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"www ammazziamo la tivvù" - Intervista a Giulietto Chiesa, tra i fondatori del sito www.megachip.info




"www ammazziamo la tivvù"
Intervista a Giulietto Chiesa, tra i fondatori del sito
www.megachip.info
(Liberazione, 2 luglio)


Siete stanchi di subire la televisione? Avete il sospetto che da quel video
vi stiano raccontando un sacco di baggianate? Vi sembra che i vostri
bambini con il loro telecomando stiano precocemente rincoglionendo?

E che anche voi non stiate troppo bene? Chiamatela Rai o Mediaset o come vi
pare ma una cosa è ormai certa. Siamo tutti preda di quella scatola. E
quella scatola non funziona da sola, ma a comando. E quel comando non lo
avete voi.

E' il punto da cui parte Giulietto Chiesa, giornalista affermato de "La
Stampa", scrittore di libri all'acido sulle guerre e, da due mesi, tra gli
ideatori di un sito - www. megachip. info -, anzi un dominio, che ha un
obbiettivo di quelli semplici: una rivoluzione culturale. E ha anche un
nemico: la televisione, o almeno, questa televisione.

Cerchiamo di farci spiegare qualcosa dallo stesso Chiesa. «E' semplice. Ma
per capire da dove nasce l'iniziativa dobbiamo fare un piccolo passo
indietro». Prego. «In questi ultimi venti anni la sinistra ha dissipato
completamente il patrimonio di società civile in suo possesso, quindi ha
ucciso il senso stesso di partito, suicidandosi, e per finire ha ammazzato
il valore della politica. Hanno pensato, quelli della sinistra che ormai
passava tutto per la televisione e che quindi era inutile continuare a
parlare e a vivere direttamente con la gente. Bastava controllare la
televisione e il gioco era fatto. Che ignoranti!».

Non erano i soli a pensarlo. Comunque, in che senso "ignoranti"?

Nel senso che non avevano capito niente, nella migliore delle ipotesi. Non
avevano capito che la "modernizzazione" di cui si riempivano tanto la bocca
non era altro che il nuovo potere del mezzo televisivo. Di cui, fra
l'altro, non sapevano assolutamente nulla. Allora che hanno fatto? Lo hanno
lasciato condurre a chi lo sapeva fare. E quelli, ovviamente, l'hanno
portato dove volevano loro. Bella conquista! Un patrimonio di gente e
valori e speranze e idee buttate a mare in nome della televisione!

E allora, adesso che si fa?

Bisogna innanzitutto essere consapevoli. E capire che, in questo modo, si è
lasciato in pasto agli avvoltoi la possibilità di intervenire sui processi
democratici di un'intera popolazione. Che è stata privata degli strumenti
per capire come stanno davvero le cose ed è quindi manipolabile da chi
gestisce quel mezzo.

E allora tu cosa proponi? Un sito di controinformazione?

Esattamente l'opposto. Aboliamo la parola controinformazione che, anche
lei, ha contribuito al suicidio della sinistra. A forza di
controinformazione ci siamo sempre parlati fra di noi, convincendoci di
cose che già sapevamo e su cui eravamo tutti d'accordo. No, no, niente
controinformazione. Tra i nostri primi obbiettivi c'è proprio quello di
superare il crinale della controinformazione, della comunicazione fra
amici, per tentare di raggiungere il maggior numero di persone possibili.
Anche quelli che votano Berlusconi, che sono le prime vittime di questa
società. Anche chi non frequenta Internet perché magari non ha i soldi per
comprarsi un computer, oppure non lo sa usare. La rete deve essere solo un
luogo di organizzazione e di informazione sulle iniziative.

Capisco in teoria ma non in pratica. Come si fa tutto questo?

Si fa che quando è nato il sito eravamo venti e oggi siamo più di tremila.
Si fa che in due mesi ho fatto 115 riunioni e assemblee, più diversi corsi
per giovani giornalisti. Si fa che la gente, in rete si iscrive e trova le
informazioni, ma poi si dà una mossa sul territorio, organizza incontri,
seminari, momenti di studio. Si fa, per esempio, che se un gruppo di
studiosi di Merano si mette in contatto con noi per dirci che ha appena
concluso un convegno sulla nocività della tv sui bambini, noi lo invitiamo
a darci i materiali da mettere in rete e la loro esperienza per entrare in
contatto con altre realtà interessate al tema. E cosí per decine,
centinaia, di altre cose.

Ma alla fine cosa vuoi che diventi, questo sito? Un partito, un movimento?

No, un partito no, per carità. Io lo chiamo movimento, movimento per la
rinascita della democrazia in Italia. O forse solo un pezzo di movimento...
ma non importa. Però deve essere chiaro che la rete non è che il luogo
dell'organizzazione. Il resto, il vero lavoro di produzione intellettuale
lo devi fare fuori, nei luoghi veri, non virtuali. Poi, magari, i risultati
li rimetti in rete, cioè in circolo, perché possano servire anche ad altri.
Per esempio ai giornalisti.

Già, i giornalisti. Fra le prime tremila adesioni ce ne sono diversi, anche
conosciuti...

Ai giornalisti ci teniamo in modo particolare. Perché hanno bisogno di
avere un luogo in cui non si sentano più soli e in cui magari ricominciare
a pensare.

Ogni tanto parli al plurale. Esiste un vertice di questo movimento?

No, esiste un comitato direttivo perché discutere sempre in forma
assembleare non è possibile. Abbiamo aperto sedi a Milano e Genova e fra
poco avremo anche una sede a disposizione a Roma, la Fondazione Lelio
Basso.

Tutti volontari?

Al cento per cento. Anzi, ora dovremo autotassarci per comprare qualche
computer.

Prospettive per il futuro?

Tante, tantissime, non puoi nemmeno immaginare quante.

Parli come se tu e gli altri aderenti al sito foste una bomba pronta a
esplodere...

E' esattamente cosí. Sai, fino a oggi il potere ha vissuto tranquillo non
tanto perché in possesso di una grande forza quanto perché nessuno aveva
capito come contrastarlo. Da oggi le cose andranno diversamente. Da oggi
con il nostro sito e le nostre iniziative cercheremo di risvegliare le
coscienze delle persone, dandogli strumenti di lettura e di comprensione
soprattutto del mezzo televisivo. Poi faremo anche altro, molto altro. Ma
non ti dico di più. Non voglio rovinarti la sorpresa...

Almeno dimmi per quando ce la dobbiamo aspettare, questa sorpresa...

Diciamo fine settembre. Sai, credo che tenteranno di fermarci prima.
Ma non ci riusciranno.

Roberta Ronconi