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La nonviolenza e' in cammino. 362
- To: news@peacelink.it
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 362
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac@tin.it>
- Date: Sun, 22 Sep 2002 21:38:31 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO
Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it
Numero 362 del 22 settembre 2002
Sommario di questo numero:
1. Giobbe Santabarbara, dal punto di vista dell'umanita'
2. Charles C. Walker, manuale per l'azione diretta nonviolenta (parte prima)
3. Mary Wollstonecraft, la prospettiva
4. Congresso del Movimento Nonviolento: "La nonviolenza e' il varco attuale
della storia"
5. Su "Nigrizia" di settembre un dossier sulla nonviolenza
6. Il secondo volume dei "Quaderni Satyagraha"
7. Svoltosi il convegno nazionale del Cem
8. Riletture: AA. VV., L'altro sguardo
9. Riletture: Krzysztof Kieslowski, Krzysztof Piesiewicz, Decalogo
10. La "Carta" del Movimento Nonviolento
11. Per saperne di piu'
1. RIFLESSIONE. GIOBBE SANTABARBARA: DAL PUNTO DI VISTA DELL'UMANITA'
Se una cosa ho imparato e' che nel prendere decisioni occorre porsi dal
punto di vista dell'umanita'. E giudicare valida e degna di essere compiuta
solo quell'azione che ogni essere umano possa a sua volta compiere. E fare
agli altri solo quel che ammetteresti che chiunque altro possa fare a te.
E poiche' sento che preferisco per me la vita alla morte, analogamente ad
ogni altro essere umano devo riconoscere il diritto a vivere, e quindi devo
ritenere che a nessuno debba essere dato il potere di uccidere, poiche' non
ammetterei che altri abbia il potere di uccidere me, e cosi' penso che
abbia diritto di pensare chiunque.
E poiche' la mia persona consiste in cosi' larga misura del contributo che
gli altri mi recano (le cose che so, le tecniche e i manufatti che uso,
l'ambiente in cui vivo cosi' come la presenza antropica lo ha fortemente
modificato) io sento di essere fatto dei doni dall'umanita' arrecatimi.
Come potrei non sentirmi solidale con l'umanita' intera?
Cosicche' a chiunque mi chiedesse di accettare che esseri umani altri
esseri umani uccidano, a chiunque mi chiedesse di ammettere che persone
vengano addestrare a divenire omicide, a chiunque mi chiedesse di
consentire che si costruiscano cose chiamate armi il cui fine e uso e'
togliere la vita a degli esseri umani, una e la stessa e' la mia risposta:
no.
Ma questa domanda non mi viene posta in forma di parole, essa resta
implicita ed il mio silenzio a questa domanda non pronunciata ma
concretamente agita dai poteri assassini e' gia' un avallo e una
complicita'. Cosicche' anche la mia risposta deve essere un fare oltre che
un dire, e questo fare e' la nonviolenza, l'opposizione concreta,
materiale, effettuale, alla violenza, alle sue strutture, alle sue
ideologie; l'opposizione a tutte le uccisioni, l'opposizone a tutte le
guerre, l'opposizione a tutti gli eserciti e i gruppi armati come che si
chiamino, l'opposizione a tutte le armi.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita': la mia umanita', l'umanita' di
tutti, l'umanita' intera.
La nonviolenza e' una scelta di lotta: di lotta integrale e intransigente
contro la violenza, di lotta per l'umanita'.
2. MATERIALI. CHARLES C. WALKER: MANUALE PER L'AZIONE DIRETTA NONVIOLENTA
(PARTE PRIMA)
[Proponiamo ai nostri interlocutori questo vecchio ma sempre utile manuale,
riprendendolo dall'edizione italiana rivista e integrata a cura del
Movimento Nonviolento; Charles C. Walker, Manuale per l'azione diretta
nonviolenta, Edizioni del Movimento Nonvioento, Perugia 1982. L'opuscolo
integrale (noi qui presenteremo solo la parte del manuale di Walker vero
e proprio, l'opuscolo presenta anche altri materiali) puo' essere richiesto
al Movimento Nonviolento, via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax
0458009212, e-mail: azionenonviolenta@sis.it, sito: www.nonviolenti.org]
* Introduzione
Questo Manuale non e' un'opera definitiva che esaurisca ogni aspetto
dell'azione diretta nonviolenta (non fosse altro, va ricordato che siamo
ancora nell'infanzia di questo metodo; ma dice peraltro Capitini: "La
ragione, messa al servizio dell'orientamento nonviolento, escogitera' mille
altre cose"). Non si presume ne' che tutte le forme dell'azione nonviolenta
debbano essere quelle secondo i modelli qui esposti a grandi linee, ne' che
tutti i suoi suggerimenti siano applicabili a qualsivoglia situazione.
Senza pensare quindi ad una sorta di ricettario bell'e pronto e sicuro per
ogni evenienza, questo lavoro va inteso come semplice guida e aiuto per
coloro che vengono trovando nella nonviolenza il principio ideale e lo
strumento pratico nella doverosa indispensabile lotta per la pace e la
giustizia sociale - di la' dall'indifferenza e dall'inerzia degli uni, o
gli orrori e le follie della violenza "giusta" degli altri.
Va di contro notato che il Manuale include aspetti che ogni buon
organizzatore saprebbe d'ordinario prevedere e fronteggiare da se', senza
bisogno di richiamarli esplicitamente; ma tali considerazioni dettagliate
possono avere tuttavia la loro utilita', perche' talvolta si tende a
trascurarle, o perche' riguardano problemi peculiari al metodo di azione
nonviolenta, o anche perche' molti militanti nonviolenti sono giovani e
inesperti.
Un indubbio valore di questo Manuale e' che esso promuove la democrazia di
base. Il dirigente che, tutto solo, intende le dinamiche di una lotta e sa
le tecniche per condurla, dispone di un monopolio del potere. Il potere
deriva a coloro che comprendono cio' che sta accadendo. Quando la
conoscenza e la comprensione sono condivise, piu' persone possono assumere
una parte responsabile nelle decisioni. Quanti credono nella democrazia di
base troveranno che i suggerimenti proposti in questo Manuale aiutano a
rendere un gruppo, un movimento, piu' democratico ed i suoi partecipanti
piu' responsabili.
Anche a questo riguardo vale sottolineare che, se gli aspetti organizzativi
sono nel Manuale molto accentuati, essi devono sempre venir considerati nel
quadro d'insieme, assegnando loro un posto subordinato rispetto ai valori e
obiettivi basilari dell'agire nonviolento.
* Sommario del Manuale per l'azione diretta nonviolenta
I. Preparazione.
II. Lancio di un programma costruttivo.
III. Aspetti generali del metodo.
IV. L'addestramento.
V. Il piano dell'azione.
VI. I preparativi dell'azione.
VII. Studio della situazione legale.
VIII. Messa a punto di una disciplina collettiva.
IX. Sviluppo di una campagna di propaganda.
X. Raduno dei partecipanti.
XI. Inizio dell'azione.
XII. Come fronteggiare le rappresaglie.
XIII. Mantenere la vitalita' del movimento.
XIV. I dirigenti.
XV. Quando la lotta si prolunga.
* Sezione I. Preparazione
A. Scegliere e presentare chiaramente gli obiettivi, come ad esempio:
1. Mettere in risalto una situazione ingiusta.
2. Far uscire da un vicolo cieco un negoziato in corso.
3. Protestare contro un abuso.
4. Mobilitare l'appoggio del pubblico.
5. Abolire una palese ingiustizia.
B. Sviluppare la volonta' di resistere
1. Diffondere continuamente le notizie e i commenti appropriati, con un
appello all'azione immediata.
2. Analizzare le diverse eventualita' e alternative:
a) Inadeguatezza dei metodi impiegati finora per affrontare il problema;
b) Possibilita' che si scateni della violenza e si determini una situazione
irrazionale o incontrollabile;
c) Le alternative offerte da un'azione diretta nonviolenta.
3. Mettere gli scettici e gli indifferenti di fronte al problema.
4. Esporre alle vittime una migliore situazione (per es., i vantaggi
dell'abolizione di insediamenti e servitu’ militari).
5. Intraprendere un'azione pionieristica - ad es., infrangere un divieto,
ponendo cosi' in risalto la "propaganda del fatto".
C. Mettersi in rapporto con organizzazioni similari
1. Consultare le organizzazioni che hanno scopi identici o affini ai tuoi,
la cui base puo' essere influenzata dalla tua azione.
2. Consultare i gruppi alleati o simpatizzanti della zona dove avra' luogo
l'azione.
3. Assicurarsi i nomi e gli indirizzi delle persone che possono collaborare
sul luogo.
4. Evitare di diffondere dei piani definitivi d'azione; ricercare il parere
e l'assistenza di tutti ad ogni livello di sviluppo della situazione.
5. Se dei gruppi rifiutano la loro collaborazione, adottare una politica di
neutralita' piuttosto che di ostilita'.
* Sezione II. Lancio di un programma costruttivo
A. Definizione: e' un programma con cui si colpisce un male alla radice, si
viene in aiuto alle vittime, si esemplificano in atto gli atteggiamenti
nonviolenti, e si sviluppa cio' che Vinoba Bhave chiama "il potere di
indipendenza del popolo".
B. Valori interni di un programma costruttivo:
1. Tutti si mettono al lavoro immediatamente.
2. Aiuta i partecipanti a comprendere meglio il problema e le sue implicazioni.
3. Fornisce un creativo antidoto all'apatia e al risentimento.
4. Sviluppa le qualita' necessarie alla resistenza nonviolenta:
autodisciplina, perseveranza, pazienza, fiducia in se', rispetto
dell'altro, sopportazione delle fatiche, spirito d'iniziativa, accettazione
gaia della disciplina collettiva, ecc.
5. Costruisce l'appoggio popolare.
6. Esemplifica l'atteggiamento di servizio disinteressato alla comunita',
ispirando cosi' fiducia nel movimento e nella sua lealta'.
C. Esempi di lavoro costruttivo in preparazione dell'azione nonviolenta:
1. Campi di lavoro.
2. Cooperative.
3. Assistenza alle vittime dell'ingiustizia.
4. Opere di carita' e assistenza a persone sofferenti o disagiate.
5. Lavoro in enti di servizio comunitario.
6. Doposcuola.
D. Complemento all'azione diretta
Nessuna "bonaccia" nel movimento allorche' la campagna d'azione diretta e'
sospesa.
Dopo un periodo di estrema tensione nervosa, risulta specialmente utile un
lavoro costruttivo, e in particolare quello implicante un lavoro fisico.
* Sezione III. Aspetti generali del metodo
A. Sette fasi dell'azione diretta nonviolenta
1. Indagine. Determinare:
a) Fatti e atteggiamenti riguardanti il male in questione;
b) Forze implicate nella situazione: sociali, politiche, economiche, ecc.;
c) Struttura del potere della comunita';
d) Ruolo della stampa, della polizia, dei dirigenti politici;
e) Atteggiamento dei principali gruppi della comunita';
f) Situazione legale;
g) Responsabili delle decisioni politiche;
h) Fonti delle voci in circolazione;
i) Fatti reali che sottostanno a ricorrenti racconti romanzati;
j) Prossimi passi che gli enti della comunita' e/o taluni dirigenti sono
preparati a fare.
2. Negoziato:
a) Sulla base dei fatti constatati, ricercare una politica per il cambiamento;
b) Esser certi di trattare con coloro che hanno il potere di cambiare o
influenzare la politica in corso;
c) Utilizzare tutte le organizzazioni disponibili nella comunita', capaci
di negoziare;
d) Registrare dettagliatamente lo sviluppo del negoziato.
3. Mobilitazione dell'opinione pubblica:
a) Utilizzare i grandi mezzi di informazione: radio, TV, giornali;
procurare articoli, notizie, foto, interviste;
b) Servirsi di oratori, riunioni pubbliche e private, rappresentazioni
cinematografiche e teatrali;
c) Suscitare discorsi e dibattiti pubblici, prediche;
d) Pubblicare bollettini speciali, volantini, opuscoli; riprodurre articoli
e discorsi;
e) Effettuare sondaggi dell'opinione pubblica;
f) Sollecitare dichiarazioni pubbliche di personalita' importanti, fatte a
nome proprio o dell'organizzazione alla quale appartengono;
g) Incoraggiare l'adozione di risoluzioni di sostegno e pubblicizzarle;
h) Raccogliere petizioni;
i) Svolgere manifestazioni, assemblee;
j) Organizzare rappresentanze e delegazioni;
k) Fare appello a organizzazioni speciali: religiose, operaie, contadine,
educative, giovanili, femminili, professionali, commerciali, politiche,
etniche, ecc.
l) Intrattenere colloqui costanti con i dirigenti della comunita'.
4. Appelli straordinari:
Appello alle massime autorita' istituzionali, locali o nazionali.
Dichiararsi disponibili ad accettare l'arbitrato o le offerte di mediazione
sia di un organismo che agisca in nome di un ente locale o governativo, sia
di un comitato apposito di cittadini.
5. Atti di sacrificio:
a) Un giorno o piu' di digiuno, di preghiera;
b) Offrire una concessione importante, qualora non costituisca una
violazione di principio o non vada sostanzialmente contro il fine
perseguito;
c) Rinunciare a onorificenze o ricompense elargite dai fautori
dell'ingiustizia.
6. Ultimatum:
a) Esporre le lagnanze precise, i precedenti tentativi di negoziato, le
concessioni offerte e l'accoglienza che fu loro riservata;
b) Poiche' tutte le azioni anteriori non hanno dato alcun risultato o
solamente causato degli indugi o perfino rappresaglie, fissare una data
limite per il conseguimento di rivendicazioni minime;
c) Informare per iscritto i responsabili della politica in atto; cosi' pure
ogni altra persona che possa esservi implicata.
7. Azione diretta (vedere C qui di seguito)
Non intraprendere l'azione diretta che come ultimo ricorso, quando tutti
gli sforzi di persuasione siano falliti, quando l'attesa mostra di far
peggiorare la situazione, e la sola alternativa sarebbe di perpetuare uno
stato di cose intollerabile.
B. Tre avvertenze
Non rompere mai definitivamente i negoziati:
a) Prima o poi sara' necessario riprenderli in ogni caso;
b) I negoziatori delle parti avverse possono vedersi l'un l'altro come
esseri umani, non come degli ostacoli o delle persone senza scrupoli che
cercano soltanto il proprio vantaggio;
c) Ciascuna parte puo' cosi' rispondere a tono alle false voci o alle
interpretazioni inesatte circa la propria posizione;
d) Evitare i mercanteggiamenti e le piccole controversie.
2. Tenere costantemente al corrente della situazione quelli che parteggiano
per te:
a) Far uscire articoli e notizie nei relativi organi d'informazione, e
nella stampa;
b) Tenere riunioni periodiche;
c) Poiche’ il costo della lotta puo' essere alto e la sua durata
considerevole, un appello all'azione diretta puo' risultare efficace solo
quando i partecipanti potenziali sono, come i dirigenti, convinti che
nessun'altra via onorevole puo' essere intrapresa.
3. Cooperare con la parte avversaria su questioni onorevoli, ad esempio
unendosi ad essa in una iniziativa a favore della comunita'.
C. Forme e aspetti dell'azione diretta nonviolenta
1. Picchetto, veglia in un luogo simbolico.
2. Pedinamento (presenza insistente, anche con telefonate, per ricordare ad
una persona l'immoralita' del suo comportamento).
3. Digiuno o sciopero della fame.
4. Noncollaborazione (ad es. di ditte che rifiutano appalti per la
costruzione o manutenzione di centrali nucleari, o di installazioni
militari).
5. Boicottaggio.
6. Sospensione del lavoro per un breve periodo.
7. Sciopero.
8. Sciopero a rovescio (lavorando dove e quando non permesso).
9. Occupazione (ad es., entrare in un luogo vietato e rifiutarsi di uscire).
10. Disobbedienza civile (es.: rifiuto della chiamata militare, di pagare
la percentuale di tasse destinata al bilancio militare, di prestare
giuramento).
11. Migrazione.
12. Manifestazioni varie: cortei, marce, proteste, assemblee, ecc.
D. Un insieme di forza e di persuasione
1. L'azione diretta nonviolenta unisce la forza sociale della protesta e
della noncollaborazione alla forza morale della sofferenza volontariamente
accettata per il bene degli altri.
2. Anche l'azione in se' puo' essere considerata come una forma di
persuasione: il suo scopo e' di modificare le convinzioni e la volonta'
della parte avversa.
* Sezione IV. L'addestramento
A. Studiare la teoria e la pratica della nonviolenza.
B. Studiare nei dettagli alcune grandi campagne nonviolente.
C. Osservare, se possibile, un'azione diretta in atto.
D. Organizzare delle riunioni pubbliche all'aperto (sono degli eccellenti
modelli di quanto bisognera' affrontare in seguito a piu' larga scala).
E. Organizzare un gruppo di studio periodico, e per il quale potra' servire
questo manuale.
F. Organizzare un seminario sulla nonviolenza:
1. Esporre a grandi linee la teoria e la pratica della nonviolenza.
2. Studiare fotografie, diapositive o films riguardanti manifestazioni sia
nonviolente sia violente.
3. Preparare e tenere una riunione pubblica all'aperto.
4. Eseguire la "drammatizzazione" o "gioco dei ruoli" (sotto forma
teatrale, viene riprodotta una situazione conflittuale di idee o di
interessi).
G. Badare al buon comportamento individuale:
1. Pulizia della persona e degli abiti.
2. Pulizia dell'ambiente personale circostante.
3. Puntualita'.
4. Buon umore.
5. Note particolari:
Il gruppo sara' accusato di esser sporco, disordinato, malfido, nevrotico,
ecc. L'abitudine a modi ordinati rafforza il rispetto di se' e quello
pubblico;
b) Ad evitare superbia o presunzione circa questa disciplina, temperarne le
virtu' con spirito umoristico.
H. Familiarizzarsi con l'esercizio regolare della meditazione.
I. Far uso di trattenimenti collettivi: il cantare in coro, la danza, il
racconto di fatti eroici e costruttivi, le meditazioni di gruppo, i pasti
in comune.
J. Sviluppare capacita' personali che al momento giusto saranno necessarie
per il compimento di incarichi determinati; ad es.:
1. Uso efficace del materiale.
2. Lavori manuali.
3. Comunicazione verbale: facilita' di parola, resoconti, ecc.
4. Comunicazione non verbale: il modo in cui ci si comporta, in cui si
ascolta, ecc.
5. Padronanza di se stessi.
6. Partecipazione ad incarichi futuri (determinazione del ruolo del
partecipante; che lo capisca bene; che sia ben disposto a compierlo, e ne
sia ben capace).
K. Stabilire diversi programmi di addestramento che possano essere adattati
a bisogni, tempi, partecipanti diversi.
L. Ammettere che ogni addestramento di questo tipo e' provvisorio.
Distinguere tra "addestramento generale" e quello particolare che si
applica a un progetto d'azione determinato.
M. Le abitudini e le capacita' sviluppate nel condurre un lavoro
costruttivo, rafforzeranno la fiducia nel tipo di forze su cui fa
assegnamento la nonviolenza.
(Continua)
3. MAESTRE. MARY WOLLSTONECRAFT: LA PROSPETTIVA
[Da Mary Wollstonecraft, I diritti delle donne, Editori Riuniti, Roma 1977,
p. 65. Mary Wollstonecraft, intellettuale e militante femminista e
libertaria, compagna di William Godwin, visse, scrisse, opero' nel
Settecento (mori' nel 1797), ma la sua opera e' di un valore perenne e
merita di essere riletta oggi. In italiano sono disponibili il suo
capolavoro saggistico scritto nel 1792 (appunto I diritti delle donne,
tradotto venticinque anni fa oltre che dagli Editori Riuniti - dalla cui
edizione citiamo - anche dalle Edizioni Elle (sempre nel 1977, col titolo
Il manifesto femminista); ed il suo romanzo (con larghi tratti
autobiografici) scritto nel 1788, Mary (Savelli, Roma 1978)]
Nella grande prospettiva di creature umane.
4. DOCUMENTI. CONGRESSO DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO: "LA NONVIOLENZA E' IL
VARCO ATTUALE DELLA STORIA"
[Pubblichiamo la relazione introduttiva del XX congresso del Movimento
Nonviolento svoltosi a Ferrara il 12-14 aprile 2002. Tutti i materiali
congressuali sono disponibili nel sito del movimento, www.nonviolenti.org]
"La nonviolenza e' il varco attuale della storia" e' il titolo, tratto da
Elementi di un'esperienza religiosa di Aldo Capitini, scelto per il nostro
XX Congresso.
Nell'invito abbiamo ricordato che quello scritto si apre con un capitoletto
intitolato Al centro dell'umanita'. E' un appello ad essere consapevoli del
proprio tempo, a sentire e soffrire i bisogni dell'umanita', ad assumere il
proprio impegno, con una serissima ricerca. E' compito che riguarda tutti:
"Non e' privilegio ne' speciale condanna di nessuno". Come prosecutori del
Movimento da Capitini promosso, certamente riguarda noi.
Dall'ultimo Congresso sono passati due anni e un millennio e molte cose si
sono succedute, che meriterebbero analisi non frettolose. Il Congresso
vuole esserne un piccolo momento e questa ne e' una modesta introduzione.
Credo si possa dire che la sommaria analisi compiuta nel passato Congresso
resti confermata e si siano accentuate tendenze che avevamo individuato.
Il processo di globalizzazione nella produzione e circolazione di merci,
nella riduzione a merce di ogni bene gia' comune, immateriale, vivente si
e' esteso ed approfondito. Si continua a proporre un modello di sviluppo
che rende sempre piu' ricca di beni e consumi una parte dell'umanita' e
povera, sfruttata, emarginata, la restante maggior parte. Sviluppo della
tecnica e competizione sui mercati, senza alcun limite che non sia quello
dell'interesse delle classi privilegiate e dominanti, sono la risposta ad
ogni problema.
Trascurabili effetti collaterali, che l'applicazione della ricetta
permettera' di superare, sono i disastri umani, sociali, ambientali, nel
frattempo prodotti in giro per il mondo. La politica, anche nelle
democrazie occidentali (ed esempi migliori non se ne vedono), sia a scala
mondiale che locale, e' ridotta al piu' ad amministrazione e garanzia, se
necessario con l'impiego della massima violenza, del progresso
tecnico-economico a vantaggio dei piu' forti.
*
La violenza crescente del modello unico
Nell'ultimo congresso abbiamo evocato il movimento del mondo evidenziandone
la violenza strutturale. Gia' Horkheimer l'aveva descritta come un iniquo
grattacielo settanta anni fa. Si continuano a sopraelevare i piani alti ed
a scavare le cantine. Abbiamo richiamato le guerre multiformi, che i poveri
inesorabilmente conducono tra di loro; il posto dominante degli USA, come
paese guida e modello, in pace ed in guerra; la guerra dagli Stati Uniti
condotta: giusta, umanitaria ed ora duratura e globale; il ruolo subalterno
della Nato; l'accettazione e la pratica da parte del nostro Paese di un
nuovo modello di "difesa" aggressiva, in spregio e violazione della nostra
Costituzione; la riduzione dell'Europa ad Euro; lo stravolgimento del patto
costitutivo della nostra Repubblica; la miseria della politica e della vita
pubblica nel nostro Paese.
Ci pare che le tendenze individuate siano confermate ed abbiano segnato
anzi un'accelerazione. L'inarrestabile marcia del "turbocapitalismo" e del
neo-liberismo, che ha il suo motore negli USA, ha segnato una tappa
importante con l'ingresso della Cina nel WTO.
L'attacco terroristico al World Trade Center ed al Pentagono ha agevolato
la propensione del governo americano, forte del consenso popolare, del
sostegno delle multinazionali, di straordinari armamenti, ad adottare
decisioni unilaterali di guerra. Cio' si vuole proseguire con ogni mezzo,
non escluso il ricorso al nucleare, contro chiunque sia ritenuto attentare
alla sicurezza ed agli interessi degli Stati Uniti, solo, sicuro, baluardo
della democrazia e della civilta' contro dittatura e barbarie.
L'esercizio in prima persona, da parte della superpotenza, del dominio
oscura ogni sede condivisa. Il premio Nobel per la pace all'Onu rischia di
essere alla memoria. Ben poco appaiono contare i vari G 7 o 8 e la stessa
Nato: la parola decisiva spetta agli USA, quale che sia il tema in
discussione. Anche l'Europa, pur formalmente impegnata in un
approfondimento della sua costruzione unitaria (la Convenzione) ed in un
allargamento a nuovi paesi, non riesce ad esprimere una propria posizione
sui grandi temi. Si manifestano tendenze centrifughe e gare a chi e' piu'
fedele servitore dell'America. In questa competizione il nostro governo
appare particolarmente impegnato. Il riemergere del terrorismo
internazionale ed interno, il conflitto israelo-palestinese, migrazioni
massicce e disperate, la demolizione delle protezioni sociali producono una
diffusa insicurezza che, anche nelle nostre societa' privilegiate, puo'
portare ad accettare, se non a richiedere, limitazioni delle liberta'
politiche, dei diritti di cittadinanza e soluzioni autoritarie.
Le sorti magnifiche e progressive del capitalismo ci sono quotidianamente
decantate: generatore di una straordinaria forza produttiva, con il miglior
impiego della tecnologia ed assicurazione di alti standard di vita
materiale per gran parte della popolazione, stimolatore di mobilita'
ascendente in una societa' stratificata in classi, condizione per la
democrazia, promotore di una cultura dell'autonomia e della responsabilita'
individuale, unica possibilita' di sviluppo dei paesi del Terzo Mondo,
attraverso la loro inclusione nel sistema capitalistico internazionale.
*
La carenza di alternative credibili
Anche a dubitarne per le sempre piu' evidenti iniquita', contraddizioni,
insostenibilita' del modello economico, sociale e politico proposto,
bisogna riconoscere che l'assenza di credibili alternative gli ha conferito
fin qui una grande forza anche sul piano culturale (una cultura anch'essa
sempre piu' merce tra le merci, prodotta e distribuita da potenti
multinazionali). E' un pensiero semplice, se pensiero si puo' chiamare: non
ci sono alternative e dunque l'unica possibilita' e' percorrere
disciplinatamente la strada che i padroni del mondo indicano. Dopo tutto in
questo mondo ci stanno anche loro e non vorranno certo la loro rovina,
visto che dispongono del massimo delle informazioni e della tecnologia,
visto che sono quelli che ci stanno meglio. Che il mondo sia sostenibile
ecologicamente, economicamente, socialmente e' loro precipuo interesse:
salvando se' stessi salveranno anche il resto dell'umanita'.
Ad opporsi sembravano restare solo relitti, statuali o politici, del
socialismo reale (che non possiamo rimpiangere per la burocrazia opprimente
e privilegiata, l'inefficienza economica, l'autoritarismo, il
totalitarismo) ovvero stati dittatoriali, movimenti fondamentalisti o
peggio (che propongono alternative che ignorano i piu' fondamentali diritti
dell'uomo, e soprattutto della donna).
*
Un movimento ampio, da Seattle in poi, e il varco necessario della nonviolenza
Ma da Seattle in poi, per indicare un luogo ed un tempo, le cose sono
cambiate. Un complesso movimento e' venuto affermando che un altro mondo e'
possibile. Svolge in forme inedite la sua opposizione e la sua ricerca.
Collega gruppi sociali, culture, generazioni, esperienze, sensibilita'
diverse, in differenti luoghi del mondo. Sembra rappresentare, seppure
embrionalmente, quella risposta che Capitini indicava con chiarezza
concludendo il suo scritto testamentario, "Attraverso due terzi di secolo",
alla vigilia dell'operazione alla quale non e' sopravvissuto:
L'Europa, unita al Terzo Mondo e al meglio dell'America, elaborera' la piu'
grande riforma che mai sia stata comune all'umanita', quella riforma che
rendera' possibile abolire interamente le diseguaglianze attuali di classi
e di popoli, e abolire le differenze tra i "fortunati" e gli "sfortunati".
Non e' il primo, grande movimento internazionale che si pone questo
ambizioso obiettivo. Importante sarebbe evitare errori che in passato hanno
decretato il fallimento.
Un punto cruciale e' La scelta dei mezzi. E' il titolo anche del
capitoletto che segue il gia' citato Al centro dell'umanita' nel libro di
Capitini. L'autore osservava, si era negli anni '30, il diffondersi della
violenza in cui confluivano l'impazienza di ottenere e la non
considerazione degli altri che sembrano del tutto estranei a noi, per il
successo che essa procura a piu' breve scadenza. Ed aggiungeva: resta da
vedere a che cosa si riduce la mia vita dopo, e se non sorgeranno prima o
poi cinquanta al posto di quello che ho ucciso.
Analisi ed interrogativi sembrano attuali. Resta da vedere se sapremo dare
la risposta che cosi' Capitini indicava: "salira' l'ansia appassionata di
sottrarre l'anima ad ogni collaborazione con quell'errore, e di instaurare
subito, a cominciare dal proprio animo (che e' il primo progresso), un
nuovo modo di sentire la vita: il sentimento che il mondo ci e' estraneo se
ci si deve stare senza amore, senza un'apertura infinita dell'uno verso
l'altro, senza un'unione di sopra a tante differenze e tanto soffrire.
Questo e' il varco attuale della storia".
E' il varco della nonviolenza, che e' sotto i nostri occhi oggi, come lo
era settanta anni fa per il giovane Capitini (che dietro spessi occhiali
vedeva con straordinaria precisione). Il passaggio e' faticoso e richiede
rinunce, messe in discussione di privilegi, sicurezze materiali e
culturali. E' davvero lo scoglio sconcio ed erto che sarebbe alle capre
duro varco (Dante).
Si comprende cosi' che, nonostante la sua accresciuta visibilita' e,
diremmo, evidenza, si tenda ad evitarlo. Si ritiene, anche in buona fede,
di averlo gia' varcato, come se bastasse proclamarsi nonviolenti, adottare
una o piu' delle numerose tecniche che alla nonviolenza si richiamano,
senza mettere in discussione l'atteggiamento profondo nei confronti del
"nemico", senza tenere sempre al centro l'obiettivo dell'iniziativa di
liberazione, per tutti, che si e' intrapresa. L'esperienza ci mostra che
pratiche violente, inizialmente limitate e quasi simboliche, hanno
inquinato e distrutto movimenti importanti, dei quali si era sopravvalutata
la capacita' di autodepurazione. Di fronte alla repressione, che c'e' e ci
sara', da parte di chi vede minacciati i propri privilegi e' importante che
sia mantenuto il massimo di coerenza tra fini perseguiti e mezzi praticati.
La violenza culturale, strutturale e diretta, che caratterizza il nostro
mondo e che si pretende la difesa delle conquiste della civilta' umana, e'
solo alimentata, per nulla scalfita, da dirottatori che abbattono torri, da
ragazze e ragazzi che si fanno esplodere cercando di uccidere quanta piu'
gente possibile, da assassini che sparano in nome delle BR. Chi pensa
diversamente piu' che essere andato alla scuola di qualche cattivo maestro,
sembra aver fatto i compiti con il bidello di Nanterre.
E' un varco che non si vuole passare. Lo abbiamo detto nell'invito. Neppure
alla fine della guerra fredda, ed alle guerre per procura di quel periodo,
e' seguito un serio impegno di pace. In modi nuovi, ma non meno
preoccupanti ed inquietanti che nel passato, si riafferma, il diritto del
piu' forte: "might is right", per dirlo nella lingua dell'impero. E'
l'imperativo categorico, veramente globale, che trova applicazione
all'interno dei paesi ricchi e dei paesi poveri, nei rapporti tra i paesi,
le classi, le persone. Si ribadiscono diritti umani universali, a quelli di
prima generazione se ne aggiungono altri, si disegna faticosamente una
giurisdizione planetaria di tutela, ma questa difficile costruzione appare
fragile quando i potenti sanciscono impunita' ed improcessabilita' proprie
e dei loro servi, inventano, fuori di ogni garanzia, procedure e pene per
colpire il terrorismo o ogni comportamento che al terrorismo si ritenga di
poter collegare. Conquiste del diritto internazionale sono spazzate via e
liberticide legislazioni di emergenza si fanno strada un po' in tutti i
paesi.
Tanto piu' importante e' dunque il sorgere di un movimento, caratterizzato
dall'impegno personale e diretto, dal sentirsi interpellato da ogni momento
internazionale in cui si discutono i temi della fame, della poverta', dei
commerci, dell'ambiente, della pace e della guerra, per far sentire una
voce diversa, spesso critica ed alternativa, rispetto a quelle dei governi
e delle istituzioni sovranazionali.
Le diversita' di formazione, di analisi, di proposta all'interno di questo
movimento sono grandi. La sua larga diffusione ed il suo progressivo
radicamento in vari paesi evidenziano anche piu' le assenze importanti. I
contatti progressivi, la costruzione di momenti di confronto globali e
locali, l'esperienza di iniziative e manifestazioni condotte in diversi
contesti sono tuttavia incoraggianti elementi di una formazione comune, di
una analisi che si va precisando, di una strategia non contradditoria. La
consapevole opposizione a questo "liberismo" ed all'uso della guerra come
solutrice dei conflitti e' gia' una acquisizione ed una realta' operante,
della quale governi e multinazionali debbono sempre piu' tener conto.
Il contributo, che come amici della nonviolenza siamo chiamati a dare, e'
quello di valorizzare il patrimonio di lotte, esperienze e tecniche alla
nonviolenza ispirate, e collaborare a che mai si smarrisca lo stretto
legame tra fini da raggiungere e mezzi impiegati.
E' percio' di somma importanza l'ulteriore estensione e radicamento del
movimento. Porto Alegre ne e' stato un momento importante. Altri ne
seguiranno. E' necessario che a questi appuntamenti e nell'azione e
riflessione del movimento le organizzazioni, che si richiamano al pensiero
ed alla pratica della nonviolenza, avanzino la loro proposta. Sappiano
portare un'aggiunta importante e forse decisiva allo sviluppo, quantitativo
e qualitativo, del "movimento dei movimenti".
*
Per una internazionale nonviolenta
Le notizie che abbiamo delle riflessioni ed attivita' che War Resisters'
International e Ifor (come MN e MIR ne siamo le espressioni in Italia)
svolgono a partire dagli USA, contrastandone la deriva bellicista, sono
incoraggianti. E' un invito per il nostro piccolo Movimento ad assumere con
piu' decisione il compito di un piu' stretto legame internazionale, con una
maggiore presenza, intanto, alle iniziative di War Resisters'. Da non
perdere la conferenza che l'organizzazione terra' in agosto a Dublino:
"Storie e strategie - Resistenza nonviolenta e cambiamento sociale".
Utilissimo per il nostro lavoro sara' il confronto e le relazioni con
attivisti nella promozione della giustizia sociale, provenienti da tutto il
mondo, per discutere insieme su come rendere il mondo meno violento e
militarizzato. Soprattutto dopo l'11 settembre, il livello di violenza tra
le nazioni, ma anche all'interno delle societa', e' cresciuto enormemente,
come dimostrato dal ricorso sempre piu' frequente e massiccio all'impiego
della forza militare. Paura ed incertezza sono all'ordine del giorno. La
costruzione di una societa' pacifica e giusta e' estremamente difficile.
L'approccio nonviolento ai problemi sociali e' compito straordinario che
implica seri rischi personali. Impegno della Conferenza e' lo sviluppo di
nuove strategie nonviolente per porre fine alla minaccia del terrore, ma
anche per svelare e scardinare la violenza istituzionale.
Occorre trovare nuovi modi per ascoltare ed entrare in dialogo con tutte
quelle persone che, nelle nostre societa', trovano l'approccio pacifista e
nonviolento troppo difficoltoso. Dobbiamo realizzare l'internazionale della
nonviolenza e renderla un modello di globalizzazione dal basso. Diversi
gruppi tematici sono stati programmati: - economia, militarizzazione e
globalizzazione - Violenza nella societa' e potere della nonviolenza -
Violenza interetnica e violenza all'interno degli stati - Sessismo e
razzismo in relazione al militarismo e alla guerra - Obiettori di
coscienza, veterani e antimilitarismo - Strategie per l'apertura dei
confini: asilo ed emigrazione - Introduzione alla nonviolenza - A colloquio
col passato.
Saranno inoltre tenute assemblee plenarie, con alcuni casi di studio per
stimolare il dibattito tra i partecipanti. Scopo delle assemblee e' far
luce su rilevanti questioni politiche e strategiche. Argomenti previsti
sono: - Che ruolo giocano le storie nelle nostre strategie? - Il processo
di pace in Irlanda - Il collegamento tra la violenza nella vita quotidiana
e la violenza a livello globale - Militarismo, antimilitarismo e societa'
civile - Impegno popolare e strategie nonviolente.
Si e' insistito su questo aspetto internazionale giacche' le speranze di
costruttivo contributo alla soluzione dei sanguinosi e complessi conflitti
in atto, a partire da quello forse piu' inestricabile e, per molti motivi,
sommamente doloroso tra israeliani e palestinesi, sono in gran parte
affidati alla capacita' di mettere in campo iniziative ispirate al pensiero
ed all'esperienza nonviolenta.
Cio' e' vero a partire dall'obiezione di coscienza, dal rifiuto della
demonizzazione del nemico e della santificazione delle stragi magari
accompagnate dal martirio, dalla costruzione e mantenimento di relazioni
tra le parti su temi e valori comuni. E' importante che questa
consapevolezza cresca anche nelle parti non direttamente impegnate nel
conflitto. In tal modo possono farsi strada alternative alla violenza
estrema tra i confliggenti o ad un, sia pur preferibile, compromesso
imposto. Sono soluzioni che non affrontano e non avviano a composizione, ma
esasperano ed approfondiscono le ragioni del conflitto e ne preparano
ulteriori e piu' distruttivi.
*
I corpi civili di pace, una aggiunta per l'Europa
Anche in ambito europeo e' necessario che la "nonviolenza europea" trovi un
punto di incontro, non casuale e sporadico, a partire dal rilancio
dell'idea dei corpi di pace. C'e' un grande lavoro da compiere: di
conoscenza, di contatti, di momenti di riflessione e di azione comuni. La
costruzione dell'Europa non puo' che migliorare con l'aggiunta della
nonviolenza. E' un ambito nel quale molto e' da fare e sperimentare.
Anche per questo aspetto e' importante che il Movimento si faccia promotore
di iniziative condivise tra tutte le forze che, sul piano nazionale e
locale, si richiamano alla nonviolenza. In questa direzione avevamo
ritenuto gia' nel passato Congresso di offrire un esempio significativo con
un rapporto, che avevamo indicato come federativo, tra noi ed il MIR.
Qualche passo e' stato fatto, ma e' ancora molto limitato. Ci auguriamo che
un contributo venga anche da questo Congresso.
*
Dalla Marcia per la Nonviolenza, lo stimolo per una iniziativa specifica
Nella stessa direzione si collocava anche la Marcia per la nonviolenza, che
abbiamo realizzato con un buon successo, nonostante incomprensioni e
difficolta' sulle quali non e' il caso qui di tornare. Si pone anche a
questo Congresso l'interrogativo aperto se e quale iniziativa possa
costituire un momento di unita' e visibilita' della costruzione di un
progetto degli amici della nonviolenza, che si ritrovano sotto sigle
differenti, in gruppi locali, operanti in diverse realta'. E' nostra
convinzione che un lavoro comune, con obiettivi chiari e condivisi di
quanti si richiamano al messaggio della nonviolenza non sia orgogliosa
separazione dal generico pacifismo, ne' rottura di piu' ampie unita', ma
necessaria aggiunta e proposta costruttiva al rifiuto, nel nostro paese
ancora largo e diffuso, della guerra come strumento di soluzione dei
problemi.
*
Il contributo nella Rete di Lilliput
In questo ambito un rilievo tutto particolare assume l'impegno che i
componenti del Movimento danno nella Rete Lilliput. Si tratta di un
progetto del quale siamo stati tra i primi e convinti promotori, anche se
non risultiamo nelle "tavole di fondazione".
L'opzione nonviolenta ha mostrato di essere una scelta comune e da
approfondire nelle sue implicazioni e traduzioni. Il rafforzamento della
rete, la valorizzazione delle diversita' delle sue componenti, il dialogo
che nei gruppi di lavoro tematico intreccia diverse esperienze, conoscenze,
sensibilita', l'attenzione nella costruzione dei nodi locali sono
essenziali perche' il progetto della rete si sviluppi con quella serieta',
autorevolezza e capacita' di coinvolgimento che ne hanno caratterizzato
l'avvio. Altre, diverse, rispettabili aggregazioni, come quelle che piu' o
meno si riconoscono in social forum, possono dare e ricevere utili
contributi nella costruzione di comuni strategie proprio in ragione della
capacita' delle Rete Lilliput di essere se stessa. Cioe' una rete capace di
mettere a frutto la complessita' degli interessi dei suoi componenti, la
continuita' di azione, la forza di attrazione nei confronti di realta'
organizzate, e anche di singoli interessati, in un percorso caratterizzato
da uno stretto e sempre verificato rapporto di coerenza tra fini e mezzi e
cioe' in un percorso di nonviolenza. Perche' l'altro mondo possibile possa
cominciare a concretarsi occorre un profondo mutamento sociale, e noi siamo
convinti, con Capitini, che La nonviolenza e' il punto della tensione piu'
profonda del sovvertimento di una societa' inadeguata. Non occorre di meno.
Anche per questo la nonviolenza si presenta come varco.
*
Un movimento dal basso, per la difesa e l'allargamento della democrazia
Anche nel quadro politico italiano, la cui mediocrita' ci pare di
confermare, emergono elementi di novita'. Questo e' vero non solo nella
resistenza tenace che donne ed uomini della politica hanno pure
manifestato, in parlamento e fuori, nei confronti di scelte di guerra,
spese militari, repressione, limitazione di diritti, nuovi privilegi
concessi ai gia' privilegiati, peggioramento delle norme e dei
comportamenti nei confronti degli immigrati... Si e' manifestata anche una
volonta' di protagonismo di altri soggetti, spesso dal basso, un'uscita
dalla delega rassegnata, in manifestazioni di massa che i disumani
comportamenti di Genova non hanno scoraggiato, in grandi assemblee, inedite
marce aperte da professori universitari, inviti a resistere di magistrati,
girotondi in vari luoghi ed una straordinaria e partecipatissima
manifestazione promossa dal maggior sindacato italiano.
Si tratta di cose molto differenti tra loro e che richiedono analisi. Qui
solo si sono richiamate per confermare ancora una volta che si avverte
l'esigenza di strumenti di integrazione della democrazia rappresentativa e
della sua rappresentazione/sostituzione mediatica. Questi strumenti si
intravvedono nella partecipazione diretta, nei forum, nelle assemblee. Si
avverte il vuoto lasciato da una pur deficitaria democrazia fondata sui
partiti, che, da strumento di partecipazione ed espressione, si erano fatti
sequestratori del potere del cittadino "sovrano".
Gia' all'indomani della liberazione Capitini aveva indicato quel rischio ed
avviato l'importante esperienza dei COS, scuola di capacita' critica e di
autogoverno. E' un terreno di ricerca da esplorare con attenzione ed
apertura. Abbiamo conosciuto stagioni di assemblearismo, promosso dal basso
e dall'alto, da destra a sinistra che non hanno lasciato eredita' sempre
convincenti. Vediamo ora proposte piu' strutturate di "agende" e bilanci
partecipati. Questo ci spinge a cercare ancora, con intelligenza e passione.
Augurale per il Congresso potrebbe essere il tenersi a Ferrara dove, in un
convegno del maggio del '48, Capitini formulo' la proposta di una comunita'
aperta, internazionalmente federata, e nelle singole sue parti decentrata,
articolata e atta a dissolvere ogni forma di privilegio e di oppressione.
*
La trasformazione dell'economia
Anche sul terreno dell'alternativa economica, del modo di produrre e di
consumare, dove il neoliberismo celebra i suoi fasti in assenza di
credibili concorrenti, siamo chiamati a dare un contributo. Anche qui
sembra di poter cogliere l'esigenza di un cambiamento profondo del modello
dominante.
Il breve ma denso saggio di Nanni Salio, Elementi di un'economia
nonviolenta, costituisce un utile punto di riferimento. Dobbiamo promuovere
approfondimenti e confronti, sia sulle diagnosi di fondo che sulle proposte
di resistenza e transizione ad un nuovo modello. Sbaglieremmo a crederlo,
come in passato e' avvenuto, gia' dato nelle sue linee essenziali.
Esperienze microeconomiche, riflessioni su quanto avviene a livello macro
resteranno al centro della nostra attenzione e ci attendiamo un contributo
di proposta dalla commissione. Uno stimolo per tutti sara' certo il saluto
che Yunus portera' alla nostra seduta domenicale.
Un cambiamento negli stili di vita e' certo possibile a partire da noi. Al
centro dell'agire sono persone, ci ricordava sempre Capitini. Ma sono
necessarie sponde istituzionali e l'avvio di processi di grande mutamento
economico. Pensiamo "solo" all'uso dell'automobile, alla violenza che vi e'
connessa: culturale (l'automobile rende stupidi e aggressivi), strutturale
(consumi energetici, stravolgimento delle citta' e degli spazi urbani,
incubatori di violenza), diretta (le migliaia e migliaia di morti ammazzati
sulle strade, di invalidati e di asfissiati nelle citta'. Ferrara, citta'
delle biciclette, vanta un triste primato).
*
Il decennio per l'educazione alla pace e alla nonviolenza
Violenza crescente avvertiamo anche nelle nostre realta' privilegiate. Il
disagio di gruppi emarginati e delle giovani generazioni si esprime troppo
spesso in forme violente, che trovano quale risposta accentuazione della
repressione e inasprimento di pene. La ricomparsa del terrorismo spinge
ancor piu' in questa direzione. Anche importanti conquiste, come
l'abolizione dei manicomi, tendono ad essere rimesse in discussione, come
non ricordassimo i guasti e gli orrori della segregazione. C'e' una
violenza diffusa e crescente nella nostra societa' dai banchi di scuola, ai
luoghi di lavoro, di svago, familiari: violenze grandi e piccole (ma ogni
dose puo' essere una overdose) nei confronti dei soggetti deboli, violenza
degli emarginati, violenza degli uomini nei confronti delle donne e
l'elenco potrebbe continuare. Sono ambiti nei quali molto c'e' da lavorare
per riconoscere, prevenire, trasformare i conflitti, affrontare disagi e
sofferenze. Molti tra noi sono gia' impegnati in questa azione, che e'
collegata ad un quadro piu' generale. Il decennio per l'educazione alla
pace e alla noviolenza per le giovani generazioni non si e' aperto certo
sotto buoni auspici. E' cessata persino la pubblicazione del Corriere
internazionale dell'Unesco, promotore dell'iniziativa. E' una ragione di
piu' per accrescere il nostro impegno, sicuri di trovare volonterosi e
capaci operatori che lavorano con i medesimi obiettivi.
Mi preme ringraziare, concludendo, quanti hanno collaborato piu'
intensamente a mantenere presente ed operante il nostro Movimento tra molte
difficolta'. Un ringraziamento particolare, che e' un abbraccio, va al
nostro Presidente, che da tempo ci chiede di sollevarlo da questo impegno.
Il coordinamento credo abbia assolto con responsabilita' il mandato
congressuale ed affrontato i temi nuovi che gli avvenimenti hanno proposto.
Non sempre siamo riusciti a trovare la soluzione piu' convincente. Penso in
particolare ad un importante confronto, tra noi avviato, sul valore della
laicita' ed il senso dell'aggiunta religiosa, nel pensiero e nella pratica
nonviolenta, al quale non abbiamo saputo dare sede e modalita' adeguate di
svolgimento. E' un impegno, non il solo, consegnato al prossimo
coordinamento. Buon congresso.
5. RIVISTE. SU "NIGRIZIA" DI SETTEMBRE UN DOSSIER SULLA NONVIOLENZA
Nel fascicolo di settembre di "Nigrizia", l'utilissimo mensile dell'Africa
e del mondo nero, un utilissimo dossier di 16 pagine sulla nonviolenza. Ma
tutta "Nigrizia" e' una voce di nonviolenza. Per contatti e per richieste:
e-mail: redazione@nigrizia.it, sito: www.nigrizia.it
6. RIVISTE. IL SECONDO VOLUME DEI "QUADERNI SATYAGRAHA"
"Quaderni Satyagraha" (sottotitolo: "il metodo nonviolento per trascendere
i conflitti e costruire la pace") e' la bella rivista edita dal Centro
Gandhi di Pisa con il patrocinio del Centro interdipartimentale "Scienze
della pace" dell'Universita' di Pisa.
E' in uscita il secondo volume; la notevole qualita' del primo (un volume
di 160 dense pagine a firma di studiosi illustri) lascia pensare che i
volumetti di "Quaderni Satyagraha" diverranno un punto di riferimento
imprescindibile in Italia per la ricerca scientifica sui temi della pace e
della nonviolenza. A tutti i nostri interlocutori rivolgiamo l'invito ad
abbonarsi, ricevendo cosi' sia il primo volume gia' uscito, che il secondo
in preparazione.
Indice del secondo numero:
- Gloria Gazzeri, Il magistero nonviolento di Tolstoj.
- Leone Tolstoj, La nostra concezione della vita.
- Antonino Drago, I maestri della nonviolenza e il crollo delle due
superpotenze.
- Pat Patfoort, Non possiamo cambiare il passato, ma possiamo cambiare il
futuro.
- Ruben Dario Pardo, Il conflitto armato e i processi di resistenza civile
nonviolenta in Columbia.
- Giovanni Salio, Il secolo nucleare.
- Olivier Maurel, La violenza delle armi rende smemorati.
- Brian Martin, Fucili e rivoluzione.
- Romesh Diwan, Gandhi, Amartya Sen e il concetto di poverta'.
- Itala Ricaldone, Gandhi e l'ideale di un paese democratico.
- Paolo S. Nicosia, Caratteristiche e strumenti per conciliare o mediare
una controversia.
- Pierluigi Consorti, Nuovi studi per la pace e servizio civile.
- Ylenia Sacco, Ziviler Friedensdienst (Il Servizio Civile di Pace Tedesco).
- Andrea Cozzo, Scienza, Conoscenza e Istruzione in Lanza del Vasto.
* L'abbonamento annuale e' di 30 euro, con bollettino postale intestato al
Centro Gandhi, editore di Quaderni Satyagraha: Largo Duca d'Aosta 11, 56123
Pisa, numero conto corrente postale: 19254531.
* Per gli insegnanti: in seguito alla Direttiva ministeriale del 17 Giugno
2002, n. 70, art. 3, riguardante il "Rimborso spese personale docente per
sottoscrizione abbonamenti a riviste specializzate", entro il 31 dicembre
2002 i docenti di ogni ordine e grado possono inoltrare al dirigente
scolastico della propria sede di servizio domanda di rimborso della spesa
sostenuta nel 2002 per l'abbonamento a "Quaderni Satyagraha", allegando
fotocopia del versamento fatto per l'abbonamento postale.
7. ESPERIENZE. SVOLTOSI IL CONVEGNO NAZIONALE DEL CEM
Si e' svolto a La Quercia (Vt) il 24-29 agosto il quarantunesimo convegno
nazionale del CEM, la rete di educatori e di persone di volonta' buona
tessuta dal Centro di Educazione alla Mondialita' dei missionari saveriani,
che pubblica la rivista mensile "Cem mondialita'" (una lettura pressoche'
indispensabile per chi si occupa di educazione, diritti umani,
nonviolenza). Per contatti: "Cem mondialita'", tel. 0303772780, e-mail:
cemmondialita@saveriani.bs.it, sito: www.saveriani.bs.it/cem
8. RILETTURE. AA. VV.: L'ALTRO SGUARDO
AA. VV., L'altro sguardo, Mondadori, Milano 1996, pp. 406, lire 15.000. Una
antologia delle poetesse del Novecento, che e' anche un efficace invito ad
approfondire la conoscenza delle opere delle 55 autrici proposte.
9. RILETTURE. KRZYSZTOF KIESLOWSKI, KRZYSZTOF PIESIEWICZ: DECALOGO
Krzysztof Kieslowski, Krzysztof Piesiewicz, Decalogo, Einaudi, Torino 1991,
1994, pp; 452, lire 16.000. Le sceneggiature originali (da cui i film in
qualche punto si discostano) ed altri materiali del e sul capolavoro
cinematografico di Kieslowski, una grande riflessione morale.
10. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova
il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dellâambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dellâuomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio,
l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.
11. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: http://www.nonviolenti.org
; per contatti, la e-mail e': azionenonviolenta@sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in
Italia: http://www.peacelink.it/users/mir . Per contatti: lucben@libero.it
; angelaebeppe@libero.it ; mir@peacelink.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: http://www.peacelink.it . Per
contatti: info@peacelink.it
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO
Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it
Numero 362 del 22 settembre 2002