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PERCHE' TORNIAMO A GENOVA (ASSIEME AI POLIZIOTTI)
PERCHE' TORNIAMO A GENOVA (ASSIEME AI POLIZIOTTI)
Ad un anno di distanza dalla controversa perquisizione effettuata nella
notte del 21 luglio, nei locali della scuola Diaz si incontreranno
pubblicamente alcuni dei ragazzi feriti durante l'azione delle forze
dell'ordine. Assieme a loro ci saranno anche alcuni sindacalisti della
polizia di stato, giornalisti, avvocati, esperti ed esponenti della
societa' civile.
Di Carlo Gubitosa - Segretario Associazione PeaceLink
www.peacelink.it - info@peacelink.it
Un anno fa, per conto dell'associazione PeaceLink, assieme ad altri
"volontari dell'informazione" delle riviste "Altreconomia" e "Nigrizia",
sono stato a Genova per raccontare la ricchezza dei dibattiti e delle
proposte del "public forum" che ha chiamato a raccolta la societa' civile
internazionale, per dire che in alternativa alla politica degli otto paesi
piu' ricchi del mondo esistono moltissime altre scelte possibili, e
probabilmente piu' efficaci. Dopo la grande speranza rappresentata dal
pacifico e colorato "corteo dei migranti" di giovedi' 19 luglio, ci siamo
purtroppo ritrovati a respirare il fumo di lacrimogeni proibiti dalle
convenzioni internazionali (che hanno danneggiato tutti tranne gli "otto
grandi"), e abbiamo dovuto salvarci dalle varie forme di violenza
incontrate per le strade della "citta' blindata". La notte di sabato 21
luglio, quando tutto sembrava ormai finito, i nostri cellulari sono stati
letteralmente bombardati dalle telefonate allarmate e preoccupate di amici
e conoscenti: "correte alla scuole di via Cesare Battisti, sta accadendo
qualcosa di incredibile". Il buio di quella notte e' stato reso ancora piu'
oscuro da tutta la violenza consumata nella scuola Pertini, ribattezzata
"scuola Diaz" dai mezzi di informazione, che hanno utilizzato il vecchio
nome dell'istituto riportato sulla facciata.
Questo episodio dovra' essere chiarito dalla magistratura nei prossimi
mesi, ma gia' da oggi puo' essere valutato con dati crudi ed espliciti: per
effettuare 93 arresti (80 dei quali non sono stati convalidati
dall'autorita' giudiziaria, che ha disposto misure di custodia cautelare
solo per uno dei rimanenti tredici arrestati), ci sono stati 62 feriti, tre
prognosi riservate, polmoni sfondati, arcate dentali mandate in frantumi e
tanto, troppo sangue, quel sangue che tutte le persone presenti a Genova in
quei tragici momenti (me compreso) hanno potuto vedere sui muri, sui
pavimenti, sui termosifoni e sui mobili della scuola Pertini. A partire da
quei giorni e' iniziato un percorso di ricerca, di riflessione e di
documentazione. Questo lavoro lento e meticoloso, lontano dai tempi rapidi
della cronaca e dell'informazione "usa e getta", e' partito con una
raccolta di testimonianze dettagliate, consegnate dall'associazione
PeaceLink al segretariato internazionale di "Amnesty International", che ha
utilizzato questo materiale per il suo lavoro di indagine sui fatti di
Genova e per il rapporto annuale 2001 sul rispetto dei diritti umani nel
mondo. La raccolta di dati, documenti, immagini, filmati e testimonianze e'
continuata per un anno intero, e questo lavoro culminera' tra poche
settimane con un libro-inchiesta che sara' uno strumento in piu' per capire
cosa e' successo a Genova in quei giorni cosi' intensi e frenetici.
Un'altra tappa di questo percorso e' un incontro che PeaceLink, assieme
alla redazione di "Altreconomia", ha organizzato per il prossimo 14 luglio,
un incontro pubblico con i ragazzi che hanno vissuto direttamente
l'esperienza di quella notte: alcuni di loro li abbiamo incontrati in
questi mesi in giro per l'Italia, con gli altri (anche i ragazzi stranieri)
abbiamo cercato di metterci in contatto. Molti di loro verranno, e con la
loro presenza e le loro testimonianze ci faranno capire in un incontro dal
vivo molte piu' cose di quelle che abbiamo letto sui giornali. E, insieme a
loro, abbiamo invitato alcuni sindacalisti di polizia, perche' crediamo che
sia importante costruire nuovi canali di dialogo fra la societa' civile e
le forze dell'ordine, e stabilire uno spazio di confronto e di
approfondimento sul percorso storico di democratizzazione e
smilitarizzazione della polizia, sulla ricerca di nuovi percorsi di
formazione e di prevenzione della violenza.
Questo incontro non sara' una superficiale iniziativa di buonismo, o un
"lieto fine" forzato dove tutto si risolve con una stretta di mano, ma
sara' un tentativo intelligente e lucido di dare una risposta ad una
semplice domanda: cosa potrebbe mettere maggiormente in crisi i meccanismi
della violenza, ostacolando chi ha tratto vantaggio in questi mesi dal
conflitto tra cittadini e polizia, tra polizia e magistratura, tra
magistratura e politica? Forse la cosa piu' "scomoda" e allo stesso tempo
piu' efficace da fare, e' agire direttamente all'interno del problema,
valorizzando i poliziotti che, tra l'ostracismo dei colleghi e le critiche
generiche di un'opinione pubblica poco allenata a distinguere le varie
"anime" della polizia di stato, si impegnano per affermare l'idea di una
polizia meno militarizzata e piu' vicina ai cittadini, meno violenta e piu'
professionale. Non si tratta di "vittime" che incontrano i loro
"carnefici", ma di un momento per dire le cose che i giornali non hanno
detto e per descrivere l'esistenza di un'altra polizia, che sta lavorando
affinche' le cose possano cambiare.
Assieme ai ragazzi della scuola e ai rappresentanti della polizia ci
saranno anche magistrati, sociologi, esponenti del movimento nonviolento e
giornalisti, accomunati dalla voglia di dare una risposta complessa, che
puo' nascere solamente dall'incontro tra cittadini, polizia, magistratura e
politica, ai complessi problemi che hanno portato all'attrito tra queste
diverse componenti della societa'.
Ci incontreremo a Genova non solo per ricordare e raccontare cosa e'
successo nella notte di quel sabato, ma anche per verificare lo stato di
attuazione del progetto di legge volto ad introdurre nel percorso formativo
delle forze dell'ordine la conoscenza del metodo nonviolento e delle
tecniche comunicative psico-sociali di gestione della piazza, per cercare
nuove idee, proposte e soluzioni che permettano in futuro di isolare e
prevenire tutte le forme di violenza che compromettono l'incolumita' dei
manifestanti pacifici e la dignita' dei poliziotti onesti.
Il fatto che siano stati proprio i ragazzi feriti ad aver accettato con
interesse di raccontare se stessi e il proprio vissuto in un incontro
pubblico a cui parteciperanno esponenti delle forze di polizia da' a questa
iniziativa un valore aggiunto che fa sperare in un cambiamento vero e
concreto. Non si tratta di un "incontro tra reduci", ne' di vittimismo, ne'
della voglia di leccarsi semplicemente le ferite. Si tratta di colpire la
violenza dove meno se l'aspetta, con fermezza e determinazione ma anche con
intelligenza, sbilanciandola e mettendola in crisi con la dolcezza di un
incontro, fermo ma non rabbioso, indignato ma non distruttivo, tranquillo
ma non silenzioso, un incontro che portera' in una stessa stanza un gruppo
di ragazzi pieni di cicatrici e alcuni poliziotti che rappresentano la
parte piu' attenta e democratica delle forze dell'ordine. Questi poliziotti
hanno bisogno di sostegno per continuare ad andare controcorrente e
scardinare dall'interno i meccanismi che lasciano spazi aperti alla
violenza e quei comportamenti sbagliati che danneggiano tutti, non solo chi
ha subito violenza gratuita.
Tra i partecipanti all'incontro ci saranno anche Lorenzo Guadagnucci, il
giornalista del "Resto del Carlino" uscito in barella dalla Scuola Pertini,
e Marco Poggi, l'infermiere penitenziario costretto ad abbandonare il suo
lavoro presso il carcere di Bologna, dopo aver denunciato le violenze
perpetrate nella caserma di Bolzaneto da quella che lui definisce "una
minoranza di delinquenti che danneggiano i loro colleghi onesti". Una delle
cose che mi ha colpito di piu', durante la mia raccolta di testimonianze
sui fatti di Genova, e' stato sentire Lorenzo che durante un incontro
pubblico, con il suo corpo marchiato per sempre dalle cicatrici e dalle
manganellate e con una accusa di associazione a delinquere ancora in
sospeso, dichiarava fermamente che "io voglio avere fiducia nelle forze
dell'ordine", facendoti capire che la sua non e' una illusione o pia
intenzione di una anima bella, ma l'ostinata rivendicazione di un diritto
che ci spetta in quanto cittadini: il diritto di poterci fidare ciecamente
della nostra polizia.
Probabilmente la polizia in cui crede Lorenzo, e in cui vogliamo poter
credere tutti, e' quella descritta dal maestro della nonviolenza Mohandas
Gandhi in uno scritto del 1940, dove Gandhi afferma che "ho ammesso che
anche in uno stato nonviolento potrebbe essere necessaria una forza di
polizia. [...] Non ho il coraggio di affermare che potremo fare a meno di
una forza di polizia come lo affermo riguardo all'esercito. [...] La
polizia che io concepisco, tuttavia, sara' di tipo totalmente diverso da
quella oggi esistente. Le sue file saranno composte da seguaci della
nonviolenza. Questi saranno i servitori e non i padroni del popolo. Il
popolo dara' loro spontaneamente tutto il suo aiuto e grazie alla reciproca
collaborazione, essi saranno in grado di far fronte con facilita' ai
disordini, che saranno peraltro in continua diminuzione. [...] Di fatto i
poliziotti saranno dei riformatori. Il lavoro della polizia riguardera'
essenzialmente i ladri e i banditi. I conflitti tra il lavoro e il capitale
e gli scioperi in uno stato nonviolento saranno pochi e sporadici, poiche'
l'influenza della maggioranza nonviolenta sara' tanto forte da imporre il
rispetto delle componenti fondamentali della societa'".
Il 14 luglio invitiamo a Genova tutti coloro che vorranno condividere con
noi la speranza in una societa' dove i "poliziotti riformatori", seguaci
della nonviolenza, possano costruttivamente collaborare con i cittadini per
risolvere i conflitti tra il lavoro e il capitale, tra gli interessi di
otto paesi e le necessita' di tutto il mondo, tra la voglia di cambiare in
meglio e la resistenza al cambiamento. Forse saremo in pochi, ma di certo
non saremo soli.
Carlo Gubitosa
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