua esperienza, date le circostanze che hanno accompagnato la
sua vita di afro-americana, che cosa risponderebbe?
"Tenete pulito il vostro corpo, ma soprattutto tenete pulita la vostra
mente. Pulita dall'odio, innanzitutto, una cosa non proprio facile. Perche'
costa fatica, si deve lottare, fino a quando si capisce che l'odio
danneggia chi lo prova, oltre chi lo riceve. E poi lottare per le cose in
cui si crede, altrimenti quello spazio interiore viene occupato dalla
paura. E' difficile fare i conti con questi due sentimenti, l'odio e la
paura, soprattutto quando si vive una vita tutta segnata dalla
discriminazione. L'ho imparato tanto tempo fa. Ero giovane, piena di rabbia
e di odio per quello che vedevo succedere intorno a noi neri. Un giorno,
che avevo urlato e pianto fino a ridurmi la faccia a una specie di maschera
di gonfiore, mio marito mi porto' davanti allo specchio e mi disse
'Guardati. Non vedi quanto male ti stai facendo? A che ti serve?' E capii
che l'odio mi stava distruggendo e che a mia volta stavo distruggendo me
stessa. E io invece amavo me stessa. Cosi' smisi di piangere e odiare e
cominciai a dare una forma piu' coerente e strutturata alla mia rabbia
dedicandomi al movimento per i diritti civili, del quale tutt'ora faccio
parte".
Mentre parliamo, da una finestra aperta arriva il suono assordante delle
campane di una chiesa vicina. Amelia Boynton Robinson chiude gli occhi con
un sorriso, e ascolta. Poi riflette che le campane, ormai, in America, non
le vuole piu' nessuno, ed e' un peccato.
Perche' l'America non ama piu' le campane?
"Perche' danno fastidio, e nessuno piu' ama quel tipo di rumore. Percio' le
chiese sono diventate silenziose. Da noi, a Selma, in Alabama, un tempo si
sentivano le campane. E anche a Tuskagee, dove vivo oggi. Ma molto nel sud
degli Stati Uniti e' cambiato in termini di territorio, specialmente dopo
che nel 1964 venne emanato il Decreto per i diritti divili. Perche' a quel
punto molti bianchi cominciarono ad allontanarsi da certi piccoli centri
del sud per non trovarsi a vivere accanto ai neri, ai latini, ai chicanos.
E per evitare spopolamenti di massa, che creavano un danno economico, ad
alcuni speculatori edilizi venne l'idea di costruire delle grandi aree con
case a basso costo da vendere ai neri. E cosi' interi quartieri
cominciarono a spuntare quasi da un giorno all'altro. Case di legno,
talmente mal fatte che cadevano a pezzi dopo pochi giorni. Letteralmente.
Cercavi di aprire una finestra e questa si staccava dal muro, con tutta la
cornice. Nella fretta e per risparmiare usavano legno non stagionato,
verde, che non serviva a niente".
E' cambiata la situazione, da allora?
"Solo in parte. In Germania, come altrove, in questi anni sono caduti tanti
muri e si e' sentita una sorta di sottile rivoluzione verso nuove forme di
liberta', mentre in America, nonostante lotte e successi nelle battaglie
per i diritti civili, ci sono ancora milioni di esseri umani, affamati,
senza lavoro, che dormono per strada, che non vanno a scuola; e c'e' ancora
la segregazione, nelle case, nelle chiese, nelle scuole e nelle comunita'.
Molto di questo riguarda noi afroamericani, che essendo americani a tutti
gli effetti dovremmo avere identici diritti e privilegi di tutti gli altri
cittadini. Ma cosi' non e'. Questo paese dovrebbe, ad esempio, essere il
primo a tendere una mano all'Africa, dove ancora troppi bambini muoiono di
fame, ma questo ancora non succede. E mentre prima, e per quasi duecento
anni, l'ingiustizia e' stata rivolta verso noi afroamericani, adesso non e'
piu' cosi'. E se prima erano i leader neri a pagare il prezzo piu' alto,
come e' successo a Martin Luther King, adesso vai in galera anche se sei
bianco e lotti per elementari forme di giustizia economica, come e'
successo a Lyndon LaRouche, economista e leader politico, bianco, che e'
stato condannato a quindici anni di prigione per aver svelato le
responsabilita' delle banche americane nel riciclaggio di denaro sporco e
nel narcotraffico".
La sua vita - e, a quanto racconta, anche quella dei tre mariti che ha
avuto, anche loro impegnati nel movimento per i diritti civili - e' sempre
stata vissuta all'insegna della militanza politica. C'e' stato un momento o
un episodio che l'ha condotta a questa scelta?
"Sono cosi' fin da piccola e mi viene dall'insegnamento di mia madre, che
era a sua volta una attivista politica. Sono la settima di una famiglia di
dieci figli. Vivevamo a Savannah, in Georgia. Poi la famiglia si e'
trasferita a Filadelfia, Pennsylvania, dove mia madre e' diventata il primo
segretario della Negro Chamber of Commerce. Ma quando nel 1921 fu concesso
il diritto di voto alle donne, mia madre e io andavamo in giro per
Savannah, con un calesse. Mia madre lo guidava. Eravamo io e lei. Lei si
fermava davanti a ogni casa, io scendevo, andavo a bussare e cominciavamo a
parlare e a convincere le donne del fatto che dovevano andare a votare e le
accompagnavamo a registrarsi per il voto. E' la' che ho imparato, e' una
cosa che e' stata sempre con me. Perche', vedi, anche quando il diritto al
voto e' stata una cosa acquisita, e ti parlo di anni recenti, pur di non
far votare i neri si erano inventati un sistema di registrazione per poter
votare, cosi' complicato e farraginoso, con un lungo modulo da riempire e
firmare, che pochi ci andavano. Dovevi avere delle proprieta' ma non
gravate da debiti, la fedina penale immacolata, un conto in banca, un
comportamento sociale rispettabile, riconosciuto dalla comunita', e ben tre
bianchi - voglio dire uomini, non donne, bianche- che garantissero per te.
E questo per me e' terrorismo, sissignore. Non c'e' bisogno di prendere un
fucile e ammazzare qualcuno per essere un terrorista. Per come la vedo io,
se a dispetto di qualunque costituzione, vivi in un paese dove non puoi
scegliere il corso di studi, non fare le scelte di vita che vorresti;
quando in un paese la gran parte del denaro di tutti viene spesa a
migliorare e potenziare la vita dei bianchi, lasciando ai margini neri e
latini, questo come lo chiami? Ancora adesso le migliori scuole sono per
bianchi, e hanno tutte nomi di santi e si chiamano cristiane - St. Mary
Christian School, St. John Christian School, non e' paradossale? Si
chiamano cristiane, sono molto costose e nascono proprio perche' alcuni si
possano permettere il lusso di fare in modo che i loro figli non debbano
sedere accanto a bambini neri o chicanos".
Da dove nasce questo atteggiamento?
"Dalla paura. Da quel piccolo seme di odio piantato tanto tempo fa e che
non si riesce sempre a estirpare del tutto, ma rinasce, tempo dopo, e in
altra forma. E' per questo che, come dicevo all'inizio, ognuno di noi deve
lavorare per prima cosa su di se', deve dire 'io posso farcela, sono la
migliore, perche' Dio mi ha creato a sua immagine e somiglianza, e quindi
non puo' aver creato un mucchio di robaccia'. E io di questo mi devo
fidare. E ti diro' un'altra cosa. Quando, dopo la laurea, cominciai a
lavorare come agente immobiliare, a Selma, Alabama, dove ci eravamo
trasferiti, rimasi sconvolta. I neri vivevano ancora in capanne che
sembravano quelle dei loro antenati schiavi. Le scuole erano poche e in
condizioni orribili, e i bambini smettevano presto di andarci. Lavoravano
in condizioni pessime, pagavano le tasse, ma non potevano votare. I pochi
che lo facevano dovevano votare per la "supremazia bianca", come stava
scritto sulle schede elettorali. I neri lavorano e producevano reddito per
i padroni, ma non per se'".
E allora che cosa avete fatto?
"Io e mio marito andavamo a cercare questi lavoratori, facevamo delle
riunioni notturne per convincerli della necessita' di andare a votare, di
avere dei diritti. Incoraggiavamo i braccianti a comprare e coltivare dei
pezzi di terra per se' e non per riempire le tasche dei padroni, come
all'epoca della schiavitu'. E per fare meglio tutto questo abbiamo creato
una associazione. E li' sono cominciati i problemi con la polizia e le
autorita', che ci trattavano come terroristi fuorilegge. Allora io cercai
Martin Luther King e lui venne a darci una mano. Venne a Selma e
cominciammo a organizzare il lavoro. King abitava a casa nostra. E da quel
lavoro e' partita quella grande marcia che poi ha portato al movimento per
i diritti civili".
Come era Martin Luther King?
"Una persona gentile e un vero leader, una figura autorevole, con un grande
progetto. Come lo e' Lyndon LaRouche, con la cui organizzazione, lo
Schiller Institute, collaboro oggi. Una organizzazione che si occupa di
infrastrutture, di istruzione. Si tratta innanzitutto di far capire ancora
una volta alle persone che hanno un potenziale di cervello, di capacita',
da mettere a frutto, che non devono mai pensare a se stessi come a
cittadini di serie B. Dopo la morte di King e del mio secondo marito avevo
smesso di far parte di una vera organizzazione, ero in pensione, e non
facevo molto. Poi, come sempre, Dio lavora su di noi per vie misteriose. Mi
sono sposata di nuovo e ho conosciuto del tutto casualmente
l'organizzazione fondata da LaRouche, che e' un bianco, e come ho detto e'
andato in prigione per le sue idee. I tempi sono cambiati dall'epoca di
Martin Luther King. Oggi si lavora in modo diverso e su temi diversi. Si
usano moderne tecnologie, mezzi e tecniche diverse".
Non e' singolare che voi vi occupiate di infrastrutture, anche nei paesi
poveri e, contemporaneamente, Bush si e' messo d'impegno a demolire quelle
che esistono in altri paesi, poveri, con la scusa della lotta al terrorismo?
"Per fortuna Bush non e' gli Stati Uniti. E un pover'uomo usato dalla
oligarchia economica del suo paese per altri scopi, e con altri mezzi,
quali il genocidio. Pensa all'Aids e a come i paesi ricchi lo usano per
distruggere i paesi poveri, che tra l'altro ancora non hanno da mangiare; e
quel poco che hanno sono costretti a venderlo a noi. Noi, in America,
viviamo del cibo che altri paesi producono per noi, affamando se stessi.
Mia madre diceva "Ricordati sempre che Dio non fa una bocca se non ha
abbastanza cibo per riempirla'. Il cibo c'e', solo che troppe bocche non
possono raggiungerlo. E' per questo che sono orgogliosa di fare parte di
una organizzazione che oggi si occupa anche di questo. Dio, nella sua
infinita saggezza crea anche dei leader, e li mette sul nostro cammino. I
leader sono opera di Dio. Nessuno puo' scegliere da solo di essere un
leader".
E Bush, allora? Non e' anche lui un leader? Anche lui e' opera di Dio?
"Non diciamo sciocchezze. Lui e' uno strumento. Dio non ha niente a che
fare con lui. E quello che e' peggio e' che e' uno che non ascolta. Tutto
il mondo gli dice di non andare in Iraq, ma lui non ci sente. Come con
l'Afghanistan. Ha fatto come Erode, nella Bibbia. Gli dissero che c'era un
bambino che sarebbe stato re e lui chiese che glielo portassero. Ma siccome
nessuno lo faceva, lui fece uccidere tutti i bambini sotto i due anni, per
cercare quell'unico bambino che sarebbe stato re; ma senza successo. Cosi'
Bush con bin Laden. Ha distrutto un'intera nazione per tirar fuori un unico
uomo; ha ammazzato donne, bambini, distrutto tutto; e adesso ricomincia da
un'altra parte. Sono passati duemila anni, ma la mentalita' e' rimasta la
stessa. All'origine, solo avidita', di ogni genere. Ma siamo pazzi? No, non
e' questa l'America, non per tutti. Io per fortuna la penso diversamente. E
come me molte altre persone".
Progetti per il futuro?
Amelia Boynton Robinson, 91 primavere, sorride. "Ho davvero molto da fare,
pero' vorrei tornare di nuovo in Italia, magari per creare una nuova sede
per il nostro movimento.
7. RILETTURE. ROSANNA BENZI: IL MESTIERE DI VIVERE
Rosanna Benzi, il mestiere di vivere, Rusconi, Milano 1984, 1987, pp. 144.
L'indimenticabile Rosanna Benzi racconta la sua vita e le sue lotte: un
insegnamento grande.
8. RILETTURE. LAURA BOELLA: HANNAH ARENDT
Laura Boella, Hannah Arendt, Feltrinelli, Milano 1995, pp. 240, lire28.000.
Una densa monografia, quasi un colloquio tra due profonde e sensibili
pensatrici.
9. RILETTURE. ADRIENNE RICH: ESPLORANDO IL RELITTO
Adrienne Rich, Esplorando il relitto, Savelli, Milano 1979, pp. 128. Un
grande libro di poesia dell'artista e pensatrice americana.
10. INDICE DEI NUMERI 353-370 (SETTEMBRE 2002) DE "LA NONVIOLENZA E' IN
CAMMINO"
* Numero 353 del 13 settembre 2002: 1. La nonviolenza e' una scelta; 2.
Benito D'Ippolito, tre litanie a R. 3. Il 14 settembre a Roma; 4. Letture:
Gianni Barbacetto, Peter Gomez, Marco Travaglio, Mani Pulite. La vera
storia; 5. Letture: Bruna Bocchini Camaiani, Ernesto Balducci. La Chiesa e
la modernita'; 6. Letture: Mario Comoglio, Miguel Angel Cardoso, Insegnare
e apprendere in gruppo. Il Cooperative Learning; 7. Letture: Gaetano
Farinelli, Attraversare il deserto; 8. Riletture: Ernesto De Martino, La
fine del mondo; 9. Riletture: Erasmo da Rotterdam, Colloquia; 10.
Riletture: Umberto Galimberti, Psiche e techne; 11. Da tradurre: Cultura
escrita y educacion. Conversaciones con Emilia Ferreiro; 12. Elena
Kutorgene, gli occhi di tutti; 13. Vandana Shiva, la resistenza alla
biopirateria; 14. Simone Weil, l'argomento della spada; 15. Indice dei
numeri 345-352 (febbraio 2002) de "La nonviolenza e' in cammino"; 16. La
"Carta" del Movimento Nonviolento; 17. Per saperne di piu'.
* Numero 354 del 14 settembre 2002: 1. Giobbe Santabarbara, necessita'
della nonviolenza; 2. Ida Dominijanni intervista Rosi Braidotti: Dopo le
torri, il corpo che resta; 3. Alcune riviste; 4. Letture: Associazione Pace
e dintorni, Violenza, zero in condotta; 5. Letture: Giulietto Chiesa, La
guerra infinita; 6. Letture: Dennis Dalton, Gandhi, il Mahatma. Il potere
della nonviolenza; 7. Letture: Heinrich Boell Foundation, The Jo'burg-Memo;
8. Letture: Enzo Mazzi, Ernesto Balducci e il dissenso creativo; 9.
Letture: Edoardo Martinelli, Pedagogia dell'aderenza; 10. Letture: Edward
W. Said, Fine del processo di pace; 11. Letture: Frediano Sessi, Non
dimenticare l'Olocausto; 12. Letture: Tiziano Terzani, Lettere contro la
guerra; 13. Tzvetan Todorov, esseri umani e programmi politici; 14. Frances
Amelia Yates, un'esperienza; 15. Un appello "Fuori la guerra dalla storia,
fuori l'Europa dalla guerra"; 16. Il "C.O.S. in rete" di settembre; 17. Un
corso di educazione alla pace tenutosi a Gubbio; 18. La "Carta" del
Movimento Nonviolento; 19. Per saperne di piu'.
* Numero 355 del 15 settembre 2002: 1. Un appello di Emergency: fuori
l'Italia dalla guerra; 2. Agnes Heller, una professione di fede; 3. Ernesto
Balducci, una professione di fede; 4. Letture: Comitato dei Ministri del
Consiglio d'Europa, Codice etico per una polizia democratica; 5. Letture:
Ernesto De Martino, Panorami e spedizioni; 6. Letture: Carmine Di Sante, Lo
straniero nella bibbia. Saggio sull'ospitalita'; 7. Letture: Irene Ghizzoni
(a cura di), Manuale del risparmiatore etico e solidale; 8. Letture:
Gianfranco Mascia, Vademecum della bugia da Stalin a Berlusconi; 9.
Letture: Marco Moraccini (a cura di), Scritti su Lorenzo Milani. Una
antologia critica; 10. Letture: Alex Zanotelli, R...esistenza e dialogo;
11. Letture: Mauro Zonta, La filosofia ebraica medievale. Storia e testi;
12. Un corso di educazione alla pace tenutosi a Orte; 13. La "Carta" del
Movimento Nonviolento; 14. Per saperne di piu'.
* Numero 356 del 16 settembre 2002: 1. Simone Weil, legate; 2. L'agenda
"Giorni nonviolenti" 2003; 3. Amnesty International, Usa-Iraq: non nel nome
dei diritti umani; 4. Alcune riviste; 5. La resistibile ascesa: un abbozzo
di bibliografia essenziale; 6. Leggere il Corano; 7. Letture: Norberto
Bobbio, Trent'anni di storia della cultura a Torino (1920-1950); 8.
Letture: Maurizio Ferraris, L'ermeneutica; 9. Letture: Giuseppe Stoppiglia,
Diario di un viandante; 10. Letture: Bruna Zani, Patrizia Selleri, Dolores
David, La comunicazione; 11. Riletture: Leon E. Halkin, Erasmo; 12.
Riletture: Giuliana Morandini, ... E allora mi hanno rinchiusa; 13.
Riletture: Mi chiamo Rigoberta Menchu'; 14. Riletture: Jean-Marie Straub,
Daniele Huillet, Testi cinematografici; 15. Estratto dal programma del
corso di educazione alla pace presso il liceo scientifico di Orte per
l'anno scolastico 2002-2003; 16. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 17.
Per saperne di piu'.
* Numero 357 del 17 settembre 2002: 1. Peppe Sini, col cuore tra i denti;
2. Sosteniamo "Qualevita"; 3. Un libriccino di Danilo Dolci; 4. Alcune
riviste e newsletter diffuse per e-mail; 5. Agnes Heller, Otto massime
morali; 6. Ernesto Balducci, Introduzione a "La pace. Realismo di
un'utopia"; 7. Luigi Ferrajoli, democrazia privata; 8. La "Carta" del
Movimento Nonviolento; 9. Per saperne di piu'.
* Numero 358 del 18 settembre 2002: 1. Abdessalam Najjar, una lettera al
"Corriere della sera"; 2. Mao Valpiana, Daniele Lugli: le dieci parole
della nonviolenza, in cammino verso il lupo di Gubbio; 3. Peppe Sini, di
cosa parliamo quando parliamo di azione diretta nonviolenta contro la
guerra; 4. Giovanni Mandorino, "Quaderni Satyagraha"; 5. Davide Melodia, un
saggio su cristianesimo e pace; 6. Enrico Euli, se io fossi... Lilliput; 7.
Hannah Arendt, l'idea di umanita'; 8. Joseph Ki-Zerbo, appunti sulla storia
dell'Africa e dell'umanita'; 9. Vauro Senesi, un castoro per le strade di
Kabul; 10. Vito La Fata, un incontro a Palermo; 11. Cinque assiomi della
pragmatica della comunicazione umana; 12. Letture: Luigi Di Lembo, Guerra
di classe e lotta umana; 13. Letture: Liceo scientifico "Fermi" di Sulmona,
Il sentiero della liberta'; 14. Riletture: Carmela Baffioni, Storia della
filosofia islamica; 15. Riletture: Jan Kott, Shakespeare nostro
contemporaneo; 16. Da tradurre: Emilia Ferreiro, Pasado y presente de los
verbos leer y escribir; 17. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 18. Per
saperne di piu'.
* Numero 359 del 19 settembre 2002: 1. Farid Adly, obiezione di coscienza
contro le impronte digitali; 2. Comboniani: la pace e' nelle nostre mani.
Noi proponiamo; 3. Una intervista a Francuccio Gesualdi; 4. "Femmis",
fermiamo le pietre dell'ipocrisia; 5. Seminario della Rete Lilliput sulla
nonviolenza il 27-29 settembre; 6. Associazioni pacifiste israeliane e
palestinesi; 7. Marina Forti, le parole di Johannesburg; 8. Franca Ongaro
Basaglia, la presunzione e l'imprevedibile; 9. Elias Canetti, un attimo;
10. Letture: AA. VV., Lexicon. Dizionario dei teologi; 11. Letture: Angela
Ales Bello, Edith Stein; 12. Letture: Catherine Clement, Gandhi. "Grande
anima" della liberta'; 13. Letture: Michael Hardt, Antonio Negri, Impero;
14. Riletture: Bernard Crick, George Orwell; 15. Riletture: Edoarda Masi,
cento trame di capolavori della letteratura cinese; 16. Riletture: Simone
Petrement, La vita di Simone Weil; 17. Riletture: Robert Scholes, Robert
Kellogg, La natura della narrativa; 18. La "Carta" del Movimento
Nonviolento; 19. Per saperne di piu'.
* Numero 360 del 20 settembre 2002: 1. Yukari Saito, Signor Presidente io
obietto; 2. Benito D'Ippolito, strambotto dei cannibali; 3. Un ponte
per..., ai membri delle commissioni parlamentari Esteri e Difesa; 4. Enrico
Peyretti, la guerra estremo sopruso; 5. Pax Christi, fermare la macchina
della guerra; 6. Franco Fortini, lontano lontano... 7. Rosa Luxemburg, come
il coniglio sotto un cespuglio; 8. Claudio Tugnoli, una bibliografia di e
su Rene' Girard; 9. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 10. Per saperne
di piu'.
* Numero 361 del 21 settembre 2002: 1. Lorenzo Milani, in lingua italiana;
2. Appello degli intellettuali nordamericani contro la guerra: "Non nel
nostro nome"; 3. Luigi Pintor, la dottrina globale; 4. Giobbe Santabarbara,
ancora un piccolo discorso sull'uccidere; 5. La presenza nonviolenta
dell'Operazione Colomba in Palestina; 6. Estratto da un progetto per un
corso di formazione alla nonviolenza per operatori di Polizia Municipale;
7. Germaine Greer, la domanda; 8. Paul Tillich, finitudine; 9. Ida
Dominijanni intervista Etienne Balibar; 10. Arianna Marullo, Aby Warburg
raccontato da Ernst H. Gombrich; 11. Alcuni siti amici della nonviolenza;
12. "Azione nonviolenta" di settembre; 13. "Keshet. Vita e cultura
ebraica"; 14. Fondazione Roberto Franceschi, pubblicazioni sui diritti; 15.
Editori: L'Harmattan Italia; 16. Letture: Andrea Kettenmann, Frida Kahlo;
17. Letture: Marina Paladini Musitelli, Introduzione a Gramsci; 18.
Riletture: "Re/search", J. G. Ballard; 19. Riletture: Charles C. Walker,
Manuale per l'azione diretta nonviolenta; 20. La "Carta" del Movimento
Nonviolento; 21. Per saperne di piu'.
* Numero 362 del 22 settembre 2002: 1. Giobbe Santabarbara, dal punto di
vista dell'umanita'; 2. Charles C. Walker, manuale per l'azione diretta
nonviolenta (parte prima); 3. Mary Wollstonecraft, la prospettiva; 4.
Congresso del Movimento Nonviolento: "La nonviolenza e' il varco attuale
della storia"; 5. Su "Nigrizia" di settembre un dossier sulla nonviolenza;
6. Il secondo volume dei "Quaderni Satyagraha"; 7. Svoltosi il convegno
nazionale del Cem; 8. Riletture: AA. VV., L'altro sguardo; 9. Riletture:
Krzysztof Kieslowski, Krzysztof Piesiewicz, Decalogo; 10. La "Carta" del
Movimento Nonviolento; 11. Per saperne di piu'.
* Numero 363 del 23 settembre 2002: 1. Maria Luigia Casieri, gatti e topi;
2. Charles C. Walker, manuale per l'azione diretta nonviolenta (parte
seconda); 3. Circolare del Movimento Internazionale della Riconciliazione
(MIR) n. 2/2002; 4. Margarete Buber Neumann, la vera dimensione di un
pericolo; 5. Maria Zambrano, della verita' e della vita; 6. Riletture:
Bianca Guidetti Serra, Compagne; 7. Riletture: Marthe Robert, L'antico e il
nuovo; 8. La "Carta" del Movimento Nonviolento 9. Per saperne di piu'.
* Numero 364 del 24 settembre 2002: 1. Giobbe Santabarbara: scafisti,
ministri; 2. Il 30 settembre per Mordechai Vanunu; 3. Giancarlo Zizola,
crocifissi pubblici? 4. Marinella Correggia: Amma e Appa, i doni della
terra; 5. Amelia Alberti, oil (petrolio); 6. Severino Vardacampi: impegno
per la pace, scelta nonviolenta; 7. Charles C. Walker, manuale per l'azione
diretta nonviolenta (parte terza); 8. L'incontro del coordinamento del
Movimento Nonviolento del 30 giugno a Verona; 9. La "Carta" del Movimento
Nonviolento; 10. Per saperne di piu'.
* Numero 365 del 25 settembre 2002: 1. Un esposto per far cessare le stragi
di immigrati; 2. Ada Gobetti, amicizia; 3. Enrico Peyretti, scrivere; 4.
Antonello Ricci ricorda Vittorio Emanuele Giuntella; 5. Carlo Schenone, a
cosa serve il Forum Sociale Europeo? 6. Giulio Vittorangeli, si puo' essere
felici? 7. Giampaolo Calchi Novati, diplomazia di vetro; 8. Charles C.
Walker, manuale per l'azione diretta nonviolenta (parte quarta e
conclusiva); 9. Riletture: Eleonora Missana, L'etica nel pensiero
contemporaneo; 10. Riletture: Franoise Sironi, Persecutori e vittime; 11.
Riletture: Elena Soetje, La responsabilita' della vita. Introduzione alla
bioetica; 12. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 13. Per saperne di piu'.
* Numero 366 del 26 settembre 2002: 1. Un errore di prospettiva; 2.
Solidarieta' con i richiedenti asilo; 3. Campagna di obiezione di coscienza
del/la cittadino/a per il disarmo economico e militare; 4. Rete Lilliput:
mai piu' eserciti e guerre, costruiamo la pace; 5. Secondo salone
dell'editoria di pace a Venezia; 6. Pietro Ingrao, potere assoluto; 7.
Claudio Tugnoli, il significato dell'opera di Rene' Girard; 8. Violeta
Parra, come sorridono i presidenti; 9. Adrienne Rich, finche'; 10.
Riletture: Enrique Dussel, L'occultamento dell'"altro"; 11. Riletture:
Internazionale situazionista 1958-1969; 12. Riletture: Virginia Vacca (a
cura di), Vite e detti di santi musulmani; 13. La "Carta" del Movimento
Nonviolento; 14. Per saperne di piu'.
* Numero 367 del 27 settembre 2002: 1. Un appello di docenti israeliani; 2.
Aldo Capitini, principi dell'addestramento alla nonviolenza; 3. Tavola
della pace, appello contro la guerra; 4. Ida Dominijanni intervista Danilo
Zolo; 5. Simone Weil, amore e giustizia; 6. Otello Barbacane, quelli che;
7. "Il dono delle lingue" a Napoli; 8. Riletture: Aung San Suu Kyi, Libera
dalla paura; 9. Riletture: Giancarla Codrignani, Ecuba e le altre; 10.
Riletture: Franco Gesualdi, Economia. Conoscere per scegliere; 11.
Riletture: Giovanni Salio, Le guerre del Golfo e le ragioni della
nonviolenza; 12. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 13. Per saperne di
piu'.
* Numero 368 del 28 settembre 2002: 1. La risposta di Hillel; 2. Emmaus,
contro la guerra; 3. Silvia Vegetti Finzi, il luogo dell'utopia; 4. Per la
regolarizzazione di tutti i sans-papiers in Europa; 5. Chaiwath
Satha-Anand, una conferenza a Torino su islam e nonviolenza; 6. Giobbe
Santabarbara, dello scrivere chiaro; 7. Le canzonacce da osteria di Numidio
Picciafoco: voglio farmi la tivvu'; 8. Iaia Vantaggiato recensisce "Il
Vincere" di Ettore Masina; 9. Riletture: Lia Levi, Che cos'e'
l'antisemitismo? Per favore rispondete; 10. Riletture: Biancamaria Scarcia
Amoretti, Tolleranza e guerra santa nell'Islam; 11. La "Carta" del
Movimento Nonviolento; 12. Per saperne di piu'.
* Numero 369 del 29 settembre 2002: 1. Presentato un esposto sulle
dichiarazioni del presidente del consiglio in parlamento sulla guerra; 2.
Un'intervista a Gino Strada; 3. Irene Khan, al Consiglio di Sicurezza
dell'Onu; 4. Jean Marie Muller, significato della nonviolenza (parte
prima); 5. Enrico Peyretti, un film su tanti undici settembre; 6. Brunetto
Salvarani, per il dialogo cristianoislamico; 7. Luce Irigaray, la
rivoluzione copernicana; 8. Julia Kristeva, lo straniero; 9. Riletture: AA.
VV., Etiche della mondialita'; 10. Riletture: Jacqueline Russ, L'etica
contemporanea; 11 La "Carta" del Movimento Nonviolento; 12. Per saperne di
piu'.
* Numero 370 del 30 settembre 2002: 1. Nei territori occupati; 2. Un
esposto contro la guerra e la violazione della Costituzione; 3. Diana
Dimonte: una mozione in parlamento per il commercio equo e solidale; 4.
Jean Marie Muller, significato della nonviolenza (parte seconda e
conclusiva); 5. Augusto Cavadi, Magdalene; 6. Giobbe Santabarbara, ancora
un catastrofico errore del movimento per la pace; 7. Riletture: Hannah
Arendt, Mary McCarthy, Tra amiche; 8. Riletture: Judith M. Brown, Gandhi;
9. Riletture: Adriana Cavarero, Nonostante Platone; 10. Riletture: Rossana
Rossanda, Anche per me; 11. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 12. Per
saperne di piu'.
11. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova
il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dellâambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dellâuomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio,
l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.
12. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: http://www.nonviolenti.org;
per contatti, la e-mail e': azionenonviolenta@sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in
Italia: http://www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben@libero.it;
angelaebeppe@libero.it; mir@peacelink.it, sudest@iol.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: http://www.peacelink.it. Per
contatti: info@peacelink.it
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO
Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it
Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio
con richiesta di rimozione a: nbawac@tin.it
Numero 371 del I ottobre 2002