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La nonviolenza e' in cammino. 364
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO<?xml:namespace prefix = o ns =
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Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it
Numero 364 del 24 settembre 2002
Sommario di questo numero:
1. Giobbe Santabarbara: scafisti, ministri
2. Il 30 settembre per Mordechai Vanunu
3. Giancarlo Zizola, crocifissi pubblici?
4. Marinella Correggia: Amma e Appa, i doni della terra
5. Amelia Alberti, oil (petrolio)
6. Severino Vardacampi: impegno per la pace, scelta nonviolenta
7. Charles C. Walker, manuale per l'azione diretta nonviolenta (parte terza)
8. L'incontro del coordinamento del Movimento Nonviolento del 30 giugno a
Verona
9. La "Carta" del Movimento Nonviolento
10. Per saperne di piu'
1. EDITORIALE. GIOBBE SANTABARBARA: SCAFISTI, MINISTRI
Affinche' i mercanti di schiavi possano esercitare la loro nobile arte e
benefica, occorre una legge che li aiuti:
- si impedisca a chi fugge da fame e da guerre di accedere a terre piu'
miti a chi vi risiede; si cancelli il diritto d'asilo.
Ed occorre benevolente un regime che promuova i traffici e le arti:
- che perseveri nel modello di sviluppo della rapina e dello spreco che
deruba e condanna alla fame e alle dittature continenti interi;
- che neghi agli esseri umani il diritto di muoversi sull'unica terra che
abbiamo per casa comune;
- che rimetta in auge larghi tratti delle leggi del '38;
- che ammicchi che con i poteri criminali nostrani convivere si deve, e
quanto alle vittime peggio per loro.
Ed occorre infine che innocenti poveri (innocenti, ma poveri: che e' peggio
che esser colpevoli) vengano chiusi nei campi di concentramento; che chi
sfuggi' ai torturatori ai torturatori venga riconsegnato.
Fiorente civilta', tempi felici.
Si ripescano salme dal mare.
Si dividono spoglie e profitti.
2. INIZIATIVE. IL 30 SETTEMBRE PER MORDECHAI VANUNU
[Attraverso l'infaticabile Daniele Barbieri (per contatti:
pkdick@fastmail.it) riceviamo e diffondiamo]
Cari amici,
ci saranno veglie in tutto il mondo lunedi' 30 settembre per chiedere il
rilascio immediato del ricercatore nucleare israeliano Mordechai Vanunu,
ancora in prigione. Il 30 settembre e' il sedicesimo anniversario del suo
sequestro e imprigionamento. Vanunu, che lavorava al Dimona, impianto
nucleare nel deserto di Negev, fece delle rivelazioni al "London Sunday
Times" nel 1986, come atto di coscienza, circa l'arsenale nucleare segreto
d'Israele.
I promotori delle campagne internazionali per liberare Vanunu chiedono a
tutti di manifestare con striscioni e cartelli davanti alle ambasciate
israeliane, i consolati e altri luoghi in tutti i paesi del mondo,
chiedendo l'abolizione del nucleare e il rilascio di Mordechai.
Potete unirvi a noi? Siete interessati nell'organizzazione della veglia
nella vostra citta'? Speriamo nella partecipazione in molti paesi, in modo
che per l'intera giornata ci sia una veglia per Vanunu in qualche luogo nel
mondo.
Nel settembre scorso, veglie per liberare Vanunu si sono tenute a
Wellington, Sydney, Gerusalemme, Nuova Delhi, Chennai, Hiroshima,
Washington, San Francisco, Boston, Toronto, Londra, Lisbona, Stoccolma ed
Oslo.
Se siete interessati a fare parte di questo vigil day-long in tutto il
mondo per Mordechai, preghiamo di mettervi in contatto al piu' presto con
campaign@vanunu.freeserve.co.uk o con freevanunu@mindspring.com
Ciascuno si ritenga libero di inoltrare questo messaggio ai gruppi
antinucleari antinucleari e per i diritti umani , alle sezioni di Amnesty
International, etc.
Per maggiori informazioni su Vanunu e per vedere le foto di Dimona nel
1985, andare a: www/nonviolence.org/vanunu
3. RIFLESSIONE. GIANCARLO ZIZOLA: CROCIFISSI PUBBLICI?
[Ringraziamo Giancarlo Zizola (per contatti: giancarlozizola@libero.it) per
averci inviato questo articolo. Giancarlo Zizola e' giornalista e saggista,
acuto osservatore delle vicende religiose del nostro paese]
Tornano in circolazione per decreto ministeriale i crocifissi di Stato, di
nuovo il simbolo della Nonviolenza e' impugnato come corpo contundente per
affermare un diritto politico di Dio, o rilanciare una religione
dell'utile, all'insegna del vecchio motto della borghesia volterriana:
"Ciascuno per se' e Dio per tutti".
Era spaventosa l'immagine del Crocifisso brandito sui carri della morte dei
Franchisti durante la guerra civile spagnola. E' ripugnante l'uso politico
del Crocifisso per verniciare di una ipocrita patina di cristianesimo
culturale l'ateismo pratico di una politica basata sul culto dell'Oro,
sull'individualismo esasperato, sulla caccia feroce agli immigrati in cerca
di pane alle mense dei nostri Epuloni. Il crocifisso viene di nuovo
crocifisso da quegli stessi che lo vogliono appeso sui muri pubblici: una
mistificazione. Ci sono stati vari progetti nella storia di abrogazione del
cristianesimo. Oggi il progetto diventa piu' che mai astuto: si tenta di
abrogare il cristianesimo usando il Crocifisso di Stato. Faust e' passato
un'altra volta a Villa Casati ad Arcore. Ed ha imparato qualcosa.
In questa discussione, si e' ricordato che non serve essere
liberalcattolici, basta essere semplicemente liberali per decidere come
schierarsi nella polemica sul crocifisso nelle scuole:perche' il crocifisso
e' si' il simbolo di una fede, ma anche della civilta' giudaicocristiana
che ha improntato di se' l'Occidente. Qualche esponente del centro destra
ne ha fatto una questione di identita'.
Ormai siamo alla paranoia delle impronte: il crocifisso sarebbe l'impronta
dell'Occidente, anzi "il simbolo della nazione", come il chador -
dice Ferdinando Adornato - e' un diritto delle donne afghane. Non si
scopre ora l'ignoranza in cultura religiosa di certa "intellighentzia"
laica: trascura che il crocifisso e' per i cristiani l'immagine del corpo
di Dio, comprensibile solo nell'ordine della fede, non in quello
dell'abbigliamento, e neanche in quello di una cultura particolare. Ignora
che per i musulmani Dio non puo' essere rappresentato,in alcun modo. E che
anche per gli Ebrei vige l'interdetto mosaico: "Non nominare il nome di Dio
invano". I cristiani hanno sempre qualcosa da imparare dagli Altri: meglio
un crocifisso praticato che giocato ai dadi tra partiti politici e messo al
muro. La sua croce doveva essere scandalo e follia, diceva san Paolo, noi
lo abbiamo ridotto a un tranquillante "culturale" e a un portafortuna per i
calciatori che entrano in campo.Doveva essere un segno di salvezza per
tutti, ora qualcuno tenta di renderlo segno di salvezza per alcuni, e di
perdizione per gli altri.
Nasce tardi il crocifisso nell'iconografia cristiana. I primi crocifissi
sono del VI secolo. Per sei secoli le comunita' cristiane ne hanno fatto a
meno. In ogni caso, li dipingevano con gli occhi aperti, come ancora
viventi, e vicino alla tomba vuota, tanto era prevalente nella cultura il
paradigma della resurrezione. La quale non a caso e' tornata in forze ad
emergere nella riflessione teologica con la riscoperta "moderna"
dell'escatologia.
In qualunque tempo il crocifisso significa questo: la potenza divina si e'
fatta inerme, rifiuta la spada non solo per la conquista ma anche per
l'autodifesa e sceglie di morire su un patibolo infame. Un simbolo per la
nonviolenza come fonte di storia. Come dunque si puo' pretendere che sia il
simbolo dell'Occidente? Anche il nazismo ornava le sue armate messianiche
con la croce, per quanto uncinata. La Chiesa firmava concordati con Hitler,
con Mussolini e con Franco, ma la croce era al suo posto nell'immoralismo
politico delle dittature e sulle stragi del fascismo in Etiopia?
Padre Turoldo mi raccontava di quando vide un crocifisso sulla scrivania
d'un banchiere a Ginevra. Era un pezzo d'antiquariato .Si tirava l'asta
verticale e dal crocifisso si estraeva un pugnale. Era usato dai crociati
per offrirlo al bacio dei prigionieri musulmani.Se non lo baciavano
venivano infilzati. E commentava che l'offesa piu' grave che si possa fare
al Nonviolento Crocifisso e' proprio di brandirlo come un emblema di parte,
di usarlo come collante dell'etnocentrismo, di mistificarlo e bestemmiarlo
come ingrediente dello "scontro di civilta'" per giustificare la guerra.
Non sono iconoclasta ma mi oppongo a questa spericolata, simoniaca e
oltraggiosa offensiva anticristiana che usa il crocifisso per liquidare le
ultime, fragili resistenze della religione della carita' in questo paese.
Vorrei solo che il crocifisso esistesse nei cuori prima che sui muri
pubblici, nelle coscienze prima che negli apparati statali. Sono convinto
che non sono i crocifissi esibiti a fare cristiana una societa', ma i
cristiani, se sono capaci di pace e di giustizia, di adorazione e di
rivolta di fronte all'oppressione e al massacro dei piu' deboli. Di questo
anzitutto i dirigenti ecclesiastici dovrebbero preoccuparsi: di rifare i
cristiani,di rifarli dall'interno, in modo che non pieghino la loro
coscienza di fronte ai tiranni.
Confesso di non comprendere le ansie per la segnaletica esterna, se non
come sintomo della vetusta' intellettuale dei nostri integralisti
cattolici, pallida eco di Maurras, ma come lui indaffarati "a togliere dal
Vangelo il suo veleno rivoluzionario". A loro non gli par vero che il segno
della croce sia divenuto, almeno nei media, il ghiribizzo scaramantico dei
calciatori all'ingresso in campo. Un amuleto calma l'ansia. E intanto
mettono tutto l'impegno possibile nell'accelerare il processo di
secolarizzazione in chiave neoliberista, facendo strame della verita' e
della giustizia, e segando il ramo dei valori cristiani sui quali si regge
l'ordine democratico.
Chiedono ai vescovi di allargare la cruna dell'ago, ma offendono
pubblicamente quelli che non accettano di farci passare i loro cammelli da
nababbi. Pretendono il crocifisso nelle scuole, ma diseducano con mezzi
potenti e su tutte le reti le nuove generazioni. Vorrebbero una Chiesa
ridotta al foro interno e al culto, privarla della carita' e dei poveri,
cioe' dei "segni dei chiodi" per i quali puo' fluire ad essa la luce del
Cristo.
Questa vecchia Chiesa madre, grazie all'armatura che ci irrita talora e che
consideriamo vetusta, ha preservato grazie alla carita' il mistero della
vita divina. Essa ha mantenuto contro tutte le eresie, e continua a
mantenerla anche contro la gnosi anticristiana di oggi, la parola del
Cristo che ha cambiato il destino dell'umanita': "Questo e' il mio corpo,
offerto per tutti voi". E' il corpo vivente di Colui che ha dato il
proprio sangue perche' il sangue dell'uomo non sia piu' versato.
Il cristianesimo ha imparato a proprie spese cosa ha significato per 1500
anni preferire i crocifissi "di stato" a questo altro tipo di icona. La
societa' si e' fatta profana e multireligiosa, nemmeno il Cardinale
Ratzinger accetta che il cristianesimo torni ad essere una "religione della
societa'", nella quale i crocifissi siano esibiti come emblemi di una nuova
alleanza tra trono e altare, messi sui muri e abrogati dalla vita.
E' soltanto allontanandosi da quei muri pubblici e dalla loro ambiguita'
che il crocifisso potrebbe tornare ad essere significativo per mobilitare
le forze spirituali, nell'ora in cui il mondo agonizza,e ri-spiritualizzare
l'uomo. Questa rimozione puo' apparire traumatica e "laicistica",ma forse
e' necessaria per purificare il senso del Dio crocifisso dalle immagini
ereditate della religione utilitaria. Molto a ragione Jurgen Moltmann ha
affermato che "cogliere Dio nel Crocifisso abbandonato esige una
rivoluzione dell'idea di Dio". Cio' che era scandalo e follia per i
contemporanei di Paolo resta tale anche per molti nostri contemporanei. E'
difficile abituarsi a questa figura di Dio inutile e impotente. Essa non
funziona come utensile del dominio. E' questo cui richiamava François
Verillon quando avvertiva: "Noi cerchiamo Dio nella luna mentre lui sta
lavandoci i piedi".
Per quanti riconoscono nel crocifisso il Cristo di Dio e continuano a
credere in lui quella croce significa che colui che ha subito la piu'
profonda umiliazione da parte del potere politico diventa portatore della
massima dignita' e che la gloria di Dio non illumina piu' le corone dei
potenti. Come notava Hegel, se colui che e' morto impotente, esautorato e
inutile sulla croce diventa per i credenti la massima e unica fonte di
autorita', allora svanisce per essi la base religiosa del vincolo con il
potere politico, che postula in ogni caso un rapporto di scambio delle
utilita', un do ut des.
Da queste poche osservazioni diventa chiaro che una teologia politica della
croce e' qualcosa che non ha nulla da spartire con la teologia politica
delle religioni di stato. Essa si presenta anzi come l'avversaria
irriducibile delle religioni politiche, e contesta a partire da un punto
cardinale la possibile omologazione della fede cristiana a funzioni
utilitarie nell'ambito degli interessi del sistema dominante. Al contrario,
essa si traduce in una forza critica di liberazione dell'uomo dal giogo
delle religioni politiche e dell'alienazione.
Di qui il significato anti-idolatrico della teologia della Croce nel senso
in cui essa si costituisce in fattore critico delle pretese
dell'assolutismo. Non sarebbe impropria, da questo punto di vista, una
lettura teologica delle Beatitudini nelle quali il rovesciamento introdotto
dal Cristo manifesta il divino nelle figure dei poveri, dei semplici, degli
umili, dei deboli e dei sofferenti, dei pacifici e dei diseredati. Il
divino si costituisce nel mondo come scarto e non piu' nelle tradizionali
categorie della potenza trionfale. In un mondo senza compassione, la
mitezza di Gesu' di Nazareth non puo' essere presentata in modi
schiaccianti e trionfanti: Gesu' non schiaccia nessuno, anzi "e' il Dio che
si e' fatto schiacciare per l'amore verso l'uomo" ci ha insegnato il
Cardinale Carlo Maria Martini.
Il Dio crocifisso e' dunque un Dio dello scarto. Il Totalmente Altro e' per
eccellenza il Non Potente. Egli non si arruola nelle file dell'idolatria
politica e non puo' funzionare come utensile del potere, ne' ordinare a
Pietro di impugnare la spada del potere per difendere lui e una civilta',
come ancora tentano di fare i nostri mammalucchi cristiani che aspirano a
conquistare il mondo all'arma bianca. Perfino il papa polacco preferi'
consigliare le carmelitane del convento di Auschwitz a togliere la grande
croce che avevano installato nel lager e trasferirle altrove. Ed e' proprio
ripensando alla Shoah che Emmanuel Levinas ha scritto una pagina su cui
giova soffermarsi nella triste ora presente: "L'idea di una verita' che si
manifesta nell'umilta', l'idea di una verita' perseguitata, e' l'unica
modalita' possibile della trascendenza. Manifestarsi come umile, come
alleato del vinto, del povero, del perseguitato significa proprio non
rientrare nell'ordine. L'umilta' disturba totalmente. La persecuzione e
l'umiliazione a cui essa espone sono modalita' del vero".
4. TESTIMONI. MARINELLA CORREGGIA: AMMA E APPA, I DONI DELLA TERRA
[Questo articolo di Marinella Correggia e' apparso sul quotidiano "Il
manifesto" del 27 agosto 2002]
Jagannathan si sveglia all'alba indiana nella spartanissima casa comune
(ashram) dove vive. A Kuthur, costa del Tamil Nadu, India meridionale. Si
solleva dalla branda, tasta gli spazi (non ci vede bene da tanto, per
un'infezione contratta 30 anni fa in un carcere buio del Bihar) e apre il
suo portatile. E' un arcolaio! Lo porta ovunque in una ventiquattrore di
legno, per il quotidiano e gandhiano lavoro manuale di filatura. Fila
meditando, medita filando per un'ora almeno, finche' sotto le sue mani il
fuso non ha raccolto una massa color avorio, il filo khadi; un telaio
manuale, poi, ne ricavera' la pezza di tessuto sottile, da sempre l'abito
di quest'uomo. Krishnammal si sveglia prima dell'alba. Nel buio che si
schiarisce medita davanti a una lampada. Riappare accoccolata in cucina a
preparare la colazione vegetariana: dischi di farina di riso, verdure
cotte, the di erbe e zenzero. Intanto il nipote di nome Gandhi legge i
giornali a Jagannathan, che li commenta in tamil, spesso amareggiato, ma
talvolta con una risata larga da ragazzo. Ed eccoli pronti, lui e lei, al
lavoro quotidiano.
Sono social workers: lavoratori sociali, volontari sul serio perche' da
nessuno pagati; ma trovano sempre un aiuto per il cibo e le spese, e anche
per i progetti sociali. Vivono cosi' dai tempi del mahatma Gandhi. Da
allora, dal '40? Si': Jagannathnan ha 88 anni, Krishnammal 75.
La loro giornata, oggi. Forse lui andra' a digiunare davanti al "prefetto"
che non fa chiudere come dovrebbe gli allevamenti industriali di
gamberetti. Oppure chiamera' la gente dei villaggi per un'ennesima marcia
di protesta nell'afa soleggiata di quest'area costiera. O magari dettera'
un pamphlet sull'organizzazione del gram swaraj o autonomia di villaggio,
con un'economia swadeshi (autonoma) semplice ed egualitaria; in piu',
scrivera' una lettera alle autorita' indiane e agli amici all'estero
sull'assurdita' criminale della guerra "al terrorismo". O infine salira' su
diversi treni, le cuccette di seconda che per lui sono gratis - unico
privilegio dei freedom fighters (i partigiani dell'indipendenza indiana) -
e in due giorni arrivera' lassu', nella burocratica New Delhi, a insistere
con i giudici della Corte Suprema o con qualche parlamentare.
E Krishnammal, forse oggi trattera' con un proprietario terriero il prezzo
di alcuni acri da assegnare a braccianti; nel tempo, l'organizzazione che
ha fondato con Jagannathan, il Lafti (Land for Tillers Freedom: terra per
la liberazione dei braccianti) e' riuscita ad assegnare quasi 5.000 ettari
a diecimila famiglie senzaterra del Tamil Nadu. Oppure andra' a verificare
se le donne hanno migliorato il metodo di compostaggio degli scarti
vegetali. O magari passera' la mattinata nel collegio delle bambine orfane,
ritrovando il piacere di insegnare. O ancora, dovra' dare un'occhiata
all'autocostruzione - da parte dei contadini della zona, improvvisati
muratori - di case pakka in materiali durevoli e locali, per sostituire
paglie e frasche ogni anno atterrate dal monsone. O dovra' aiutare una
donna malmenata dal marito alcolizzato - l'alcol fermentato dal riso e' una
piaga sociale dei villaggi. O infine, accucciata a mattarellare il pane
chapati, raccontera' del Bihar, di quando - fra il 1973 e il 1975 -
andarono a strappare 30.000 acri di terra detenuti da un medioevale
monastero indu' i cui monaci tiranni sfruttavano 60 villaggi di
intoccabili: "Per un anno e mezzo dormii con loro, fra le pulci. Bisognava
dar fiducia alla gente, terrorizzata e denutrita. Partimmo dalle donne, con
proteste pacifiche di massa, e un certo numero di acri furono assegnati".
Intanto Jagannathan organizzava il janata sarka, il governo del popolo in
300 villaggi, contro l'Emergenza (una semi-dittatura) dichiarata da Indira
Gandhi; e per questo fini' in carcere. Krishnammal sa che il Bihar e'
ancora lo stato piu' violento e discriminatorio dell'India, e ogni tanto
dice sognante: "Vorrei tornarci, c'e' tanto da fare la'...".
Ecco, nella descrizione di qualche ora, la quotidianita' di un'epopea molto
spirituale e molto pratica che ha visto questi coniugi partecipare a quasi
70 anni di storia indiana. Due in uno, uno in due. Senza proprieta' alcuna
(eppure chi, conoscendoli, non vorrebbe aver vissuto come loro?). "Gli
ultimi dei gandhiani", titola un giornale di la'. Jagannathan e Krishnammal
- che li' tutti chiamano appa e amma : papa' e mamma - continuano a volere
un'India "dal grande pensiero e dalla semplice vita". Coerenti nel
pensiero, nell'azione e negli stili di vita.
Laura Coppo, italiana, ha registrato i loro racconti e li ha tradotti in un
libro (Terra gamberi contadini ed eroi, Emi 2002, pp. 222, 10 euro; con la
collaborazione di Overseas e Centro Regis). Meno male, perche' loro due,
definiti dal figlio doers (gente che agisce), hanno tempo solo di scrivere
articoli di denuncia, lettere di protesta, petizioni. In un'India fondata
sulle caste e sui matrimoni combinati dalle famiglie, quei due erano nati
per non toccarsi nemmeno. Lei, intoccabile per l'appunto, fu la prima
ragazza della sua comunita' a studiare, "adottata" da una dottoressa
nazionalista. Lui, rampollo di casta alta, lascio' il college per la lotta
indipendendista bruciando la sua elegante camicia inglese. Sulla via di
Gandhi si incontrarono. Lui la volle come compagna perche' "era buona e
generosa, si batteva per le donne povere" e "non portava nemmeno un
gioiello". Lei lo accetto' perche' "condividevamo gli stessi obiettivi
nella vita" (nonviolenza, giustizia sociale, terra a chi la lavora,
abolizione delle caste, economia di villaggio). Non che le famiglie fossero
contente. Per quella di lui Krishnammal era un'intoccabile. Per quella di
lei Jagannathan era un sanyasin, un asceta digiunatore di studi interrotti
che in quel periodo mangiava solo verdure e frutta crude ("per non buttare
nel fuoco l'intelligenza e il tempo delle donne"). Si sposarono nel 1950
alla gandhiana senza feste ne' fasti. Subito dopo lui parti' con il
gandhiano Vinoba Bhave che, camminando a piedi (padyatra), reclamava dai
ricchi il bhoodan: dono della terra per chi non ne aveva. Ma Vinoba e gli
altri marciatori volevano di piu': volevano il gramdan, una rinuncia
collettiva alla proprieta' terriera in favore della comunita'
(intercastale) di villaggio. Il primo caso fu entusiasmante: un ricco di
casta alta, tal Reddy, diede tutto e poi "si chino' a toccare i piedi degli
intoccabili e si abbracciarono tutti, un incredibile cambiamento sociale".
Altri gramdan seguirono. Ma franarono tutti perche', dice appa, "solo una
rivoluzione parallela a livello di governo avrebbe potuto sostenerli".
Terzo millennio, e l'avventuroso e nobile movimento gram swaraj (per
l'autonomia dei villaggi) di Jagannathan e Krishnammal continua. Sempre
aggregando grandi masse - a livello dei villaggi - per azioni dirette
nonviolente (occupazioni, marce, proteste), spesso entrando e uscendo da
una prigione o da un digiuno, non si contano le terre che nei decenni
scorsi il movimento e' riuscito a far assegnare ai braccianti, in Tamil
Nadu e in Bihar.
Nel mezzo, le lotte contro i soprusi del governo centrale, ieri con Indira,
oggi con la svolta liberista globalista multinazionale ("Dov'e'
l'indipendenza, dov'e' l'autogestione?" scrive Jagannathan ogni anno il 15
agosto). Interessante il rapporto con i "comunisti": alla fin fine,
obiettivi simili ma metodi diversi (l'assoluta nonviolenza di appa e amma)
hanno portato a incomprensioni e separazioni. Adesso, pero', solo la
sinistra - partitica o di movimento - appoggia le lotte ambientaliste,
sociali, piuttosto "no global" della coppia.
Come l'ultima battaglia. Contro l'acquacoltura industriale, le
multinazionali e i capitalisti locali che hanno acquistato terre fertili
sulla costa indiana per farne vasche da gamberetti, scopo export. Una
tragedia socioambientale. Distrutte le foreste di mangrovie, salinizzati e
distrutti i terreni circostanti, ridotti alla fame i braccianti perche',
mentre nei campi di riso si trova lavoro, nelle prawn farms ce n'e' molto
meno. Jagannathan e' riuscito a portare il caso alla Corte Suprema a New
Delhi, grazie a un avvocato ambientalista, M. C. Mehta, famoso come
guerriero verde, che l'ha assistito con gratuita' e competenza assolute,
tanto che nel dicembre 1996 la Corte ha ordinato la chiusura rapida di
tutte le industrie di gamberetti. Purtroppo sono forti le connivenze fra
politici, uomini d'affari, funzionari e perfino rappresentanti dei
villaggi. Cosi', nel 2002, Jagannathan e la gente che ha perso la terra
continuano a lottare contro queste (inconsapevoli) cavallette ambientali.
L'epopea di appa e amma e' popolata di persone speciali, in primo luogo
Gandhi, e le contadine e i contadini tamil senza i quali non avrebbero
fatto nulla! L'impegno di Krishnammal e il suo profondo amore per le donne
dei villaggi nasce da sua madre, vedova di un alcolizzato; faticava notte e
giorno come bracciante ma era "avventurosa per natura, forte nel fisico e
nella mente, capace di assumere una molteplicita' di ruoli: madre,
curatrice con le erbe, nutrice degli affamati". Quel "nutrire" sembra
essere la vocazione della stessa Krishnammal; viene da una tradizione in
cui le donne nutrono anche passerotti e formiche. Infatti, spiega
Krishnammal, i bellissimi disegni di polvere bianca tracciati davanti alle
soglie, un tempo erano fatti con la farina di riso a vantaggio di uccelli e
insetti. Del resto, la karuna o compassione per tutti i viventi e' un
riferimento ideale per amma: per questo ha eletto il pensatore indu'
Ramalingam a suo riferimento spirituale. Ma karuna e' anche tolleranza e
cosi', in nome dell'ospitalita', amma si e' preoccupata che la sua biografa
non vegetariana potesse "gustare" almeno una volta il pesce locale. Pero'
non nella cucina dell'ashram: li' non si sono mai visti animali sviscerati
e sangue e ossa.
Jagannathan apprezzava molto J. C. Kumarappa. Economista, diventato seguace
di Gandhi, sostenne un modello di economia decentrata, anticapitalista.
Socialismo di villaggio, piu' la proprieta' statale delle industrie di base
e dei servizi come poste e ferrovie. Organizzo' molte piccole industrie
locali; ideo' mulini, macchine tessili e da carta...; uomo gentile e di
grande intelligenza, aderi' convinto al movimento bhoodan per la sua
portata anticapitalista. Poi se ne ritrasse disilluso. Spiega Jagannathan:
"Il movimento di Vinoba era divino e filosofico, ma io e Kumarappa volevamo
vedere le condizioni dei contadini migliorare subito... Se Vinoba avesse
dato a Kumarappa il lavoro di assegnazione delle terre e di sviluppo
agricolo, forse... ma non lo fece". E fu un male per il movimento. Vinoba,
poi, era attento a non scontentare il governo centrale. Rispetto a lui,
Jagannathan era, ed e', al tempo stesso piu' rivoluzionario e piu' pratico.
Ma quelli come appa non vincono sempre. Anzi.
5. RIFLESSIONE. AMELIA ALBERTI: OIL (PETROLIO)
[Ringraziamo Amelia Alberti, animatrice del circolo verbano di Legambiente
(lambient@tiscalinet.it), per averci inviato il seguente contributo]
Il ricco epulone scolava goloso
le ultime brocche
con i gomiti allontanando
da se'
i commensali vogliosi
e Lazzaro,
il misero Lazzaro,
accosciato sulla terra battuta,
sotto la tavola imbandita,
aspettava, aspettava
che una goccia di oil (petrolio)
cadesse fino a lui
Ma, Lazzaro, che accade?
Osi tu, forse, sollevare la testa
e chiedere la tua parte,
quella dovuta?
Ma come chiederai la tua parte?
Con le armi micidiali dei tuoi nemici
o con la logica della tua ragione?
Se e' destino che tu perda,
meglio che sia a mani nude
meglio che le tue piaghe dolorose
siano innocenti del sangue del tuo fratello crudele
Lazzaro, se noi saremo con te,
a mani nude,
anche a te verra' dato il tuo
oppure tutti morremo, con te come te
Amen
6. DIBATTITO. SEVERINO VARDACAMPI: IMPEGNO PER LA PACE, SCELTA NONVIOLENTA
[Severino Vardacampi e' assiduo un collaboratore del Centro di ricerca per
la pace di Viterbo]
L’impegno per la pace, mai così necessario come oggi, corre il rischio di
essere travolto da due convergenti forze e distruttive.
Da un lato dalla ferocia dei ricchi, dei potenti, che pur di non cedere un
briciolo del loro potere, del loro goder dello spreco, del loro nutrirsi
della morte altrui (l’analisi finissima di Elias Canetti), sono disposti a
distruggere il mondo. Che non conoscono alcuna legge, e solo obbediscono al
loro sentirsi al di sopra di tutto e di tutti, all'istinto rapace.
E dall’altro dalla nostra ambiguità: quando imitiamo i potenti, quando
accettiamo e riproduciamo la loro logica, e pensiamo di poterli contrastare
e sconfiggere con i loro metodi e i loro strumenti, e cosi' facendo
diventiamo come loro.
E c’è un modo solo per uscire dall’ambiguità: la scelta di un impegno per
la pace e i diritti umani che rinunci ad ogni furbizia (le tattiche, le
dilazioni, il programma minimo e massimo, i due tempi, e cosi' via), che
ripudi ogni menzogna (e la propaganda, l'esagerazione, il fraintendimento,
la manipolazione, l'idiozia della cosiddetta "interferenza culturale"
mediatica che in realta' e' subalternita' agli organi della narcosi e del
consumismo, gastronomici e cannibaleschi), che contrasti ogni sopruso (ed
anche e soprattutto quelli commessi "in nome di" questo e quello da chi si
pretende agli altri superiore e gia' con questo denega la dignita' umana
nell'altro e quindi in tutti e quindi infine anche in se'): occorre la
scelta della nonviolenza, la lotta senza requie e senza ombre contro la
violenza, e innanzitutto contro quella che e' in noi.
Poiche' la violenza e' sempre "l'arma dei ricchi" (Jean Marie Muller), la
risorsa degli oppressori, lo strumento dell'ingiustizia.
E per lottare contro la violenza bisogna integralmente ripudiarla,
scegliendo la nonviolenza che e' la lotta piu' nitida ed intransigente
contro la violenza.
La nonviolenza e' lotta: chi la confonde con la rassegnazione, chi la
confonde col masochismo, chi la confonde con la vilta', della nonviolenza
non ha capito nulla o finge di non aver capito nulla, e col suo nome
designa un fantoccio da lui medesimo inventato per meglio calunniare. Gli
oppressori lo sanno: gli amici della nonviolenza sono i loro avversari piu'
formidabili. Era forse rassegnato e vile Gandhi, o Martin Luther King, o
Oscar Romero, o Marianela Garcia, o Chico Mendes? O piuttosto non lottarono
con tutte le loro forze?
Ancora vi e' un trucco retorico, che vuole la nonviolenza inane, ninnolo
per perdigiorno, che non scalfisce le ingiustizie grandi, un inutile futile
gioco per anime belle. Erano forse futili e inutili le lotte di Gandhi, o
Martin Luther King, o Oscar Romero, o Marianela Garcia, o Chico Mendes? E
se cosi' fosse stato, perche' i loro avversari li uccisero? Gli oppressori
lo sanno: gli amici della nonviolenza sono i loro avversari piu'
formidabili. Quelli che non si arrendono mai finche' hanno respiro in
corpo. Resistenti fino alla fine.
Gandhi lo diceva chiaro e tondo: alla violenza occorre resistere; contro
l'ingiustizia occorre lottare; all'oppressione occorre ribellarsi.
Resistere, lottare, ribellarsi, nel modo piu' forte e profondo: la
nonviolenza e' questo, o non e' nulla. Contro la rassegnazione, contro il
masochismo, contro la vilta', nel modo piu' limpido e combattivo: la
nonviolenza e' questo, o non e' nulla.
La nonviolenza e' l'insurrezione morale dell'umanita' oppressa per
sconfiggere l'ingiustizia, recare aiuto a chi soffre, e salvare la terra
dalla catastrofe ecologica. La nonviolenza e' la rivoluzione necessaria per
affermare un'umanita' di liberi ed eguali. La nonviolenza e' lotta: per i
diritti umani di tutti gli esseri umani. La nonviolenza e' la misericordia
che abbatte le muraglie e spezza le catene.
7. MATERIALI. CHARLES C. WALKER: MANUALE PER L'AZIONE DIRETTA NONVIOLENTA
(PARTE TERZA)
[Pubblichiamo oggi la terza parte di questo vecchio ma sempre utile
manuale, riprendendolo dall'edizione italiana rivista e integrata a cura
del Movimento Nonviolento: Charles C. Walker, Manuale per l'azione diretta
nonviolenta, Edizioni del Movimento Nonviolento, Perugia 1982. L'opuscolo
integrale (noi qui presentiamo solo la parte del manuale di Walker vero e
proprio, l'opuscolo presenta anche altri materiali) puo' essere richiesto
al Movimento Nonviolento, via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax
0458009212, e-mail: azionenonviolenta@sis.it, sito: www.nonviolenti.org]
* Sezione XI. Inizio dell'azione
A. Scegliere con cura i partecipanti che inizieranno l'azione
1. Se l'azione rischia di sfociare in atti di violenza o in disordini (da
parte di avversari, spettatori o polizia), scegliere un piccolo numero di
militanti tra i piu' disciplinati e fidati.
2. Non scegliere persone solo perche' si offrono volontariamente, ma
perche' hanno le qualita' richieste. Nominare un comitato che provveda alla
scelta.
3. Premunirsi per l'eventualita' di sostituzioni o di un successivo gruppo
d'intervento.
4. Scegliere il portavoce del gruppo.
B. Riunirsi nel luogo stabilito
1. Fissare un orario appropriato per i movimenti del gruppo, specialmente
di grandi folle; altrimenti, gli orari non saranno osservati oppure i
capigruppo tenderanno a riunire i partecipanti alla maniera di un gregge.
2. Distribuire il materiale: cartelli, volantini, insegne, ecc.
3. Impartire in modo chiaro le istruzioni. Ripeterle nel caso, piuttosto
che darle per scontate.
C. Incominciare l'azione
l. Portarsi dal luogo del raduno al luogo prefissato per l'azione.
2. Fare il massimo per evitare che si crei confusione e perche' questa fase
iniziale proceda con ordine e dignita'.
3. E' compito dei capigruppo di fornire l'esempio, e gli altri prontamente
vi si intoneranno.
4. I partecipanti risponderanno a eventuali interlocutori, forze
dell'ordine o giornalisti, di rivolgersi al coordinatore o al portavoce
dell'azione prestabiliti.
5. Stare in piedi o sfilare o stare seduti, a testa alta e in modo
composto: non agitarsi, gridare, ridere sguaiatamente, buffoneggiare; in
talune circostanze, sarebbe bene non fumare.
6. Seguire le istruzioni dei capigruppo con prontezza e buon umore.
7. Non abbandonare mai il posto assegnato senza aver prima informato
personalmente il capogruppo.
8. Astenersi dal prendere fotografie mentre si e' al proprio posto;
verificare col capogruppo quale sia il momento e l'opportunita' di farlo.
D. Distribuzione dei volantini
1. Designare preferibilmente almeno due persone per ogni posto di
distribuzione.
2. Assicurarsi di poter fornire regolarmente ai distributori la quantita'
di volantini necessaria.
3. Insegnare ai distributori come dovranno sinteticamente rispondere a chi
chiedera' loro: "Di che cosa si tratta?", oppure "A quale organizzazione
appartenete?".
4. I distributori devono raccogliere tutti i volantini gettati (per non
essere spiacevolmente accusati di cospargere la strada di rifiuti).
5. Per strada, sul marciapiede o in un'area pubblica, stare attenti a non
disturbare il libero passaggio dei pedoni o dei veicoli.
6. In caso di pioggia, premunirsi di un sacchetto di plastica per
proteggere i volantini.
E. Consigli circa le veglie silenziose
1. Tenersi in piedi, non in modo rigido ma in un atteggiamento naturale,
disteso.
2. Mantenere per quanto possibile il silenzio assoluto; solo raramente un
commento o una parola possono essere cosi' importanti da non poter essere
taciuti.
3. Camminare in modo ordinato, in un percorso adiacente ogni mezz'ora circa
e per qualche minuto (con piu' frequenza se fa freddo). Cio' non
significhera' "rompere" la veglia.
4. Cambiare i turni ogni due ore circa.
5. Far uso di insegne con sobrieta'; concentrare l'effetto sulla qualita'
della veglia: qui il numero non e' decisivo, ma la convinzione e la costanza.
F. Raccomandazioni ai capigruppo
1. Cercare di evitare ogni inutile movimento affrettato.
2. Dare le istruzioni con voce chiara e sicura, evitando peraltro gli
ordini perentori e modi imperiosi.
3. Non dimenticare che l'esempio dato dal capogruppo si diffonde agli altri.
* Sezione XII. Come affrontare le rappresaglie
A. Provocazioni
1. Uno dei maggiori obiettivi dell'avversario puo' essere quello di
provocare il gruppo dei partecipanti:
a) a pronunciare parole inopportune;
b) a lanciare accuse esagerate o imprecise e che non possono poi essere
provate;
c) a comportarsi in modo agitato e indegno;
d) ad abbandonarsi alla confusione e al disordine;
e) al contrasto tra gli stessi capigruppo;
f) alle defezioni nelle file del gruppo;
g) alla violenza.
2. Di fronte alle provocazioni, occorre evitare sia di accettarle con
leggerezza sia di stare al gioco, e assumere invece una piena compostezza.
Non abbandonare la propria calma. Di fronte al ridicolo, le ingiurie o le
bravate, rimanere dignitosi e comprensivi nei confronti dei provocatori.
3. Meglio ancora: di la' dal semplice autocontrollo, dimostrarsi creativi e
capaci, secondo l'ispirazione del momento, di qualche iniziativa felice.
B. Violenza
1. Mettere a punto e tenere sotto controllo i modi per dominare, contenere
o prevenire la violenza:
a) impegno alla nonviolenza;
b) stretta osservanza della disciplina collettiva;
c) lealta' reciproca tra i partecipanti;
d) buon ordine dell'azione (non permettere di rompere le fila).
2. I partecipanti devono agire solo su disposizioni del capogruppo: non
intervenire, salvo che per soccorrere una persona ferita; ricordarsi che ci
siamo dichiarati disponibili a subire un'eventuale violenza, e che
nondimeno esiste anche la possibilita' di dar prova di spirito creativo.
3. Se il colpo dell'aggressore non e' troppo duro o paralizzante, la
persona attaccata puo' tentare di riprendere l'iniziativa; ad es., con la
voce piu' calma possibile, puo' chiedere: "Signore, posso farle una domanda?".
4. Compete al capogruppo di far allontanare i feriti, fornire se necessario
i primi soccorsi o assicurare l'assistenza di un medico.
5. Talvolta il gruppo puo' spontaneamente intonare una canzone o recitare
una preghiera.
6. Non ricorrere alla polizia per aiuto.
7. Osservare accuratamente l'atteggiamento degli spettatori: puo' risultare
di capitale importanza non soltanto per determinare l'esito fisico
dell'incidente, ma anche per interpretarlo meglio piu' tardi o nei suoi
effetti sul pubblico.
8. Tenere presente che talvolta un uomo non ritorna alla ragione che quando
vede se stesso commettere un atto di violenza per perpetuare la propria
situazione di privilegio, il proprio torto o ingiustizia.
C. Arresto e incarcerazione
1. Salvo rare eccezioni, non opporre resistenza all'arresto e far capire
chiaramente fin dall'inizio che questa e' la tua intenzione.
2. Decidere, dopo aver consultato esperti, se dichiararsi colpevole o
innocente.
3. Considerare se accettare o no l'assistenza di un legale
all'interrogatorio o al processo. Un legale che non condivida le tue
convinzioni nonviolente puo' creare facilmente al processo un clima emotivo
non propizio.
4. Soddisfare di buon grado alla disciplina del carcere, ad eccezione di
affronti oltraggiosi o di ordini la cui esecuzione violerebbe la coscienza.
5. Informarsi anticipatamente sulla vita in carcere.
6. Rappresentanti del gruppo dovrebbero visitare le famiglie dei reclusi e
fornire un aiuto a quelle particolarmente bisognose.
7. Non cercare deliberatamente di venire arrestato o messo in carcere, ma
se cio' dovesse risultare quale sbocco naturale del tuo impegno, accettalo
non come una penosa necessita' ma come un degno servizio alla causa per la
quale stai combattendo.
D. Rappresaglie
1. Possono consistere in: percosse; attentati nelle case private, nella
sede centrale, nei raduni; vessazioni e minacce di vario genere; telefonate
villane o minacciose; sottrazione o distruzione di beni; sequestro di
ostaggi; boicottaggio; sospensione dal proprio lavoro o incarico; noie
giudiziarie; arresti in massa, proibizione delle assemblee e delle stesse
organizzazioni; ecc.
2. Possono essere dirette contro: dirigenti; partecipanti e/o loro parenti
e amici; sostenitori o simpatizzanti; perfino contro semplici spettatori.
3. Simili rappresaglie mettono a dura prova l'unita' e la perseveranza del
gruppo.
4. Premere sulle autorita' affinche' agiscano (e non facciano semplici
deplorazioni) per reprimere la violenza e il disprezzo delle leggi.
5. Reclamare che una inchiesta sia aperta da un rappresentante delle
autorita', o da un'organizzazione indipendente, oppure da un comitato di
cittadini.
6. Dare ogni assistenza possibile alle vittime, in particolare a quelle che
si siano trovate implicate per caso.
7. Ricordare costantemente che queste azioni malvagie risultano dai veleni
prodotti da ingiustizie e da mali prolungati che alcuni vorrebbero
perpetuare; che la controviolenza o la controrappresaglia non farebbero che
diffondere ancor piu' quei veleni, i quali possono esser rimossi soltanto
dall'accettazione della sofferenza volontaria di coloro che si assumono la
responsabilita' di agire decisamente contro questi mali.
(Continua)
8. DOCUMENTAZIONE. L'INCONTRO DEL COORDINAMENTO DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
DEL 30 GIUGNO A VERONA
[Riportiamo il verbale dell'incontro del coordinamento nazionale del
Movimento Nonviolento svoltosi il 30 giugno 2002 a Verona. Lo riprendiamo
dal sito del movimento: www.nonviolenti.org]
Presenti: Adriano Moratto, Piercarlo Racca, Claudia Pallottino, Mao
Valpiana, Matteo Soccio, Pasquale Pugliese, Massimiliano Pilati, Daniele
Lugli, Elena Buccoliero. Assenti giustificati: Luca Giusti, Rocco Pompeo,
Luciano Capitini, Alberto Trevisan, Flavia Rizzi, Angela Dogliotti,
Francesco Lo Cascio, le sezioni di Palermo e di Prato.
Ordine del giorno. Anche questa volta l'ordine del giorno, estremamente
sintetico, riguarda essenzialmente l'approvazione del verbale precedente e
gli impegni assunti nello scorso coordinamento. Viene suddiviso in
sottopunti, secondo l'andamento della discussione. Discussione: 1.
Approvazione del verbale precedente; 2. la lettera di Sandro Canestrini; 3.
i Corpi Civili di Pace e il Servizio Civile Volontario; 4. seminario su
Laicita', religione e nonviolenza; 5. la campagna di obiezione del
cittadino; 6. l'adesione del Movimento Nonviolento a Banca Etica; 7. sulla
televisione; 8. l'adesione al tavolo intercampagne; 9. il II Giubileo degli
Oppressi; 10. EMI - La forza della verita'; 11. Lilliput e il laboratorio
sulla nonviolenza all'European Social Forum di Firenze; 12. la tipografia
allagata; 13. incontro mondiale della WRI; 14. la legge sul conflitto
d'interessi; 15. l'organizzazione interna del Movimento Nonviolento; 16. la
marcia specifica "oltre Assisi"; 17. il prossimo coordinamento nazionale.
*
1. Approvazione del verbale precedente. Il verbale viene approvato
all'unanimita'.
2. La lettera di Sandro Canestrini. Decisione: la lettera di Sandro
Canestrini sara' pubblicata sul numero di "Azione nonviolenta" di luglio,
come editoriale.
3. i Corpi Civili di Pace e il Servizio Civile Volontario. Decisione: Il 14
luglio a Seravezza (Lucca) e' convocato un incontro del costituendo
coordinamento sui Corpi Civili di Pace, al quale partecipera' Mao, a nome
del Movimento Nonviolento.
4. Seminario su Laicita', religione e nonviolenza. E' in corso il lavoro
preparatorio degli atti, a cura di Matteo, che aspetta il contributo di Mao
su nonviolenza e attualita'.
5. La campagna di obiezione del cittadino. Piercarlo mostra la bozza
dell'opuscolo di presentazione della campagna, che ormai e' quasi ultimato.
Decisione: Massimiliano si incarica di contattare la Rete per inserirlo sul
sito e per l'apertura di una e-mail che verra' gestita da Piercarlo e da
Paolo Candelari. Viene proposta l'indicazione del Presidente della
Repubblica e del Presidente del Consiglio come interlocutori politici della
campagna (e non del Ministro della Difesa, perche' l'obiezione riguarda
tutto il sistema di preparazione della guerra, non soltanto quello
militare). Massimiliano contattera' Luciano Benini al riguardo. E' da
programmare, a Roma, una conferenza stampa di presentazione della campagna,
insieme all'addetto stampa di Lilliput e insieme al MIR.
6. L'adesione del Movimento Nonviolento a Banca Etica. Pasquale e Alberto
non si sono ancora sentiti al riguardo. Pasquale spiega le sue perplessita'
a che il Movimento Nonviolento diventi socio di Banca Etica. Decisione:
Pasquale si impegna a mandare le sue considerazioni ad Alberto.
7. Sulla televisione. Viene proposta la pubblicazione di un numero di
"Azione nonviolenta" dedicato alla comunicazione. L'adesione all'appello
per il "digiuno mediaset" nel mese di luglio viene lasciato all'iniziativa
individuale. Decisione: tutti i membri del coordinamento sono invitati a
inviare a Matteo Soccio idee, nominativi, indirizzi, notizie che riguardano
un approccio critico all'uso della televisione.
8. L'adesione al Tavolo Intercampagne. Decisione: Massimiliano chiedera' a
Valerio Magnani come mai non si e' ancora avuta risposta dal Tavolo
Intercampagne.
9. Il II Giubileo degli Oppressi. Decisione: La "carovana" del Giubileo
degli Oppressi sara' a Verona, in Arena, il 5 settembre, e sara' presente
anche il Movimento Nonviolento con il banchetto del materiale.
10. EMI - La forza della verita'. Piercarlo ha contattato la EMI, che
pubblichera' "La forza della verita'" ricominciando dal primo volume. Nel
frattempo, per fare buon uso delle giacenze di magazzino (attualmente al
Sereno Regis), si propone di promuoverlo su "Azione Nonviolenta" a prezzo
ridotto, oppure di regalarlo a chi si iscrive al corso lillipuziano di fine
agosto, o al seminario sui GAN di fine settembre, o in altre iniziative
purche' vi sia un contatto diretto, mentre viene scartata l'idea di un
invio postale generico, per esempio alle sedi dei campi MIR-MN, in assenza
di una partecipazione diretta del Movimento. Piercarlo ne portera' un po'
di copie a Verona perche' possano essere in parte suddivise tra i membri
del Coordinamento, che potranno venderlo o promuoverlo localmente, nelle
diverse occasioni di incontro.
11. Lilliput e il laboratorio sulla nonviolenza all'European Social Forum
di Firenze. Il corso di fine agosto a Pruno di Stazzema e' interessante ma
costoso, e il Movimento Nonviolento non riesce a spesare un partecipante.
Per questo, probabilmente non aderira' nessuno del Coordinamento. Daniele
e' interessato ad andare, ma non certo. Massimiliano ci aggiorna sulla
organizzazione del laboratorio sulla nonviolenza all'European Social Forum
di Firenze; Pasquale ci parla dei contatti in corso per il seminario GAN
che si terra' a Roma alla fine di settembre (al quale, del Movimento
Nonviolento, partecipera' Daniele come relatore alla tavola rotonda della
prima serata, ma siamo comunque tutti invitati a partecipare); ancora
Massimiliano riferisce il buon andamento dell'ultimo Gruppo di Lavoro
Tematico sulla nonviolenza (della Rete di Lilliput), a Roma qualche
settimana fa. Non e' ravvisata una crisi della Rete Lilliput purche', si e'
detto, mantenga il radicamento sul territorio. Iniziative come il seminario
GAN dovrebbero invece mantenere e rafforzare il livello di rete.
12. la tipografia allagata. La tipografia che stampa "Qualevita" e' stata
allagata e chiede aiuto per recuperare i danni, offrendo diverse
possibilita'. Decisione: si contattera' la tipografia chiedendo preventivi
per i prossimi lavori editoriali del Movimento Nonviolento (nuovo
pieghevole, atti del seminario su "Laicita'..."); sul sito e su Movimento
Nonviolento si pubblichera' l'invito a sostenere la tipografia; Piercarlo
intanto mandera' le correzioni al testo sul Movimento Nonviolento presente
sull'agenda "Giorni nonviolenti", in vista della prossima edizione.
13. incontro mondiale della WRI, a Dublino dal 3 al 10 agosto. Decisione:
Mao proporra' a Pietro Pinna e, in subordine, a Franco Perna, di
partecipare a nome del Movimento Nonviolento. In caso di risposta
affermativa, si stanzieranno 500 euro per sostenere le spese di viaggio.
Dato l'ingente investimento economico, si decide di riservare questa
possibilita' a persone che sono da anni all'interno del Movimento
Nonviolento, che ne conoscono bene la realta' e che per questo sono nella
situazione piu' appropriata per stringere relazioni internazionali e
mantenerle nel tempo.
14. la legge sul conflitto d'interessi. Dopo il "digiuno televisivo" Una
domenica senza, Renato Solmi a Torino ha organizzato gli indirizzi dei
6.000 aderenti e ha scritto al Movimento Nonviolento chiedendo di esprimere
una posizione sulla legge sul conflitto d'interessi, e di sostenerlo
nell'organizzare nuove iniziative. Decisione: rispondiamo alla lettera di
Solmi condividendo la sua preoccupazione; pubblichiamo sul sito l'appello
per un mese di astinenza dalle reti di Berlusconi; Matteo scrivera' a Solmi
sulla questione tv e media (che comprende il problema del conflitto
d'interessi, ma lo supera); si sottolinea che l'espressione di "posizioni
politiche" e' un agire improprio per il Movimento Nonviolento (Daniele, sui
rischi di incentivare forme di anticonformismo conformista), che del resto
non ha le forze per trascinare grandi folle, e piu' importante sembra
mantenere un contatto con le 6.000 persone.
15. l'organizzazione interna del Movimento Nonviolento. Decisioni:
- un incontro specifico si terra' a Montevaso in occasione del prossimo
coordinamento di due giorni, e occupera' i lavori della prima giornata;
- per la fine di luglio Daniele scrivera' una lettera agli iscritti
post-congressuale per invitarli a Montevaso, ripresentare l'iniziativa
della marcia specifica e sollecitare il contributo di tutti;
- il questionario preparato da Luciano, letto insieme ed apprezzato, e
tuttavia incompleto su alcuni aspetti, non verra' inviato durante l'estate,
ma dopo il prossimo coordinamento. In base agli esiti dell'incontro anche
il questionario verra' riformulato;
- punti all'ordine del giorno per l'incontro sull'organizzazione potranno
essere: gli iscritti, i finanziamenti, la valorizzazione della sede di
Verona e delle altre Case, la possibilita' di organizzare coordinamenti
regionali, la costituzione delle sezioni, il farsi referenti sul proprio
territorio.
16. la marcia specifica "oltre Assisi". Ci si sofferma sulla scelta delle
10 parole di accompagnamento alla Marcia, confrontando l'ultima proposta di
Pasquale e quella, precedente, di Mao. Decisioni:
- i digiuni incominceranno in ottobre.
- Il materiale mensile uscira' sulla rivista a partire dal numero di
settembre (in preparazione del digiuno di ottobre, appunto).
- Daniele scrivera' uno schema di presentazione dell'iniziativa, che potra'
essere declinato a seconda degli usi (lettera agli iscritti, sito, rivista,
comunicato stampa...).
- Ad ogni argomento "Azione Nonviolenta" riservera' 4 pagine comprendenti
un articolo, citazioni dei "classici" (che possono essere utili per inviti,
volantini, ecc., nelle sedi locali dove si vorranno fare manifestazioni),
una bibliografia essenziale, predisposta da Matteo.
- Le parole, nell'ordine proposto (di cui sono considerati fissi il I e il
X posto, mentre resta suscettibile di cambiamenti la successione interna)
sono: Forza della verita', Coscienza, Amore, Festa, Sobrieta', Giustizia,
Liberazione, Potere di tutti, Spiritualita', Persuasione.
17. Il prossimo coordinamento nazionale. Decisione: Sentito Rocco, che
offre la disponibilita' della casa di Montevaso per tutti i fine settimana
di settembre a partire dal 7-8 settembre, si guardano le agende tenendo
conto degli impegni gia' presi dai diversi membri del coordinamento
(presenti e assenti). Si decide per il 14-15 settembre perche' il fine
settimana precedente risulta gia' un impegno nazionale del MIR e quelli
successivi sono impegnati dal seminario sui GAN. Ci si rammarica di non
poter accogliere la richiesta del gruppo di Palermo, che chiedeva di
evitare anche il 14-15 settembre, ma non si vedono alternative, e si
auspica che, saputo il problema con due mesi di anticipo, l'incontro
regionale siciliano possa essere convocato in altra data.
9. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova
il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell’ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell’uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio,
l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.
10. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: http://www.nonviolenti.org
; per contatti, la e-mail e': azionenonviolenta@sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in
Italia: http://www.peacelink.it/users/mir . Per contatti: lucben@libero.it
; angelaebeppe@libero.it ; mir@peacelink.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: http://www.peacelink.it . Per
contatti: info@peacelink.it
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO
Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it
Numero 364 del 24 settembre 2002