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Movimento di Cunegonda - Newsletter n.7
Critica del consumo per la democrazia
Missione attuale: la fine del monopolio dell'informazione televisiva
http://www.cunegonda.info
Newsletter n.7, 24 settembre 2002
"La gente ha cominciato a manifestare sensibilità in proposito e le aziende
produttrici si sono adeguate. Tutti continueremmo a essere ottimi
consumatori, tranne che saremmo consumatori selettivi; il che è indice di
maturità e motore di sviluppo economico.
A nuove forme di governo, nuove forme di risposta politica. Questa s" che
sarebbe opposizione.
Vediamo quanti italiani si sentono di farla. Altrimenti la smettano di
lamentarsi, e si tengano il monopolio dell'informazione."
Umbero Eco, Lo sciopero dei consumatori della pasta Cunegonda, La
repubblica, 20 aprile 2002.
http://www.repubblica.it/online/politica/econsumo/econsumo/econsumo.html
Roma, 14 settembre 2002, piazza San Giovanni
L'appuntamento è a casa di Patrizia che abita a due passi da piazza San
Giovanni: il suo accento perugino ci accoglie, ci inonda di ospitalità e di
buon vino. Alla spicciolata arrivano tutti. Ci aspetta un pranzo veloce
insieme e poi via, alla manifestazione. C'è Lorena, detta la zingara, di
Milano, intenta a leggere le nostre mani, le rughe dei nostri palmi
aspettano di essere decifrate, il suo sguardo si fa scuro alle volte e
allora gli interroganti ritirano la mano che poco prima le avevano
frettolosamente sottoposto; arriva Cristina e con lei un vassoio di
cotolette, il suo sorriso ci riempie di buon umore e di amore filiale, la
sua bellezza fa calare il silenzio nella casa ma è solo un momento, poi ci
ricordiamo delle cotolette; ecco Pier Giorgio, una faccia da duro che
sorride sempre, la battuta sempre pronta, solo a pochi privilegiati
rivelerà il segreto della giusta dose di peperoncino da mettere
sull'amatriciana, un vero punto di r! iferimento; Roberto, arrivato da
tempo, ci ricorda il giovane Blasco, la somiglianza è incredibile, tutti
noi speriamo che anche oggi vada al massimo, come sempre è instancabile,
corteggiatore professionista; con Gianni poco più tardi giunge Valeria: lei
ha un piede rotto e la gamba ingessata ma voleva esserci, più che una donna
un marine dei corpi d'assalto, già ce la immaginiamo immortalata nella
prima pagina del Manifesto, lei che in posa risorgimentale scaglia
eroicamente la stampella contro il nemico, è anche una delle migliori
percussioniste oggi in circolazione (nel senso ancora a piede libero...),
qualcuno tenterà di sottrargli il tamburello ma inutilmente; per fortuna
c'è Umberto, lui un tamburello lo sa trasformare in una batteria e Tullio
de Piscopo si materializza in un paio di mani; c'è anche Michele, il
giornalista, che con la sua telecamera documenta, è lui che inizia a
parlare di Sessantotto, di Genova, dei movimenti, lui parla, gli altri
mangiano e annuiscono. E' ora, si va. Più ci avviciniamo alla piazza, più i
rivoli umani si fanno torrenti e poi fiumi, di voci, di emozioni, di
speranza, di musica. Incontriamo Renato e Gianna, teorici dello stornello e
della caciara, Renato esibisce una fisionomia a tratti morettiana, temiamo
che Paolo Flores D'Arcais ce lo porti via. Con noi ci sono due o tre
organettisti, innumerevoli percussionisti, molti cantano. Arriviamo in
piazza, si forma il cerchio, la musica inizia, senza regole, prima una
tarantella, poi un'altra, la gente danza, poi "Oh Bella Ciao", e la gente
canta, tutta. Oh come canta, con il cuore in gola, con tutto il fiato che
ha, senza il pugno alzato, ma alcuni tenendosi per mano. Passano delle
telecamere, si fermano a riprenderci, lo sguardo cerca l'adesivo, Rai Uno,
Due, Canale 5? Nessun adesivo, qualcuno dirà poi che erano le telecamere
dei giornalisti di Sciuscià che hanno realizzato gratuitamente per
l'occasione un servizio speciale andato in onda per ora solo su alcune
televisioni private. Patrizia, Umberto e Gianni esauriscono migliaia di
volantini Cunegonda in poco più di un'ora, in alcuni momenti la gente viene
ad esigerli, con la mano tesa e un sorriso. Un ragazzo sulla sessantina ci
aiuta ripetutamente a distribuirli, ogni volta torna con lo sguardo felice
e ci dice "li ho finiti! ne hai ancora?". Chi entra a San Giovanni da
piazzale Appio trova una festa di musica, di gente che danza e che ha solo
voglia di sentire che l'Italia è anche questa, quella delle piccole cose,
della semplicità, e di chi ha voglia di pensare che la vita non sta
soltanto nel monopolio dei tubi catodici, ma anche nei cuori e nelle
speranze di tanti, tantissimi italiani. Un milione, qualcuno sosterrà. Gli
interventi dal palco si susseguono tra scrosci oceanici di applausi:
Moretti (http://spazioinwind.libero.it/comoce/nonperdiamocidivista.htm -
leggi il suo discorso), Strada, Arcais, infiammano la piazza. S'infiamma il
tramonto romano che fa da quinta alle ultime note della Mannoia, De
Gregori, Barbarossa. La gente se ne va. Sorride. Questa, in poche parole,
la cronaca di una giornata da ricordare.
Sciuscià in mezzo a una strada
Quest'autunno, dunque, non ci sarà un programma televisivo capace di dare
voce a chi sciopera, a chi è in lotta per un contratto di lavoro, ai
giovani che cercano di uscire dalla morsa della precarietà. Cos" ha
decretato la Rai di Baldassarre. Allo stesso modo, se ci sarà una guerra,
se, sciaguratamente, il governo di Washington dovesse sfidare il resto del
mondo e avviare un nuovo capitolo dell'Enduring Freedom, a dispetto delle
perplessità di tutti e di almeno mezza America, dovremo accontentarci dei
Tg del monopolio, e di dibattiti improvvisati. Per queste ragioni non
dobbiamo allora rassegnarci. Nella vicenda di "Sciuscià" è in gioco
qualcosa di più: lo diciamo con il meno possibile di enfasi retorica, è in
gioco la sorte dell'informazione, la sua qualità, la sua credibilità. Ma
l'informazione, appunto, non è oggi una parte decisiva della qualit! à
democratica di un Paese? Negli Stati Uniti vi sono voci fortemente
contrastanti con le politiche del governo Bush, e proprio in questi giorni,
ad esempio, stanno affermando tutta l'insensatezza e l'inopportunità di una
guerra contro l'Iraq. Ma negli USA mai nessuno ha messo in discussione tale
libertà di critica, di opinione, nonostante questo paese stia attraversando
una delle crisi più gravi della sua storia. E in Italia? La libertà di
opinione e di cronaca non piace a questo governo e trasmissioni come
"Sciuscià" o "Il fatto" sono state semplicemente oscurate. La battaglia di
"Sciuscià", nei suoi diversi aspetti giuridici, politici, culturali, è
dunque anche nostra. Si sta facendo avanti anche l'idea di ricorrere alle
Corti internazionali di giustizia. E, intanto, i giornalisti del gruppo di
Santoro, ricominciano il loro lavoro di informazione da dove si trovano
attualmente: dalla strada. L'undi! ci settembre a Roma, alla festa
nazionale di Liberazione, Santoro ha condotto una puntata virtuale, in
piazza, per discutere di guerra e di politica, e per la manifestazione del
14 settembre è stata organizzata l'operazione Voltaire. La redazione del
programma appena eliminato dai palinsesti RAI, ha infatti realizzato
durante la manifestazione in Piazza San Giovanni un reportage chiamato
"Operazione Voltaire". Con la collaborazione di operatori, montatori e
tecnici attualmente senza contratto, i giornalisti di Sciuscià erano in
piazza con cinque telecamere per documentare la giornata. Per ora il
reportage è stato trasmesso da 15 emittenti televisive private locali, ma
sabato 28 settembre la videocassetta del reportage sarà distribuita assieme
al quotidiano L'Unità. Per maggiori informazioni: Sandro Ruotolo (redazione
Sciuscià) e-mail: <mailto:s.ruotolo@rai.it>s.ruotolo@rai.it
Prove tecniche d'impunità: l'appello a Ciampi
Al termine di un convegno dell'Associazione Nazionale Magistrati sale in
cattedra l'attore Marco Paolini e mette in scena il processo penale secondo
il ddl Cirami: continue remissioni alla Corte di Cassazione, sospensioni
dei termini di custodia cautelare e interminabili sfilze di testimoni da
riascoltare. "E' un processo che si riferisce a un futuro prossimo. Quanto
prossimo...". Ha esordito cos", accompagnandosi con un gesto eloquente,
l'attore Marco Paolini - già interprete di successo dei monologhi "Il
racconto del Vajont" e "Canto per Ustica" - che ha poi scherzato sulla
possibilità che un giorno o l'altro una legge introduca spot pubblicitari
nelle udienze, uno spazio rimasto ancora "incredibilmente" immune dalle
logiche del marketing. Paolini immagina l'introduzione di "pubblicità
infratestimoniale" nelle udienze: "Sarebbe un modo per mettere a profitto
l'enorme quantità di tempo destina! ta al processo penale (con le nuove
norme)". Gli spot possibili? Per esempio "MacTrial Simulator, fatti il
processo in casa come vuoi tu, scopri in anticipo le mosse del pm. Non solo
un gioco ma anche uno strumento per la tua azienda", e la sala affollata
ride per il sottinteso. E' l'Associazione Nazionale Magistrati che ha
chiesto a Paolini di interpretare una simulazione processuale preparata da
Guglielmo Leo, magistrato di Cassazione, e Giuliano Turone, procuratore
aggiunto di Milano, che hanno immaginato un'aula di tribunale chiamata a
fare i conti con la Cirami ormai approvata. "Ma in questo modo, quando
facevo il pubblico ministero a Palermo, in ogni processo per mafia avrei
dovuto dimostrare da capo l'esistenza di Cosa Nostra...", è il
significativo commento messo in bocca al PM immaginario alla richiesta
avanzata dal difensore di riascoltare oltre cento testimoni già sentiti in
un altro processo terminato con una sentenza passata in giudicato. Messo in
! luce dalla simulazione, oltre alla formazione della prova, anche il
dispendio di tempo che favorirebbe la scadenza dei termini di custodia
cautelare e quindi la scarcerazione dell'imputato. Se da una parte,
infatti, la custodia cautelare verrebbe sospesa a ogni richiesta di
rimessione in Cassazione, dall'altra fra la decisione della Suprema Corte e
la ripresa del processo passerebbe tempo prezioso durante il quale,
intanto, riprenderebbe la decorrenza dei termini. Qualora il ddl Cirami
dovesse superare l'esame parlamentare, non potremo far altro che confidare
in un atto responsabile e coscienzioso del nostro Presidente della
Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, affinché non firmi la legge. Quanti di noi
credono che la giustizia debba essere uguale per tutti, sono invitati a
comunicarlo al Presidente Ciampi, semplicemente cliccando qui o visitando
il seguente url: http://www.cunegonda.info/appello cirami.htm. Grazie a
tutti.
Homo Videns. Come la Tv ci cambia
Siamo in piena mutazione genetica. Video-viviamo. Concepiamo ed alleviamo
video-bambini. Sembra l'incipit di una sceneggiatura per un film di
fantascienza ma non siamo molto lontani dalla è realtà. E' la realtà
tratteggiata da Giovanni Sartori, uno dei protagonisti del dibattito
culturale italiano. Il professore toscano, che ha insegnato all'Università
di Firenze ed alla Columbia University di New York, analizza in Homo
videns, con una certa preoccupazione, la trasformazione dell'Homo sapiens,
nato con la diffusione della stampa, in Homo videns. Nella nostra società
si va affermando il primato dell'immagine: il visibile prevale
sull'intelligibile; la capacità di astrarre, di capire e dunque di
distinguere tra vero e falso è oramai atrofizzata. Una mutazione nei nostri
pattern cognitivi che si traduce in una antropogenesi potenziale e che
radica la sua realizzazione nel televed! ere, e nel suo strumento
d'elezione: la televisione. E' lei che distrugge più sapere di quanto ne
produca. E' lei che annienta la capacità simbolica dell'uomo - quel
processo, in altre parole, grazie al quale l'essere umano comunica
articolando suoni e segni "significanti"- e lo riavvicina ad una condizione
subumana. La nascita della televisione è stata acclamata come una nuova
grande scoperta, ma questo per Sartori non è il progresso, semplicemente è
il suo contrario. "Sapere per immagini" - ci dice - non è democratico, come
tanti sostengono: "sapere per immagini" non diffonde cultura, ne erode
piuttosto le premesse. La televisione omogeneizza gli usi e le mode, ma
allo stesso tempo, ci rinchiude in piccoli villaggi in conflitto tra loro.
La quantità schiaccia sempre più la qualità. E se per un attimo ci
illudiamo di essere liberi cittadini che vivono in un libero mercato, è
solo perché ci dimentic! hiamo che i clienti della TV non siamo noi, ma le
aziende che comprano gli spazi pubblicitari. Che la televisione informi,
non vi sono dubbi. Ma informazione non è conoscenza. La TV, più
precisamente, è pseudo-informazione perché riduce tutto alla sintesi più
estrema, e disinforma, perché provoca la distorsione dell'informazione.
Eppure la prima scuola dei nostri figli, è proprio lei: eccoci allora di
fronte a video-bambini che non leggono, che si esprimono con un "linguaggio
brodaglia", che vivono in una "melassa mentale" e saranno per sempre
predisposti al gioco. La prospettiva per il futuro è ancora peggiore: il
bambino multimedializzato di domani avrà un io disintegrato, disfatto in
personalità multiple e quindi nevrotico. I genitori dovrebbero correre ai
ripari ma, purtroppo, non costituiscono più una struttura di autorità: sono
anch'essi ex video-bambini. Continuiamo a parlare di! televisione, ma la
televisione è già obsoleta. Il new media per eccellenza è oramai Internet.
Fonte inesauribile di conoscenza che non sostituirà mai, comunque, il
libro. I veri studiosi - ci suggerisce Giovanni Sartori - accederanno alla
rete solamente per avere alcune integrazioni ai loro studi; i giovani,
invece, se ne serviranno solo per giocare: non avendo la capacità astraente
che è stata tolta loro dalla televisione, non ne sapranno fare uso diverso.
Che futuro ci riserverà, allora, questa tecnologia che ha sottomesso il suo
inventore? Vivremo in una solitudine elettronica, in una tecnopoli digitale
gestita da tecno-cervelli superdotati che daranno vita ad una tecnocrazia
totalitaria. L'unica salvezza dal post-pensiero è la difesa delle letture e
di tutta la cultura scritta. Questo potrebbe essere proprio il uno dei
tanti motivi per leggere il saggio di Sartori. Giovanni Sartori, Homo
videns, Bari,! Laterza, 2000.
Un Portofranco per le idee
Quando ci si occupa del monopolio dell'informazione non si può fare a meno
di pensare al panorama dell'editoria italiana, dominato da potenti case
editrici che dettano i temi culturali del momento, sanciscono la loro idea
di letterarietà, portano alla ribalta del mercato nuovi autori e di altri
ne adombrano la memoria. Inutile ricordare che la proprietà di molte di
queste case editrici è in mano all'attuale presidente del Consiglio. Nasce
pertanto la necessità, prima di tutto culturale, di costruire,
ri-costruire, luoghi del libro e del pensiero che siano alieni a un sistema
editoriale (e quando si parla di sistema editoriale si pensi anche ai
canali e alle logiche della distribuzione) che appare sempre più spesso,
salvo rare eccezioni, asfittico, ripetitivo, preoccupato di rincorrere i
ritmi e i profitti promessi dal marketing mediatico. Per dirla alla
Sartori, noi video-leggiamo: molti dei best-! seller delle ultime stagioni
sono testi che derivano o hanno ricevuto una proiezione e un'amplificazione
mediatiche attraverso il mezzo televisivo (si pensi ai libri di Vespa, a
Montalbano, ai libri sull'undici settembre). La casa editrice Portofranco
si sta affermando in questi ultimi anni come un luogo "altro" rispetto al
panorama appena descritto. Il marchio forte (un arcipelago sormontato da
una palma) vuole suggerire proprio questa idea, ma senza l'ingenuità del
Paradiso Terrestre, uguale a se stesso ma capace di mutare ad ogni nuova
copertina. E "altra" si può definire anche la modalità che Portofranco ha
scelto per presentare le sue novità e i suoi autori. Fin dall'uscita dei
primi titoli, la casa editrice ha stabilito un rapporto immediato ed
estroverso col suo pubblico. Le presentazioni delle novità, infatti, sono
costruite come dei piccoli spettacoli nei quali alcuni attori di ottimo
livello, coordinati da Albe! rto Gozzi, danno vita a velocissimi collage
verbali che coinvolgono gli spettatori (e potenziali lettori) in un
rapporto diretto e giocoso con la letteratura. Fino ad ora gli autori sono
stati contenti di questa rielaborazione delle loro opere. Anche il pubblico
ha mostrato di gradire questi spettacoli fatti di niente, che sostituiscono
l'ormai improponibile presentazione con critico, autore e domande al
pubblico. Quindi: la scrittura e le tematiche al centro di un'idea di libro
inteso come oggetto plasmabile, "sceneggiabile", vivo. Tra gli autori
pubblicati, dove troviamo scrittori esordienti ed affermati, desideriamo
segnalare Muin Madih Masri (Pronto ci sei ancora? Quello che i giornali e
le tv non vi possono raccontare da Nablus). Un interessante esperimento
narrativo che tratteggia la drammatica realtà dei territori autonomi
palestinesi alternando le precarie conversazioni telefoniche, a volte
drammatiche, a volte laconicamente serene, che l'auto! re intrattiene con
sua madre che vive a Nablus, a brevi affreschi narrativi, lampi di storia
quotidiana di una tragedia che sembra senza fine. Oggi, quando il sistema
mediatico sembra istericamente concentrato sulla prossima guerra americana,
ecco una voce che ci restituisce, da una prospettiva quasi naturalistica,
uno sguardo alternativo a quello che ci viene proposto, imposto,
dall'informazione televisiva. Per maggiori informazioni:
www.portofrancoeditori.it
Ponte? Quale ponte, scusi?
Il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, in data 10 ottobre 1997, ha
dato parere favorevole alla costruzione del Ponte sullo Stretto di Messina.
Da quel momento l'argomento è sparito dai telegiornali, dai quotidiani, i
movimenti e le associazioni spontanee di cittadini che si sono costituiti
per opporsi al progetto sono cadute nel cono d'ombra dell'indifferenza dei
media, ancora di più oggi in pieno monopolio televisivo. Sembra quasi che
al ponte si voglia lavorare "in immersione", arrivando silenziosamente ad
un punto di non ritorno. A parte rare eccezioni, come una recente puntata
di Report (una delle poche voci fuori dal coro) andata in onda il 24
settembre 2002, il ponte sullo Stretto non attrae l'interesse degli organi
di informazione. Eppure i motivi per noi cittadini di essere informati ci
sarebbero tutti: è stata richiesta la procedura di urgenza per la sua
costruzione, è uno dei pon! ti più colossali finora progettati, è un'opera
che richiederà (e ha già richiesto per gli studi di fattibilità) un'immane
quantità di denaro che saremo noi cittadini a sborsare con le tasse e con i
pedaggi che non si annunciano popolari, è un'opera che per le sue
dimensioni e la sua localizzazione non può non avere un forte impatto
sull'ambiente marino dello Stretto. Ma gli italiani e gli europei, che sono
in definitiva i veri destinatari del progetto, sono tenuti all'oscuro di
tutto. Il fatto è che se oscure e inquietantemente taciute sono le
motivazioni per cui il ponte dovrebbe essere costruito, al contrario sono
chiare e argomentate, spesso supportate da dati scientifici, molte delle
ragioni per cui il ponte non dovrebbe essere realizzato.
Dal punto di vista economico-finanziario il costo totale dell'opera supera
5 miliardi di Euro (10.000 miliardi di lire) a cui vanno a sommarsi i 200
miliardi già spesi per gli studi di progettazione e di fattibilità Nella
previsione di una partecipazione pubblico-privata all'impresa, il recupero
di tali costi avverrebbe attraverso il pedaggio di attraversamento.
Nell'ipotesi più ottimistica e fissando prezzi di poco inferiori a quelli
del traghettamento, si rientrerebbe in oltre 100 anni soltanto del 50%. Il
restante 50% (2,5 miliardi di Euro) graverebbe interamente sul bilancio
dello Stato, impedendo di fatto la possibilità di investire in altre
infrastrutture e servizi destinati allo sviluppo reale della Sicilia (e del
Sud in generale). Le regioni coinvolte dal progetto necessitano invece già
oggi di interventi infrastrutturali di fondamentale importanza che
dovrebbero interessare la rete idrica, quella ferroviaria e quella stradal!
e. Come se non bastasse, la cifra finora spesa per il progetto continua a
salire visto che dall'11 giugno del 1981 è stata costituita la Stretto di
Messina S.p.A. (definita "concessionaria di Stato") con un capitale sociale
ripartito tra IRI, ANAS, Ferrovie dello Stato e Regioni Sicilia e Calabria;
tutti enti pubblici e società già di proprietà dello Stato ora in via di
contestata e parziale privatizzazione. Chi paga per l'ordinaria
amministrazione di questa società che esiste da vent'anni anche se il ponte
non si dovesse mai fare? Direttamente o indirettamente paga sempre lo Stato
italiano, cioè noi.
Le caratteristiche geomorfologiche del territorio dello Stretto (zona
sismica, forti venti, faglie aperte) pongono seri dubbi sulla sicurezza
dell'opera (i forti venti sullo Stretto rischiano di limitare l'agibilità
del ponte ad un terzo dei giorni dell'anno). Ma è il rischio sismico a
preoccupare di più gli esperti, come confermato in una recente intervista
da Antonio Moretti, docente di Geologia Regionale all'Università della
Calabria: "E' come scoprire l'acqua calda, dopo il terribile terremoto che
nel 1908 distrusse Messina. Ma l'area è anche soggetta ad un movimento
lento relativo tra le due rive di qualche metro ogni secolo, cui si deve
eventualmente sommare uno scorrimento improvviso in caso di terremoto. E'
probabile, viste le infinite risorse degli ingegneri che queste difficoltà
siano tecnicamente superabili, ma non so se lo sarebbero altrettanto dal
punto di vista psicologico per gli utenti".
Tale opera è in piena contraddizione con il concetto di mobilità e
trasporto sostenibile soprattutto in realtà (Sicilia e Calabria)
caratterizzate dalla mancanza di reti viarie, ferroviarie e marittime che
si possano considerare adeguate alle esigenze del territorio (la Sicilia,
in particolare, è l'unica regione a non avere un Piano regionale dei
trasporti e, pur essendo un'isola, non ha un Piano dei porti). Nessun
aeroporto dell'isola è attrezzato per l'atterraggio di voli internazionali.
Inoltre, gli sforzi attualmente prodigati per razionalizzare il sistema del
trasporto merci in Sicilia, sarebbero vanificati e contraddetti dalla
costruzione del ponte. Cosa succederebbe al porto di Messina e al collegato
porto di Milazzo che paradossalmente sono in espansione? A Messina il
traffico maggiore è di traghetti: Un milione di autotreni trasportati ogni
anno, due milioni e mezzo di auto, 13 milioni di turisti e 200.000 turisti
per! le isole Eolie. Il porto di Milazzo è collegato da 25 chilometri di
autostrada al porto di Messina e le Ferrovie stanno realizzando un
collegamento che ridurrà il tempo a dodici minuti di percorrenza. Una
sinergia tra i due porti consentirà di realizzare un sistema portuale sulle
due sponde della Sicilia, in modo da attrarre traffico dal Tirreno e
dall'Adriatico. Con il ponte, Reggio Calabria e Messina scomparirebbero
trasformandosi in luoghi di transito ancor più di quanto non lo siano già
oggi.
Il costo totale dell'opera lieviterebbe a 40/50 miliardi di euro (100.000
miliardi delle vecchie lire) a causa delle infrastrutture di contorno,
essenziali e indispensabili. Forse i raccordi per le auto saranno più
facili, ma per portare la ferrovia ai cento metri di altitudine del ponte
(visto che i treni non possono superare certe pendenze), dalla parte
calabrese bisognerebbe allargare i lavori a 40 chilometri prima dell'inizio
del Ponte. Con i costi conseguenti. Non dimentichiamoci, infine, che interi
paesi verrebbero spazzati via dal previsto sistema di tangenziali e
circonvallazioni.
Dal punto di vista della fattibilità, sembrerebbe anche che i soldi spesi
finora siano stati letteralmente buttati al vento. Molti degli ingegneri
coinvolti nel progetto sembrerebbero confermare che il ponte non si farà
mai. Perché? Semplicemente perché non si può fare: Nel mondo non esistono
ponti sospesi di lunghezza superiore ai due chilometri, figuriamoci lunghi
3,2. Una ragione tecnica è che i cavi in acciaio più resistenti, oggi usati
anche per i ponti autostradali, hanno un limite di rottura di 500 kg per
mmq: questo non basta per il Ponte di Messina. Non solo, ma con il Ponte
dovrebbero rimanere in servizio a tempo pieno anche gli attuali traghetti,
per l'emergenza di una struttura estremamente vulnerabile (vento,
attentati, terremoti, manifestazioni di protesta che lo bloccherebbero
facilmente).
Per non fare la figura dei soliti idealisti, trattiamo il punto di vista
ambientale come ultimo. Non è stato adeguatamente considerato il grave
impatto dell'opera sull'ambiente marino dello Stretto, le cui peculiarità
uniche rendono imprescindibile la salvaguardia di molte specie animali -
alcune anche a rischio d'estinzione e particolarmente protette da direttive
comunitarie e da convenzioni internazionali - e vegetali che qui hanno
creato una vera oasi nel Mediterraneo, particolarissima e unica nel suo
genere. Lo Stretto è una delle aree "chiave" in Europa, assieme al Bosforo
e allo Stretto di Gibilterra, per la migrazione di uccelli in primavera.
Mentre negli altri due stretti i volatili sono protetti da oltre venti
anni, dicono al WWF, e raccolgono un turismo verde fatto di centinaia di
appassionati e ornitologi che arrivano da tutto il mondo, quello di Messina
è patria del bracconaggio contro il quale inutilmente si combatte! . Oggi
il bracconaggio; domani, con il Ponte? Sarebbe un'opera di regime, afferma
Fulco Pratesi, Presidente del WWF Italia: "La rete generale dei trasporti
nel meridione è un deserto assoluto. Il Ponte mi darebbe l'impressione di
uno quei negozi con splendide vetrine che nascondono all'interno poco più
che uno sgabuzzino. Poi l'offesa al paesaggio sarebbe enorme, a causa in
primo luogo delle devastanti "opere di appoggio", specie quelle
ferroviarie".
In definitiva, dietro all'attrattiva della "grande opera", dietro al
fascino seducente di quello che potrebbe essere il ponte sospeso più lungo
del mondo, oltre al desiderio di lasciare un segno nella storia da parte di
alcuni uomini pubblici, si celano ragioni che sarebbero sufficienti fin da
ora ad abbandonare l'idea di un ponte e a ricercare soluzioni alternative
realizzabili e molto più economiche (come ad esempio l'ammodernamento delle
navi traghetto oramai vecchie dai 16 ai 32 anni). Ma ciò non avverrà.
Prepariamoci allora ad un'altra battaglia contro il consumo, di risorse, di
ambiente, di territorio, battaglia alla quale tutti gli italiani e gli
europei che amano il Bel Paese saranno chiamati a contribuire.
No logo sulla lettura. L'iniziativa LiberGNU
E' da anni che lo va ripetendo: il software non deve essere soggetto a
monopoli e deve essere libero. Richard Stallman è a capo del progetto GNU
(Gnu's not Unix), il cui proposito è proprio quello di trovare una
piattaforma comune e aperta a tutti sulla quale costruire i software del
futuro (il progetto è noto come Linux, o più precisamente come GNU/Linux).
Il problema del monopolio dei software non riguarda esclusivamente l'ambito
delle tecnologie, ma con il passare degli anni e con l'affermazione del
personal computer come strumento d'uso quotidiano, andrà ad intaccare molte
delle attuali sfere di libertà dell'agire umano. Un esempio può essere
quello della lettura dei libri. Il libro elettronico, l'e-Book, sta per
affermarsi in un prossimo futuro come una delle più grandi rivoluzioni nel
mondo dell'editoria: il libro si potrà scaricare dalla rete per poi essere
letto, una v! olta elaborato da un software di visualizzazione. E' dunque
pensabile che l'accesso ai libri e ad un'attività prettamente umana come la
lettura possano essere regolati da chi detiene il monopolio degli editor e
browser per la visualizzazione dei testi in formato e-Book? Un'eventualità
di questo genere prospetterebbe una società nella quale la libertà di
lettura sarebbe irrimediabilmente minata alla base, realtà simile a quella
descritta dal romanzo Fahrenheit 451 di Ray Bradbury. All'interno della
comunità Internet si è discusso molto a proposito del formato e-Book e di
come, assieme ad esso, non si sia ancora fatto strada alcun tipo di
software libero, dove per libero va inteso un software che, secondo la
definizione dello stesso Stallman, lasci all'utente la libertà di
utilizzarlo per qualunque scopo, di studiarne il funzionamento, di
redistribuirne copie e di migliorarlo distribuendone i miglioramenti. L!
'iniziativa LiberGNU nasce da queste premesse e si pone come obiettivi
principali: 1) aiutare i progettisti software che aderiscono al manifesto
GNU a realizzare, nell'interesse di tutta la società, un software che crei,
visualizzi e permetta di manipolare eBook; 2) Coordinare, favorire e
pubblicizzare la realizzazione di tale software, compreso il successivo; 3)
Coordinare, favorire la creazione di una biblioteca enciclopedica a
carattere universale, sempre e comunque nel rispetto delle leggi
internazionali sul diritto d'autore, affinché il software realizzato possa
dimostrarsi massimamente utile e disporre di un patrimonio culturale
eclettico a cui tutti possano liberamente attingere e/o contribuire (per
maggiori informazioni è possibile leggere il manifesto dell'Enciclopedia
Universale Libera di Richard Stallman, o consultare il sito
http://www.liberliber.it/progetti/index.htm).
Par condicio
Caro Daniele, come ti sembra questo governo Berlusconi? E' un governo
fascista del cazzo, per dirla con le parole di Violante. Che ministri!
Tutti mediocri, ma la loro mediocrità è compensata dalla loro presunzione.
Tremonti, con quella faccina da primo della classe che non ti passa il
compito. "S", la so la soluzione, ma col cazzo che te la passo. E il mio
papà ha più soldi del tuo!". Appena eletto ministro, va in tv ad annunciare
un buco di 60.000 miliardi. Panico nelle borse. Il Fmi indaga: il buco non
c'è. Ciampi allora convoca Tremonti al Quirinale per chiedergli
spiegazioni. Gli ha chiesto: "Sette per otto?". Perché ti vengono dei dubbi.
La Moratti, ministro dell'Istruzione: con San Patrignano dice di combattere
la droga e poi fa una riforma scolastica che puoi sopportare solo con
l'ecstasy. La Moratti vuole trasformare la scuola in azienda. Un liceale ha
detto in tv: "Be', se questo significa che mi pagano per studiare greco,
benissimo".
Castelli, il ministro della Giustizia con la faccia di un tassista abusivo.
Ma senza averne l'integrità morale. Un padano puro, il suo albero
genealogico non si biforca.
Caro Daniele, cosa sta succedendo ai Ds? Gli manca un progetto carismatico.
Prendi John Kennedy. Era un figlio di buona donna, ma si inventò la Nuova
Frontiera. "Venite, vi porto verso la Nuova Frontiera". Esisteva una Nuova
Frontiera? No, ma l'idea era entusiasmante e il popolo americano lo segu".
Martin Luther King: "Ho un sogno". Che Guevara: "El pueblo unido jamas serà
vencido". Massimo D'Alema: "E' pronta la mia barca?".
[Tratto da Daniele Luttazzi, Benvenuti in Italia, Milano, Feltrinelli, 2002]
La nuova lista valida fino al 31 dicembre 2002
Reparto acque
Uliveto
Rocchetta
San Pellegrino
Vera
Ferrarelle
Levissima
Panna
Acqua Parmalat
Reparto formaggi
Vitasnella
Yogurt Joy Parmalat
Reparto sottozero
Gelati Motta
Gelati Algida
Reparto dolciumi
Besquik
Nestea
Mulino Bianco
Oro Saiwa
Succhi Santal
Succhi "I Briosi"
Reparto Paste
Pasta Barilla
Sughi Barilla
Sughi Star
Reparto oli - alimentari
Tonno e patè Riomare
Maionese Calvè
Latte FrescoBlu
Altro
Sgrassatore Smac
Omino Bianco
Depilatori Veet
Detersivi Sole/Ava Mondadori
Napisan
Borotalco Roberts
Fiat
Prodotti L'Oreal
Sulla base del monitoraggio volontario Core
Ringraziamo Umberto Eco, tutti coloro che ci sostengono e incoraggiano, e
tutti quelli che ci aiuteranno a rendere la nostra cara Italia un po' più
democratica e libera.
Un saluto cordiale
Movimento di Cunegonda
Critica del consumo per la democrazia
Missione attuale: la fine del monopolio dell'informazione televisiva
http://www.cunegonda.info